Bancarotta fraudolenta patrimoniale: per la condanna dell’extraneus è sufficiente la prova del suo apporto causale e volontario alla depauperazione del patrimonio sociale.

Con la sentenza n. 54291/2017 la Corte di Cassazione si è pronunciata in materia di bancarotta fraudolenta patrimoniale, relativamente alla responsabilità per concorso ascrivibile al soggetto c.d. extraneus, concorrente nel reato commesso dall’amministratore di diritto.

La sentenza è particolarmente interessante per diffusa trattazione che il Supremo collegio svolge in tema di elemento psicologico del reato.

Il fatto di reato e l’imputazione

Secondo l’ipotesi accusatoria, l’imputato avrebbe, in concorso con l’amministratore della società fallita, distratto, occultato, o dissipato in tutto o in parte i beni sociali, trasferendo il valore dell’azienda ad una cooperativa a responsabilità limitata, della quale era legale rappresentante.

Il trasferimento era stato formalmente previsto dietro pagamento di un corrispettivo (pari a 194.350,00 Euro), rimasto non onorato. Per tali motivi la Procura di Milano a seguito del fallimento della società ha elevato imputazione a carico dell’extraneus di concorso in bancarotta fraudolenta patrimoniale nei confronti del prevenuto.

Lo svolgimento del processo

La difesa dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione contro la sentenza della Corte di Appello di Milano, che ha confermato la condanna inflitta in primo grado dal Tribunale di Milano, deducendo la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata, in punto di valutazione dell’apporto concorsuale del ricorrente alla condotta tipica dell’amministratore.

Per lo scrutinio di legittimità è stato sostenuto che l’extraneus non poteva rispondere del delitto di bancarotta contestato per il quale era stata affermata la penale responsabilità con le pronunce di merito trattandosi di reato proprio, ascrivibile perciò ad un amministratore o ad alle altre categorie di soggetti indicate nella L. Fall., artt. 216 e 223.

Si è sostenuto dunque che l’imputato non sarebbe stato consapevole né del dissesto, né, tanto meno, delle istanze di fallimento, indice inequivoco dello stato di decozione della persona giuridica.

La decisione della Cassazione e il principio di diritto

La Suprema Corte, prima di pronunciarsi nel merito e rigettare il ricorso, si sofferma sui principali arresti giurisprudenziali (citati anche dalla difesa nel ricorso) in materia di concorso dell’extraneus nel reato di bancarotta, per poi concentrarsi su quella giurisprudenza ritenuta degna di rilievo ai fini della decisione.

In particolare, la corte regolatrice, sul punto di diritto, ha statuito quanto segue:“Ad avviso del collegio, che ritiene di prestare piena adesione ai principi affermati nella motivazione della sentenza De Cuppis, facendone proprie le relative argomentazioni, non ha dunque fondamento la tesi secondo cui il concorrente extraneus dovrebbe rispondere del delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale solo laddove sia consapevole dello stato di dissesto in cui versa la società (consapevolezza che, paradossalmente, non si richiederebbe invece all’amministratore intraneo). Ergo, per ascrivere all’odierno imputato il reato a lui contestato in rubrica è sufficiente prendere atto di un suo apporto causale e volontario ad una condotta comunque depauperativa del patrimonio della (OMISSIS) s.r.l..

Nella fattispecie in esame, peraltro, i giudici di merito hanno adeguatamente chiarito come il B. si fosse di certo reso ben conto delle condizioni in cui versava la società suddetta”.

