Reati Tributari: la giurisprudenza penale di legittimità marzo-settembre 2017.

Modifiche normative di maggior favore in materia di dichiarazione infedele (Decreto legislativo 10 marzo 2000 n. 74, articolo 4; decreto legislativo 24 settembre 2015 n. 158, articolo 4)

In materia di reati tributari, il reato di dichiarazione infedele, di cui all’articolo 4 del decreto legislativo n. 74 del 2000, come delineato a seguito delle modifiche introdotte dall’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo n. 158 del 2015, si pone in continuità normativa con la fattispecie previgente, ma è più favorevole all’imputato, avendo la nuova disciplina non solo innalzato le soglie di punibilità, ma anche circoscritto l’area dell’intervento penale, escludendovi gli aspetti valutativi (cfr. quanto previsto nei commi 1-bis e 1-ter dell’articolo 4, come introdotti dal citato decreto legislativo n. 158 del 2015) e le condotte non connotate da frode (cfr. la sostituzione della parola “fittizi” con l’attuale “inesistenti” nel comma 1 dell’articolo 4, sempre a opera del decreto legislativo n. 158 del 2015). In definitiva, la condotta ora punibile ex articolo 4, se caratterizzata dal superamento delle soglie di punibilità, si sostanzia: 1) nell’annotazione di componenti positivi del reddito per ammontare inferiore a quello reale (omessa annotazione di ricavi); 2) nell’indebita riduzione dell’imponibile tramite l’indicazione nella dichiarazione di costi inesistenti (e non più fittizi), ossia di componenti negativi del reddito mai venuti a esistenza in rerum natura; e 3) nelle sottofatturazioni ovvero nell’indicazione in fattura di un importo inferiore a quello reale, in maniera da consentire all’emittente il conseguimento di ricavi non dichiarati (cfr., in proposito, il comma 3 dell’articolo 3 del decreto legislativo n. 74 del 2000, che esclude espressamente la natura “fraudolenta” delle sottofatturazioni, che quindi rientrano nel raggio della condotta punibile dell’articolo 4).

Sezione III, sentenza 22 marzo-20 giugno 2017 n. 30686

Nozione di amministratore di fatto e art. 2639 c.c. (Decreto legislativo 10 marzo 2000 n. 74)

In tema di reati tributari, ai fini della attribuzione a un soggetto della qualifica di amministratore “di fatto” non occorre l’esercizio di “tutti” i poteri tipici dell’organo di gestione, ma è necessaria una significativa e continua attività gestoria, svolta cioè in modo non episodico od occasionale. A tal fine, per delineare la figura dell’amministratore di fatto è perciò necessario attingere ai criteri stabiliti dall’articolo 2639 del codice civile, con la conseguenza che amministratore di fatto è dunque colui il quale eserciti in modo continuativo e significativo i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione: “significatività” e “continuità” non comportano necessariamente l’esercizio di “tutti” i poteri propri dell’organo di gestione, ma richiedono l’esercizio di un’apprezzabile attività gestoria, svolta in modo non episodico od occasionale.

Sezione III, sentenza 20 gennaio- 3 luglio 2017 n. 31906

Omesso versamento di ritenute e possibilità di definizione del contenzioso in sede amministrativa

Nel caso in cui il datore di lavoro ometta di versare all’INPS le ritenute previdenziali ed assistenziali dei suoi lavoratori ha la facoltà, prima della comunicazione della notizia di reato, entro 3 mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione, di definire il contenzioso in sede amministrativa. Per poter esercitare tale facoltà, l’avviso di accertamento inviato dall’INPS al datore di lavoro deve contenere l’indicazione del periodo cui si riferisce l’omesso versamento delle ritenute, il relativo importo, l’indicazione dell’ente presso il quale deve essere effettuato il versamento entro i 3 mesi e l’avviso che il pagamento consente di fruire della causa di non punibilità sopra descritta.

