Parto cesareo: la responsabilità penale del componente dell’èquipe medica nell’avvicendamento della cura al paziente.
Con la sentenza n. 22007/2018, depositata il 18 maggio u.s., la Corte di Cassazione, è tornata nuovamente a pronunciarsi sul tema della responsabilità dell’èquipe medica con particolare riferimento al profilo dell’avvicendamento tra professionisti nella gestione dell’emergenza clinica.
Il caso clinico e l’imputazione
La vicenda riguarda una operazione di parto cesareo nel corso della quale si manifestava una emorragia massiva al momento dell’effettuazione del taglio, dovuta sia ad una lesione vescicale, sia alle manovre poste in essere per il distacco della placenta.
In tale situazione di emergenza e con il degenerare delle condizioni della paziente, in ausilio del ginecologo e dell’anestesista che avevano programmato l’intervento, venivano chiamati altri due colleghi (ginecologo e chirurgo) presenti in struttura, i quali, resisi disponibili, collaboravano all’operazione di isterectomia, avviata dall’originaria équipe già presente.
L’intervento dei due specialisti non impediva l’exitus infausto della morte della donna successivamente all’atto operatorio.
Il procedimento penale instaurato successivamente a tali eventi ha coinvolto l’intera équipe medica che ha gestito l’intervento chirurgico, nello specifico il PM ha contestato a più sanitari (tre ginecologi, un chirurgo e due anestesisti-rianimatori) l’aver causato la morte della donna per aver omesso, pur in presenza di shock emorragico conseguente a parto cesareo con placenta accreta, cioè patologicamente aderente all’utero, di trasfondere plasma fresco per correggere il difetto di coagulazione e per aver ritardato il ricovero della donna in ospedale dotato di reparto di rianimazione, con decesso della stessa avvenuto il giorno seguente.
Lo svolgimento del processo
I giudici del doppio grado di merito hanno attribuito rilevanza causale nel processo che ha condotto a morte la donna al ritardo e alla cattiva gestione della fase emergenziale dell’emorragia da parte dell’anestesista nei cui confronti l’affermazione di penale responsabilità con il rito abbreviato passava in giudicato nel giugno 2017, avendo riconosciuto in capo allo stesso di aver omesso di assumere tempestivamente la decisione (di sua competenza in quanto anestesista) di far trasferire immediatamente la paziente in una struttura provvista di rianimazione e di farle somministrare il plasma, richiesto in ritardo.
La condotta degli altri professionisti, ginecologo e chirurgo intervenuti successivamente, sempre in sede di giudizio abbreviato è stata ritenuta scevra da colpa professionale in quanto sia il Gup in primo grado, sia la Corte territoriale in grado di appello, avevano considerato il loro allontanamento al termine dell’intervento di isterectomia, quando l’emorragia sembrava arrestata, come legittimo in quanto i successivi interventi sarebbero stati di competenza dell’orinaria équipe i cui componenti ad eccezione dell’anestesista condannato avevano optato per il giudizio ordinario del quale dalla lettura della sentenza non sui conosce la fase e l’esito.
Ricorre in cassazione avverso la sentenza della Corte territoriale, il Procuratore Generale della Corte di Appello denunziando vizio di motivazione e violazione di legge, in ordine all’omessa motivazione circa la mancata osservanza da parte dei due sanitari intervenuti successivamente in sostegno dell’équipe originaria delle linee guida in materia di emorragia post-partum e indicate dai consulenti del P.M..
La decisione della Cassazione e il punto di diritto
La Suprema corte accoglie il ricorso del P.G. ed annulla con rinvio alla Corte di Appello per i motivi che qui di seguito verranno schematizzati per meglio riassumere il complesso, ma di estremo interesse, ragionamento dei Giudici di legittimità.
Innanzitutto la Corte procede ad individuare i profili più significativi della questione giuridica sottesa alla vicenda de qua, ossia, in tema di responsabilità dei sanitari nell’intervento di équipe:
- a) l’assunzione della posizione di garanzia;
- b) la responsabilità d’équipe, con particolare riferimento al peculiare settore dell’intervento sanitario diacronico;
- c) lo scioglimento dell’équipe.
– Quanto al primo profilo, la Corte si limita a richiamare le già note fonti da cui scaturisce l’obbligo protettivo rilevante in materia penale: la legge, il contratto, la precedente attività svolta (esercizio di fatto di responsabilità gestoria) o altra fonte obbligante.
– Quanto alla responsabilità d’équipe, i giudici evidenziano l’esistenza di una duplice forma di cooperazione fra medici e altri medici e/o ausiliari: una cooperazione sincronica ove i contributi fra professionisti si integrano in un unico contesto temporale ed una diacronica, cioè attraverso atti medici successivi; in questo secondo caso il percorso diagnostico o terapeutico (che è pur sempre unitario) si sviluppa attraverso una serie di attività di competenza di sanitari diversi, funzionalmente o temporalmente successive.
Nel caso di specie, il momento critico della vicenda è stato individuato dai giudici di merito nella gestione post-operatoria della paziente, ritenendo, in sintesi, che la criticità causativa del decesso fosse da attribuire esclusivamente all’area disciplinare di competenza dell’anestesista.
