Bancarotta fraudolenta documentale: responsabile l’amministratore di diritto che omette di vigilare sulla contabilità.
Con la sentenza n. 54692 del 03/11/2017, la V sezione penale della Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi in materia di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, con particolare riferimento alla responsabilità dell’amministratore unico della società ed al controllo da questi effettuato (od omesso) sulla regolare tenuta delle scritture contabili.
Il fatto di reato e l’imputazione.
All’imputato, amministratore unico di una s.r.l. fallita nel 2006, è stata contestato il concorso nei reati di bancarotta documentale e bancarotta patrimoniale per distrazione, relativamente alle condotte distrattive tenute da questo nel periodo in cui ha ricoperto il predetto incarico, tra aprile e novembre 2006.
Lo svolgimento del processo.
L’imputato è stato giudicato colpevole dei reati a lui ascritti e condannato dal Tribunale di Milano per il reato di bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale (quest’ultima limitatamente alla distrazione di macchinari acquistati dalla s.r.l. per il valore di 2.500.000,00 Euro e di un furgone) alla pena di giustizia ed al risarcimento del danno in favore della curatela fallimentare costituita parte civile. La Corte di appello, investita del gravame dell’imputato, ha riformato la sentenza limitatamente alle statuizioni civili, per effetto dell’intervenuta revoca della costituzione di parte civile, confermando nel resto la sentenza di primo grado. Avverso la sentenza di secondo grado, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione articolando diversi motivi in punto di rito penale e di diritto sostanziale deducendo, per quanto di interesse, vizio di motivazione circa la valenza ai fini della prova sulla responsabilità del dato indiziario derivante dall’annotazione in contabilità delle somme oggetto della contestata distrazione. Con altro motivo di ricorso ha contestato il dichiarato concorso nel reato, in quanto nel periodo oggetto di imputazione sarebbe coesistita la gestione di un amministratore di fatto al quale, diversamente da quanto ritenuto dalla corte territoriale, sarebbero interamente attribuibili le condotte distrattive, come tali non addebitabili all’amministratore unico della società.
La decisione della Cassazione e il punto di diritto
I Giudici di legittimità, all’esito dello scrutinio dei motivi di ricorso, hanno rigettato l’impugnazione giudicando immune da vizi la proposta motivazionale dei giudici di merito, i quali hanno reputato insormontabile il dato contabile e documentale (e la sua valenza probatoria ex art. 2710 cod. civ.); dato rispetto al quale alcun rilievo decisivo assumerebbero le dichiarazioni dei concorrenti nel reato (precedente amministratore e liquidatore) relativamente alla destinazione delle somme in questione.
Sul punto la Corte regolatrice osserva che: “le scritture contabili del fallito, possono costituire prova della presenza, in una determinata epoca, di beni all’interno dell’impresa, negata dal fallito, ove siano valutate anche alla luce delle ulteriori risultanze istruttorie, quale l’acquisizione di documentazione contabile (fatture, come nel caso di specie), al fine verificarne la corrispondenza al reale andamento degli affari e delle dinamiche aziendali (Sez. 5, n. 52219 del 30/10/2014, Ragosa, Rv. 262197; Sez. 5, n. 7588 del 26/01/2011, Buttitta, Rv. 249715).”
Relativamente al rapporto tra amministratore di diritto e di fatto, in materia di responsabilità per bancarotta documentale, la Corte rigetta il rilievo per cui l’amministratore di diritto non sarebbe responsabile della regolare tenuta delle scritture contabili, vista l’esistenza di un responsabile amministrativo presso la fallita società fino alla liquidazione della stessa.
Sulla questione di diritto la Corte ha così statuito: “E’ noto infatti, che incombe sull’imprenditore l’obbligo di controllare l’operato di coloro ai quali è affidata la contabilità. E’ principio di diritto consolidato di questa Suprema Corte quello secondo il quale (Sez. 5, n. 2812 del 17/10/2013, Manfrellotti, Rv. 258947, Sez. 5, n. 709 del 01/10/1998, dep. 1999, Mollo, Rv. 212147) in tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’imprenditore non è esente da responsabilità nel caso in cui affidi la contabilità dell’impresa a soggetti forniti di specifiche cognizioni tecniche, dipendenti o liberi professionisti, in quanto, non essendo esonerato dall’obbligo di vigilare e controllare le attività svolte dai delegati, sussiste una presunzione semplice, superabile solo con una rigorosa prova contraria, che i dati siano trascritti secondo le indicazioni fornite dal titolare dell’impresa.”
