Disattendere l’ordine di esibizione dei documenti notificato via PEC integra il reato di omessa esibizione dei documenti ex art.4, comma 7, legge 628/2018.

Con la sentenza del 16/01/2018, n. 1561 la III Sezione penale della Corte di Cassazione si è pronunciata nuovamente in materia di omessa esibizione di documenti all’Ispettorato del Lavoro.

Il caso e l’imputazione penale.

A seguito di una ispezione presso una società cooperativa, l’Ispettore del lavoro aveva fatto richiesta di acquisizione di documentazione, inerente ad una segnalazione di un lavoratore che lamentava la mancata retribuzione e corresponsione degli assegni famigliari, al responsabile del personale. A seguito dell’inutile decorso del termine perentorio fissato per l’esibizione dei documenti veniva inviata una comunicazione via PEC alla società- ritualmente ricevuta – seguita, peraltro, da una notifica di accertamento della violazione presso la residenza personale dell’amministratore unico.

Per tali motivi quest’ultimo veniva tratto a giudizio per il reato di cui alla legge n. 628/1961, art. 4, comma 7.

Lo svolgimento del processo.

Il Tribunale di Ravenna ha condannato l’imputato alla pena ritenuta di giustizia di 300 Euro di ammenda in qualità di amministratore unico e legale rappresentante della società.

Avverso la pronuncia resa dal Giudice di prime cure veniva interposto ricorso per Cassazione lamentando assenza dell’elemento soggettivo del reato.

La decisione della Cassazione e il punto di diritto.

La Corte ha dichiarato inammissibile l’impugnazione e, confermando quanto ricostruito in punto di fatto nel grado di merito, ha affermato che: “la sentenza impugnata ha fondato la responsabilità per la fattispecie contravvenzionale richiamando l’orientamento giurisprudenziale secondo cui l’omessa risposta integra il reato in parola anche quando la richiesta di esibizioni, di fornire risposte non siano rivolte al datore di lavoro personalmente, in quanto è sufficiente che la richiesta venga notificata alla sede legale della ditta affinché possa dirsi e ritenersi conoscibile la richiesta medesima al legale rappresentante della stessa, non essendo richiesta anche la notifica alla persona fisica (Sez. 3, n. 12923 del 20/02/2008, Terranova, Rv. 239353; Sez. 3, n. 28701 del 25/05/2004, D’Ambra, Rv. 229432).
A tal proposito, ai sensi della L. 22 luglio 1961, n. 628, articolo 4, comma 7, la richiesta di fornire informazioni deve essere “legalmente” data e tale deve ritenersi quella inviata all’indirizzo pec della società, essendo un mezzo legale di comunicazione per le società che offre garanzie di accertamento sulla data di spedizione e di ricevimento da parte del legale rappresentante.

Se il datore di lavoro è una società, destinatario della notifica è il suo legale rappresentante, sicché la notifica è regolare in presenza di richiesta inoltrata all’indirizzo di posta elettronica certificata, indicato dalla società nel registro delle imprese, trattandosi di richiesta “legalmente data” ai sensi dell’articolo 4 cit. perché, in tal caso, il rappresentante legale è posto in condizione di conoscerla e di ottemperare a quanto richiesto e il giudice di verificare la data di conoscenza della richiesta stessa al fine di accertare l’inottemperanza”.

La norma incriminatrice ed i consigli del legale.

L’ultimo comma dell’art. 4 della l.n. 628/1961 introduce una fattispecie contravvenzionale che sanziona con la pena alternativa dell’arresto fino a due mesi o con l’ammenda fino a lire un milione (516 Euro) “coloro che, legalmente richiesti dall’Ispettorato di fornire notizie a norma del presente articolo, non le forniscano o le diano scientemente errate od incomplete”. Il soggetto destinatario di una richiesta proveniente dagli organi dell’Ispettorato sarà tenuto dunque ad adempiere esibendo la documentazione richiesta entro il termine perentorio fissato dagli Ispettori.

