Il dovere di manutenzione dell’edificio e la responsabilità penale dell’amministratore di condominio.
L’amministratore di condominio è una figura professionale cui il legislatore italiano ha attribuito compiti eterogenei e su cui gravano differenti forme di responsabilità, soprattutto in ambito civile. In determinate circostanze, tuttavia, l’amministratore di condominio può incorrere in sanzioni penali, soprattutto per condotte di carattere omissivo, derivanti dalla inosservanza dei doveri prescritti dalle norme civilistiche.
1. Le fonti civilistiche della responsabilità penale dell’amministratore
Le norme inerenti la figura dell’amministratore di condominio sono contenute nel codice civile, che ne disciplina in modo completo la nomina, la conferma e la revoca, oltre che gli obblighi e i doveri. L’amministratore è legato ai condòmini (e non al condominio in sé, il quale non ha una autonoma personalità giuridica) da un rapporto contrattuale di mandato (art. 1129 c.c.) in forza del quale diviene organo “esecutivo” del condominio.
Gli obblighi dell’amministratore sono puntualmente indicati dal codice civile e quelli dalla cui inosservanza può derivare una responsabilità penale discendono dagli artt.1130, comma 4 e 1135, comma 2 c.c., i quali, rispettivamente, attribuiscono all’amministratore il compito di compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell’edificio e il potere di ordinare atti di manutenzione straordinaria, se urgenti, da eseguire senza ritardo dietro iniziativa dell’amministratore il quale dovrà riferire ai condòmini convocando l’assemblea.
Fatta questa doverosa, quanto breve premessa, sarà possibile, ora, concentrare l’attenzione sulle fattispecie penali che possono potenzialmente riguardare l’attività svolta dall’amministratore.
Comune denominatore delle norme incriminatrici di seguito analizzate è la natura essenzialmente omissiva della condotta dell’amministratore nella esecuzione di opere di manutenzione dell’edificio o delle parti comuni, dalla quale può derivare il pericolo o l’evento di danno per i condòmini stessi o di terzi estranei al condominio.
La responsabilità omissiva di natura penale trova la propria fonte nell’articolo 40 cpv. c.p. ove è stabilito che “non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo“. Ne consegue che la responsabilità penale per omissione presuppone che sussista un obbligo giuridico di attivarsi, il quale, come si vedrà, nelle fattispecie penali che di seguito saranno trattate, è stato individuato dalla giurisprudenza quale conseguenza di violazione delle suddette norme civilistiche.
2. Il reato di pericolo e la responsabilità penale dell’amministratore per la violazione dell’art. 677 c.p.
La prima fattispecie che assume rilievo è quella dell’art. 677 c.p. rubricato “Omissioni di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina”. La norma sanziona il proprietario di un edificio o costruzione che minaccia rovina o chi per lui sia obbligato alla conservazione o alla vigilanza dell’edificio, che omette di provvedere ai lavori necessari a rimuovere tale pericolo (primo comma), o colui che essendone obbligato non provvede a rimuovere il pericolo derivante da avvenuta rovina (secondo comma). Per i primi due commi il codice penale prevede l’applicazione di una sanzione amministrativa. Il terzo comma, invece, prevede la comminatoria della sanzione penale della pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda se dal fatto ne sia derivato pericolo alle persone.
Il reato contravvenzionale in questione si configura quale reato di pericolo, di natura permanente, in quanto lo stato di consumazione sussiste finché il pericolo concreto per la pubblica incolumità non sia cessato (Cass.Pen. 27/03/2007, n. 12721).
Per quanto concerne il caso specifico del condominio, la Suprema Corte ha precisato i limiti applicativi della contravvenzione prevista all’art. 677 c.p. nei confronti dell’amministratore con la sentenza n. 25221/2012. Con tale pronuncia, infatti, la Corte di legittimità ha precisato che:
“la fattispecie incriminatrice prevista dall’art. 677 c.p., comma 3, è configurabile allorquando dall’omissione dei lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina derivi un concreto pericolo per l’incolumità delle persone, e, perciò, è sufficiente per andare esenti da responsabilità penale intervenire sugli effetti anziché sulla causa della rovina, prevenendo la specifica situazione di pericolo indicata dalla norma incriminatrice con opere provvisorie ed urgenti oppure interdicendo, ove ciò sia possibile, l’accesso o il transito nelle zone pericolanti.”