La sentenza in commento si inserisce nell’alveo di una giurisprudenza costante e di seguito si riporta una selezionata rassegna di giurisprudenza sui temi trattati.
Giurisprudenza rilevante in materia di bancarotta fraudolenta documentale e tenuta della contabilità.
Cassazione penale, sez. V, 14/03/2017, n. 16622.
In tema di sequestro probatorio e ai fini della legittimità del decreto di sequestro, quando si procede per il reato di bancarotta fraudolenta che impone la ricostruzione del volume di affari della società fallita, può sequestrarsi l’intera contabilità relativa all’impresa, riservando ad un momento successivo l’individuazione dei documenti effettivamente necessari all’accertamento del fatto. (Fattispecie di sequestro di un personal computer avvenuto in locali prettamente adibiti ad ufficio e riconducibili all’indagato).
Cassazione penale, sez. V, 04/06/2015, n. 38447.
Ai fini della configurabilità del reato di bancarotta fraudolenta documentale, è sufficiente provare il dolo generico, consistente nella consapevolezza dell’agente che la confusa tenuta delle scritture contabili potrà rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio, non essendo invece necessario dimostrare il dolo specifico, ossia la specifica volontà di impedire tale ricostruzione.
Cassazione penale, sez. V, 22/01/2015, n. 11115.
In tema di reati fallimentari, l’omessa tenuta della contabilità interna integra gli estremi del reato di bancarotta documentale fraudolenta, e non di quello di bancarotta semplice, se lo scopo dell’omissione è quello di recare pregiudizio ai creditori.
Cassazione penale, sez. V, 09/12/2014, n. 17084.
In tema di bancarotta fraudolenta documentale post-fallimentare per falsificazione, oggetto della falsificazione può essere sia il documento da annotare nella scrittura contabile dell’impresa sia l’atto formato posteriormente e finalizzato a giustificare una falsa annotazione già compiuta ed a rafforzarne la portata illecita, quale ostacolo alla ricostruzione del patrimonio. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza che aveva ricondotto al reato in esame la formazione di un contratto ideologicamente falso di vendita finalizzato a supportare una falsa fattura già precedentemente annotata in contabilità e relativa alla vendita di quello stesso bene).
Cassazione penale, sez. V, 26/01/2011, n. 7588.
La responsabilità per il delitto di bancarotta per distrazione richiede l’accertamento della previa disponibilità, da parte dell’imputato, dei beni non rinvenuti in seno all’impresa; accertamento non condizionato dalla presunzione di attendibilità del corredo documentale dell’impresa che non obbedisce – per quel che concerne il delitto in questione – alla qualificazione in termini di prova, ex art. 2710 c.c.; infatti, ai sensi dell’art. 192 c.p.p., la risultanza deve essere valutata (anche nel silenzio del fallito) con ricerca della relativa intrinseca attendibilità, secondo i consueti parametri di scrutinio, di cui deve essere fornita motivazione.
Cassazione penale, sez. V, 17/06/2010, n. 35882
In tema di bancarotta per distrazione, il mancato rinvenimento all’atto della dichiarazione di fallimento di beni o valori societari costituisce valida presunzione della loro dolosa distrazione, a condizione che sia accertata la previa disponibilità, da parte dell’imputato, di detti beni o attività nella loro esatta dimensione e al di fuori di qualsivoglia presunzione. Giurisprudenza rilevante in tema di responsabilità penale dell’amministrazione di fatto.
Cassazione penale, sez. V, 05/12/2016, n. 547.
Ai fini della responsabilità per bancarotta fraudolenta distrattiva, per la configurabilità della veste di amministratore di fatto in capo ad un soggetto occorre l’esercizio, continuativo e non occasionale, di funzioni riservate alla competenza tipica degli amministratori di diritto e il godimento di un’autonomia decisionale. La prova della qualifica di amministratore di fatto può essere ricavata dal conferimento di una procura generale ad negotia (nel caso di specie, si è fatto riferimento a una procura speciale, in difetto di motivazione circa se, quando e come, la stessa sia stata concretamente usata dall’imputato).
