Colpa medica: come cambia la strategia difensiva nel processo penale a seguito della pronuncia delle Sezioni Unite Penali.

Come noto agli operatori di diritto, con la sentenza n.ro 8770/2018 le Sezioni Unite penali, al fine di dirimere il contrasto insorto tra i diversi Collegi della IV Sezione Penale, si sono pronunciate sull’ambito applicativo della causa di non punibilità prevista dall’art. 590-sexies c.p., introdotta dalla legge n. 24/2017, nota come legge Gelli-Bianco.

Dalla lettura della motivazione della sentenza e quindi dal punto di diritto fissato dalla giurisprudenza apicale di legittimità si deve quindi partire per rimodulare la strategia difensiva nell’ambito dei procedimenti penali per responsabilità di esercenti professioni sanitarie relativi ad imputazioni per omicidio o lesioni colposi.

In via di mera premessa rispetto alla soluzione adottata dalle Sezioni Unite occorre ricordare che nella giurisprudenza della Suprema Corte, a distanza di pochi mesi dall’entrata in vigore della legge Gelli – Bianco, si erano contrapposti due orientamenti:

  • nella sentenza Tarabori (n. 28187/2017) la Suprema Corte ha privilegiato una interpretazione sistematica e teleologica della norma di cui all’art. 590-sexies c.p., considerato che una interpretazione letterale della stessa avrebbe potuto portare a situazioni paradossali in cui il medico che avesse tenuto una condotta colposa oggettivamente grave valutabile come imperizia e riconducibile alle linee guida o buone prassi accreditate dalla comunità scientifica, non sarebbe stato punibile in palese contrasto con i principi costituzionali e penali in materia di tutela della salute, uguaglianza dinanzi alla legge e colpevolezza. Dunque, la Corte, ha preferito una “lettura alternativa” della norma, riconoscendo al medico, da un lato la “pretesa a vedere giudicato il proprio comportamento alla stregua delle medesime direttive impostegli”, ma dall’altro non ha ritenuto di escludere aprioristicamente la punibilità per quelle condotte connotate da elevata gravità della colpa ancorché tenute in linea con la formale adesione alle direttive sanitarie.
  • nella sentenza Cavazza (n.50078/2017) al contrario, i Giudici di legittimità, hanno valorizzato una interpretazione letterale, tralasciando le preoccupazioni sulla legittimità costituzionale sollevate nella pronuncia Tarabori, collocando la causa di non punibilità “al di fuori dell’area di operatività del principio di colpevolezza” e rilevando che “l’unica ipotesi di permanente rilevanza penale dell’imperizia sanitaria può essere individuata nell’assecondamento di linee guida che siano inadeguate alla peculiarità del caso concreto”. La Corte giustifica tale impostazione nell’ottica di una scelta del legislatore di non mortificare l’iniziativa del professionista da eventuali timori di rappresaglie penali ed arginare il fenomeno della c.d. medicina difensiva.

La questione rimessa all’attenzione del supremo collegio trae origine dal ricorso proposto da un medico neurochirurgo al quale è stato contestato il reato di lesioni personali colpose per non aver tempestivamente effettuato la diagnosi della sindrome da compressione della “cauda equina”, con conseguente differimento dell’intervento chirurgico, per il quale, invece, vi era indicazione di urgenza in base alle regole cautelari del settore, e, dunque, conseguente deficit sensitivo-motorio riscontrato nel paziente per la prolungata compressione, nell’imputazione posto in rapporto causale con la condotta attendista del sanitario.

Sintetizzando il ragionamento dei Giudici di legittimità; per ricostruire il significato da attribuire alla fattispecie introdotta dalla legge Gelli-Bianco, abrogatrice della previsione contenuta nell’art. 3 del c.d. decreto Balduzzi precedentemente vigente, le Sezioni Unite utilizzano il riferimento fatto dalla disposizione alle linee-guida e alle buone pratiche clinico-assistenziali, assunte queste a veri e propri “parametri tendenzialmente circoscritti per sperimentare l’osservanza degli obblighi di diligenza, prudenza , perizia”. Difatti, è proprio sul rispetto delle linee guida (e sul grado della colpa) in fase esecutiva che si fonda la valutazione sulla possibilità di applicare la causa di non punibilità prevista dall’art. 590-sexies c.p., la cui applicabilità invece è stata esclusa nella fase selettiva delle stesse perché, “dipendendo il “rispetto” di esse dalla scelta di quelle “adeguate”, qualsiasi errore sul punto, dovuto a una qualsiasi delle tre forme di colpa generica, porta a negare l’integrazione del requisito del “rispetto”.