La Corte di legittimità non condivide la valutazione operata nei gradi di merito per i seguenti motivi.
“Quanto all’esclusione della posizione di garanzia in capo ai dottori (omissis) e (omissis), nei termini in cui affermata dai Giudici di merito, non vi è dubbio alcuno che l’intervenire attivamente da parte di specialisti in chirurgia ed in ginecologia nel corso di un’isterectomia, quand’anche la chiamata da parte dei colleghi già impegnati nell’intervento chirurgico sia, in ipotesi, effettuata al di là della previsione delle turnazioni dal punto di vista amministrativo della struttura ospedaliera ed intuitu personae, in ragione della particolare fiducia riposta nei chiamati, attesi i valori tutelati (vita ed incolumità del paziente), comporti la piena assunzione di posizione di garanzia d’equipe.
(…) Quanto alla responsabilità dei medici in caso di cooperazione diacronica (…) in questo caso i diversi apporti professionali si susseguono nel tempo secondo fasi separate, pur avendo di mira il fine della salute del paziente (…). Al fine di evitare vuoti di tutela nella delicata fase dell’avvicendamento di un garante con un altro, si impone un passaggio delle consegne efficiente ed informato ed il garante successivo deve essere posto in condizione di intervenire. Solo quando questo obbligo di informazione sia stato assolto correttamente, il garante originario potrà invocare, in caso di evento infausto, il principio di affidamento, avendo dismesso correttamente i propri doveri”.
Più in generale la Corte riassume, “l’equipe medica, sia essa operante sincronicamente o diacronicamente, è da considerare come una entità unica e compatta e non come una collettività di professionisti in cui ciascuno è tenuto a svolgere il proprio ruolo, salvo intervenire se percepisca l’errore altrui. Ad ogni membro dell’equipe è pertanto imposto un dovere ulteriore: la verifica che il proprio apporto professionale e l’apporto altrui, sia esso precedente o contestuale, si armonizzino in vista dell’obiettivo comune.
(…) Proprio in virtù della posizione di garanzia che il sanitario assume nei confronti del paziente, ciascun medico dell’equipe, oltre al rispetto delle leges artis del settore di competenza, è, pertanto, tenuto al rispetto di una regola cautelare più ampia, avente ad oggetto un onere particolare di cautela e di controllo sulle modalità di effettuazione dell’intervento, anche relativamente all’attività precedente e/o coeva svolta da altro collega, pur quando questa non rientra nella sua diretta competenza.”
– Quanto al tema sub c) ossia al tema della responsabilità del sanitario dopo lo scioglimento dell’èquipe la Corte richiama quanto già statuito con precedente arresti giurisprudenziali ricordando un principio di ultrattività della responsabilità scaturente dalla posizione di garanzia assunta affermando quanto segue: “in tema di responsabilità professionale medica, se l’intervento operatorio, inteso in senso stretto, può ritenersi concluso con l’uscita del paziente dalla sala operatoria, sul sanitario grava comunque un obbligo di sorveglianza sulla salute del soggetto operato anche nella fase post-operatoria (…). Ne consegue che, dopo l’intervento, il sanitario non può tout-court disinteressarsi del paziente, ma deve sempre controllare il decorso operatorio, quanto meno affidando il paziente ad altri sanitari, debitamente edotti, in grado di affrontare eventuali complicanze, più o meno prevedibili”.
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Quadro giurisprudenziale di riferimento in tema di responsabilità penale dell’équipe medica:
Cassazione penale sez. IV 20 aprile 2017 n. 27314.
La responsabilità penale di ciascun componente di una équipe medica non può essere affermata sulla base dell’accertamento di un errore diagnostico genericamente attribuito alla équipe nel suo complesso, ma va legata alla valutazione delle concrete mansioni di ciascun componente, nella prospettiva di verifica, in concreto, dei limiti oltre che del suo operato, anche di quello degli altri. Occorre cioè accertare se e a quali condizioni ciascuno dei componenti dell’équipe, oltre ad essere tenuto per la propria parte al rispetto delle regole di cautela e delle leges artis previste con riferimento alle sue specifiche mansioni, debba essere tenuto anche a farsi carico delle manchevolezze dell’altro componente dell’équipe o possa viceversa fare affidamento sulla corretta esecuzione dei compiti altrui.
Cassazione penale sez. IV 30 marzo 2016 n. 18780
In tema di responsabilità medica, la limitazione della responsabilità in caso di colpa lieve prevista dall’art. 3 d.l. 13 settembre 2012 n. 158, conv. dalla l. 8 novembre 2012 n. 189, sicuramente opera per le condotte professionali conformi alle linee guida contenenti regole di perizia, ma è inapplicabile nel caso di accertato macroscopico scostamento del comportamento tenuto rispetto a quello doverosamente esigibile dal medico specialista (ciò che è stato ritenuto nei confronti di un medico ginecologo chiamato rispondere di lesioni gravissime subite dal feto, durante il parto, provocate dall’esecuzione di una manovra di estrazione che, pur delicata, non implicava la soluzione di problemi di particolare difficoltà e rientrava nelle sue normali competenze).
