Gelli-Bianco: come cambia la strategia difensiva a seguito della pronuncia (provvisoria) delle Sezioni Unite Penali.
La Suprema corte con informazione provvisoria n.31 del 21 dicembre 2017, ha comunicato in estrema sintesi i principi informatori della disciplina della colpa medica in sede penale in riferimento al contrasto insorto intorno al perimetro applicativo della legge 08 marzo 2017, n.24.
Invero, nella giurisprudenza di legittimità a distanza di pochi mesi dall’entrata in vigore della legge Gelli – Bianco, si erano contrapposti due orientamenti:
- nella sentenza Tarabori (n. 28187/2017) la Suprema Corte ha privilegiato una interpretazione sistematica e teleologica della norma di cui all’art. 590-sexies c.p., considerato che una interpretazione letterale della stessa avrebbe potuto portare a situazioni paradossali in cui il medico che avesse tenuto una condotta colposa oggettivamente grave valutabile come imperizia e riconducibile alle linee guida o buone prassi accreditate dalla comunità scientifica, non sarebbe stato punibile in palese contrasto con i principi costituzionali e penali in materia di tutela della salute, uguaglianza dinanzi alla legge e colpevolezza. Dunque, la Corte, ha preferito una “lettura alternativa” della norma, riconoscendo da un lato al medico la “pretesa a vedere giudicato il proprio comportamento alla stregua delle medesime direttive impostegli”, ma dall’altro non ha ritenuto di escludere aprioristicamente la punibilità per quelle condotte connotate da elevata gravità della colpa ancorché tenute in linea con la formale adesione alle direttive sanitarie.
- nella sentenza Cavazza (n.50078/2017) al contrario, i Giudici di legittimità, hanno valorizzato una interpretazione letterale, tralasciando le preoccupazioni sulla legittimità costituzionale sollevate nella pronuncia Tarabori, collocando la causa di non punibilità “al di fuori dell’area di operatività del principio di colpevolezza” e rilevando che “l’unica ipotesi di permanente rilevanza penale dell’imperizia sanitaria può essere individuata nell’assecondamento di linee guida che siano inadeguate alla peculiarità del caso concreto”. La Corte giustifica tale impostazione nell’ottica di una scelta del legislatore di non mortificare l’iniziativa del professionista da eventuali timori di rappresaglie penali ed arginare il fenomeno della c.d. medicina difensiva.
Le Sezioni unite per dirimere il contrasto insorto tra diversi collegi della medesima sezione hanno statuito i seguenti principi di diritto indicando agli interpreti tre diversi paradigmi cui il Giudice di merito dovrebbe adeguarsi per accertare la sussistenza di profili di responsabilità penale a carico del medico:
“L’esercente la professione sanitaria risponde, a titolo di colpa, per morte o lesioni personali derivanti dall’esercizio di attività medico-chirurgica:
- a) se l’evento si è verificato per colpa (anche “lieve”) da negligenza o imprudenza;
- b) se l’evento si è verificato per colpa (anche “lieve”) da imperizia: 1) nell’ipotesi di errore rimproverabile nell’esecuzione dell’atto medico quando il caso concreto non è regolato dalle raccomandazioni delle linee-guida o, in mancanza, dalle buone pratiche clinico-assistenziali; 2) nell’ipotesi di errore rimproverabile nella individuazione e nella scelta di linee-guida o di buone pratiche che non risultino adeguate alla specificità del caso concreto, fermo restando l’obbligo del medico di disapplicarle quando la specificità del caso renda necessario lo scostamento da esse;
- c) se l’evento si è verificato per colpa (soltanto “grave”) da imperizia nell’ipotesi di errore rimproverabile nell’esecuzione, quando il medico, in detta fase, abbia comunque scelto e rispettato le linee-guida o, in mancanza, le buone pratiche che risultano adeguate o adattate al caso concreto, tenuto conto altresì del grado di rischio da gestire e delle specifiche difficoltà tecniche dell’atto medico”.