Per quanto concerne la giurisprudenza richiamata, la Corte si richiama all’orientamento della sentenza De Cuppis (Cass., Sez. 5, n. 14045 del 22/03/2016), la cui motivazione viene riportata nella sentenza ora in esame: “va (…) ribadito come questa Corte abbia costantemente escluso la prospettiva del dissesto dall’oggetto del dolo dei reati di bancarotta, individuando quest’ultimo come limitato, quanto in particolare al reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, alla consapevolezza di dare a beni della fallita una destinazione diversa da quella dovuta secondo la funzionalità dell’impresa, privando quest’ultima di risorse e di garanzie per i creditori (…). Non significativo in senso contrario è il richiamo da parte di Sez. 5^, n. 47502 del 24/09/2012, Corvetta e altri, Rv 253493 a talune pronunce (…) per le quali il dolo del reato di bancarotta per distrazione si risolve nella consapevolezza di sottrarre beni all’esecuzione concorsuale e di determinare un depauperamento del patrimonio in danno dei creditori. Tale assunto corrisponde infatti, puntualmente, alla descritta natura dell’atto introduttivo della procedura concorsuale, quale elemento orientativo dell’offesa di pericolo, tipica del reato di bancarotta fraudolenta, verso il possibile pregiudizio per le ragioni dei creditori nell’eventualità che tale procedura venga instaurata; e, ben lungi dall’introdurre il dissesto nell’oggetto del dolo, ne mantiene il contenuto nei limiti del distacco dei beni distratti dal patrimonio dell’imprenditore e della previsione delle conseguenze pregiudizievoli ad esso strettamente inerenti nella prospettiva dell’ipotetico concorso dei creditori (…). Una volta chiarita l’estraneità del dissesto, in quanto elemento non qualificabile come costitutivo del reato di bancarotta patrimoniale, all’oggetto del dolo caratteristico di detto reato, non vi sono ragioni, in aderenza alle regole generali sul concorso di persone nel reato, perchè a tale oggetto debba essere attribuito contenuto diverso e più ampio, per la posizione del concorrente estraneo, rispetto a quello che è richiesto all’amministratore della società. Ed in tal senso è una reiterata affermazione giurisprudenziale (…), per la quale il dolo dell’extraneus si risolve nella consapevolezza di concorrere nella sottrazione dei beni alla funzione di garanzia delle ragioni dei creditori per scopi diversi da quelli inerenti all’attività di impresa, immediatamente percepibile dal concorrente esterno, così come dall’imprenditore con il quale lo stesso concorre, come produttivo del pericolo per l’effettività di tale garanzia nell’eventualità di una procedura concorsuale, a prescindere dalla conoscenza della condizione di insolvenza.

Giurisprudenza rilevante in materia di concorso esterno in bancarotta patrimoniale.

Cassazione penale, sez. VI, 04/10/2016, n. 46645.

È configurabile il concorso in bancarotta fraudolenta patrimoniale per l’amministratore della Srl che beneficia dell’attività distrattiva messa in atto dall’amministratore unico di una Spa, il quale aveva fatto confluire, senza ricevere corrispettivo, i beni della Spa da lui gestita quale amministratore unico, condannato per bancarotta per distrazione in un altro processo. Lo afferma la Cassazione per la quale, per il concorso nel reato di bancarotta fraudolenta per distrazione “il ruolo dell’extraneus nel reato proprio dell’amministratore consiste nella volontarietà della propria condotta di apporto a quella dell’intraneus, con la consapevolezza che essa determina un depauperamento del patrimonio sociale ai danni del creditore”, mentre non è richiesta la specifica conoscenza del dissesto della società.

Cassazione penale, sez. V, 23/06/2016, n. 42572.

Risponde di concorso esterno in bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione il cessionario della società fallita, unitamente al consulente che sovrintende alla conclusione dei relativi contratti, laddove sia provato il contributo apportato all’operazione fittizia. La Cassazione ribadisce questo principio sottolineando la valenza dell’apporto causale del c.d. extraneus. Per la Corte, “il soggetto esterno alla società, può concorrere nel reato proprio, mediante condotta agevolativa di quella del cd. intraneus, nella consapevolezza della funzione di supporto alla “distrazione”, intesa quest’ultima come sottrazione dal patrimonio sociale e suo depauperamento ai danni della classe creditoria, in caso di fallimento”.

Cassazione penale, sez. V, 23/05/2016, n. 33306.

In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale societaria per distrazione, integra l’ipotesi di concorso dell'”extraneus” nel reato di cui all’art. 223, comma secondo, n. 1, L. fall. la condotta del socio e procuratore speciale della società fallita che abbia contribuito alla cessione, materialmente posta in essere dall’amministratore, del patrimonio immobiliare della società in decozione ad altra società della quale egli stesso era socio-amministratore, senza che sia stato poi effettivamente pagato il prezzo pattuito.