La sentenza in commento si inserisce nell’alveo dell’orientamento di legittimità che interpretando la fattispecie come reato formale di mera condotta (omissiva o commissiva) si ritiene integrato qualora il soggetto attivo del reato ponga in essere un comportamento che possa impedire od ostacolare l’Ispettorato del lavoro nell’attività istituzionale di vigilanza sull’osservanza delle disposizioni in materia di lavoro.

E ciò secondo la Suprema corte avviene anche nell’ipotesi in cui l’invito sia stato notificato all’indirizzo pec della società risultante nel registro delle imprese, risultando ininfluente la effettiva conoscenza da parte del legale rappresentante, valendo la conoscibilità legale.

Trattandosi di reato contravvenzionale la colpevolezza (elemento oggettivo o psicologico del reato) è integrata indifferentemente dal dolo o dalla colpa integrata anche dalla mancata consultazione delle comunicazioni pervenute per posta elettronica certificata.

Per esperienza di chi scrive in casi come quello in commento, quando appare difficile approntare una efficace linea difensiva che possa escludere la condotta materiale e/o l’elemento psicologico del reato, per la tutela dell’assistito tratto a giudizio in ordine al reato di cui alla legge n. 628/1961, art. 4, comma 7 può rivelarsi utile ricorrere all’istituto dell’oblazione facoltativa (art. 162-bis c.p.p.) per ottenere l’estinzione del reato.

Operativamente, trattandosi di reati contravvenzionale puniti con pena alternativa (ammenda o arresto,) l’istanza di ammissione all’oblazione deve essere presentata al Giudice competente prima dell’apertura del dibattimento (nel caso di citazione diretta) ovvero con l’atto di opposizione a decreto penale di condanna.

In caso di provvedimento favorevole occorrerà versare una somma corrispondente alla metà del massimo della ammenda stabilita dalla legge per la contravvenzione commessa, oltre le spese del procedimento per ottenere il definitivo provvedimento di estinzione del reato e delle sue conseguenze.

Quadro giurisprudenziale di riferimento in tema di responsabilità penale per mancata esibizione di documenti all’Ispettorato del Lavoro (legge n. 628/1961, art. 4, comma 7):

Corte di cassazione, sezione III, sentenza 17 novembre 2014 n. 47241.

La legge n. 628 del 1961 all’ultimo comma dell’articolo 4 punisce coloro che, legalmente richiesti dall’Ispettorato del lavoro di fornire notizie a norma del presente articolo, non le forniscano o le diano scientemente errate od incomplete, riferendosi alle richieste di notizie concernenti violazioni delle leggi sui rapporti di lavoro, sulle assicurazioni sociali, sulla prevenzione e l’igiene del lavoro. Il reato in questione è formale e si può realizzare sia in forma omissiva attraverso la sola mancata risposta alla richiesta dell’ispettorato di fornire le informazioni, sia in forma commissiva fornendole in modo consapevole false o incomplete. Si configura non soltanto nel caso di richiesta di semplici notizie ma anche nell’ipotesi di omessa esibizione della documentazione che consenta all’Ispettorato del lavoro la vigilanza sull’osservanza delle disposizioni in materia di lavoro, previdenza sociale e contratti collettivi di categoria, ivi compresa quella afferente al quantum della retribuzione corrisposta ad ai criteri applicati per il suo al calcolo, in quanto necessaria per verificare l’adempimento dei conseguenti obblighi contributivi.

Corte di cassazione, sezione III, sentenza 15 ottobre 2013 n. 42334.

Il reato commissivo od omissivo di cui all’articolo 4 della legge n. 628 del 1961 si configura non soltanto nel caso di richiesta di semplici notizie ma anche nell’ipotesi di omessa esibizione della documentazione che consenta all’Ispettorato del lavoro la vigilanza sull’osservanza delle disposizioni in materia di lavoro, previdenza sociale e contratti collettivi di categoria precisandosi peraltro che la richiesta all’interessato di documenti relativi ai rapporti di lavoro non attiene alle sole indagini di polizia amministrativa di cui al Dpr n. 520 del 1955, articolo 8 (poteri degli ispettori del lavoro). (Nel caso di specie, il presidente di una cooperativa era stato condannato al pagamento di un’ammenda per non avere fornito all’Ispettorato del lavoro la documentazione relativa al rapporto di lavoro dei dipendenti, benché sollecitata, allo scopo di verificare la sussistenza di irregolarità nelle assunzioni).

