Gravi frodi fiscali, sentenza Taricco e prescrizione del reato: il nuovo corso della giurisprudenza europea supera lo sbarramento del giudicato.

Con la sentenza della IV Sezione – n. 17401/2018 depositata il 18 aprile u.s, i Giudici di legittimità sono tornati a confrontarsi con l’applicabilità della disciplina di diritto interno della prescrizione in materia di gravi frodi IVA in relazione alle normative comunitarie poste a presidio e tutela degli interessi finanziari dell’Unione, sulla scorta di quanto stabilito nella sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 5 dicembre 2017 (c.d. Taricco bis).

Il caso e lo svolgimento del processo

La questione sottoposta al vaglio della Corte di Cassazione nasce a seguito di un primo scrutinio di legittimità concluso con esito di annullamento con rinvio limitatamente al difetto di motivazione sulla mancata concessione delle attenuanti generiche.

Nel primo giudizio di legittimità la Suprema Corte aveva dato attuazione ai principi affermati nella nota pronuncia della Grande Sezione della CGUE dell’8 settembre 2015 (proc. Taricco, causa c-105-4) e, per l’effetto, aveva disapplicato le disposizioni del codice penale (artt. 160, comma 3 e 161, comma 2) in base alle quali il reato continuato contestato (dichiarazione fraudolenta IVA mediante uso di fatture per operazioni inesistenti con riferimento alle annualità dal 2005 al 2007) era da considerarsi prescritto

Decidendo a seguito del rinvio, la Corte d’Appello di Perugia ha rideterminato la pena applicata al prevenuto pur non concedendo le attenuanti generiche ed avverso tale sentenza è stato interposto nuovamente ricorso per cassazione. 

La decisione della Cassazione e il punto di diritto

L’unico motivo di ricorso dell’imputato censurava il diniego delle attenuanti generiche viene rigettato; tuttavia, la Corte, nella sentenza in commento, si sofferma ad esaminare anche l’ulteriore questione sollevata dal ricorrente con memoria successiva al ricorso, volta a rivalutare d’ufficio, ex art. 609, comma 2, c.p.p., il profilo afferente l’intercorsa maturazione del termine prescrizionale massimo, quantomeno con riferimento ai fatti relativi al periodo d’imposta 2005, sulla base dei recenti sviluppi interessanti le pronunce della Corte Costituzionale italiana e la Corte di Lussemburgo relativamente al tema della prescrizione.

La particolarità processuale della fattispecie consiste nella nuova disamina del tema della prescrizione malgrado il giudicato formatosi sul punto come conseguenza della prima pronuncia di legittimità.

Invero, la Corte, in risposta alla doglianza mossa ex art. 609, comma 2. c.p.p.  ripercorre i travagliati sviluppi del caso Taricco che ha coinvolto la Corte di Giustizia di Lussemburgo e la Corte costituzionale e che qui verranno brevemente schematizzati:

  • Nella sentenza della Grande Sezione (proc. Taricco, causa c-105-4) dell’8 settembre 2015, la Corte di Lussemburgo ha sanzionato il conflitto tra le norme penali italiane relative alla prescrizione nei reati di gravi frodi relative al pagamento dell’IVA con quelle dei trattati europei poste a tutela degli interessi finanziari dell’Unione (art. 325, par. 1 e 2, TFUE), stabilendo l’obbligo del giudice italiano di disapplicare all’occorrenza le disposizioni nazionali nei casi di frode grave.
  • Investita della questione di costituzionalità della pronuncia de qua, la Corte Costituzionale italiana ha accertato una violazione del principio di legalità penale nell’interpretazione operata dai giudici europei, rinviando nuovamente la questione a Lussemburgo in via pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 TFUE .
  • La Grande sezione, reinvestita della questione si è pronunciata nuovamente (sent. 5 dicembre 2017, causa C-42/17, c.d. Taricco 2) rilevando la dignità delle questioni sollevate dalla Consulta e affermando i principi per cui:

a) spetta all’Autorità giudiziaria italiana valutare se le statuizioni della sentenza Taricco, da applicare ai casi di frode grave che ledono gli interessi dell’Unione, conducano o meno a situazioni di incertezza relativamente alla disciplina sulla prescrizione applicabile; il giudice nazionale, infatti, è tenuto a verificare che da siffatta disapplicazione non consegua un’evidente inosservanza dei principi costituzionalmente garantiti tra cui, in particolare, il principio di legalità che impone la determinatezza delle norme penali e la loro irretroattività.

b) in ragione del principio di irretroattività della norma penale, le previsioni della sentenza Taricco andranno applicate esclusivamente ai fatti di reato commessi successivamente alla pronuncia del 2015, onde evitare l’assoggettamento ad un regime meno favorevole rispetto a quello vigente all’epoca della commissione del reato.