Cassazione penale, sez. V, 22/03/2016, n. 14045.

Nei reati di bancarotta il concorso dei componenti del collegio sindacale nei reati commessi dall’amministratore della società può realizzarsi anche attraverso un comportamento omissivo del controllo sindacale che non si esaurisce in una mera verifica formale o in un riscontro contabile della documentazione messa a disposizione dagli amministratori, ma comprende il riscontro tra la realtà e la sua rappresentazione.

Cassazione penale, sez. V, 10/12/2015, n. 8349.

È configurabile il concorso nel reato di bancarotta fraudolenta da parte di persona estranea al fallimento, qualora la condotta realizzata in concorso col fallito sia stata efficiente per la produzione dell’evento, e il terzo extraneus abbia agito con la consapevolezza e la volontà di aiutare l’imprenditore in dissesto nei suoi progetti distrattivi volti a frustrare le ragioni dei creditori.

Cassazione penale, sez. V, 06/11/2015, n. 8276.

Concorre in qualità di extraneus nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale il legale o il consulente contabile che, consapevole dei propositi distrattivi dell’imprenditore o dell’amministratore di una società in dissesto, fornisca a questi consigli o suggerimenti sui mezzi giuridici idonei a sottrarre i beni ai creditori o lo assista nella conclusione dei relativi negozi, ovvero ancora svolga un’attività diretta a garantire l’impunità o a rafforzare, con il proprio ausilio e con le proprie preventive assicurazioni, l’altrui progetto delittuoso. (Nella specie, l’imputato, quale consulente incaricato della tenuta della contabilità di varie società fallite, aveva consapevolmente partecipato alla realizzazione di numerose manipolazioni delle scritture contabili al fine di occultare la distrazione di ingenti somme di denaro).

Cassazione penale, sez. V, 04/07/2014, n. 41055.

In tema di bancarotta fraudolenta impropria, nell’ipotesi del fallimento causato da operazioni dolose, il concorso dell’”extraneus” – istigatore e beneficiario delle operazioni – è configurabile quando questi è consapevole del rischio che le suddette operazioni determinano per le ragioni dei creditori della società, non essendo, invece, necessario che egli abbia voluto causare un danno ai creditori medesimi. (Fattispecie relativa a condotta dolosa consistita nella emissione di fatture per operazioni inesistenti nel quadro di attività riconducibili al sistema cd. delle “truffe intracomunitarie dell’i.v.a.”, o anche “truffe carosello”).

Cassazione penale, sez. V, 12/11/2013, n. 1706.

In tema di concorso in bancarotta fraudolenta documentale, il dolo dell'”extraneus” nel reato proprio dell’amministratore consiste nella volontarietà della propria condotta di sostegno a quella dell'”intraneus”, con la consapevolezza che essa determina un depauperamento del patrimonio sociale ai danni del creditore, non essendo, invece, richiesta la specifica conoscenza del dissesto della società.

Giurisprudenza recente in materia di bancarotta fraudolenta.

Cassazione penale, sez. V, 13/09/2017, n. 44901.

Il mancato pagamento del canone di affitto di azienda, nel caso di successivo fallimento della società concedente, può integrare bancarotta per distrazione del legale rappresentante della società cessionaria in presenza di elementi circostanziali, quali: la coincidenza della compagine sociale, l’ingerenza dell’imputato nella attività della società cedente, gli stretti rapporti tra gli amministratori delle due società e, infine, la mancata adozione di procedure per il recupero del credito da parte della cedente a fronte dell’inadempimento al pagamento dei canoni della cessionaria.

Cassazione penale, sez. V, 19/07/2017, n. 49507.