Cassazione penale, sez. V, 17/06/2016, n. 41793
In tema di bancarotta fraudolenta, i destinatari delle norme di cui agli artt. 216 e 223 l. fall. vanno individuati sulla base delle concrete funzioni esercitate, non già rapportandosi alle mere qualifiche formali ovvero alla rilevanza degli atti posti in essere in adempimento della qualifica ricoperta. (In motivazione, la S.C. ha ritenuto corretta l’individuazione dell’imputato quale amministratore di fatto, in quanto effettuata sulla base di indici sintomatici quali: il conferimento di deleghe in suo favore in fondamentali settori dell’attività di impresa, la diretta partecipazione alla gestione della vita societaria, la costante assenza dell’amministratore di diritto e la mancata conoscenza di quest’ultimo da parte dei dipendenti).
Cassazione penale, sez. V, 04/05/2016, n. 39681
L’amministratore di fatto di una società risponde del reato di bancarotta documentale per la semplice omissione dei doveri discendenti da tale ruolo, non essendo invece necessaria la prova di un suo contributo effettivo alla consumazione dell’illecito penale, richiesta solamente per affermare la responsabilità di un concorrente extraneus. A tal fine, amministratore di fatto è colui che esercitata un’apprezzabile attività gestoria, svolta in modo non occasionale.
Cassazione penale, sez. V, 23/11/2015, n. 6199.
La posizione dell’amministratore di fatto, destinatario delle norme incriminatrici della bancarotta fraudolenta, dunque, va determinata con riferimento alle disposizioni civilistiche che, regolando l’attribuzione della qualifica d’imprenditore e di amministratore di diritto, costituiscono la parte precettiva di norme che sono sanzionate dalla legge penale. La disciplina sostanziale, si traduce, in via processuale, nell’accertamento di elementi sintomatici di gestione o cogestione della società, risultanti dall’organico inserimento del soggetto, quale intraneus che svolge funzioni gerarchiche e direttive, in qualsiasi momento dell’iter di organizzazione, produzione e commercializzazione dei beni e servizi in qualsiasi branca aziendale, produttiva, amministrativa, contrattuale e disciplinare. Peraltro l’accertamento degli elementi sintomatici di tale gestione o cogestione societaria costituisce oggetto di apprezzamento di fatto che è insindacabile in sede di legittimità, se sostenuto da motivazione congrua e logica.
Cassazione penale, sez. V, 18/03/2015, n. 38918.
In caso di concorso, ex art 40, comma 2, c.p., da parte dell’amministratore di diritto nel reato di bancarotta fraudolenta commesso dall’amministratore di fatto, ad integrare il dolo del primo è sufficiente la generica consapevolezza che il secondo compia una delle condotte indicate nella norma incriminatrice, senza che sia necessario che tale consapevolezza investa i singoli episodi delittuosi, potendosi configurare l’elemento soggettivo, sia come dolo diretto, sia come dolo eventuale, salva anche la prova della volontà del mancato impedimento dell’evento.
Cassazione penale, sez. V, 17/10/2013, n. 2812.
In tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’imprenditore non è esente da responsabilità nel caso in cui affidi la contabilità dell’impresa a soggetti forniti di specifiche cognizioni tecniche in quanto, non essendo egli esonerato dall’obbligo di vigilare e controllare le attività svolte dai delegati, sussiste una presunzione semplice, superabile solo con una rigorosa prova contraria, che i dati siano trascritti secondo le indicazioni fornite dal titolare dell’impresa. Giurisprudenza recente in materia di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione.
Cassazione penale, sez. V, 13/09/2017, n. 44901.
Il mancato pagamento del canone di affitto di azienda, nel caso di successivo fallimento della società concedente, può integrare bancarotta per distrazione del legale rappresentante della società cessionaria in presenza di elementi circostanziali, quali: la coincidenza della compagine sociale, l’ingerenza dell’imputato nella attività della società cedente, gli stretti rapporti tra gli amministratori delle due società e, infine, la mancata adozione di procedure per il recupero del credito da parte della cedente a fronte dell’inadempimento al pagamento dei canoni della cessionaria.
Cassazione penale, sez. V, 19/07/2017, n. 49507.
In tema di bancarotta fraudolenta la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita può essere desunta dalla mancata dimostrazione da parte dell’amministratore, della destinazione dei beni suddetti, altrettanto vero è che detto orientamento può convivere esclusivamente con il dato relativo alla sparizione fisica dei beni, posto che, se è pur vero che un imprenditore o un amministratore societario può distrarre beni dall’impresa, mascherando la loro sparizione con un artificio contabile costituito da una rettifica del valore iscritto a bilancio, altrettanto vero è che la prova di tale comportamento di sottrazione non può essere ricavata, sic et simpliciter, dalla sola circostanza dell’esistenza della rettifica contabile, non accompagnata dal benché minimo riscontro fattuale circa la mancanza fisica dei beni. L’accettazione del rito abbreviato non comporta alcuna rinuncia dell’imputato a censurare l’inadeguatezza, l’inconferenza e l’inidoneità probatoria delle prove raccolte contro di lui: anzi è proprio tale intendimento che può orientarlo alla scelta del rito abbreviato al fine di stigmatizzare l’insufficienza del materiale d’accusa accumulato dal Pubblico Ministero.
