D.Lgs.231/2001: illegittimo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca se la prescrizione delle sanzioni amministrative interviene prima della contestazione dell’illecito amministrativo all’Ente.
Con la sentenza n.18137/2018 depositata il 24.04.2018 la Corte di Cassazione ha offerto agli operatori di diritto interessanti spunti di riflessione in tema di confisca ex d.lgs. n.231/2001 in relazione ai reati societari commessi dall’Ente.
Il caso e lo svolgimento del processo
Il Giudice delle indagini preliminari di Ferrara rigettava con ordinanza la richiesta di sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, diretta e per equivalente, del profitto e del prezzo dei delitti di cui all’art. 2632 c.c., nei confronti delle persone fisiche – investite di funzioni apicali – e degli enti (istituti di credito, nello specifico), raggiunti dall’addebito di avere aumentato fittiziamente il capitale di ciascuno degli enti creditizi mediante una sottoscrizione reciproca di azioni; condotte, queste, ritenute, nell’impianto accusatorio, causative del dissesto di uno dei sopra citati enti e tali da integrare il delitto di cui all’art. 223, comma 2, n. 1 L. Fall., in relazione al quale le persone fisiche erano già state tratte a giudizio.
Il provvedimento del Gip appellato dal Pubblico Ministero ai sensi dell’art. 322-bis c.p.p. veniva confermato dal Tribunale, in funzione di giudice del riesame.
Il Procuratore della Repubblica di Ferrara ricorre in Cassazione contro l’ordinanza del collegio cautelare denunciando: i) vizio di violazione di legge e vizio di motivazione deducendo che la richiesta di archiviazione per prescrizione degli illeciti amministrativi ascritti agli enti non precludeva affatto la confisca obbligatoria del profitto del reato, quanto meno ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 19; ii) il vizio di violazione di legge per non avere il giudice considerato che il sequestro preventivo finalizzato alla confisca obbligatoria, diretta o per equivalente, di cui all’art. 2641 c.c. non esige il “periculum” richiesto per il sequestro preventivo di cui all’art. 321 c.p.p., comma 1, essendo sufficiente accertarne la astratta confiscabilità; iii) il vizio di violazione di legge, in relazione all’art. 2632 c.c., e il vizio di motivazione, da omessa delibazione sul tema del fumus commissi delicti, per avere il Tribunale accolto una interpretazione restrittiva della norma di cui all’art. 2632 c.c., sostenendo che, di converso, il legislatore con tale disposizione avrebbe inteso colpire tutte le operazioni con le quali si ottiene un aumento fittizio del capitale di due società, quindi, anche come nel caso di specie, mediante l’acquisto reciproco di azioni.
La decisione della Cassazione e il punto di diritto
La Suprema Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso rilevandone la manifesta infondatezza.
Innanzitutto la Corte dichiara la infondatezza del primo motivo di impugnazione attinente alla confisca in quanto: “deve ritenersi applicabile il principio di diritto – sancito da questa Corte con riguardo alla responsabilità penale (Sez. 3, n. 24162 del 06/04/2011, Vitale, Rv. 250641) secondo il quale è illegittimo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca, disposto ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 53, comma 1, in caso di intervenuta prescrizione delle sanzioni amministrative applicabili all’ente, ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 22, comma 1, ancor prima della formulazione della contestazione dell’illecito amministrativo dipendente da reato, rilevando tale aspetto, sotto il profilo della mancanza del “fumus” dell’illecito, essendo in sede di riesame precluso al giudice di compiere l’accertamento dell’illecito, nei suoi estremi oggettivi, e la sussistenza di profili quanto meno di colpa nella persona giuridica, quali presupposti necessari per disporre la confisca anche in presenza di una causa estintiva dell’illecito. Tanto si inferisce, oltretutto, in primo luogo, proprio dall’invocato – nel ricorso – principio di autonomia delle responsabilità dell’ente, essendo stato affermato, nel caso specularmente opposto, che: “In tema di responsabilità degli enti, in presenza di una declaratoria di prescrizione del reato presupposto, il giudice, ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 8, comma 1, lett. b), deve procedere all’accertamento autonomo della responsabilità amministrativa della persona giuridica nel cui interesse e nel cui vantaggio l’illecito fu commesso” (Sez. 6, n. 21192 del 25/01/2013, Barla e altri, Rv. 255369); in secondo luogo dal carattere spiccatamente afflittivo e sanzionatorio della confisca ex D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 6, comma 5 e art. 19, non potendo la stessa prescindere, in ragione di tale sua natura, dall’accertamento pieno della responsabilità dell’ente”.