In tema di bancarotta fraudolenta la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita può essere desunta dalla mancata dimostrazione da parte dell’amministratore, della destinazione dei beni suddetti, altrettanto vero è che detto orientamento può convivere esclusivamente con il dato relativo alla sparizione fisica dei beni, posto che, se è pur vero che un imprenditore o un amministratore societario può distrarre beni dall’impresa, mascherando la loro sparizione con un artificio contabile costituito da una rettifica del valore iscritto a bilancio, altrettanto vero è che la prova di tale comportamento di sottrazione non può essere ricavata, sic et simpliciter, dalla sola circostanza dell’esistenza della rettifica contabile, non accompagnata dal benché minimo riscontro fattuale circa la mancanza fisica dei beni. L’accettazione del rito abbreviato non comporta alcuna rinuncia dell’imputato a censurare l’inadeguatezza, l’inconferenza e l’inidoneità probatoria delle prove raccolte contro di lui: anzi è proprio tale intendimento che può orientarlo alla scelta del rito abbreviato al fine di stigmatizzare l’insufficienza del materiale d’accusa accumulato dal Pubblico Ministero.

Corte Costituzionale, 17/07/2017, n. 205.

L’articolo 69, comma 4, del cod. pen., nella sua versione risultante dalle modifiche apportate dalla legge 251/2005, è incostituzionale laddove prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’articolo 219, comma 3, della Legge fallimentare sulla recidiva di cui all’articolo 99, comma 4, del Cp. Così la Corte costituzionale ha nuovamente censurato l’articolo 69 del Cp riformato dalla legge Cirielli. Per la Consulta la tenuità del danno provocato nel reato di bancarotta vince sulla recidiva reiterata. L’effetto del divieto di prevalenza sancito nella norma, affermano i giudici delle leggi, infatti, è “in chiaro contrasto con il principio di uguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzione, perché condurrebbe, in determinati casi, ad applicare pene identiche per violazioni di rilievo penale enormemente diverso: il recidivo reiterato responsabile di bancarotte fraudolente ultramilionarie, al quale siano applicate le circostanze attenuanti generiche, verrebbe punito con la stessa pena prevista per il recidivo reiterato autore di episodi di modesta gravità, con limitati o nulli pregiudizi concreti ai creditori”.

Cassazione penale, sez. V, 23/06/2017, n. 38396.

In tema di bancarotta fraudolenta per distrazione, l’accertamento dell’elemento oggettivo della concreta pericolosità del fatto distrattivo e del dolo generico deve valorizzare la ricerca di “indici di fraudolenza”, rinvenibili, ad esempio, nella disamina della condotta alla luce della condizione patrimoniale e finanziaria dell’azienda, nel contesto in cui l’impresa ha operato, avuto riguardo a cointeressenze dell’amministratore rispetto ad altre imprese coinvolte, nella irriducibile estraneità del fatto generatore dello squilibrio tra attività e passività rispetto a canoni di ragionevolezza imprenditoriale, necessari a dar corpo, da un lato, alla prognosi postuma di concreta messa in pericolo dell’integrità del patrimonio dell’impresa, funzionale ad assicurare la garanzia dei creditori, e, dall’altro, all’accertamento in capo all’agente della consapevolezza e volontà della condotta in concreto pericolosa.

Cassazione penale, sez. V, 20/06/2017, n. 35591.

Configura il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione il conferimento, da parte dell’amministratore, di beni della società fallita in un Gruppo Europeo di Interesse Economico (GEIE) – a prescindere dall’avvenuta iscrizione di quest’ultimo ai sensi del Regolamento Cee n. 2137 del 1985 e dal conseguente acquisto della capacità giuridica da parte dell’ente – in quanto il vincolo impresso ai beni mediante il contratto di costituzione del GEIE comporta il sorgere di un’obbligazione a carico del patrimonio della fallita nei confronti degli altri soci fondatori, in grado di determinare un pericolo per gli interessi dei creditori preesistenti.

Cassazione penale, sez. V, 19/06/2017, n. 44398.

La condotta di distrazione disciplinata all’art. 216 della legge fallimentare ha natura residuale e ricomprende tutte le condotte tese a sviare i beni dell’impresa fallita dalla loro funzione che è la garanzia dei crediti vantati dal ceto creditorio (nella specie, gli imputati avevano utilizzato i beni del fallimento sottoposti a curatela fallimentare senza alcuna autorizzazione).

