I risvolti pratici della decisione rimessa alle Sezioni Unite Penali sulla colpa medica dopo l’entrata in vigore della legge Gelli-Bianco (legge n. 24/2017).

È stata rimessa alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione la definizione della problematica di diritto intertemporale in materia di responsabilità colposa del professionista sanitario in ambito penale, manifestatasi a seguito dell’entrata in vigore della l. n. 24/2017, c.d. Gelli-Bianco.
Il 7 novembre il Presidente della IV Sezione penale ha trasmesso gli atti di un procedimento a carico di un medico specialista in neurochirurgia, imputato di lesioni colpose nell’ambito del trattamento della sindrome da compressione della coda equina, affinché le SS. UU. si pronuncino sulla corretta interpretazione della nuova normativa e sulle implicazioni applicative di questa (chiaramente in merito alla successione di leggi penali nel tempo).
L’udienza di trattazione del ricorso è stata fissata per il 21 dicembre 2017.

La questione portata all’attenzione delle Sezioni Unite

Il problema che viene sottoposto al vaglio critico delle SS. UU. nasce dal contrasto giurisprudenziale sorto tra due pronunce della IV Sezione, emesse a distanza di pochi mesi l’una dall’altra, entrambe afferenti alla materia della colpa medica, come modificata dalla l. n. 24/2017.
Come si legge nella lettera firmata dal Presidente dr. Blaiotta:
Secondo una pronunzia (n. 28187 del 20 aprile 2017, Tarabori, Rv. 270124) la previgente disciplina era più favorevole poiché aveva escluso la rilevanza penale delle condotte connotate da colpa lieve in contesti regolati da linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica, mentre quella sopravvenuta ha eliminato la distinzione tra colpa lieve e colpa grave ai fini dell’attribuzione dell’addebito, dettando al contempo una nuova articolata disciplina in ordine alle linee guida che costituiscono il parametro per la valutazione della colpa per imperizia in tutte le sue manifestazioni.
Secondo altra recente sentenza (n. 50078 del 19 ottobre 2017, Cavazza), invece, la nuova disciplina è più favorevole, avendo previsto una causa di esclusione della punibilità dell’esercente la professione sanitaria “operante, ricorrendo le condizioni previste dalla disposizione normativa (rispetto delle linee guida o, in mancanza, delle buone pratiche clinico-assistenziali adeguate alla specificità del caso) nel solo caso di imperizia, indipendentemente dal grado della colpa
”.
Stante questa discrasia tra le due valutazioni emergono problematiche non di poco rilievo legate alla differente qualificazione della normativa del 2017 come più o meno favorevole al reo. La questione che preme risolvere ai giudici di legittimità sorge alla luce della previsione dell’art. 2, comma 4 c.p. che sancisce il principio dell’irretroattività della legge penale meno favorevole al reo e dell’ultrattività di quella più favorevole, in caso di successione tra leggi penali nel tempo (“Se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile”).

Il contrasto giurisprudenziale nell’interpretazione della norma penale

Il potenziale contrasto nella interpretazione del diritto connesso alla apparente distonia tra le due pronunce in esame sorge dall’applicazione, da parte dei giudici, di un differente criterio interpretativo della norma dell’art. 590-sexies c.p., introdotta nel codice penale dall’art. 6, comma 1 della legge Gelli-Bianco, con la conseguenza delle incongrue valutazioni sul maggiore o minore favor rei della stessa. La disposizione in questione prevede: “Se i fatti di cui agli articoli 589 e 590 sono commessi nell’esercizio della professione sanitaria, si applicano le pene ivi previste salvo quanto disposto dal secondo comma.
Qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto”.
Prima di analizzare le ragioni del contrasto ermeneutico occorre evidenziare i punti fermi della normativa, condivisi in entrambe le sentenze:
– il novum normativo della legge Gelli-Bianco consiste nell’aver sottratto a pretese punitive le condotte colpose dell’esercente la professione medico-sanitaria rientrati nella categoria dell’imperizia, cioè quel particolare profilo della colpa fondato sulla violazione delle leges artis della scienza medica;
– la condotta imperita, ai fini della applicazione dell’art. 590-sexies c.p. e, quindi, della esclusione della punibilità, deve essere comunque governata dalle linee guida ovvero dalle buone pratiche clinico-assistenziali, le quali sono state sottoposte ad un vero e proprio regime pubblicistico dalla l. n. 24/2017;
– tali linee guida e buone pratiche debbono, in ogni caso, essere appropriate rispetto al caso concreto, dunque non devono sussistere nel caso di specie ragioni che obblighino il professionista a discostarsene (in caso di errore ricadente sul tipo di intervento da seguire con applicazione di incongruenti linee guida, verrebbe meno la possibilità di applicare il giudizio di non punibilità del sanitario sottoponendo così la condotta al regime ordinario degli artt. 589 e 590 c.p.).