Cassazione penale, sez. fer., 10/08/2017, n. 39332

Grave frode fiscale e principi comunitari

In materia di reati tributari, in relazione all’obbligo per il giudice nazionale di perseguire le ipotesi gravi di frode fiscale – come discendente dalla lettura datane dalla Corte di Giustizia, di disapplicazione degli artt. 160 e 161 c.p. a fronte della non compatibilità dei termini di prescrizione ivi previsti con gli obblighi imposti agli stati membri dall’art. 325, paragrafi 1 e 2 T.F.U.E. – il più attendibile parametro oggettivo per la determinazione della gravità della frode nell’ordinamento italiano deve essere rappresentato dal complesso dei criteri per la determinazione della gravità del reato contenuti nell’art. 133, comma 1, c.p., che fa riferimento non solo alla gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa, ma anche alla natura, alla specie, ai mezzi, all’oggetto, al tempo, al luogo e, più in generale, alle modalità dell’azione, nonché all’elemento soggettivo. Ne consegue che, ove non si sia in presenza di un danno già di rilevantissima gravità, appaiono necessari, per connotare tale requisito, ulteriori elementi, quali in particolare l’organizzazione posta in essere, la partecipazione di più soggetti al fatto, l’utilizzazione di cartiere o società-schermo, la interposizione di una pluralità di soggetti, l’esistenza di un contesto associativo criminale.

Cass. pen., Sez. III, ud. 12 luglio 2017 – dep. 5 ottobre 2017, n. 45751

Sulla determinazione della competenza per territorio nei reati tributari

L’art. 18 d.lg. n. 74 del 2000 detta le regole per la determinazione della competenza per territorio in relazione al «reato tributario», stabilendo un criterio generale, che sopporta due eccezioni: come criterio generale la competenza per territorio si determina ai sensi dell’art. 8 c.p.p., qualora non possa essere determinata in base a tale norma è competente il giudice del luogo di accertamento del reato. Nei reati tributari non si applicano dunque le regole suppletive dell’art. 9 c.p.p. La suddetta regola generale subisce le sole due eccezioni previste ai commi 2 e 3 del medesimo art. 18 d.lgs. n. 74 del 2000.

Cassazione penale, sez. I, 18/07/2017, n. 3989

Se l’evasione Iva non assume connotati di particolare gravità, non preclude l’estinzione per prescrizione del reato

Se l’evasione Iva non assume connotati di particolare gravità, essa non integra una fattispecie tale da precludere l’estinzione per prescrizione del reato. Lo afferma la Cassazione secondo cui non può esserci un’applicazione generalizzata e acritica della sentenza “Taricco”. Pertanto, quando non ci sia un danno di notevolissima gravità, la condotta per avere una rilevanza penale e, quindi, essere in grado anche di interrompere la prescrizione, deve presentare ulteriori elementi quali in particolare l’organizzazione posta in essere, la partecipazione di più soggetti al fatto, l’utilizzazione di cartiere o società schermo, l’interposizione di una pluralità di soggetti o l’esistenza di un contesto associativo criminale.

Cassazione penale, sez. III, 12/07/2017, n. 45751

Il reato di bancarotta fraudolenta documentale può concorrere con quello di occultamento e distruzione di documenti contabili

È configurabile il concorso tra il delitto di bancarotta fraudolenta documentale, di cui all’art. 216, comma 1, n. 2, e quello di occultamento e distruzione di documenti contabili, previsto dall’art. 10 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, che sono tra loro in rapporto di specialità reciproca, in ragione: a) del differente oggetto materiale dell’illecito; b) dei diversi destinatari del precetto penale; c) del differente oggetto del dolo specifico; d) del divergente effetto lesivo delle condotte di reato.

Cassazione penale, sez. V, 20/06/2017, n. 35591

Fatture soggettivamente inesistenti e dolo specifico di evasione delle imposte

Il reato di utilizzazione fraudolenta in dichiarazione di fatture per operazioni inesistenti ? integrato, con riguardo alle imposte dirette, dalla sola inesistenza oggettiva, relativa alla diversit?, totale o parziale, tra costi indicati e costi sostenuti, mentre, con riguardo all’IVA, esso comprende anche l’inesistenza soggettiva.