Il sanitario dovrà dunque, innanzitutto, procedere alla corretta scelta dei protocolli medici a cui adeguarsi per svolgere il proprio operato (l’errata scelta escluderà la non punibilità) e, successivamente, essere fedele agli stessi o, in caso essi siano non adeguati a disciplinare il caso concreto, discostarsene.

In fase esecutiva, dovrà poi essere valutato il “grado” e il “tipo” di colpa affinché possa operare la non punibilità, ma i diversi orientamenti sviluppatisi in sede di legittimità rendevano difficoltoso ricostruire entro quali limiti della colpa rientrasse l’errore non punibile.

Nella sentenza in esame vengono evidenziate le criticità di entrambi gli orientamenti.

La sentenza Tarabori (sopra citata) a parere della Corte, offre un’interpretazione abrogatrice, di fatto collidendo col dato oggettivo della iniziativa legislativa e con la stessa intenzione innovatrice manifestata in Parlamento. Di contro, la sentenza Cavazza (il cui principio è stato richiamato) cade nell’errore opposto attribuendo alla norma una portata applicativa impropriamente lata, estendendo la non punibilità anche ad ipotesi di colpa grave.

Come indicato dai Supremi Giudici del diritto “la ricerca ermeneutica conduce a ritenere che la norma in esame continui a sottendere la nozione di “colpa lieve”, in linea con quella che l’ha preceduta e con la tradizione giuridica sviluppatasi negli ultimi decenni”, mentre l’esclusione della punibilità anche per la colpa grave per imperizia (come effettuato nella sentenza Cavazza) evocherebbe immediati sospetti di illegittimità costituzionale.

La valutazione del grado della colpa e la sua riconducibilità alla categoria dell’imperizia dovrà essere valutata, inoltre, sia oggettivamente che soggettivamente, tenendo perciò conto sia del caso clinico concreto e al grado di difficoltà tecnica che esso sottende (pertanto i giudici valorizzano l’utilizzo dell’art. 2236 c.c. quale “principio di razionalità e regola di esperienza cui attenersi nel valutare l’addebito di imperizia” qualora il professionista si confronti con particolari problemi clinici o situazioni d’emergenza), sia delle specifiche condizioni dell’agente e del suo grado di specializzazione.

Pertanto, alla luce del ragionamento insito nella sentenza in commento, per orientare il Giudice del merito vengono fissati i seguenti principi di diritto:

«L’esercente la professione sanitaria risponde, a titolo di colpa, per morte o lesioni personali derivanti dall’esercizio di attività medico-chirurgica:
a) se l’evento si è verificato per colpa (anche “lieve”) da negligenza o imprudenza;
b) se l’evento si è verificato per colpa (anche “lieve”) da imperizia quando il caso concreto non è regolato dalle raccomandazioni delle linee-guida o dalle buone pratiche clinico-assistenziali;
c) se l’evento si è verificato per colpa (anche “lieve”) da imperizia nella individuazione e nella scelta di linee-guida o di buone pratiche che non risultino adeguate alla specificità del caso concreto;
d) se l’evento si è verificato per colpa “grave” da imperizia nell’esecuzione di raccomandazioni, di linee-guida o buone pratiche clinico-assistenziali adeguate, tenendo conto del grado di rischio da gestire e delle specifiche difficoltà tecniche dell’atto medico».

Alla luce dei suindicati principi di diritto, in tema di individuazione della legge più favorevole, in dipendenza dei principi sulla successione delle leggi penali nel tempo, la Corte sintetizza la casistica immediatamente apprezzabile:

  1. Per i fatti commessi prima dell’entrata in vigore della legge Gelli-Bianco, connotati da negligenza e imprudenza, ma connotati da colpa lieve, solo per il decreto Balduzzi questi andavano esenti da responsabilità quando risultava provato il rispetto delle linee-guida o buone pratiche accreditate;
  2. Nell’ambito dell’imperizia, l’errore determinato da colpa lieve, caduto sul momento selettivo delle linee-guida, cioè sulla valutazione della loro appropriatezza, una volta esente da responsabilità per il decreto Balduzzi, non lo è più per la novella legislativa, che pertanto risulta anche in questa situazione meno favorevole;
  3. Sempre nell’ambito dell’imperizia, l’errore determinato da colpa lieve nella sola fase attuativa era esente da responsabilità nel decreto Balduzzi e tuttora è oggetto di causa di non punibilità in base all’art. 590-sexies c.p., pertanto risulta indifferente la scelta tra le due disposizioni normative per fatti verificatisi antecedentemente all’entrata in vigore della legge Gelli-Bianco.