Ricostruiti in tal senso i termini della questione, nella sentenza in commento la Corte di Cassazione  si pone il problema di verificare, in relazione al caso concreto, se le statuizioni contenute nella sentenza rescindente precedentemente pronunciata da altro collegio della Cassazione che conducevano alla definitiva  affermazione della penale responsabilità dell’imputato, rimangano intangibili in base al principio processuale di formazione progressiva del giudicato ex art. 627 c.p.p., ovvero debbano ritenersi travolte dal mutamento d’indirizzo giurisprudenziale della Corte di Lussemburgo.

La Corte di legittimità riconosce come pacifico che la sentenza di annullamento con rinvio disposto limitatamente al trattamento sanzionatorio acquista autorità di cosa giudicata quanto alla affermazione di penale responsabilità, 

Conseguentemente è precluso al giudice del rinvio la possibilità di dichiarare cause sopravvenute di non punibilità o di estinzione del reato.

Tale principio di preclusione, tuttavia, non opera in fattispecie come quella decisa con la sentenza 17401/2018 in quanto, il mutato corso della giurisprudenza comunitaria, è assimilabile alla abolitio criminis

La Corte di legittimità, pertanto, ritiene debba applicarsi quanto statuito nella sentenza del 5 dicembre 2017 per cui al diritto europeo va attribuita valenza di ius superveniens, che ha efficacia vincolante anche ultra partes nei procedimenti davanti alle autorità giurisdizionali degli stati membri (Sez. III, n. 13810, 12/02/2008, Diop).

Ed in applicazione dei suindicati principi la Corte così motiva la pronuncia di accoglimento del ricorso:

il dictum della Corte di Lussemburgo di cui alla sentenza del dicembre scorso, in base al quale l’interpretazione dell’art. 325 TFUE fatta propria dalla CGUE nella prima sentenza Taricco si applica ai soli reati commessi in epoca successiva alla data di emissione di quest’ultima pronunzia, non può che riverberare i suoi effetti anche nel caso di che trattasi, non dissimilmente da quanto avverrebbe nel caso di pronunzia della stessa Corte di Lussemburgo che si presentasse incompatibile con una norma incriminatrice nazionale; ed ha perciò forza e valore tali da impedire che scenda il giudicato sulle statuizioni strettamente connesse a una difforme interpretazione del diritto dell’Unione, come quelle relative – nel caso che ne occupa – all’applicabilità o meno della disciplina nazionale in materia di prescrizione a reati in materia di IVA commessi in epoca precedente alla prima sentenza Taricco.

Si è, in sostanza, al cospetto di una peculiare forma di ius superveniens (che nella specie si sostanzia nei principi da ultimo affermati dalla CGUE) rispetto al quale deve constatarsi anche d’ufficio, ex art. 609, comma 2, cod.proc.pen., l’incompatibilità delle statuizioni della giurisprudenza nazionale che, sulla base della prima sentenza Taricco, avevano disapplicato le disposizioni del codice penale in materia di prescrizione di reati di frode fiscale commessi prima dell’8 settembre 2015. Tali disposizioni nazionali devono pertanto trovare applicazione nel caso di specie”.

La Suprema Corte in applicazione del suddetto principio, ritenuto decorso della prescrizione per tutti i reati addebitati al prevenuto (il più recente risale al 2008) ha dichiarato estinti i reati ascritti all’imputato per intervenuta prescrizione annullando senza rinvio l’impugnata sentenza.

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Quadro giurisprudenziale di riferimento in tema di prescrizione e gravi frodi IVA.