Cassazione penale, sez. V, 31/05/2017, n. 40480.

Si presume che l’amministratore di una società che sia dichiarata fallita o in stato d’insolvenza, nel caso in cui non dia conto delle risorse economiche che risultino positivamente essere state in possesso di quest’ultima, abbia distratto tali risorse, avendo egli l’obbligo di precisa rendicontazione e contabilizzazione dei fatti rilevanti nella vita economica della persona giuridica.

Cassazione penale, sez. V, 16/05/2017, n. 42750.

In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, è configurabile l’aggravante di cui all’art. 219, comma 2, n. 1, legge fall., anche nel caso di più condotte distrattive compiute in continuità temporale ed aventi ad oggetto lo stesso bene (nella specie, somme di denaro).

Cassazione penale, sez. V, 11/04/2017, n. 30212.

Integra distrazione rilevante ai fini della bancarotta fraudolenta la concessione di pegno, in favore di società infragruppo, effettuata dalla società fallita per un importo notevolmente superiore al proprio debito, in situazione di difficoltà finanziaria e senza vantaggi compensativi.

Cassazione penale, sez. V, 04/04/2017, n. 31677.

Non è possibile configurare la distrazione dell’avviamento commerciale dell’azienda oggetto dell’impresa successivamente fallita se, contestualmente, non sia stata oggetto di disposizione anche l’azienda medesima o quanto meno quei fattori aziendali in grado di generare l’avviamento. Ciò non esclude comunque la possibilità che l’avviamento possa costituire l’oggetto materiale della bancarotta fraudolenta patrimoniale, sotto il profilo della distruzione, intesa come annullamento del valore economico di uno degli elementi del patrimonio dell’imprenditore, attuata mediante l’intenzionale dispersione, da parte dell’imprenditore, proprio dell’avviamento commerciale.

Cassazione penale, sez. V, 14/03/2017, n. 16622.

In tema di sequestro probatorio e ai fini della legittimità del decreto di sequestro, quando si procede per il reato di bancarotta fraudolenta che impone la ricostruzione del volume di affari della società fallita, può sequestrarsi l’intera contabilità relativa all’impresa, riservando ad un momento successivo l’individuazione dei documenti effettivamente necessari all’accertamento del fatto. (Fattispecie di sequestro di un personal computer avvenuto in locali prettamente adibiti ad ufficio e riconducibili all’indagato).

Cassazione penale, sez. V, 02/03/2017, n. 16206.

In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, la natura distrattiva di un’operazione infra-gruppo può essere esclusa in presenza di vantaggi compensativi che riequilibrino gli effetti immediatamente negativi per la società fallita e neutralizzino gli svantaggi per i creditori sociali. (Fattispecie in cui la S. C. ha censurato la sentenza impugnata che aveva affermato la natura distrattiva del trasferimento di risorse dalla società fallita ad altre società del gruppo, senza considerare la prospettazione da parte dell’imputato di un evidente vantaggio compensativo per i creditori della fallita conseguente a tale operazione, trattandosi di società debitrice solidale con le società del gruppo sostenute verso i medesimi creditori ed in particolare verso il sistema bancario con cui si erano raggiunti accordi di consolidamento del debito di gruppo con la sospensione temporanea e condizionata del decorso degli interessi, cosicché il fallimento di una di esse avrebbe comportato l’attivazione della responsabilità solidale della società fallita con l’aggravio di pesantissimi interessi di cui avrebbero subito gli effetti negativi gli stessi creditori individuali della società).

Cassazione penale, sez. III, 24/02/2017, n. 18927.