Cassazione penale, sez. V, 23/06/2017, n. 38396
In tema di bancarotta fraudolenta per distrazione, l’accertamento dell’elemento oggettivo della concreta pericolosità del fatto distrattivo e del dolo generico deve valorizzare la ricerca di “indici di fraudolenza”, rinvenibili, ad esempio, nella disamina della condotta alla luce della condizione patrimoniale e finanziaria dell’azienda, nel contesto in cui l’impresa ha operato, avuto riguardo a cointeressenze dell’amministratore rispetto ad altre imprese coinvolte, nella irriducibile estraneità del fatto generatore dello squilibrio tra attività e passività rispetto a canoni di ragionevolezza imprenditoriale, necessari a dar corpo, da un lato, alla prognosi postuma di concreta messa in pericolo dell’integrità del patrimonio dell’impresa, funzionale ad assicurare la garanzia dei creditori, e, dall’altro, all’accertamento in capo all’agente della consapevolezza e volontà della condotta in concreto pericolosa.
Cassazione penale, sez. V, 20/06/2017, n. 35591
Configura il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione il conferimento, da parte dell’amministratore, di beni della società fallita in un Gruppo Europeo di Interesse Economico (GEIE) – a prescindere dall’avvenuta iscrizione di quest’ultimo ai sensi del Regolamento Cee n. 2137 del 1985 e dal conseguente acquisto della capacità giuridica da parte dell’ente – in quanto il vincolo impresso ai beni mediante il contratto di costituzione del GEIE comporta il sorgere di un’obbligazione a carico del patrimonio della fallita nei confronti degli altri soci fondatori, in grado di determinare un pericolo per gli interessi dei creditori preesistenti.
Cassazione penale, sez. V, 19/06/2017, n. 44398.
La condotta di distrazione disciplinata all’art. 216 della legge fallimentare ha natura residuale e ricomprende tutte le condotte tese a sviare i beni dell’impresa fallita dalla loro funzione che è la garanzia dei crediti vantati dal ceto creditorio (nella specie, gli imputati avevano utilizzato i beni del fallimento sottoposti a curatela fallimentare senza alcuna autorizzazione).
Cassazione penale, sez. V, 31/05/2017, n. 40480.
Si presume che l’amministratore di una società che sia dichiarata fallita o in stato d’insolvenza, nel caso in cui non dia conto delle risorse economiche che risultino positivamente essere state in possesso di quest’ultima, abbia distratto tali risorse, avendo egli l’obbligo di precisa rendicontazione e contabilizzazione dei fatti rilevanti nella vita economica della persona giuridica.
Cassazione penale, sez. V, 02/03/2017, n. 16206.
In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, la natura distrattiva di un’operazione infra-gruppo può essere esclusa in presenza di vantaggi compensativi che riequilibrino gli effetti immediatamente negativi per la società fallita e neutralizzino gli svantaggi per i creditori sociali. (Fattispecie in cui la S. C. ha censurato la sentenza impugnata che aveva affermato la natura distrattiva del trasferimento di risorse dalla società fallita ad altre società del gruppo, senza considerare la prospettazione da parte dell’imputato di un evidente vantaggio compensativo per i creditori della fallita conseguente a tale operazione, trattandosi di società debitrice solidale con le società del gruppo sostenute verso i medesimi creditori ed in particolare verso il sistema bancario con cui si erano raggiunti accordi di consolidamento del debito di gruppo con la sospensione temporanea e condizionata del decorso degli interessi, cosicché il fallimento di una di esse avrebbe comportato l’attivazione della responsabilità solidale della società fallita con l’aggravio di pesantissimi interessi di cui avrebbero subito gli effetti negativi gli stessi creditori individuali della società).