Nella pratica giudiziaria, per la difesa dell’indagato/imputato potranno dunque delinearsi i seguenti scenari:

1) Per i fatti di reato successivi alla entrata in vigore della legge 08 marzo 2017, n.24 (Gelli –Bianco entrata in vigore il 01.04.2017), qualsiasi condotta colposa riconducibile nelle categorie della imprudenza e negligenza – ancorché lieve – non sarà più coperta dalla causa di non punibilità prevista dalle norme dell’abrogato decreto Balduzzi (non punibilità della colpa lieve in presenza di condotta attiva od omissiva conforme alle linee guida e/o buone prassi accreditate dalla comunità scientifica).

La linea difensiva in caso di imputazione per fatti commessi dal 01 aprile 2017 elevata per negligenza od imprudenza dovrà, necessariamente, tendere ad escludere ogni forma di colpa a prescindere dal grado e dalla copertura di linee e buone prassi accreditate e/o il nesso di causalità tra la condotta del sanitario e l’evento dannoso (lesioni personali o morte del paziente).

Nell’ipotesi di imperizia, sebbene tale forma di colpa rientri nell’alveo della causa di non punibilità dell’art. 590, II comma sexies c.p., risponderà in sede penale il sanitario che abbia compiuto un errore grave nell’esecuzione dell’atto medico non regolato dalle linee guida e/o dalle buone prassi, ovvero il medico che abbia commesso (il giudizio da esprimere è sempre retrospettivo con valutazione ex ante della condotta) un errore consistito nell’aver selezionato quelle non adatte al caso clinico concreto, ovvero che non abbia saputo apprezzare la specificità del caso che imponeva di discostarsene.

La difesa da tenere in tema di colpevolezza (esclusione dell’elemento psicologico della colpa) che operativamente viene veicolata tramite lo strumento della consulenza tecnica di parte sarà, quindi, principalmente incentrata sulla dimostrazione della corretta selezione delle linee guida o buone prassi cui l’atto medico è stato orientato e da cui non vi era motivo di discostarsi nel caso concreto.

Tutto ciò per poter attingere alla copertura della causa di non punibilità (art. 590-sexies c.p.), fermo restando l’onere di allegazione e di prova conforme che il difensore dovrà svolgere in ordine alla insussistenza del nesso di causalità tra la condotta e l’evento di danno che deve sempre costituire un fondamento della difesa tecnica.

Secondo l’esperienza di chi scrive, l’aspetto più delicato da affrontare in sede processuale che deriva dall’interpretazione accolta dal massimo Collegio di legittimità è quello legato alla devoluzione al giudice di merito del giudizio sul grado di imperizia nella fase esecutiva dell’atto medico considerato che le Sezioni Unite hanno mantenuto uno spazio di punibilità in caso di grave devianza durante l’esecuzione dell’atto medico, anche nell’ipotesi in cui il sanitario abbia selezionato correttamente le linee guida o le buone pratiche adeguate al caso clinico concreto.

Se nel capo di imputazione viene contestata la condotta nei termini sopra indicati in sede processuale la ricostruzione del fatto incolpativo nella sua componente di prova scientifica cui il giudice dovrà orientare la decisione, renderà determinante la scelta di validi consulenti tecnici cui avvalersi sia nella fase delle indagini, sia in quella dibattimentale.

Sarà, quindi, opportuno costituire un collegio difensivo coordinato dal legale composto da un medico legale e da un altro professionista con alto grado di specializzazione nella specifica branca di interesse soprattutto se sperimentale, per obliterare l’ipotesi accusatoria nella parte in cui censura l’imperito atto esecutivo, escludendo così la sussistenza della grave devianza rispetto al diverso modello di interventistica che sarà stato considerato ortodosso dai consulenti tecnici nominati dal PM nella fase delle indagini preliminari, sulle cui valutazioni l’ufficio della pubblica accusa ha esercitato l’azione penale formulando l’imputazione.

2) per i fatti di reato commessi prima dell’entrata in vigore della legge Gelli – Bianco in applicazione dei noti principi di successioni della legge penale nel tempo, sarà possibile valutare il tema della colpevolezza (elemento soggettivo o psicologico del reato) secondo quanto previsto dall’abrogato decreto Balduzzi e quindi, la linea difensiva, per le ipotesi negligenza od imprudenza se caratterizzate da colpa lieve ed astrattamente riconducibili a linee guida o buone prassi in caso di errore da parte del medico potrà propiziare l’esito assolutorio facendo riferimento alla disciplina previgente, sicuramente più favorevole sul punto.