Corte di cassazione, sezione III, sentenza 20 febbraio 2012 n. 6644.

Il reato previsto dall’articolo 4 della legge n. 628 del 1961 si perfeziona anche nell’ipotesi di omessa esibizione di documentazione necessaria all’Ispettorato del lavoro per la vigilanza sull’osservanza delle disposizioni in materia di lavoro, previdenza sociale e contratti collettivi di categoria, come nel caso di specie di documenti riguardanti il corretto adempimento degli obblighi contributivi da parte del datore di lavoro.

Corte di cassazione, sezione III, sentenza 27 marzo 2008 n. 12923.

Il reato previsto dall’articolo 4 legge n. 628/1961 punisce coloro che, legalmente richiesti dall’Ispettorato di fornire notizie, non le forniscano o le diano scientemente errate od incomplete, ed ha carattere permanente, perciò non occorre che la richiesta di notizie sia data personalmente al legale rappresentante della ditta: se il datore di lavoro è una società, la notifica è regolare quando la richiesta pervenga alla sede legale perché, in tal caso, il rappresentante legale è posto in condizione di conoscerla e di ottemperare a quanto richiesto. La richiesta d’informazioni è legalmente data anche con lettera raccomandata perché quest’ultima offre ampia garanzia di accertamento sulla data di spedizione e di ricevimento. (Nel caso di specie, l’Ispettorato del lavoro con lettera raccomandata regolarmente ricevuta presso la sede societaria aveva diffidato l’imputata, quale legale rappresentante della società, a fornire notizie in materia di rapporti di lavoro senza ottenere risposta nel termine prefissato).

Corte di cassazione, sezione III , sentenza 1° luglio 2004 n. 28701.

Per la sussistenza del reato previsto dall’articolo 4 legge n. 628/1961, che consiste nel rifiutarsi di fornire notizie all’Ispettorato del lavoro, quando legalmente richiesti, non è necessario che la richiesta di notizie sia data personalmente al legale rappresentante della ditta ma è sufficiente che sia notificata presso la sede legale della società. Non è, invece, richiesto che altra notifica sia eseguita alla persona fisica perché gli amministratori preposti alla gestione s’identificano con i soggetti primari destinatari delle comunicazioni per l’espletamento del servizio di vigilanza in materia di rapporti di lavoro. Quanto alla prescrizione, quando sia previsto un termine per l’adempimento, il reato si perfeziona alla scadenza di detto termine e si protrae per tutto il tempo in cui il destinatario omette volontariamente di adempiere. (Nel caso di specie, il titolare di una ditta era stato condannato alla pena dell’ammenda prevista dalla legge, perché non aveva fornito all’ispettorato del lavoro documenti e notizie in materia di lavoro e di previdenza sociale, sebbene ne fosse stato legalmente richiesto attraverso notifica della domanda avvenuta non fisicamente a mani del legale rappresentante bensì presso la sede legale dell’azienda).

Corte di cassazione, sezione III, sentenza 4 luglio 2001 n. 26974.

L’articolo 4 della legge n. 628/1961 non sanziona qualsiasi inottemperanza dei datori di lavoro, o presunti tali, a prescrizioni o richieste generiche degli Ispettorati del lavoro, ma soltanto quelle condotte, omissive o commissive, di coloro i quali, legalmente richiesti in base a una serie di precisi e tassativi compiti degli ispettori, non forniscano le notizie richieste o le forniscano scientemente errate o incomplete. (Nel caso di specie, la titolare di un’azienda era stata condannata al pagamento di un’ammenda di 400 mila lire per non avere esibito, in ottemperanza all’invito scritto dell’Ispettorato del lavoro locale, una generica documentazione di lavoro non reperita in loco. La Suprema corte, rilevando che l’omissione non atteneva a specifiche richieste dell’ispettorato relative a precisi dati, su cui il datore di lavoro fosse stato interpellato, cassa senza rinvio).