Corte giustizia UE grande sezione 05 dicembre 2017 n. 42  

L’art. 325, paragrafo 1 e 2, tfUe che sancisce l’obbligo in capo agli Stati membri di adottare di concerto con l’Unione Europea misure di contrasto alla frode e alle altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell’Unione stessa, non deve essere interpretato nel senso di riconoscere ai giudici nazionali un potere indiscriminato di disapplicazione della normativa interna in materia di prescrizione penale laddove, quest’ultima, ponga in pericolo l’inflizione di sanzioni penali effettive nei casi di gravi violazioni che mettano in pericolo gli interessi economici dell’Unione; il giudice nazionale, infatti, è tenuto a verificare che da siffatta disapplicazione non consegua un’evidente inosservanza dei principi costituzionalmente garantiti tra cui, in particolare, il principio di legalità che impone la determinatezza delle norme penali e la loro irretroattività.

Cassazione penale sez. III  12 luglio 2017 n. 45964  

In tema di evasione dell’IVA e con riguardo alla necessaria disapplicazione della normativa nazionale in materia di prescrizione, secondo quanto affermato dalla Corte di giustizia europea con la sentenza Taricco dell’8 settembre 2015, tale disapplicazione, oltre a poter trovare luogo solo qualora, alla stregua di detta normativa, la prescrizione non risulti già maturata prima della pubblicazione della citata sentenza Taricco, richiede comunque che si sia in presenza di “un numero considerevole di casi di frode grave”; condizione, questa, che, quanto alla gravità della frode, va valutata con riferimento ai criteri di cui all’art. 133, comma 1, c. p., per cui, ove non ricorra il caso di un danno che sia già di rilevantissima gravità, sono da ritenere necessari ulteriori elementi, quali in particolare l’organizzazione posta in essere, la partecipazione di più soggetti al fatto, l’utilizzazione di “cartiere” o società schermo, l’interposizione di una pluralità di soggetti, l’esistenza di un contesto associativo criminale, dovendosi altresì tener conto del rapporto tra imposta evasa e soglia di non punibilità; quanto al “numero considerevole dei casi, il requisito deve essere valutato non In astratto, ovvero con riferimento all’integralità dei procedimenti pendenti dinanzi alle autorità giudiziarie italiane (giacché lo stesso implicherebbe una prognosi di natura statistica che esula dai limiti cognitivi e valutativi del giudice, necessariamente circoscritti ai fatti di causa), bensì, in concreto, con riferimento alle fattispecie oggetto del singolo giudizio, potendosi ritenere sufficiente anche una singola frode solo qualora questa sia di rilevantissima gravità. (Nella specie, in applicazione di tali principi, la Corte ha escluso che fosse riconoscibile il requisito della gravità in un caso in cui vi era stata una evasione, riferibile ad nn unico anno, di euro 144.682,00).

Cassazione penale sez. III  12 luglio 2017 n. 45751  

Se l’evasione i.v.a. non assume connotati di particolare gravità, essa non integra una fattispecie tale da precludere l’estinzione per prescrizione del reato. Lo afferma la Cassazione secondo cui non può esserci un’applicazione generalizzata e acritica della sentenza “Taricco”. Pertanto, quando non ci sia un danno di notevolissima gravità, la condotta per avere una rilevanza penale e, quindi, essere in grado anche di interrompere la prescrizione, deve presentare ulteriori elementi quali in particolare l’organizzazione posta in essere, la partecipazione di più soggetti al fatto, l’utilizzazione di cartiere o società schermo, l’interposizione di una pluralità di soggetti o l’esistenza di un contesto associativo criminale.

Cassazione penale sez. III  21 aprile 2017 n. 31265  

Nei reati tributari caratterizzati dalla previsione di una soglia di punibilità rapportata all’entità dell’imposta evasa, il requisito di gravità della frode, che in ossequio alla sentenza della Corte di giustizia nel caso Taricco, impone la disapplicazione della disciplina della prescrizione se insorge pregiudizio per la tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea, non può assumere rilevo qualora l’evasione si contenga sotto la soglia predetta, indice legislativo di assenza di offensività. Per la Cassazione, dunque, in caso di dichiarazione fraudolenta mediante fatture false la prescrizione non si interrompe se l’entità dell’Iva evasa non è rilevantissima. Sul tema, si attende la nuova decisione dei giudici di Lussemburgo, chiamati a pronunciarsi a seguito del rinvio operato dalla Corte costituzionale.