Cassazione penale, sez. III, 09/06/2017, n. 39541

Omesso versamento delle ritenute certificate: innalzamento della soglia e abolizione parziale dei reati commessi ante d.lgs. 158/201

La nuova fattispecie di reato di cui all’articolo 10-bis del decreto legislativo n. 74 del 2000, come modificata dal decreto legislativo 24 settembre 2015 n. 158, che ha elevato a euro 150.000,00 l’importo delle ritenute certificate non versate, ha determinato l’abolizione parziale del reato commesso in epoca antecedente che aveva a oggetto somme pari o inferiori a detto importo: vertendosi in ipotesi di abrogazione parziale trovano applicazione gli articoli 2, comma 2, del Cp e 673, comma 1, del Cpp (da queste premesse, la Corte, in una vicenda in cui vi era stato decreto penale irrevocabile per un illecito successivamente divenuto penalmente irrilevante, perché sotto la nuova soglia di punibilità, accogliendo il ricorso del condannato ha annullato l’ordinanza del giudice dell’esecuzione che aveva rigettato la richiesta di revoca e ha conseguentemente disposto la revoca del decreto penale perché il fatto non è previsto dalla legge come reato).

Cassazione penale, sez. III, 11/05/2017, n. 34362

Abuso del diritto, elusione fiscale e modifiche normative

In tema di violazioni finanziarie, l’istituto dell’abuso del diritto di cui all’articolo 10-bis della legge 27 luglio 2000 n. 212, per effetto della modifica introdotta dal decreto legislativo 5 agosto 2015 n. 128, esclude la rilevanza penale delle condotte a esso riconducibili e ha ormai applicazione solo residuale rispetto alle disposizioni concernenti comportamenti fraudolenti, simulatori o comunque finalizzati alla creazione e all’utilizzo di documentazione falsa di cui al decreto legislativo 10 marzo 2000 n. 74, cosicché esso non viene mai in rilievo quando i fatti in contestazione integrino le fattispecie penali connotate da tali elementi costitutivi. Ne consegue, pertanto, che non è più configurabile il reato di dichiarazione infedele, in presenza di condotte puramente elusive ai fini fiscali, in quanto l’articolo 10-bis citato, esclude che operazioni esistenti e volute, anche se prive di sostanza economica e tali da realizzare vantaggi fiscali indebiti, possano integrare condotte penalmente rilevanti (nella specie, la Corte, pur annullando senza rinvio per intervenuta prescrizione la sentenza di condanna per il reato di cui all’articolo 4 del decreto legislativo n. 74 del 2000, ha ritenuto motivatamente esclusa la configurabilità dell’abuso del diritto, avendo il giudice spiegato come si fosse in presenza di comportamenti “simulatori” preordinati alla immutatio veri del contenuto della dichiarazione dei redditi, per la comprovata esistenza di una falsità ideologica interessante il contenuto della dichiarazione e avente come obiettivo principale l’occultamento totale o parziale della base imponibile).

Cassazione penale, sez. III, 21/04/2017, n. 38016

Integra dichiarazione infedele la condotta di chi modifica il contenuto della dichiarazione al fine di occultare la base imponibile

In tema di violazioni finanziarie, ricorre il reato di dichiarazione infedele in presenza di comportamenti simulatori – nella specie negozi collegati tra loro apparentemente finalizzati a cessione di partecipazione societaria – preordinati alla “immutatio veri” del contenuto della dichiarazione ex art. 4 del D.Lgs. n. 74 del 2000 ed integranti una falsità ideologica che connota il fatto evasivo incidendo sulla veridicità della dichiarazione per occultare in tutto o in parte la base imponibile, sicché non si applica la disciplina dell’abuso del diritto ex art. 10 bis l. n. 212 del 2000 che ha portata solo residuale.