In attesa del deposito della sentenza che consentirà di apprezzare i passaggi motivazionali per ricavarne maggiori spunti operativi, da una prima lettura dei suindicati principi di diritto nella pratica giudiziaria per la difesa dell’indagato/imputato potranno delineare i seguenti scenari:
1) Per i fatti di reati successivi alla entrata in vigore della legge 08 marzo 2017, n.24 (Gelli –Bianco entra in vigore il 01.04.2017), qualsiasi condotta colposa riconducibile nelle categorie della imprudenza e negligenza – ancorché lieve – non sarà più coperta dalla causa di non punibilità prevista dalle norme dell’abrogato decreto Balduzzi (non punibilità della colpa lieve in presenza di condotta attiva od omissiva conforme alle linee guida e/o buone prassi accreditate dalla comunità scientifica).
La linea difensiva in caso di imputazione per fatto commessi dal 01 aprile 2017 elevata per negligenza od imprudenza dovrà, necessariamente, tendere ad escludere ogni forma di colpa a prescindere dal grado e dalla copertura di linee e buone prassi accreditate e/o il nesso di causalità tra la condotta del sanitario e l’evento dannoso (lesioni personali o morte del paziente).
Nell’ipotesi di imperizia, sebbene tale forma di colpa rientri nell’alveo della causa di non punibilità dell’art. 590, II comma sexies c.p., risponderà in sede penale il sanitario che abbia compiuto un errore nell’esecuzione dell’atto medico non regolato dalle linee guida e/o dalle buone prassi, ovvero il medico che abbia commesso (il giudizio da esprimere è sempre retrospettivo con valutazione ex ante della condotta) un errore consistito nell’aver selezionato quelle non adatte al caso clinico concreto, ovvero che non abbia saputo apprezzare la specificità del caso che imponeva di discostarsene.
La difesa da tenere in tema di colpevolezza (esclusione dell’elemento psicologico della colpa) che operativamente viene veicolata tramite lo strumento della consulenza tecnica di parte sarà, quindi, principalmente incentrata sulla dimostrazione della corretta selezione delle linee guida o buone prassi cui l’atto medico è stato orientato e da cui non vi era motivo di discostarsi nel caso concreto.
Tutto ciò per poter attingere alla copertura della causa di non punibilità (art. 590 sexies c.p.), fermo restando l’onere di allegazione e di prova conforme che il difensore dovrà svolgere in ordine alla insussistenza del nesso di causalità tra la condotta e l’evento di danno che deve sempre costituire un fondamento della difesa tecnica.
Secondo l’esperienza di chi scrive, l’aspetto più delicato da affrontare in sede processuale che deriva dall’interpretazione accolta dal massimo Collegio di legittimità è quello legato alla devoluzione al giudice di merito del giudizio sul grado di imperizia nella fase esecutiva dell’atto medico, considerato che le Sezioni Unite hanno mantenuto uno spazio di punibilità in caso di grave devianza durante l’esecuzione dell’atto medico, anche nell’ipotesi in cui il sanitario abbia selezionato correttamente le linee guida o le buone pratiche adeguate al caso clinico concreto.
Se nel capo di imputazione viene contestata la condotta nei termini sopra indicati in sede processuale la ricostruzione del fatto incolpativo nella sua componente di prova scientifica cui il giudice dovrà orientare la decisione, renderà determinante la scelta di validi consulenti tecnici cui avvalersi sia nella fase delle indagini, sia in quella dibattimentale.
Sarà, quindi, opportuno costituire un collegio difensivo coordinato dal legale composto da un medico legale e da un altro professionista con alto grado di specializzazione nella specifica branca di interesse soprattutto se sperimentale, per obliterare l’ipotesi accusatoria nella parte in cui censura l’imperito atto esecutivo escludendo così la sussistenza della grave devianza rispetto al diverso modello di interventistica che sarà stato considerato ortodosso dai consulenti tecnici nominati dal PM nella fase delle indagini preliminari sulle cui valutazioni l’ufficio della pubblica accusa ha esercitato l’azione penale formulando l’imputazione.
2) per i fatti di reato commessi prima dell’entrata in vigore della legge Gelli – Bianco in applicazione dei noti principi di successioni della legge penale nel tempo, sarà possibile valutare il tema della colpevolezza (elemento soggettivo o psicologico del reato) secondo quanto previsto dall’abrogato decreto Balduzzi e quindi, la linea difensiva, per le ipotesi negligenza od imprudenza se caratterizzate da colpa lieve ed astrattamente riconducibili a linee guida o buone prassi in caso di errore da parte del medico potrà propiziare l’esito assolutorio facendo riferimento alla disciplina previgente, sicuramente più favorevole sul punto.