Gravi frodi Iva: per la Corte Costituzionale la regola “Taricco” è incompatibile con i principi costituzionali.
Con la sentenza n. 115/2018 depositata il 31.05.2018, la Corte Costituzionale si è pronunciata sulla nota e tormentata questione “Taricco”, che ha interessato i massimi vertici della magistratura nazionale ed europea (Corte Suprema di Cassazione, Consulta e Corte di Giustizia dell’Unione Europea) sul tema della compatibilità o meno dei principi dell’ordinamento europeo con le norme dettate dal codice penale e dalla carta costituzionale italiana, in riferimento alla prescrizione applicabile in casi di gravi frodi IVA.
La Consulta ha concluso per la incostituzionalità della c.d. “regola Taricco” – formulata dalla Corte di Lussemburgo – e, quindi, ha ritenuta illegittima la disapplicazione della normativa italiana in materia di prescrizione anche nell’ipotesi in cui il fatto-reato in contestazione possa ledere gli interessi finanziari dell’Unione.
L’iter processuale-giurisprudenziale del “caso Taricco”
Nella sentenza della Grande Sezione (proc. Taricco, causa c-105-4) dell’8 settembre 2015, la Corte di Lussemburgo ha sanzionato il conflitto tra le norme penali italiane sulla prescrizione con quelle dei trattati europei poste a presidio degli interessi finanziari dell’Unione (art. 325, par. 1 e 2, TFUE), stabilendo l’obbligo del giudice italiano di disapplicare all’occorrenza le disposizioni nazionali nei casi di frode grave Iva.
Investita della questione di costituzionalità della pronuncia de qua, da parte della Corte di Cassazione e della Corte di Appello di Milano, la Corte Costituzionale (ord. n. 24/2017) ha accertato una violazione del principio di legalità penale nell’interpretazione operata dai giudici europei, rinviando nuovamente la questione a Lussemburgo ponendo, in via pregiudiziale, il tema dell’interpretazione relativa al corretto significato da attribuire all’art. 325 TFUE e alla sentenza Taricco.
La Grande sezione, investita della questione si è pronunciata nuovamente (sent. 5 dicembre 2017, causa C-42/17, c.d. Taricco 2), rilevando la dignità delle questioni sollevate dalla Consulta ed affermando i seguenti principi correttivi:
- a) spetta all’Autorità giudiziaria italiana valutare se le statuizioni della sentenza Taricco, da applicare ai casi di frode grave che ledono gli interessi dell’Unione, conducano o meno a situazioni di incertezza relativamente alla disciplina sulla prescrizione applicabile; il giudice nazionale, infatti, è tenuto a verificare che da siffatta disapplicazione non consegua un’evidente inosservanza dei principi costituzionalmente garantiti tra cui, in particolare, il principio di legalità che impone la determinatezza delle norme penali e la loro irretroattività.
- b) in ragione del principio di irretroattività della norma penale, le previsioni della sentenza Taricco andranno applicate esclusivamente ai fatti di reato commessi successivamente alla pronuncia dell’8 settembre 2015, onde evitare l’assoggettamento ad un regime meno favorevole rispetto a quello vigente all’epoca della commissione del reato.
La pronuncia della Corte Costituzionale e il principio di diritto
Dopo aver ricostruito i vari passaggi processuali della vicenda, la Consulta, nella pronuncia in commento, si sofferma sulla valutazione della compatibilità del principio sancito in sede europea con la sentenza del 5 dicembre 2017 (c.d. Taricco bis) con i supremi principi dell’ordinamento costituzionale in quanto, come preventivamente affermato nell’ordinanza n. 24/2017, ha riaffermato il primato della medesima Corte Costituzionale ad accertare se il diritto dell’Unione (e la relativa elaborazione giurisprudenziale) sia in contrasto con i principi supremi dell’ordine costituzionale italiano e in particolare con i diritti inalienabili della persona.
Partendo da tale presupposto La Corte, nel decidere sui processi rimessi alla sua cognizione ha statuito la inapplicabilità della “regola Taricco” ai giudizi a quibus, poiché, indipendentemente dalla collocazione dei fatti, prima o dopo l’8 settembre 2015 (nel caso specifico la data del commesso reato escludeva l’applicabilità della regola) il giudice comune non può applicare tale regola in quanto in contrasto con il principio di determinatezza in materia penale, consacrato dall’art.25, secondo comma, Costituzione.