Segue poi la ricognizione dell’infondatezza del terzo motivo di ricorso, in quanto la problematica relativa all’omesso giudizio sulla sussistenza del fumus di reato in sede di riesame non sussiste proprio perché superata dall’intervenuto rinvio a giudizio, attesa la natura incidentale del giudizio di riesame.
Infondato altresì il secondo motivo di ricorso relativo al profitto presunto realizzato dagli istituti di credito, identificato dal PM ricorrente nell’aumento di affidabilità degli stessi a seguito della reciproca sottoscrizione di azioni. Sul punto, come si legge in motivazione, la Suprema corte ha statuito quanto segue:
“Premesso che è consolidata l’affermazione secondo cui non si rinviene una nozione generale di profitto non solo nel codice penale, ma anche nelle varie disposizioni contenute in leggi speciali che ne prevedono la confisca, atteso che si tratta di norme che danno la nozione per presupposta, ovvero si limitano a contrapporla ad altri concetti parimenti non definiti, quali quelli di “prezzo”, “corpo” e “strumento” del reato, utilizzandola, peraltro, sia per determinare l’oggetto della confisca, sia ad altri fini, come, cioè, elemento costitutivo della fattispecie di reato o come circostanza aggravante, va evidenziato – a fronte delle disarticolate deduzioni impugnatorie – che, sia che si voglia accedere alla nozione di profitto tradizionalmente recepita dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione, secondo la quale il profitto del reato si identifica con il vantaggio economico derivante in via diretta ed immediata dalla commissione dell’illecito (Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, Lucci, Rv. 264436; Sez. U, n. 18374 del 31/01/2013, Adami e altro, Rv. 255036; Sez. U, n. 26654 del 27/03/2008, Fisia Italimpianti S.p.a, Rv. 239924), sia, invece, che si voglia recepire la nozione avallata dalle sentenze Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri, Rv. 261116, e Sez. U, n. 10561 del 30/01/2014, Gubert, secondo cui il profitto del reato oggetto di confisca si identifica non soltanto con i beni appresi per effetto diretto ed immediato dell’illecito, ma anche con ogni altra utilità che sia conseguenza, anche indiretta o mediata, dell’attività criminosa, questo deve pur sempre consistere in un beneficio aggiuntivo che presenti i caratteri della concretezza e della effettività, tale da costituire di per sè stesso una entità patrimoniale a sè stante, autonoma, giuridicamente ed economicamente suscettibile di valutazione in relazione alla sua proiezione sulla sfera patrimoniale dei soggetti incisi.
Donde l’asserito aumento di affidabilità degli istituti di credito quale effetto della loro fittizia ricapitalizzazione, in assenza della specifica deduzione di concrete circostanze fattuali idonee a sostanziare il preteso vantaggio derivante dalle denunciate operazioni illecite, costituisce nient’altro che un’astratta enunciazione inidonea, come tale, a costituire il fondamento di una valida impugnazione”.
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Quadro giurisprudenziale di riferimento in tema confisca per reati amministrativi dell’Ente ex D.Lgs. 231/2001:
Cassazione penale sez. III 04 luglio 2017 n. 36822.
L’ente risponde del reato posto in essere da persone che rivestono funzioni di amministrazione direzione o vigilanza, o che comunque esercitano, anche di fatto, la gestione dello stesso se, prima della commissione del reato, non vi sia prova certa che sia stato adottato ed efficacemente attuato, un modello organizzativo idoneo a scongiurare la commissione di reati. È, quindi, lecito il sequestro preventivo per equivalente finalizzato alla confisca, avente ad oggetto beni dell’ente, per il quale l’indagato aveva rivestito dapprima la carica di direttore tecnico e poi quella di direttore generale con delega ambientale, potendosi configurare in capo al medesimo il concorso formale tra le fattispecie di truffa aggravata dall’aver commesso il fatto a danno di ente pubblico e frode nelle pubbliche forniture.
Cassazione penale sez. VI 22 aprile 2016 n. 23013.
In tema di responsabilità da reato degli enti collettivi, il profitto del reato oggetto della confisca di cui all’art. 19 del D.Lgs. n. 231 del 2001 si identifica con il vantaggio economico di diretta e immediata derivazione causale dal reato presupposto, ma, nel caso in cui questo venga consumato nell’ambito di un rapporto sinallagmatico, non può essere ricompresa nel profitto anche l’utilità eventualmente conseguita dal danneggiato in ragione dell’esecuzione da parte dell’ente delle prestazioni che il contratto gli impone.
Cassazione penale sez. VI 09 febbraio 2016 n. 12653.
