Reati Tributari: per accedere al patteggiamento è necessario l’integrale pagamento del debito tributario.

Con la sentenza n.5448/2018 la III Sezione penale della Corte di Cassazione si è pronunciata in nuovamente in materia di riti alternativi nell’ambito del processo penale per reati tributari. 

Il fatto illecito e l’imputazione penale.

Al legale rappresentante di una società a responsabilità limitata veniva contestato di aver indicato elementi passivi fittizi, attraverso fatture per operazioni inesistenti, nella dichiarazione annuale relativa alle imposte sui redditi e sul valore aggiunto degli anni 2009, 2010, 2011 e 2012.

Per tali motivi il PM ha l’imputazione per il reato previsto all’art. 2 del d.lgs. n.74/2000, riconoscendo inoltre l’elemento della continuazione ex art. 81 cpv. c.p.

Lo svolgimento del processo.

Il Giudice per l’Udienza Preliminare, acquisito il parere favorevole del PM, concesse le attenuanti generiche, ritenuta la continuazione tra i reati contestati ed operata la riduzione per la scelta del rito, applicava all’imputato, ai sensi dell’art. 444 c.p.p., la pena concordata di due anni di reclusione, condizionalmente sospesa.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il Sostituto Procuratore Generale lamentando la mancanza dei requisiti per l’applicazione di pena su richiesta delle parti ai sensi dell’art. 444 c.p.p. non sussistendo agli atti la prova del pagamento del debito tributario.

La decisione della Cassazione ed il punto di diritto.

La Corte ha accolto il ricorso e annullato senza rinvio la sentenza impugnata.

Invero, come chiarito dal Collegio di legittimità: “L’art. 13-bis, comma 2, d.lgs. n. 74 del 2000, nella formulazione introdotta dall’art. 12, comma 1, d.lgs. n. 158 del 2015, stabilisce espressamente che, per i delitti di cui al d. lgs. n. 74 del 2000, l’applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 cod. pen. può essere chiesta dalle parti solo quando ricorra la circostanza di cui al comma 1, ossia l’integrale pagamento, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, dei debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi – e sempre che non si tratti dei reati di cui agli artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1, d.lgs. n. 74 del 2000 in relazione ai quali l’integrale pagamento del debito tributario configura una causa di non punibilità – ovvero in presenza di ravvedimento operoso – ad eccezione, in tal caso, dei reati di cui agli artt.4 e 5 d.lgs. n. 74 del 2000, in relazione ai quali il ravvedimento operoso integra parimenti una causa di non punibilità. 

Quadro giurisprudenziale di riferimento in tema di patteggiamento e reati tributari:

Cassazione penale, sez. III, 18/05/2017, n. 38210.

È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 2 bis, d.lg. n. 74 del 2000, introdotto dal d.lg. 24 settembre 2015 n. 158, nella parte in cui subordina la presentazione della richiesta di patteggiamento alla integrale estinzione del debito tributario in relazione agli artt. 3, 10, 24 e 113 cost., in quanto non vulnera il nucleo del diritto di difesa, non potendo considerarsi la facoltà di accedere al rito alternativo una condizione indispensabile per la sua efficace tutela, non rappresenta una limitazione della tutela giurisdizionale avverso la pretesa erariale, non essendo configurabile alcuna pregiudiziale tributaria e spettando esclusivamente al giudice penale il compito di accertare l’ammontare dell’imposta evasa, né viola il diritto ad un equo processo ed a non essere giudicati o puniti due volte per lo stesso fatto sancito dall’art. 6 Cedu, essendo piuttosto pienamente in linea con gli obblighi internazionali dello Stato.

Cassazione penale, sez. III, 17/05/2017, n. 39081.

La procedura di correzione degli errori materiali è applicabile nel caso in cui la sentenza abbia omesso statuizioni obbligatorie per legge e di natura accessoria. (Fattispecie in tema di sentenza di patteggiamento per reati tributari in cui il giudice aveva omesso di disporre la confisca obbligatoria per equivalente ai sensi dell’art. 322-ter c.p.).

