L’inadeguatezza del Documento di Valutazione dei Rischi espone l’RSPP a responsabilità penale.

Con la sentenza del 07/09/2017, n. 40718, la Cassazione, sezione IV penale si è pronunciata nuovamente in materia di infortuni sul luogo di lavoro e sulla posizione di garanzia che insiste sulla figura del Responsabile del servizio di prevenzione e protezione, in particolare relativamente ad un sinistro che ha coinvolto una lavoratrice presso una macelleria, provocandole lesioni gravi.

L’infortunio e l’imputazione

Mentre stava servendo un cliente, la lavoratrice in questione introduceva manualmente un quantitativo di carne nella macchina tritacarne, priva di qualsiasi dispositivo di protezione dell’apertura di carico, di modo che la mano della lavoratrice entrava in contatto con gli organi in movimento (coclea) e rimaneva ivi intrappolata con la macchina in funzione, riportando l’amputazione della mano destra. Si rimprovera all’imputato, per colpa derivante dalla violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro e nella sua qualità di Responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP) della ditta, di non aver individuato nel documento di valutazione dei rischi, redatto nel 2009, i fattori di rischio e di non aver effettuato la valutazione dei rischi derivanti ai lavoratori dall’utilizzo della predetta macchina tritacarne.
A giudizio della Corte di merito l’imputato non ha provveduto all’adeguamento della macchina, giudicata non rispettosa della normativa di sicurezza di cui al d.P.R. 547/55 al momento del fatto (in quanto dotata di una apertura di carico avente diametro di 87 mm., superiore alla soglia di 56 mm., per cui necessitava di un dispositivo di protezione idoneo a ridurre il diametro dell’apertura sino alla soglia consentita), nonostante fosse presente una direttiva in tal senso nel DVR, verosimilmente, a detta della Corte, successiva alla data dell’infortunio, in quanto riferiva della normativa (c.d. Direttiva Macchine) non ancora vigente all’epoca del fatto.

Lo svolgimento del processo

Con sentenza del 12/04/2016, la Corte di appello di Torino, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Asti, ha riconosciuto all’imputato le attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti, rideterminando la pena in 3 mesi di reclusione. Per il resto ha confermato la penale responsabilità di questo in ordine al reato di lesioni personali colpose, derivanti dall’infortunio sul lavoro avvenuto nella macelleria, il cui titolare è stato giudicato in separato processo.
Avverso la sentenza di secondo grado l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando l’improcedibilità del reato per difetto di querela, l’insussistenza del nesso causale fra l’omessa prevenzione e l’infortunio, l’eccessiva valutazione del grado della colpa e la infondatezza delle statuizioni civili pronunciate nella sentenza impugnata.

La decisione della Cassazione e il principio di diritto

Innanzitutto la Corte, nella pronuncia in esame, si preoccupa di riferire come la giurisprudenza di legittimità abbia oramai sviluppato un consolidato orientamento in materia di prevenzione dei rischi sul lavoro. La Corte di legittimità “ritiene ormai pacificamente configurabile, nella materia della prevenzione degli infortuni sul lavoro, la colpa professionale specifica del RSPP – in cooperazione con quella del datore di lavoro – ogni qual volta l’infortunio sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare (Sez. 4, n. 16134 del 18/03/2010, Santoro, Rv. 24709801). Al riguardo è stato più volte ribadito che il RSPP risponde a titolo di colpa professionale, unitamente al datore di lavoro, degli eventi dannosi derivati dai suoi suggerimenti sbagliati o dalla mancata segnalazione di situazioni di rischio, dovuti ad imperizia, negligenza, inosservanza di leggi o discipline, che abbiano indotto il secondo ad omettere l’adozione di misure prevenzionali doverose (Sez. 4, n. 2814 del 21/12/2010 – dep. 2011, Di Mascio, Rv. 24962601). Ciò sul presupposto che tale figura, pur svolgendo all’interno della struttura aziendale un ruolo non gestionale ma di consulenza, ha l’obbligo giuridico di adempiere diligentemente l’incarico affidatogli e di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all’attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, all’occorrenza disincentivando eventuali soluzioni economicamente più convenienti ma rischiose per la sicurezza dei lavoratori, con la conseguenza che, in relazione a tale suo compito, può essere chiamato a rispondere, quale garante, degli eventi che si verifichino per effetto della violazione dei suoi doveri (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, P.G., R.C., Espenhahn e altri, Rv. 26110701).

Nel caso di specie sottoposto al vaglio di legittimità, i giudici evidenziano l’inidoneità delle prescrizioni inserite dall’imputato nel DVR ad assolvere quest’ultimo dal dovere prevenzionale.