Riferendosi, poi, la Corte, al caso di specie oggetto di disamina in sede di legittimità di un amministratore di condominio diffidato assieme ad un condomino dalla polizia municipale ad effettuare i lavori necessari a mettere in sicurezza parte dell’edificio, interessato dal crollo parziale dell’intonaco dal cornicione e da un sottobalcone, i quali non sono stati in grado di produrre un certificato di eliminato pericolo nei termini indicati, specifica che:
“negli edifici condominiali l’obbligo giuridico di rimuovere il pericolo derivante dalla minacciante rovina di parti comuni della costruzione (…) incombe sull’amministratore”. Sulla base infatti delle norme di cui agli articoli 1130 c.c., comma 1, nn. 3 e 4 e 1135 c.c., comma 2, afferma la Corte: “deve riconoscersi in capo allo stesso (l’amministratore) l’obbligo giuridico di attivarsi senza indugio per la eliminazione delle situazioni potenzialmente idonee a cagionare violazione della regola del “neminem laedere””.
Conseguentemente, secondo l’interpretazione offerta dal Supremo Collegio con la sentenza in commento, sull’amministratore, quale mandatario dei condòmini, grava l’obbligo di provvedere a mettere in sicurezza le parti potenzialmente pericolose dell’edificio, predisponendo i relativi interventi di manutenzione o, quantomeno, come indicato dai Giudici di legittimità, eliminando la situazione di pericolo agendo sugli effetti della rovina, piuttosto che sulla causa, ad esempio interdicendo l’accesso o il passaggio alle zone pericolose dell’immobile.
Nel caso di specie, la Cassazione ha accolto il ricorso degli imputati per l’errore in cui erano incorsi i giudici del merito nei precedenti gradi di giudizio sulla distinzione tra eliminazione degli effetti e della causa della rovina, che non ha permesso un’adeguata valutazione delle allegazioni difensive degli imputati.
C’è da segnalare, inoltre, che la pronuncia in questione costituisce una svolta rispetto alla giurisprudenza antecedente, che, al contrario, aveva mandato assolto l’amministratore per il reato in questione, proprio sulla base dell’inerzia dell’organo assembleare, motivando che non può essere ipotizzata alcuna responsabilità in capo all’amministratore per non aver realizzato interventi che non era in suo materiale potere adottare e per la predisposizione dei quali non aveva le necessarie provviste, ricadendo dunque, la responsabilità in capo ai singoli condomini (Cass. pen., n.16790/2011; in senso conforme Cass. pen. n. 21401/2009).
3. La responsabilità omissiva per reati di danno: lesioni personali colpose (art. 590 c.p.)
Altri ben più gravi reati, poi, possono derivare dalla mancata attivazione per porre rimedio a situazioni pericolose connesse all’edificio condominiale, come quello di lesioni personali colpose previsto all’art. 590 c.p. (analoghi principi valgano per l’ipotesi di omicidio colposo).
Essendo reato di evento, la fattispecie si perfeziona con il verificarsi dell’evento previsto dalla norma incriminatrice, ossia la lesione per il soggetto passivo, determinata da un’azione od omissione colposa (causata cioè da negligenza, imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline, come indicato dall’art. 43 c.p.) del soggetto attivo.
La Corte di Cassazione ha affrontato organicamente il tema della responsabilità dell’amministratore di condominio per lesioni colpose nella Sentenza della IV Sezione Penale del 12/01/2012, n. 34147.
Il procedimento penale in questione coinvolgeva un amministratore che avendo omesso di eseguire i lavori di ripristino dell’avvallamento tra il pavimento e un tombino di raccolta delle acque reflue condominiali posto sul marciapiedi che dà accesso alla farmacia al piano terra dello stabile, è stato condannato per aver procurato, con tale mancata azione, lesioni personali gravi ad un anziano che su di esso è inciampato mentre accedeva alla predetta farmacia. La difesa dell’imputato, nel ricorso per cassazione, aveva impugnato la sentenza di merito deducendo la assenza di responsabilità in quanto nessuna segnalazione di pericolo era pervenuta alla sua attenzione, né alcuna assemblea condominiale lo aveva autorizzato ad avviare la messa in sicurezza.
La Corte, tuttavia, ha rigettato il ricorso assumendo che:
“Non può quindi mettersi in discussione che l’amministratore di condominio rivesta una specifica posizione di garanzia, su di lui gravando l’obbligo ex art. 40 cpv. cod. pen. di attivarsi al fine di rimuovere, nel caso di specie, la situazione di pericolo per l’incolumità dei terzi”
precisando,inoltre, che:
“Né l’obbligo di attivarsi onde eliminare la riferita situazione di pericolo doveva ritenersi subordinato, come erroneamente sostenuto dal ricorrente, alla preventiva deliberazione dell’assemblea condominiale ovvero ad apposita segnalazione di pericolo tale da indurre un intervento di urgenza. Il disposto dell’art. 1130 n. 4 cod. civ. viene interpretato dalla giurisprudenza di legittimità nel senso che sull’amministratore grava il dovere di attivarsi a tutela dei diritti inerenti le parti comuni dell’edificio, a prescindere da specifica autorizzazione dei condomini ed a prescindere che si versi nel caso di atti cautelativi ed urgenti (cfr. Sez. 4 n.3959 del 2009; Sez. 4 n.6757 del 1983).”