Date queste premesse, seguono i motivi che hanno portato i giudici a due pronunce tanto dissimili:
– nella sentenza Tarabori (n. 28187/2017) la Suprema Corte ha preferito, dopo un esaustivo ragionamento in punto di diritto, una interpretazione sistematica e teleologica della norma dell’art. 590-sexies c.p., dato che una interpretazione letterale della stessa avrebbe potuto portare a situazioni paradossali in cui il medico che avesse commesso una condotta colposa grave valutabile come imperizia, seppure astrattamente riconducibile alle linee guida o buone prassi accreditate dalla comunità scientifica non sarebbe stato punibile, in palese contrasto con i principi costituzionali e penali in materia di tutela della salute, uguaglianza dinanzi alla legge e colpevolezza. Dunque, la Corte preferisce una “lettura alternativa” della norma, riconoscendo al medico la “pretesa a vedere giudicato il proprio comportamento alla stregua delle medesime direttive impostegli”, ma senza escludere la punibilità per quelle condotte connotate da elevata gravità della colpa. La non punibilità a cui fa riferimento la norma, orbene, “va intesa come un atecnico riferimento al giudizio di responsabilità con riguardo alla parametrazione della colpa”, piuttosto che alla formale adesione alle direttive sanitarie.
– nella sentenza Cavazza (n. 50078/2017), al contrario, i giudici hanno valorizzato una interpretazione letterale, tralasciando le preoccupazioni sulla legittimità costituzionale sollevate nella pronuncia Tarabori, collocando la causa di non punibilità “al di fuori dell’area di operatività del principio di colpevolezza” e rilevando che “l’unica ipotesi di permanente rilevanza penale dell’imperizia sanitaria può essere individuata nell’assecondamento di linee guida che siano inadeguate alla peculiarità del caso concreto”. La Corte giustifica tale impostazione nell’ottica di una scelta del legislatore di non mortificare l’iniziativa del professionista da eventuali timori di rappresaglie penali ed arginare il fenomeno della c.d. medicina difensiva.

Le conseguenze della scelta dell’una o dell’altra impostazione sono estremamente rilevanti per il professionista sanitario.
La sentenza Tarabori, infatti, esclude l’applicazione della clausola di non punibilità per la condotta imperita che sia connotata da un profilo di colpa grave, mentre la normativa antecedente alla Gelli-Bianco (l. n. 189/2012, c.d. Balduzzi) pur escludendo la punibilità nei soli casi di colpa lieve, prescindeva dalla qualificazione della condotta colposa nel senso di imperizia, estendendo la causa di non punibilità anche alla negligenza o imprudenza, ampliandone così l’ambito a tutte le forme di colpa medica di grado non elevato.
Diversamente, l’ipotesi interpretativa preferita nella sentenza Cavazza escluderebbe la punibilità per tutte le condotte imperite, conformi alle linee guida, indipendentemente dal grado della colpa, quindi anche per colpa grave, a differenza della previsione della legge Balduzzi, inapplicabile ai casi di colpa grave.

Le conseguenze pratiche sulla scelta della linea difensiva.

La risoluzione del contrasto interpretativo è stata quindi rimessa alle valutazioni delle SS.UU.
Il difensore del sanitario imputato (ed il patrono della costituita parte civile nella prospettiva difensiva antagonista rispetto a quella del difensore dell’imputato) dovrà, quindi, tenere conto della futura pronuncia per poter avere una chiarificazione della portata applicativa della clausola di non punibilità (soprattutto in relazione alla colpa grave) introdotta nel marzo 2017 con l’art. 590 sexies c.p. e per la selezione della linea difensiva in punto di diritto, dovrà tenere conto dei seguenti fattori:

i) preliminarmente procedere partendo dal tempus commissi delicti indicato nell’imputazione formulata dal pubblico ministero all’esito delle indagini preliminari poiché, nel caso in cui la condotta colposa sia anteriore rispetto all’entrata in vigore della legge Gelli-bianco e quindi sussumibile anche nei paradigmi del decreto Balduzzi la fattispecie concreta dovrà essere vagliata sulla base della duplice normativa selezionando quella più favorevole prima di eleggere la definitiva linea difensiva., potendo scegliere, ai sensi dell’art. 2, comma 4 c.p., alternativamente, tra l’apparato normativo della legge Balduzzi e quello della Gelli -Bianco;

ii) ancora più nello specifico, verificare in quale tipologia di colpa sia sussumibile la condotta concreta che forma oggetto di imputazione (imperizia, imprudenza, negligenza), al fine di poter verificare la applicabilità o meno della nuova clausola di non punibilità (art. 590 sexies cp) o della disciplina generale degli artt. 589 e 590 c.p. con condotta da vagliare secondo la legge Balduzzi che scriminava la sola colpa lieve nel rispetto delle linee guida; iii) accertare, comunque, la compatibilità della condotta ascritta al sanitario nel capo di imputazionee le linee guida (se codificate) ovvero e le buone prassi accreditate dalla letteratura scientifica, verificando la corretta selezione delle stesse nel caso di specie.