Imperizia: non punibilità del medico secondo le nuove regole della legge Gelli-Bianco.

L’articolo 6 della legge 8 marzo 2017 n.24 (c.d. Legge Gelli – Bianco) entrata in vigore il 01 aprile 2017 ha introdotto nel codice penale l’art. 590 sexies dettando la nuova disciplina della responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario.

La norma incriminatrice del seguente tenore letterale: “1.Se i fatti di cui agli articoli 589 e 590 sono commessi nell’esercizio della professione sanitaria, si applicano le pene ivi previste salvo quanto disposto dal secondo comma. Qualora l’evento si è verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto. 2. All’articolo 3 del decreto – legge 13 settembre 2012 n. 158, il comma 1 è abrogato” prevede quale principale innovazione l’abrogazione della previgente disciplina introdotta con il decreto Balduzzi che, come noto, aveva reso non punibile la condotta dell’esercente la professione sanitaria nell’ipotesi di errore commesso con colpa lieve, qualora il soggetto attivo del reato si fosse attenuto alle linee guida e buone pratiche elaborate dalla comunità scientifica.

Ad una prima lettura la portata innovativa della nuova disciplina in termini di determinatezza della fattispecie di reato e di maggiore certezza sulla rilevanza e disvalore penale dell’azione o dell’omissione colposa del sanitario, può essere così riassunta:

a) la legge ha codificato ciò che parte della giurisprudenza di legittimità aveva chiarito nella concreta applicazione del decreto Balduzzi: la non punibilità per colpa opera solo in riferimento all’imperizia e non alle altre forme di responsabilità per colpa (imprudenza e negligenza);
b) la legge ha superato il concetto di punibilità legato al grado della colpa, per cui, a differenza del quadro normativo introdotto con il decreto Balduzzi, nell’ipotesi di errore del sanitario imperito, la responsabilità potrebbe essere esclusa anche nel caso di atto chirurgico o terapeutico commesso con colpa grave sempre che la condotta del sanitario risulti conforme alle linee guida ovvero alle buone pratiche ciniche assistenziali, salvo il giudizio di adeguatezza al caso concreto.
c) le linee guida cui l’esercente la professione sanitaria dovrà dimostrare di essersi adeguato nell’esecuzione dell’atto terapeutico e/o chirurgico, ai sensi dell’art.5 delle legge n.24/2017, a differenza della previgente disciplina, sono certe ed univoche perché “elaborate da enti e istituzioni pubblici e privati, nonché dalle società scientifiche e dalle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie iscritte in apposito elenco istituito e disciplinato con decreto del ministro della Salute da emanarsi entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge e da aggiornare con cadenza biennale”.

Tuttavia, osserva lo scrivente, che ad una più attenta lettura della norma emergono non pochi margini di incertezza sulla rilevanza penale delle condotte dei sanitari che hanno agito in conformità alle linee guida; incertezza legata all’inciso contenuto nel secondo comma dell’art. 590 sexies c.p. che, di fatto, rimette al PM ed al Tribunale giudicante (ed ai rispettivi consulenti tecnici e periti), di valutare la corretta selezione e applicazione dei precetti contenuti nelle linee guida e buone pratiche cliniche assistenziali in relazione alla specificità del caso concreto.

Inoltre mentre parte della giurisprudenza ritiene applicabile il decreto Balduzzi anche a condotte connotate da colpa generica diversa dall’imperizia, non effettuando l’art. 3, comma 1, legge 8 novembre 2012, n.189 alcun richiamo al canone della perizia e rispondendo lo stesso alle istanze di tassatività dello statuto della colpa generica, così come delineato dall’art. 43, comma 3, cod. pen. (cfr. sez. IV, n. 23283 del 11.05.2016 – dep.06.06.2016, Denegri; sez. IV, n. 16140 del 16.03.2017 – dep. 30.03.2017), l’art. 590 sexies c.p. si riferisce esclusivamente alla sola perizia, risultando inescusabili, anche per colpa lieve, comportamenti negligenti od imprudenti.

Si prefigurano quindi problemi non indifferenti di interpretazione intertemporale della disciplina normativa più favorevole all’indagato/imputato, tra l’abrogato art. 3, comma 1, del decreto Balduzzi e l’art. 590 sexies c.p. introdotto dalla legge Gelli – Bianco.

Invero, come noto, ai sensi dell’art. 2, comma 4, c.p., in applicazione dei principi della irretroattività della modificazione sfavorevole ovvero della retroattività della nuova disciplina più favorevole al reo, il sanitario attinto dal procedimento penale per fatti di omicidio e lesioni colpose con produzione dell’evento dannoso (morte o lesioni) per il paziente prima o durante i quattro anni di vigenza della legge 13 settembre 2012 n. 158 (decreto Balduzzi), potrà invocare a suo vantaggio nel corso del processo alternativamente, la vecchia o la nuova disciplina, valutando insieme al difensore ed ai consulenti di parte gli aspetti di criticità dei due apparati normativi in relazione alla concreta formulazione della ipotesi di reato elevata a carico dell’esercente la professione sanitaria.

Di tale principio di carattere generale, con specifico riferimento ai rapporti tra le discipline normative che si sono succedute nel tempo in ordine alla responsabilità degli esercenti la professione sanitaria, ha recentemente fatto applicazione la Suprema Corte di Cassazione – Sezione IV Penale con la sentenza 16 marzo 2017 n. 16140 – depositata il 230 marzo 2017 che cassando con rinvio l’impugnata sentenza resa dalla Corte territoriale di Ancona, sul punto ha così statuito:”….A questo punto della disamina preme evidenziare che il tema della responsabilità dell’esercente la professione sanitaria, quale l’odierno imputato, per il reato di lesioni colpose, che viene devoluto al giudice del rinvio, è oggetto di un inedito intervento normativo, con il quale i legislatore pone mano nuovamente alla materia della responsabilità sanitaria, anche in ambito penale.
Il riferimento è alla L. 8 marzo 2017, n. 24, recante Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie, pubblicata in G.U. Serie Generale n. 64 del 17.3.2017, con termine di vacatio in data 01.04.2017. Ai fini di interesse, viene in rilievo la cit. L. n. 24 del 2017, art. 6, che introduce l’art. 590-sexies c.p., rubricato Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario, ove è stabilito:
“Se i fatti di cui agli artt. 589 e 590 sono commessi nell’esercizio della professione sanitaria, si applicano le pene ivi previste salvo quanto disposto dal comma 2.
Qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto.E bene: non è chi non veda che l’entrata in vigore delle disposizioni ora richiamate assume rilievo nell’ambito del giudizio di rinvio, posto che la Corte di Appello, chiamata a riconsiderare il tema della responsabilità dell’imputato, dovrà verificare l’ambito applicativo della sopravvenuta normativa sostanziale di riferimento, disciplinante la responsabilità colposa per morte o lesioni personali provocate da parte del sanitario. E lo scrutinio dovrà specificamente riguardare l’individuazione della legge ritenuta più favorevole, tra quelle succedutesi nel tempo, da applicare al caso di giudizio, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2 c.p., comma 4, secondo gli alternativi criteri della irretroattività della modificazione sfavorevole ovvero della retroattività della nuova disciplina più favorevole. La L. n. 24 del 2017, art. 6, comma 2, infatti, abroga espressamente il più volte citato D.L. 13 settembre 2012, n. 158, art. 3, comma 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 8 novembre 2012, n. 189”.