In particolare, si lamenta che quanto indicato dal RSPP non fosse sufficiente per intimare al datore di lavoro, ai sensi del d.P.R. 547/55, di ridurre il diametro dell’apertura di carico del tritacarne attraverso un dispositivo di protezione. Come scritto dai giudici: “Il tenore generico della prescrizione contenuta nel DVR predisposto dal G.R. non ha assolto all’obbligo di individuare in maniera specifica e puntuale le misure di prevenzione e protezione da adottare nel caso concreto. E’ evidente che tale intervento avrebbe dovuto essere espressamente enunciato, sicché appare condivisibile il rilievo del giudicante che addebita al prevenuto di non avere indicato nel DVR la «necessità di adempimento [dell’intervento in disamina] in termini di cogenza, urgenza, indifferibilità data l’incombenza del rischio oggetto di valutazione e prevenzione», rendendosi corresponsabile con il datore di lavoro della violazione della normativa prevenzionistica che imponeva di rendere conforme la macchina ai requisiti di sicurezza. Del resto, l’inadempimento in questione ha concretizzato proprio quel rischio che la misura prevenzionistica omessa avrebbe dovuto prevenire.

A nulla servono gli assunti del ricorrente secondo cui unico soggetto legittimato ad operare sulla macchina ed a conoscerne i rischi fosse il titolare della macelleria. A tal proposito: “La Corte di merito, condivisibilmente, giudica semplicistica ed inconferente tale argomentazione, sull’ovvio rilievo che il RSPP è tenuto ad adempiere all’obbligo di valutazione e prevenzione del rischio in conformità alle previsioni normative in materia, formulando specifiche e tassative prescrizioni tecniche vincolanti per tutti i soggetti destinati ad operare nella struttura aziendale e sulla macchina in questione, a prescindere dalle specifiche conoscenze e capacità dei singoli operatori.

Dalla omessa indicazione nel DVR della indicazione della specifica misura prevenzionale, la quale avrebbe consentito l’eliminazione della situazione di rischio da cui è conseguito l’evento lesivo, la Corte fa discendere la responsabilità dell’imputato e per tali motivi rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed a quelli di rappresentanza della parte civile costituita.

Giurisprudenza rilevante sulla posizione di garanzia del RSPP

Cassazione penale, sez. IV, 26/04/2017, n. 24958
In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, la responsabilità del datore di lavoro in ordine al verificarsi di eventi lesivi dovuti ad inosservanza della vigente normativa non può ritenersi esclusa per la sola avvenuta nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, quale prevista dall’art. 31 d.lg. n. 81 del 2008, essendo questi da ritenere un semplice ausiliario del datore di lavoro, con il compito essenziale di segnalare a quest’ultimo le eventuali situazioni di rischio per la sicurezza dei dipendenti e gli accorgimenti per porvi rimedio, per cui può soltanto ammettersi che egli, ferma restando la responsabilità del datore di lavoro, possa rispondere, in concorso con il medesimo, degli eventi lesivi causalmente riconducibili a quelle situazioni, qualora queste non siano state da lui debitamente segnalate. Né potrebbe valere ad escludere la responsabilità del datore di lavoro il fatto che questi abbia nominato un preposto con l’incarico di sovrintendere all’osservanza delle norme antinfortunistiche, quando non risulti che il medesimo sia stato anche dotato dei necessari poteri di autonoma iniziativa – anche, eventualmente, in materia di spesa o di modifica delle condizioni, delle fasi e dei tempi del processo lavorativo – per l’adeguamento e l’uso, in condizioni di sicurezza, dei mezzi forniti.

Cassazione penale, sez. IV, 30/09/2015, n. 10177
In tema di infortuni sul lavoro, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione è parte inscindibile di una procedura complessa che sfocia nelle scelte operative sulla sicurezza compiute dal datore di lavoro e la sua attività può ben rilevare ai fini della spiegazione causale dell’evento illecito.

Cassazione penale, sez. IV, 03/06/2014, n. 38100
In tema di reati relativi alla sicurezza sul lavoro, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione è una sorta di consulente del datore di lavoro, ed i risultati dei suoi studi ed elaborazioni sono fatti propri dal datore di lavoro che lo ha scelto, con la conseguenza che quest’ultimo è chiamato a rispondere delle eventuali negligenze del primo.

Cassazione penale, sez. un., 24/04/2014, n. 38343
In tema di infortuni sul lavoro, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, pur svolgendo all’interno della struttura aziendale un ruolo non gestionale ma di consulenza, ha l’obbligo giuridico di adempiere diligentemente l’incarico affidatogli e di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all’attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, all’occorrenza disincentivando eventuali soluzioni economicamente più convenienti ma rischiose per la sicurezza dei lavoratori, con la conseguenza che, in relazione a tale suo compito, può essere chiamato a rispondere, quale garante, degli eventi che si verifichino per effetto della violazione dei suoi doveri. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto penalmente rilevante la condotta del responsabile del servizio che aveva redatto il documento di valutazione dei rischi con indicazione di misure organizzative inappropriate, sottovalutando il pericolo di incendio e omettendo di indicare ai lavoratori le opportune istruzioni per salvaguardare la propria incolumità).