Corte Costituzionale  26 gennaio 2017 n. 24  

Con ordinanza n. 24 del 2017, la Corte costituzionale ha disposto di sottoporre alla Corte di giustizia dell’Unione europea, in via pregiudiziale ai sensi e per gli effetti dell’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, le seguenti questioni di interpretazione dell’art. 325, paragrafi 1 e 2, del medesimo Trattato: se l’art. 325, paragrafi 1 e 2, TFUE debba essere interpretato nel senso di imporre al giudice penale di non applicare una normativa nazionale sulla prescrizione che osta in un numero considerevole di casi alla repressione di gravi frodi in danno degli interessi finanziari dell’Unione, ovvero che prevede termini di prescrizione più brevi per frodi che ledono gli interessi finanziari dell’Unione di quelli previsti per le frodi lesive degli interessi finanziari dello Stato, anche quando tale omessa applicazione sia priva di una base legale sufficientemente determinata [e/o] anche quando nell’ordinamento dello Stato membro la prescrizione è parte del diritto penale sostanziale e soggetta al principio di legalità; nonché, ancora, se la sentenza della Grande Sezione della CGUE dell’8 settembre 2015 in causa C-105/14, Taricco, debba essere interpretata nel senso di imporre al giudice penale di non applicare una normativa nazionale sulla prescrizione (come quella testé descritta), anche quando tale omessa applicazione sia in contrasto con i principi supremi dell’ordine costituzionale dello Stato membro o con i diritti inalienabili della persona riconosciuti dalla Costituzione dello Stato membro. La Corte costituzionale ha chiesto che le questioni pregiudiziali siano decise con procedimento accelerato, ai sensi e per gli effetti dell’art. 105 del regolamento di procedura della Corte di giustizia del 25 settembre 2012 .

Cassazione penale sez. III  16 dicembre 2016 n. 16458  

L’ art. 325 T.F.UE , come interpretato dalla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, Grande Sezione, Taricco e altri del 8 settembre 2015, C-105/14 , non si applica ai reati strutturalmente non caratterizzati da frode, come e` quello previsto dall’ art. 10- ter del D.l gs. n. 74/2000 .

Corte giustizia UE grande sezione 08 settembre 2015 n. 105  

Una normativa nazionale in materia di prescrizione del reato come quella stabilita dal combinato disposto dell’art. 160, ultimo comma, c.p., come modificato dalla l. 5 dicembre 2005 n. 251, e dell’art. 161 di tale codice – normativa che prevedeva, all’epoca dei fatti di cui al procedimento principale, che l’atto interruttivo verificatosi nell’ambito di procedimenti penali riguardanti frodi gravi in materia di i.v.a. comportasse il prolungamento del termine di prescrizione di solo un quarto della sua durata iniziale – è idonea a pregiudicare gli obblighi imposti agli stati membri dall’art. 325, paragrafi 1 e 2, tfUe nell’ipotesi in cui detta normativa nazionale impedisca di infliggere sanzioni effettive e dissuasive in un numero considerevole di casi di frode grave che ledono gli interessi finanziari dell’Unione europea, o in cui preveda, per i casi di frode che ledono gli interessi finanziari dello Stato membro interessato, termini di prescrizione più lunghi di quelli previsti per i casi di frode che ledono gli interessi finanziari dell’Unione europea, circostanze che spetta al giudice nazionale verificare. Il giudice nazionale è tenuto a dare piena efficacia all’art. 325, paragrafi 1 e 2, tfUe disapplicando, all’occorrenza, le disposizioni nazionali che abbiano per effetto di impedire allo Stato membro interessato di rispettare gli obblighi impostigli dall’art. 325, paragrafi 1 e 2, tfUe. Un regime della prescrizione applicabile a reati commessi in materia di imposta sul valore aggiunto, come quello previsto dal combinato disposto dell’art. 160, ultimo comma, c.p., come modificato dalla l. 5 dicembre 2005 n. 251, e dell’art. 161 di tale codice, non può essere valutato alla luce degli art. 101, 107 e 119 tfUe (la Corte si è così pronunciata nell’ambito di un procedimento penale nei confronti di imputati accusati di aver costituito un’associazione allo scopo di commettere più delitti in materia di imposta sul valore aggiunto).