Cassazione penale sez. IV 06 marzo 2012 n. 17222
La posizione di garanzia del capo dell’equipe chirurgica non è limitata all’ambito strettamente operatorio; ma si estende al contesto postoperatorio (rigettato il ricorso di un medico, capo dell’equipe chirurgica che aveva operato un neonato, a cui era stato mosso l’addebito di non aver disposto dopo l’operazione il ricovero in unità di terapia intensiva del piccolo e di non aver comunque dato disposizioni per un articolato monitoraggio dei parametri vitali; con la conseguenza che non era stata diagnosticata tempestivamente una emorragia che, per mancanza delle terapie necessarie, aveva determinato la morte del bambino).
Cassazione penale sez. IV 26 ottobre 2011 n. 46824
In tema di colpa professionale, qualora ricorra l’ipotesi di cooperazione multidisciplinare, ancorché non svolta contestualmente, ogni sanitario è tenuto, oltre che al rispetto dei canoni di diligenza e prudenza connessi alle specifiche mansioni svolte, all’osservanza degli obblighi derivanti dalla convergenza di tutte le attività verso il fine comune ed unico. Ne consegue che ogni sanitario non può esimersi dal conoscere e valutare l’attività precedente o contestuale svolta da altro collega, sia pure specialista in altra disciplina, e dal controllarne la correttezza, se del caso ponendo rimedio ad errori altrui che siano evidenti e non settoriali, rilevabili ed emendabili con l’ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio. Né può invocare il principio di affidamento l’agente che non abbia osservato una regola precauzionale su cui si innesti l’altrui condotta colposa, poiché allorquando il garante precedente abbia posto in essere una condotta colposa che abbia avuto efficacia causale nella determinazione dell’evento, unitamente alla condotta colposa del garante successivo, persiste la responsabilità anche del primo in base al principio di equivalenza delle cause, a meno che possa affermarsi l’efficacia esclusiva della causa sopravvenuta, che deve avere carattere di eccezionalità ed imprevedibilità, ciò che si verifica solo allorquando la condotta sopravvenuta abbia fatto venire meno la situazione di pericolo originariamente provocata o l’abbia in tal modo modificata da escludere la riconducibilità al precedente garante della scelta operata.
Cassazione penale sez. IV 02 aprile 2010 n. 19637
In caso di intervento operatorio ad opera di “équipe” chirurgica, e più in generale nella ipotesi di cooperazione multidisciplinare nell’attività medico-chirurgica, ogni sanitario è tenuto ad osservare, oltre che il rispetto delle regole di diligenza e prudenza connessi alle specifiche e settoriali mansioni svolte, gli obblighi ad ognuno derivanti dalla convergenza di tutte le attività verso il fine comune ed unico. Ogni sanitario, quindi, non può esimersi dal conoscere e valutare (nei limiti e termini in cui sia da lui conoscibile e valutabile) l’attività precedente e contestuale di altro collega e dal controllarne la correttezza, se del caso ponendo rimedio ad errori altrui che siano evidenti e non settoriali ed emendabili con l’ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio (nella specie, sia il chirurgo che l’anestesista erano stati ritenuti responsabili per lesioni riportate dalla paziente in seguito ad un intervento chirurgico e riconducibili all’errato posizionamento sul lettino operatorio).
Cassazione penale sez. IV 06 aprile 2005 n. 22579
La circostanza dello “scioglimento dell’équipe operatoria”, che abbia a verificarsi quando ancora l’intervento deve essere completato da adempimenti di particolare semplicità, esclude l’elemento della colpa per negligenza in capo al medico che ha abbandonato anticipatamente l’équipe, sempre che non si tratti di intervento operatorio ad alto rischio e l’allontanamento sia giustificato da pressanti ed urgenti necessità professionali.
Cassazione penale sez. IV 08 febbraio 2005 n. 12275
La posizione di garanzia dell’équipe chirurgica nei confronti del paziente non si esaurisce con l’intervento, ma riguarda anche la fase post-operatoria, gravando sui sanitari un obbligo di sorveglianza sulla salute del soggetto operato; ne consegue che dalla violazione di tale obbligo, fondato anche sul contratto d’opera professionale, può discendere la responsabilità penale dei medici qualora l’evento dannoso sia causalmente connesso ad un comportamento omissivo ex art. 40 comma 2 c.p. (Fattispecie in cui è stata riconosciuta la responsabilità per il reato di cui all’art. 589 c.p. dei componenti l’équipe chirurgica, colpevoli di aver fatto rientrare il paziente nel reparto dopo l’intervento, anziché sottoporlo a terapia intensiva, sottovalutando elementi significativi, quali l’incremento progressivo della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca, che rendevano prevedibile un’insufficienza respiratoria).
Cassazione penale sez. IV 01 dicembre 2004 n. 9739
Il medico cui è affidata la responsabilità di un reparto risponde delle omissioni curative degli infermieri, a nulla rilevando che questi ultimi non l’abbiano informato delle condizioni del paziente, perché è onere del medico informarsi di sua iniziativa sulle condizioni degli ammalati degenti nel suo reparto.
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