Non sussiste un rapporto di specialità tra il reato di bancarotta fraudolenta, di cui all’art. 216 comma 1 n. 2 l. fall., e quello di occultamento o distruzione di documenti contabili, previsto dall’art. 10 d.lg. n. 74 del 2000 in materia di reati tributari. I due reati, pertanto, possono concorrere in quanto la fattispecie incriminatrice tributaria richiede “la impossibilità di ricostruire l’ammontare dei redditi o il volume degli affari, intesa come impossibilità di accertare il risultato economico di quelle sole operazioni connesse alla documentazione occultata o distrutta”; quella fallimentare, invece, “si concreta in un evento da cui discende la lesione degli interessi creditori, rapportato all’intero corredo documentale”. Inoltre, nell’ipotesi fallimentare, a differenza di quella tributaria, la volontà del soggetto agente “si concreta nella specifica volontà di procurare a sé o ad altri ingiusto profitto o, alternativamente di recare pregiudizio ai creditori”. Ad affermarlo è la Cassazione che ha negato il ne bis in idem sostanziale per il procedimento relativo al delitto tributario invocato dal ricorrente.

Cassazione penale, sez. V, 08/02/2017, n. 13910.

In tema di bancarotta fraudolenta prefallimentare, dalla natura di condizione obiettiva di punibilità della dichiarazione di fallimento deriva che il luogo e il tempo della commissione del reato, ai fini della determinazione della competenza territoriale, dei tempi di prescrizione e del calcolo del termine di efficacia dell’amnistia o dell’indulto, coincidono con quelli della sentenza di fallimento. (In motivazione, la Corte ha precisato, altresì, che la natura di condizione obiettiva di punibilità comporta l’insindacabilità della sentenza di fallimento, anche sotto il profilo delle eventuali modifiche migliorative della disciplina del fallimento ai sensi dell’art. 2 cod. pen.).

Cassazione penale, sez. V, 08/02/2017, n. 13528.

In tema di bancarotta fraudolenta, la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita può essere desunta dalla mancata dimostrazione, da parte dell’amministratore, della destinazione dei beni suddetti, anche con riferimento a beni presenti nella sede sociale al momento della sentenza di fallimento e non rinvenuti successivamente, poichè restano immutati gli obblighi di custodia e conservazione dei beni da parte dell’imprenditore, fino alla consegna di essi al curatore, mediante la redazione dell’inventario. (In motivazione, la Corte ha chiarito che la sentenza di fallimento determina il trasferimento della gestione dei beni dell’impresa dall’imprenditore al curatore, ma non lo spossessamento in senso civilistico dei beni dell’impresa, i quali rimangono dell’imprenditore).

Cassazione penale, sez. V, 19/01/2017, n. 10033.

Ai fini della completezza dell’imputazione, è sufficiente che il fatto sia contestato in modo da consentire la difesa in relazione ad ogni elemento di accusa, sicché è legittimo il ricorso al rinvio agli atti del fascicolo processuale, purché si tratti di atti intellegibili, non equivoci e conoscibili dall’imputato. (Nella specie, la Corte ha ritenuto chiaramente contestato il fatto in relazione ad un’imputazione di bancarotta fraudolenta patrimoniale costruita mediante riferimento alle “immobilizzazioni” risultanti dal bilancio di una specifica annualità).

Cassazione penale, sez. V, 19/01/2017, n. 10033.

Il giudice penale, investito del giudizio relativo a reati di bancarotta ex artt. 216 e seguenti R.D. 16 marzo 1942, n. 267, non può sindacare la sentenza dichiarativa di fallimento per eventuali errori commessi nel procedimento che ha portato alla sua emanazione, impugnabili solo attraverso il reclamo dinanzi alla Corte d’Appello. (Nella specie, la Corte ha ritenuto insindacabili i vizi addotti con ricorso e riferiti alla mancata notifica dell’istanza di fallimento all’amministratore della società fallita, nonchè alla pronuncia della sentenza di fallimento da parte di giudice incompetente).

Cassazione penale, sez. un., 31/03/2016, n. 22474.

Ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è necessaria l’esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione ed il successivo fallimento, essendo sufficiente che l’agente abbia cagionato il depauperamento dell’impresa, destinandone le risorse ad impieghi estranei alla sua attività. (In motivazione, la Corte ha precisato che i fatti di distrazione, una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento, assumono rilievo in qualsiasi momento siano stati commessi e, quindi, anche se la condotta si è realizzata quando ancora l’impresa non versava in condizioni di insolvenza).