Cassazione penale, sez. III, 24/02/2017, n. 18927
Non sussiste un rapporto di specialità tra il reato di bancarotta fraudolenta, di cui all’art. 216 comma 1 n. 2 l. fall., e quello di occultamento o distruzione di documenti contabili, previsto dall’art. 10 d.lg. n. 74 del 2000 in materia di reati tributari. I due reati, pertanto, possono concorrere in quanto la fattispecie incriminatrice tributaria richiede “la impossibilità di ricostruire l’ammontare dei redditi o il volume degli affari, intesa come impossibilità di accertare il risultato economico di quelle sole operazioni connesse alla documentazione occultata o distrutta”; quella fallimentare, invece, “si concreta in un evento da cui discende la lesione degli interessi creditori, rapportato all’intero corredo documentale”. Inoltre, nell’ipotesi fallimentare, a differenza di quella tributaria, la volontà del soggetto agente “si concreta nella specifica volontà di procurare a sé o ad altri ingiusto profitto o, alternativamente di recare pregiudizio ai creditori”. Ad affermarlo è la Cassazione che ha negato il ne bis in idem sostanziale per il procedimento relativo al delitto tributario invocato dal ricorrente.
Cassazione penale, sez. V, 08/02/2017, n. 13528.
In tema di bancarotta fraudolenta, la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita può essere desunta dalla mancata dimostrazione, da parte dell’amministratore, della destinazione dei beni suddetti, anche con riferimento a beni presenti nella sede sociale al momento della sentenza di fallimento e non rinvenuti successivamente, poichè restano immutati gli obblighi di custodia e conservazione dei beni da parte dell’imprenditore, fino alla consegna di essi al curatore, mediante la redazione dell’inventario. (In motivazione, la Corte ha chiarito che la sentenza di fallimento determina il trasferimento della gestione dei beni dell’impresa dall’imprenditore al curatore, ma non lo spossessamento in senso civilistico dei beni dell’impresa, i quali rimangono dell’imprenditore).
Giurisprudenza recente in materia di bancarotta fraudolenta documentale.
Cassazione penale, sez. V, 21/09/2017, n. 48363
L’amministratore di diritto risponde del reato di bancarotta fraudolenta documentale per sottrazione o per omessa tenuta, in frode ai creditori, delle scritture contabili, anche laddove sia investito solo formalmente dell’amministrazione della società fallita (cd. testa di legno), in quanto sussiste il diretto e personale obbligo dell’amministratore di diritto di tenere e conservare le predette scritture, purché sia fornita la dimostrazione della effettiva e concreta consapevolezza del loro stato, tale da impedire la ricostruzione del movimento degli affari.
Cassazione penale, sez. V, 20/06/2017, n. 35591
È configurabile il concorso tra il delitto di bancarotta fraudolenta documentale, di cui all’art. 216, comma 1, n. 2, e quello di occultamento e distruzione di documenti contabili, previsto dall’art. 10 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, che sono tra loro in rapporto di specialità reciproca, in ragione: a) del differente oggetto materiale dell’illecito; b) dei diversi destinatari del precetto penale; c) del differente oggetto del dolo specifico; d) del divergente effetto lesivo delle condotte di reato.
Cassazione penale, sez. III, 24/02/2017, n. 18927
Non è configurabile un rapporto di specialità tra il delitto di occultamento e distruzione di documenti contabili, previsto dall’art. 10 del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, e quello di bancarotta fraudolenta documentale, previsto dall’art. 216, comma primo, n. 2), l. fall., atteso che le corrispondenti norme incriminatrici non regolano la “stessa materia” ex art. 15 cod. pen., richiedendo quella penal-tributaria l’impossibilità di accertare il risultato economico delle sole operazioni connesse alla documentazione occultata o distrutta, ed invece quella fallimentare – oltretutto caratterizzata dalla specifica volontà dell’agente di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recar pregiudizio ai creditori – la determinazione di un evento da cui discende la lesione degli interessi di questi ultimi, da valutarsi in rapporto all’intero corredo documentale, indipendentemente dall’obbligo normativo della relativa tenuta, di guisa che acquisisce rilievo anche la sottrazione di scritture meramente facoltative.
Cassazione penale, sez. V, 01/02/2017, n. 18634.
In tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa – in seno all’art. 216, comma primo, lett. b), l. fall. – rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture, in quanto quest’ultima integra un’ipotesi di reato a dolo generico, che presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi. (Nella specie, la Corte ha censurato la sentenza impugnata che, a fronte di una contestazione di occultamento “ovvero” di irregolare tenuta delle scritture contabili, pur ritenendo consumato il primo, ne aveva motivato la sussistenza attraverso una “fusione” con la seconda, trasformandola in evento della condotta di occultamento e sostituendo il dolo generico sufficiente ad integrare la stessa a quello specifico necessario per l’occultamento).