Dunque, facendo applicazione delle norme del codice civile, secondo la giurisprudenza penale di legittimità l’amministratore ha il potere/dovere di intervenire con lavori di straordinaria amministrazione, i quali seppure in via ordinaria, nella fisiologica attività di gestione della cosa comune dovrebbero essere autorizzati dall’assemblea dei condòmini, in casi di urgenza ed ai fini cautelativi, dovranno essere disposti di iniziativa dell’amministratore per salvaguardare l’incolumità delle persone e non incorrere in situazioni (di pericolo o di danno) da cui potrebbe discendere una responsabilità penale.
Lo stesso principio è stato confermato da un più recente arresto giurisprudenziale, e segnatamente con la sentenza n.46385/2015, nella quale vengono richiamati i seguenti principi:
– l’amministratore di condominio in quanto tale assume una posizione di garanzia ex art. 40 cpv. c.p., la quale discende dai poteri attribuitogli dalle norme civilistiche;
– la responsabilità di questo sussiste, tuttavia, solo per i lavori necessari alla manutenzione ordinaria, mentre per quella straordinaria egli ha il dovere di intervenire solo per le opere urgenti ed improrogabili;
– nei casi in cui l’organo assembleare non si adoperi e non predisponga i fondi necessari agli interventi manutentivi, l’amministratore, al fine di andare esente da responsabilità penale, deve comunque intervenire sugli effetti anziché sulla causa della rovina, cioè prevenire la specifica situazione di pericolo prevista dalla norma incriminatrice (la Corte suggerisce, a mo’ di esempio, di interdire l’accesso alla zona pericolosa).
Sulla posizione di garanzia di cui sarebbe investito l’amministratore per i reati di eventi in senso conforme: cass. pen. n. 6757/1983 e cass. pen., n. 39959/2009.
3. Responsabilità penale in materia di sicurezza sul lavoro
La materia della responsabilità penale dell’amministratore condominiale si intreccia, inoltre, con quella della responsabilità nell’ambito dei luoghi di lavoro e della tutela del lavoratore.
Nello specifico, in questa sede, si vuole far riferimento ad una recentissima pronuncia della Suprema Corte (Cass. Pen., Sez. IV, sent. n. 43452 del 21/09/2017) con cui i giudici di Piazza Cavour hanno condannato un amministratore in relazione ad un incidente mortale che ha coinvolto un lavoratore incaricato di eseguire dei lavori di manutenzione sul tetto del condominio.
Per quanto concerne i profili di colpa contestati dalla pubblica accusa nel giudizio di merito, all’amministratore veniva addebitata la omessa verifica dell’idoneità tecnico-professionale del lavoratore in relazione ai lavori commissionati e la omessa predisposizione di un documento di valutazione dei rischi che indicasse le misure adottate per eliminarli, in violazione delle norme degli artt. 90, commi 1 e 9, lett. a, e 26 comma 3, del d. lgs. 9 aprile 2008, n. 81 (Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro). Assieme all’amministratore veniva tratto a giudizio, quale coimputato, un condòmino in quanto procacciatore del lavoro e materiale fornitore delle attrezzature, non idonee a garantire la sicurezza del lavoratore.
Rigettato il ricorso degli imputati, la Corte ha confermato la condanna inflitta in grado di appello affermando il presente principio di diritto:
“in materia di infortuni sul lavoro, in caso di lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto o di prestazione di opera, il committente, anche quando non si ingerisce nell’esecuzione, rimane comunque obbligato a verificare l’idoneità tecnico-professionale dell’impresa e dei lavoratori autonomi scelti in relazione ai lavori affidati (Sez. 4, n. 44131 del 15/07/2014, Heqimi e altri, Rv. 264975).”
Dunque con la pronuncia in commento, la Corte di Cassazione facendo applicazione della normativa in materia di sicurezza sul lavoro prevista dal decreto D.lgs. 81/2008 e successive modificazioni, ha identificato l’amministratore del condominio come committente del contratto d’appalto e, in quanto tale, lo ha ritenuto destinatario di tutti gli obblighi previsti a carico del datore di lavoro dalla normativa riferita.
Invero, la Corte di Cassazione, ha confermato la ricostruzione operata dalla Corte d’Appello (di riforma di quella di primo grado che si era pronunciata per l’assoluzione degli imputati) che ha riconosciuto in capo all’imputato una posizione di garanzia avendo egli stesso commissionato i lavori all’interessato.
In tal senso depone la natura dell’intervento manutentivo commissionato, che, ad avviso della Corte, rientra nella categoria della ordinaria amministrazione, quindi di competenza dell’amministratore. Oltretutto, la ricostruzione del fatto storico ha dimostrato che la caduta non è stata causata da una condotta abnorme del lavoratore, ma dalla mancata predisposizione di mezzi idonei per poter eseguire in sicurezza l’incarico, il quale svolgendosi in un sito collocato ad una certa altezza espone ad una condizione di obiettivo pericolo il lavoratore.