Cassazione penale, sez. IV, 17/01/2014, n. 22233
In tema di infortuni sul lavoro, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, pur svolgendo all’interno della struttura aziendale un ruolo non operativo ma di consulenza, ha l’obbligo giuridico di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all’attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, con la conseguenza che, in relazione a tale suo compito, può essere chiamato a rispondere, quale garante, degli eventi che si verifichino in conseguenza della violazione dei suoi doveri (fattispecie in cui la Corte ha rigettato il ricorso avverso la sentenza di condanna pronunciata anche a carico del Rspp, per il reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione della normativa antinfortunistica, in danno di un lavoratore precipitato dall’alto durante l’esecuzione dei lavori, evidenziando in proposito che anche l’imputato, nella sua qualità, avrebbe dovuto prevedere lo specifico rischio caduta dall’alto ove avesse operato con la dovuta diligenza).

Cassazione penale, sez. IV, 24/01/2013, n. 11492
Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, che pure è privo dei poteri decisionali e di spesa (e quindi non può direttamente intervenire per rimuovere le situazioni di rischio), può essere ritenuto responsabile del verificarsi di un infortunio, ogniqualvolta questo sia oggettivamente riconducibile a una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare, dovendosi presumere che alla segnalazione avrebbe fatto seguito l’adozione, da parte dei datore di lavoro, delle necessarie iniziative idonee a neutralizzare detta situazione.

Cassazione penale, sez. IV, 23/11/2012, n. 49821
In tema di infortuni sul lavoro, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, pur svolgendo all’interno della struttura aziendale un ruolo non operativo ma di consulenza, ha l’obbligo giuridico di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all’attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, con la conseguenza che, in relazione a tale suo compito, può essere chiamato a rispondere, quale garante, degli eventi che si verifichino in conseguenza della violazione dei suoi doveri. (Fattispecie in cui la corte ha annullato la sentenza impugnata che aveva condannato il responsabile del servizio senza individuare quali fossero le attività di segnalazione e stimolo ai fini della rimozione dei rischi da costui omesse, con riferimento ad un evento letale verificatosi in ambito aziendale).

Cassazione penale, sez. IV, 20/04/2011, n. 28779
Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, che pure è privo dei poteri decisionali e di spesa (e quindi non può direttamente intervenire per rimuovere le situazioni di rischio), può essere ritenuto responsabile del verificarsi di un infortunio, ogniqualvolta questo sia oggettivamente riconducibile a una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare, dovendosi presumere che alla segnalazione avrebbe fatto seguito l’adozione, da parte del datore di lavoro, delle necessarie iniziative idonee a neutralizzare detta situazione.

Cassazione penale, sez. IV, 21/12/2010, n. 2814
Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione risponde a titolo di colpa professionale, unitamente al datore di lavoro, degli eventi dannosi derivati dai suoi suggerimenti sbagliati o dalla mancata segnalazione di situazioni di rischio, dovuti ad imperizia, negligenza, inosservanza di leggi o discipline, che abbiano indotto il secondo ad omettere l’adozione di misure prevenzionali doverose.

Cassazione penale, sez. IV, 15/07/2010, n. 32195
Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, pur in assenza di una previsione normativa di sanzioni penali a suo specifico carico, può essere ritenuto responsabile, in concorso con il datore di lavoro od anche a titolo esclusivo, del verificarsi di un infortunio, ogni qual volta questo sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare, dovendosi presumere che alla segnalazione avrebbe fatto seguito l’adozione, da parte del datore di lavoro, delle iniziative idonee a neutralizzare tale situazione.

Cassazione penale, sez. IV, 18/03/2010, n. 16134
In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il soggetto cui siano stati affidati i compiti del servizio di prevenzione e protezione, quali previsti dall’art. 9 d.lg. 19 settembre 1994 n. 626 può essere ritenuto corresponsabile del verificarsi di un infortunio ogni qual volta questo sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare. (Fattispecie in cui il responsabile del servizio di prevenzione e protezione di uno stabilimento siderurgico non aveva individuato il rischio di prevedibile contatto del lavoratore con schizzi di metallo fuso incandescente durante l’operazione di foratura del bocchello di un forno rotativo, sicché costui, privo di abbigliamento ignifugo, riportava lesioni personali gravi).

Cassazione penale, sez. IV, 16/12/2009, n. 1834
In materia di normativa antinfortunistica, il soggetto designato quale responsabile del servizio di prevenzione e protezione, pur rimanendo ferma la posizione di garanzia del datore di lavoro, può, ancorché sia privo di poteri decisionali e di spesa, essere ritenuto corresponsabile del verificarsi di un infortunio ogni qual volta questo sia oggettivamente riconducibile a una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare, dovendosi presumere che alla segnalazione avrebbe fatto seguito l’adozione, da parte del datore di lavoro, delle necessarie iniziative idonee a neutralizzare detta situazione.

Cassazione penale, sez. IV, 10/07/2009, n. 37861
In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, la figura del responsabile del servizio di prevenzione e protezione non corrisponde a quella meramente eventuale di delegato per la sicurezza, poiché quest’ultimo, destinatario di poteri e responsabilità originariamente ed istituzionalmente gravanti sul datore di lavoro, deve essere formalmente individuato ed investito del suo ruolo con modalità rigorose.