Cassazione penale, sez. III, 21/04/2017, n. 38016

In presenza di procedimento penale per frodi gravi è disapplicata la disciplina della prescrizione che pregiudica gli interessi finanziari dell’UE

In materia di reati tributari, l’applicazione dei principi affermati dalla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Grande sezione, Taricco ed altri del 8 settembre 2015, C-105/14, in ordine all’obbligo di disapplicazione della disciplina della prescrizione prevista dagli artt. 160 e 161 cod. pen., se ritenuta idonea a pregiudicare gli obblighi imposti a tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea, presuppone l’esistenza di un procedimento penale riguardante “frodi gravi”, da intendersi con riferimento sia alle fattispecie espressamente connotate da fraudolenza, sia a quelle che, pur non richiamando espressamente tale requisito della condotta, siano dirette all’evasione dell’Iva, la cui gravità va desunta da tutti i criteri previsti dall’art. 133, primo comma, cod. pen. (Fattispecie in cui la S.C. ha escluso la gravità della frode essendo l’entità della imposta evasa al di sotto della soglia di punibilità prevista per la fattispecie di mero inadempimento, e trattandosi di un unico episodio di utilizzo in dichiarazione di una fattura per operazione inesistente).

Cassazione penale, sez. III, 21/04/2017, n. 31265

Omesso versamento di ritenute certificate e applicabilità della causa di non punibilità

Nei reati tributari la causa di non punibilità ex art. 13 d.lg. n. 74 del 2000, come modificato ad opera del d.lg. n. 158 del 2015, trova applicazione ai fatti commessi precedentemente alla sua entrata in vigore e ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del d.lg. n. 158 del 2015, anche qualora, alla data predetta, era già stato aperto il dibattimento di primo grado, se i debiti tributari, comprese le sanzioni amministrative e interessi, risultano essere stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche se a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previsto dalle norme tributarie.

Cassazione penale, sez. III, 12/04/2017, n. 30139

Il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti si distingue da quello di compimento di operazioni simulate soggettivamente

In tema di reati finanziari e tributari, anche seguito della novella apportata dal d.lg. n. 158 del 2015, che ha aggiunto la lett. g-bis) all’art. 1d.lg. n. 74 del 2000, la condotta di emissione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti non è assorbita in quella di compimento di operazioni simulate soggettivamente, in quanto in base alla immutata definizione contenuta nella lett. a) dello stesso art. 1 d.lg. n. 74 del 2000, sono fatture per operazioni inesistenti anche quelle che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi; ne consegue che il discrimine tra i reati previsti, rispettivamente, dagli art. 2 e 3 d.lg. n. 74 del 2000 non è dato dalla natura dell’operazione ma dal modo in cui essa è documentata.

Cassazione penale, sez. III, 11/04/2017, n. 38185

Circa la sussistenza del reato militare di frode alla finanza mediante collusione con estranei

Il reato militare di frode alla finanza mediante collusione con estranei è reato di pericolo che si perfeziona con il solo scambio di consenso tra le parti coinvolte, avente ad oggetto la frode alla finanza, senza che tale risultato debba necessariamente realizzarsi, essendo soltanto richiesta l’adozione o l’indicazione di qualsiasi espediente o altro mezzo fraudolento in grado di ledere l’interesse dello Stato alla percezione della entrata tributaria, per cui tale interesse viene esposto a pericolo, tanto da condotte finalizzate alla evasione di imposta, quanto da quelle finalizzate ad impedirne l’accertamento.

Cassazione penale, sez. I, 16/03/2017, n. 18545

La non punibilità per pagamento del debito non è applicabile al reato di dichiarazione fraudolenta con uso di fatture per operazioni inesistenti

In tema di reati tributari, la causa di non punibilità consistente nell’ìntegrale pagamento del debito tributario, contemplata dall’art. 13 del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, come sostituito dall’art. 11 del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158, non è applicabile al reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti di cui all’art. 2 D.Lgs. n. 74 del 2000.

Cassazione penale, sez. VII, 10/03/2017, n. 25227