In senso conforme si segnala la pronuncia di cui alla sentenza n.22239/2011, con la quale è stata riconosciuta la responsabilità dell’amministratore di condominio quale datore di lavoro per la violazione di normativa antinfortunistica. Nel caso concreto, l’imputato (amministratore di condominio), era stato tratto a giudizio per la morte di un lavoratore incaricato delle pulizie della tromba delle scale del condominio, rovinato al suolo per inidoneità del parapetto (inferiore al metro di altezza, come imposto da d.P.R n.547/1955).
La Corte ha confermato la responsabilità dell’amministratore per la morte del lavoratore dovuta all’inosservanza della norma di prevenzione, così argomentando:
“le Sezioni Unite di questa Corte ebbero modo di precisare che il datore di lavoro ha il dovere di accertarsi che l’ambiente di lavoro abbia i requisiti di affidabilità e di legalità quanto a presidi antinfortunistici, idonei a realizzare la tutela del lavoratore, e di vigilare costantemente a che le condizioni di sicurezza siano mantenute per tutto il tempo in cui è prestata l’opera (Sez. Un., n. 5 del 25/11/1998 Ud.n – dep. 11/03/1999 – Rv. 212577)”
Con il medesimo arresto giurisprudenziale, la Suprema Corte, sulla eccepita (dalla difesa) abnormità della condotta del lavoratore quale causa di interruzione del nesso di causalità tra l’inerzia dell’amministratore a verificare le condizioni di sicurezza in cui venivano eseguiti i lavori di manutenzione e l’evento morte, ha affermato che :
“(…) il datore di lavoro, garante dell’incolumità personale dei suoi dipendenti, è tenuto a valutare i rischi ed a prevenirli, e non può invocare a sua discolpa, in difetto della necessaria diligenza, prudenza e perizia, eventuali responsabilità altrui (…).”
“Se è vero, poi, che destinatari delle norme di prevenzione, contro gli infortuni sul lavoro, sono non solo i datori di lavoro, i dirigenti e i preposti, ma anche gli stessi operai, giova ricordare, tuttavia, che l’inosservanza di dette norme da parte dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti ha valore assorbente rispetto al comportamento dell’operaio, la cui condotta può assumere rilevanza ai fini penalistici solo dopo che da parte dei soggetti obbligati siano adempiute le prescrizioni di loro competenza (cfr. Sez. 4, n. 10121 del 23/01/2007 Ud. – dep. 09/03/2007 – Rv. 236109 imp.: Masi e altro).”
Considerazioni conclusive e consigli del legale.
Dalla breve trattazione delle diverse fattispecie penali che possono attingere la figura professionale dell’amministratore di condominio si può sinteticamente indicare quale regola di condotta processualmente utile in sede penale (analogo discorso vale in sede civile per la responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 cod. civ.) quella di poter dimostrare in giudizio l’avvenuto intervento disposto di urgenza, anche senza la preventiva acquisizione della deliberazione assembleare, volto ad eliminare senza ritardo gli effetti della potenziale caduta di parti dell’edificio pericolanti (in alcuni casi può essere sufficiente anche transennare la zona a rischio) o l’avvenuta messa in sicurezza di impianti che insistono nelle parti comuni che potrebbero comportare rischi per i condòmini o per terzi estranei.
I lavori dovranno essere appaltati ad una impresa che garantisca il rispetto nella normativa dettata in tema di sicurezza sul lavoro ai sensi e per gli effetti del D. Lgs. 81/2008 e successive modificazioni, redigendo il contratto di appalto in guisa tale da trasferire la posizione di garanzia in capo al titolare dell’impresa.
Chiaramente tale iniziativa dovrà essere suscettibile di prova storica (documentale e/o testimoniale) da poter articolare in sede processuale penale per dimostrare la attivazione dell’amministratore per scongiurare il potenziale evento di danno.
Contestualmente all’intervento sarà opportuno convocare con il rispetto dei termini minimi di legge una assemblea straordinaria dei condòmini indicando all’ordine del giorno: i) la ratifica dell’operato dell’amministratore che ha fatto eseguire in via di urgenza l’intervento di manutenzione, allegando alla convocazione la fattura per ottenere in sede di assemblea l’approvazione della spesa sostenuta e la relativa ripartizione secondo tabelle millesimali; ii) il conferimento di incarico ad un professionista qualificato il quale dovrà valutare che le opere eseguite in via di urgenza siano sufficienti a scongiurare il pericolo alle persone (condomini e terzi estranei) e le eventuali ulteriori opere da realizzare per la sicura messa in sicurezza dello stabile.