Corte Costituzionale, 10/05/2017, n. 102.

Restituzione al giudice rimettente degli atti relativi alle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 2-bis, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, aggiunto dall’art. 2, comma 36-vicies semel, lett. m), d.l. 13 agosto 2011, n. 138, conv., con modif., in l. 14 settembre 2011, n. 148, censurato per violazione degli artt. 3 e 24 Cost., in quanto, per i delitti in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, stabilisce che l’applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p. può essere chiesta dalle parti solo nel caso di estinzione, mediante pagamento, dei debiti tributari relativi ai fatti costitutivi dei predetti delitti — comprensivi delle sanzioni amministrative — prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado. Successivamente all’ordinanza di rimessione, è intervenuto il d.lg. 24 settembre 2015, n. 158, che ha apportato un ampio complesso di modifiche al sistema sanzionatorio tributario, tanto penale quanto amministrativo, riscrivendo integralmente l’articolo impugnato, il quale risulta attualmente dedicato alla disciplina dei casi nei quali il pagamento del debito tributario, già configurato come circostanza attenuante speciale, assurge a causa di non punibilità. La disposizione limitativa dell’accesso al “patteggiamento” è stata, quindi, modificata e trasferita nel nuovo art. 13-bis, così come è stata modificata la disciplina relativa alla circostanza attenuante speciale del risarcimento del danno. Le due discipline — vecchia e nuova — differiscono tra loro sotto plurimi profili: spetta, pertanto, al rimettente verificare se, e in quale misura, lo ius superveniens incida sulla rilevanza e sulla non manifesta infondatezza delle questioni formulate (ord. n. 225 del 2015) .

Corte Costituzionale, 28/05/2015, n. 95.

È infondata la q.l.c., sollevata in riferimento agli art. 3 e 24 cost., dell’art. 13, comma 2 bis, d.lg. n. 10 marzo 2000 n. 74, laddove si stabilisce che, per i delitti di cui al medesimo decreto legislativo, l’applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. può essere chiesta dalle parti solo qualora ricorra la circostanza attenuante di cui ai commi 1 e 2 dello stesso art. 13, ossia solo nel caso di estinzione, mediante pagamento, dei debiti tributari relativi ai fatti costitutivi dei predetti delitti. (La Corte ha altresì dichiarato inammissibile la q.l.c., sollevata in riferimento agli art. 3, 25, comma 2, e 27, commi 1 e 3, cost., dell’art. 12, comma 2 bis, d.lg. n. 74 del 2000, in forza del quale l’istituto della sospensione condizionale della pena non si applica ai delitti previsti dagli articoli da 2 a 10 del medesimo decreto legislativo, quando l’ammontare dell’imposta evasa superi – congiuntamente – il trenta per cento del volume d’affari e tre milioni di euro).

Cassazione penale, sez. III, 11/03/2014, n. 19461.

La confisca “diretta” o “per equivalente” del profitto del reato, qualora questo sia individuato o altrimenti individuabile, va sempre obbligatoriamente disposta con la sentenza di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p., mentre, se dal capo di imputazione o dagli atti processuali non sia possibile determinare l’ammontare del profitto conseguito dall’imputato, il giudice deve fornire una specifica motivazione di tale impossibilità, restando comunque salva la possibilità di disporre tale misura ablatoria nella fase esecutiva. (Fattispecie in tema di reati tributari).

Cassazione penale, sez. III, 09/10/2013, n. 44445.

La confisca per equivalente del profitto del reato va obbligatoriamente disposta, anche con la sentenza di applicazione di pena ex art. 444 c.p.p., pur laddove essa non abbia formato oggetto dell’accordo tra le parti. (Fattispecie in tema di reati tributari).

Cassazione penale, sez. III, 11/10/2001, n. 40964.

L’inammissibilità del ricorso per cassazione avverso sentenza di patteggiamento per una contravvenzione di omessa dichiarazione emessa nella vigenza del d.lg. n. 74/2000 comporta la riserva al giudice dell’esecuzione della sua eventuale revoca su richiesta dell’intervento per sopravvenuta abolizione del reato.