Sicurezza in cantiere: il dirigente di fatto risponde della morte o dell’infortunio di un operaio.
Con sentenza del 27/09/2017, n. 48302 la Corte di Cassazione, sezione IV è tornata a pronunciarsi in materia di infortunistica e responsabilità penale del datore di lavoro, fornendo ulteriori chiarimenti relativi all’assunzione di fatto della qualità di dirigente.
L’infortunio e l’imputazione penale
Il dipendente della società affidataria dal Comune per la gestione del servizio di fognatura e depurazione, in qualità di responsabile del servizio idrico cittadino nella realizzazione dei lavori di adeguamento e rifacimento del collettore fognario, veniva tratto a giudizio presso il Tribunale di Rieti per il delitto di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro (art. 589, comma 2 c.p.). L’imputato veniva accusato di aver cagionato in cooperazione colposa il decesso di un operaio e lesioni personali ad un altro, entrambi dipendenti della medesima ditta; in particolare nel corso dei lavori per la realizzazione di uno scavo di trincea profondo m. 4,5 circa di cui 3 m verticali per allocare una tubazione in materiale plastico del diametro interno di cm 30, in un terreno che non dava sufficienti garanzia di stabilità, anche in relazione alla pendenza delle pareti, si verificava un distacco di una massa di terreno dalla parete dello scavo che investiva i suddetti operai, determinando la morte di un prestatore di lavoro nonché lesioni personali gravi ad un altro.
Lo svolgimento del processo
Il G.U.P. del Tribunale di Rieti, con sentenza del 28/04/2011 dichiarava l’imputato colpevole del reato ascritto, per colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia e inosservanza delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, quale dirigente di fatto, avendo omesso di verificare le condizioni di sicurezza dei lavori affidati, i requisiti tecnico professionali dell’impresa esecutrice dei lavori e l’esistenza del piano operativo di sicurezza (in violazione dell’art. 97, commi 1, 2, 3, e dell’art. 28, comma 2. D.Lgs. 81/2008).
La Corte di Appello di Roma, adita dall’imputato appellante, in riforma della sentenza di primo grado, assolveva il prevenuto dal reato ascritto per non aver commesso il fatto, revocando le statuizioni civili della appellata sentenza pronunciata in favore delle parti civili costituite.
La decisione della Cassazione e il punto di diritto
La Corte di Cassazione, adita dal Procuratore Generale presso la Corte di Appello e dalle parti civili, ha accolto il ricorso. I giudici di legittimità hanno affermato che “per pacifica giurisprudenza, l’assunzione, in via di fatto, della qualità di datore di lavoro, di dirigente o di preposto determina, in virtù del principio di effettività, l’acquisizione della corrispondente posizione di garanzia in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro (cfr. Sez. 4, n. 22246 del 28/02/2014, Rv. 259224; Sez. 7, Ordinanza n. 33799 del 02/08/2016). Sul punto, non può poi trascurarsi che recenti e importanti arresti della giurisprudenza di legittimità anche in composizione apicale (cfr. Sez. Un., n. 38343 del 24/04/2014 Ud. –dep. 18/09/2014- Rv. 261107; Sez. 4, n. 2536 del 23/10/2015 Ud. –dep. 21/01/2016- Rv. 265797: nell’occasione la Corte ha ribadito il principio secondo cui “in tema di reati omissivi colposi, la posizione di garanzia può essere generata non solo da investitura formale, ma anche dall’esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garante mediante un comportamento concludente dell’agente, consistente nella presa in carico del bene protetto) hanno ribadito che la posizione di garanzia può essere generata non solo da investitura formale, ma anche dall’esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garante, aggiungendo anzi che è spesso di particolare importanza porre attenzione alla concreta organizzazione della gestione del rischio: indicazione che oggi si desume testualmente dall’art. 299 del T.U. sulla sicurezza del lavoro, ma che costituisce importante principio dell’ordinamento penale (v. anche Sez. 4 n. 7921 del 26/02/2016; Sez. 4, n. 25527 del 22/05/2007 Ud. –dep. 04/07/2007- Rv. 236852).”
Si segnala altresì il chiarimento operato dalla Corte per cui “È parimenti ius receptum che, in tema di omicidio o lesioni colpose derivanti da infortuni sul lavoro, se più sono i titolari della posizione di garanzia (nella specie, relativamente al rispetto della normativa antinfortunistica sui luoghi di lavoro), ciascuno è, per intero, destinatario dell’obbligo giuridico di impedire l’evento, con la conseguenza che, se è possibile che determinati interventi siano eseguiti da uno dei garanti, è, però, doveroso per l’altro o per gli altri garanti, dai quali ci si aspetta la stessa condotta, accertarsi che il primo sia effettivamente intervenuto, anche quando le posizioni di garanzia siano sullo stesso piano (cfr. Sez. 4, n. 38810 del 19/04/2005, Rv. 232415; Sez. 4, n. 45369 del 25/11/2010, Rv. 249072).”
In base ai principi sopra riferiti la Corte di legittimità ha, quindi, annullato la sentenza resa in grado di appello con rinvio alla CDA di Roma per nuovo esame, dovendo il giudice a quo fare accoglimento dei summenzionati principi.
La giurisprudenza rilevante in materia
Cassazione penale, sez. IV, 28/02/2014, n. 22246
In materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, in base al principio di effettività, assume la posizione di garante colui il quale di fatto si accolla e svolge i poteri del datore di lavoro, del dirigente o del preposto, il che non vale, tuttavia, a rendere efficace una delega priva dei requisiti di legge.
Cassazione penale, sez. un., 24/04/2014, n. 38343
In tema di infortuni sul lavoro, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, pur svolgendo all’interno della struttura aziendale un ruolo non gestionale ma di consulenza, ha l’obbligo giuridico di adempiere diligentemente l’incarico affidatogli e di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all’attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, all’occorrenza disincentivando eventuali soluzioni economicamente più convenienti ma rischiose per la sicurezza dei lavoratori, con la conseguenza che, in relazione a tale suo compito, può essere chiamato a rispondere, quale garante, degli eventi che si verifichino per effetto della violazione dei suoi doveri. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto penalmente rilevante la condotta del responsabile del servizio che aveva redatto il documento di valutazione dei rischi con indicazione di misure organizzative inappropriate, sottovalutando il pericolo di incendio e omettendo di indicare ai lavoratori le opportune istruzioni per salvaguardare la propria incolumità).
Cassazione penale, sez. IV, 22/05/2007, n. 25527
Tra le fonti dell’obbligo di garanzia, tali da poter fondare la responsabilità omissiva ex art. 40, comma 2, c.p., rientrano anche le fonti convenzionali, tra le quali sono da ricomprendere non solo i contratti tipici, ma anche gli atti negoziali atipici e le iniziative volontarie unilaterali assunte di fatto pur in assenza di uno specifico obbligo giuridico.