Applicabilita art. 13 d. Lgs. 74- 2000 ai procedimenti in corso.

Il pagamento integrale del debito tributario estingue i reati previsti dagli articoli 10bis, 10ter e 10quater, comma 1, del D. Lgs. 74/2000 anche nei procedimenti in corso al 22 Ottobre 2015.

Il D. Lgs. 158/2015 ha apportato una significativa modifica all’art. 13 del D. Lgs. 74/2000, a norma del quale, i delitti previsti dagli artt. 10bis, 10ter e 10quater, comma 1, «non sono punibili se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie, nonché del ravvedimento operoso».

La norma in esame prevede dunque una vera e propria «preclusione procedimentale» per la concreta applicazione della nuova causa di non punibilità, essendo attualmente devoluta al pagamento integrale del debito tributario, non più una semplice funzione attenuante, così come previsto dalla precedente formulazione dell’art. 13, ma una vera e propria funzione estintiva del reato, purché il pagamento venga effettuato prima dell’apertura del dibattimento.

Da segnalare è una importante sentenza, la n. 40314 del 2016, il cui principio di diritto è stato successivamente riconfermato in una successiva pronuncia del Marzo 2017 cui si farà riferimento nel prosieguo della trattazione, con la quale la Corte di Cassazione, proprio in considerazione della nuova natura assegnata dal legislatore al pagamento del debito tributario, ha ritenuto la nuova disposizione applicabile anche ai procedimenti in corso al 22 Ottobre 2015, data di entrata in vigore del D. Lgs. 158/2015.

La fattispecie concreta e lo svolgimento del processo di merito.
Nel caso di specie l’imputato, in qualità di imprenditore, era stato sottoposto a procedimento penale per la commissione del reato di omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto (art. 10ter D. Lgs. 74/2000) per un importo pari a 394.956 €, reato per il quale sia in primo che in secondo grado era stata emessa sentenza di condanna.
Avverso la sentenza resa in grado di appello, la difesa tecnica, proponeva ricorso per Cassazione.
Oltre a lamentare i vizi ex art. 606, lett. b) e lett. e) c.p.p., con memoria depositata in data 18/01/2016, il difensore richiedeva un rinvio dell’udienza, a norma dell’art. 13, comma 3,del D. Lgs. 74/2000, per un periodo pari a tre mesi, al fine di consentire al proprio assistito di saldare definitivamente il suo debito nei confronti dell’Erario, tramite il piano di rateizzazione cui era stato ammesso, ed avvalersi così della nuova causa di non punibilità introdotta nel 2015.
A seguito dell’accoglimento della richiesta di rinvio e del decorso del termine di tre mesi, con memoria depositata il 12/03/2016, la difesa richiedeva l’annullamento della sentenza impugnata, avendo l’imputato proceduto al versamento integrale della parte di debito residuo.

La decisione della Suprema Corte.
La Corte, nel ritenere fondato il ricorso e nella cassazione della decisione impugnata, ha ritenuto determinante l’incidenza della modifica normativa intervenuta nel 2015 sulla funzione del pagamento integrale del pagamento del debito tributario.
A partire dal 22 Ottobre 2015, infatti, il pagamento integrale di quanto dovuto all’Erario, secondo quanto disposto dalla nuova formulazione dell’art. 13 del D. Lgs. 74/2000, ha la funzione non più di attenuare la pena da infliggere al reo, quanto piuttosto quella di estinguere il reato stesso.
Dunque, l’art. 13 non prevede più una speciale circostanza attenuante ma una causa di non punibilità.
E’ proprio sulla base della diversa funzione attribuita dal legislatore al pagamento del debito da parte dell’imputato, il quale, per l’appunto, non incide più solo sul quantum della pena ma sullo stesso an dell’affermazione della responsabilità penale, che la Corte ritiene che tale disposizione debba potersi applicare anche nei procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del decreto legislativo del 2015, in applicazione sia del principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 della Costituzione che dell’art. 2, comma 4, c.p. (applicazione retroattiva della legge più favorevole), anche se la nuova formulazione della norma in esame prevede una vera e propria preclusione procedimentale (apertura del dibattimento).

La Corte infatti non ritiene operante tale preclusione ai procedimenti in corso proprio in considerazione della «diversa natura assegnata al pagamento integrale del debito tributario», diversa natura che dunque «comporta che nei procedimenti in corso, anche se sia stato oltrepassato il limite temporale di rilevanza previsto dalla norma, l’imputato debba essere considerato nelle medesime condizioni fondanti l’efficacia della causa estintiva: il principio di uguaglianza, che vieta trattamenti differenti per situazioni uguali, impone, infatti, di ritenere che, sotto il profilo sostanziale, il pagamento del debito tributario assuma la medesima efficacia estintiva, sia che avvenga prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, sia, nei procedimenti in corso…che avvenga dopo tale limite, purché prima del giudicato».
Infatti viene chiarito come «la preclusione assegnata, in maniera non irragionevole, ad un momento della scansione processuale, non può operare allorquando, in applicazione del principio del favor rei, la più favorevole disciplina – introdotta in pendenza del procedimento e allorquando la scansione era stata già superata – debba essere applicata agli imputati che hanno provveduto al pagamento integrale del debito tributario».
In considerazione della più ampia e diversa efficacia attribuita nel 2015 al pagamento integrale del debito tributario, la Suprema Corte afferma la necessaria diversità ed intensità dell’interesse dell’imputato a provvedere allo stesso, stante la sua efficacia estintiva e non più meramente attenuante del reato.

Il principio di diritto.
In applicazione della legge penale più favorevole, per i procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del D. Lgs. 158/2015, deve trovare applicazione la causa di non punibilità di cui all’art. 13 del D. Lgs. 74/2000, anche qualora sia stato oltrepassato il limite temporale previsto dalla norma (apertura del dibattimento), consentendo dunque all’imputato di procedere al pagamento integrale del debito tributario, compresi interessi e sanzioni amministrative, al fine di estinguere il reato, purché prima della formazione del giudicato, stante la nuova funzione estintiva del reato attribuita a tale pagamento (avente in precedenza efficacia puramente attenuante).
Tale principio, così come in precedenza indicato, è stato nuovamente affermato nella successiva pronuncia n. 11417/2017, relativa alla fattispecie prevista dall’art. 10bis del D. Lgs. 74/2000, con la quale la Corte di Cassazione ha annullato una sentenza emessa della Corte di Appello di Milano ritenendo applicabile, sulla scia di quanto statuito dalla stessa con la precedente decisione del 2016, l’art. 13 del D. Lgs. 74/2000, al procedimento in corso, avendo l’imputato proceduto, in questo caso, al pagamento integrale del suo debito nei confronti dell’Erario addirittura prima dell’apertura del dibattimento.
Si tratta, tuttavia, di una circostanza che, in via generale, non sembra esser stata considerata determinante dalla Suprema Corte ai fini della applicazione di tale causa di non punibilità, avendo quest’ultima ribadito che la nuova formulazione dell’art. 13 debba essere riconosciuta applicabile ai procedimenti in corso, anche qualora «sia stato oltrepassato il limite temporale di rilevanza previsto dalla norma».