In tema di responsabilità da reato degli enti, ai fini della confisca prevista dall’art. 19 del D.Lgs. n. 231 del 2001, secondo cui nei confronti dell’ente è disposta la confisca del prezzo o del profitto del reato salvo che per la parte che può essere restituita al danneggiato, deve aversi riguardo, quanto alla possibilità di restituzione, non alla esistenza di una generica garanzia patrimoniale prestata nell’interesse dell’ente responsabile a vantaggio del danneggiato, ma alla possibilità di distaccare concretamente una porzione – specificamente individuata – del patrimonio dell’ente, spettante come tale al danneggiato. (Fattispecie in cui la Corte, in relazione al reato di malversazione ai danni dello Stato, ha escluso che, ai fini della confisca di valore, dovesse essere sottratta dall’entità del profitto, costituito dall’importo erogato e distratto, la somma corrispondente alla polizza fideiussoria costituita in favore dell’ente erogante).
Cassazione penale sez. III 21 gennaio 2015 n. 11665.
In tema di responsabilità degli enti da reato, il sequestro preventivo dei beni di cui è obbligatoria la confisca e quindi, ai sensi dell’art. 19 d.lg. n. 231/2001, dei beni che costituiscono il prezzo e il profitto del reato, può essere disposto indipendentemente dalla prova degli indizi di colpevolezza, della loro gravità, nonché del periculum in mora, essendo sufficiente la confiscabilità di quei beni, previo accertamento in astratto della ricorrenza di una determinata ipotesi di reato.
Cassazione penale sez. V, 16 gennaio 2015 n. 15951.
In tema di responsabilità da reato degli enti, la sanzione della confisca del profitto può essere disposta a condizione che il reato presupposto sia stato consumato dopo l’entrata in vigore del d.lg. n. 231 del 2001, essendo, invece, irrilevante che il profitto sia stato conseguito da parte del destinatario della sanzione in un momento precedente alla commissione del reato e all’entrata in vigore della legge. (Fattispecie in tema di corruzione consumatasi in data successiva all’entrata in vigore del d.lg. n. 231 del 2001, con profitto, tuttavia, conseguito precedentemente).
Cassazione penale sez. III 11 novembre 2014 n. 15249.
In tema di responsabilità da reato degli enti collettivi, il profitto confiscabile di cui all’art. 19 d.lg. n. 231 del 2001 non può essere calcolato al netto dei costi sostenuti per ottenerlo o altrimenti determinato facendo ricorso a parametri valutativi di tipo aziendalistico, quali il “profitto lordo” o il “profitto netto”, ma si identifica con il concreto vantaggio conseguito dalla commissione del reato presupposto. (Fattispecie in cui la Corte ha individuato il profitto derivante dalla commercializzazione di prodotti agroalimentari come “biologici”, invece che come “convenzionali”, in misura corrispondente alla differenza tra il prezzo effettivamente ottenuto e quello che sarebbe stato conseguito se i prodotti fossero stati venduti come “convenzionali”).
Cassazione penale sez. VI 05 novembre 2014 n. 53430.
La confisca ex art. 19 d.lg. n. 231 del 2001 nei confronti dei beni dell’ente, si estende al fatturato dell’operazione illecita, dedotti i costi netti per l’esecuzione delle prestazioni (fattispecie relativa alla contestazione ad una società di essersi avvalsa del reato – fra gli altri – di truffa ai danni dello Stato ex art. 640, n. 2, c.p., per assicurarsi una commessa a seguito di appalto).
Cassazione penale sez. un. 25 settembre 2014 n. 11170.
In tema di responsabilità da reato degli enti, la confisca per equivalente, in quanto sanzione principale ed autonoma, è obbligatoria, al pari di quella diretta, atteso che il ricorso da parte del legislatore, nel secondo comma dell’art. 19 d.lg. n. 231 del 2001, alla locuzione “può”, non esprime l’intenzione di riconoscere ad essa natura facoltativa, ma la volontà di vincolare il dovere del giudice di procedervi alla previa verifica dell’impossibilità di provvedere alla confisca diretta del profitto del reato e dell’effettiva corrispondenza del valore dei beni oggetto di ablazione al valore di detto profitto.
Cassazione penale sez. VI 25 gennaio 2013 n. 21192.
In tema di responsabilità degli enti, in presenza di una declaratoria di prescrizione del reato presupposto, il giudice, ai sensi dell’art. 8 comma 1 lett. b) d.lg. n. 231 del 2001, deve procedere all’accertamento autonomo della responsabilità amministrativa della persona giuridica nel cui interesse e nel cui vantaggio l’illecito fu commesso che, però, non può prescindere da una verifica, quantomeno incidentale, della sussistenza del fatto di reato.
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