Di seguito vengono riportati i più significativi passaggi motivazionali della sentenza 115/2018 relativi al principio sopra sintetizzato:
“Questa Corte, nel compimento del relativo scrutinio di legittimità costituzionale, che in questo peculiare caso è anche adempimento della verifica sollecitata dalla Corte di giustizia, non può che ricordare quanto aveva già osservato con l’ordinanza n. 24 del 2017. Un istituto che incide sulla punibilità della persona, riconnettendo al decorso del tempo l’effetto di impedire l’applicazione della pena, nel nostro ordinamento giuridico rientra nell’alveo costituzionale del principio di legalità penale sostanziale enunciato dall’art. 25, secondo comma, Cost. con formula di particolare ampiezza. La prescrizione pertanto deve essere considerata un istituto sostanziale, che il legislatore può modulare attraverso un ragionevole bilanciamento tra il diritto all’oblio e l’interesse a perseguire i reati fino a quando l’allarme sociale indotto dal reato non sia venuto meno (potendosene anche escludere l’applicazione per delitti di estrema gravità), ma sempre nel rispetto di tale premessa costituzionale inderogabile (ex plurimis, sentenze n. 143 del 2014, n. 236 del 2011, n. 294 del 2010 e n. 393 del 2006; ordinanze n. 34 del 2009, n. 317 del 2000 e n. 288 del 1999).
Ciò posto, appare evidente il deficit di determinatezza che caratterizza, sia l’art. 325, paragrafi 1 e 2, TFUE (per la parte da cui si evince la “regola Taricco”), sia la “regola Taricco” in sé.
Quest’ultima, per la porzione che discende dal paragrafo 1 dell’art. 325 TFUE, è irrimediabilmente indeterminata nella definizione del «numero considerevole di casi» in presenza dei quali può operare, perché il giudice penale non dispone di alcun criterio applicativo della legge che gli consenta di trarre da questo enunciato una regola sufficientemente definita. Né a tale giudice può essere attribuito il compito di perseguire un obiettivo di politica criminale svincolandosi dal governo della legge al quale è invece soggetto (art. 101, secondo comma, Cost.)”.
Oltretutto, i giudici costituzionali sottolineano un ulteriore profilo di indeterminatezza nell’art. 325 TFUE che rileva ancor prima del giudizio del giudice comune e che interessa la immediata percezione del precetto penale da parte del comune cittadino.
“Ancor prima, è indeterminato l’art. 325 TFUE, per quanto qui interessa, perché il suo testo non permette alla persona di prospettarsi la vigenza della “regola Taricco”.
La sentenza M.A. S. ha enfatizzato, a tal proposito, la necessità che le scelte di diritto penale sostanziale permettano all’individuo di conoscere in anticipo le conseguenze della sua condotta, in base al testo della disposizione rilevante, e, se del caso, con l’aiuto dell’interpretazione che ne sia stata fatta dai giudici (paragrafo 56). Perlomeno nei paesi di tradizione continentale, e certamente in Italia, ciò avvalora (finanche in seno al diritto dell’Unione, in quanto rispettoso dell’identità costituzionale degli Stati membri) l’imprescindibile imperativo che simili scelte si incarnino in testi legislativi offerti alla conoscenza dei consociati. Rispetto a tale origine nel diritto scritto di produzione legislativa, l’ausilio interpretativo del giudice penale non è che un posterius incaricato di scrutare nelle eventuali zone d’ombra, individuando il significato corretto della disposizione nell’arco delle sole opzioni che il testo autorizza e che la persona può raffigurarsi leggendolo.
Il principio di determinatezza ha una duplice direzione, perché non si limita a garantire, nei riguardi del giudice, la conformità alla legge dell’attività giurisdizionale mediante la produzione di regole adeguatamente definite per essere applicate, ma assicura a chiunque «una percezione sufficientemente chiara ed immediata» dei possibili profili di illiceità penale della propria condotta (sentenze n. 327 del 2008 e n. 5 del 2004; nello stesso senso, sentenza n. 185 del 1992).
Pertanto, quand’anche la “regola Taricco” potesse assumere, grazie al progressivo affinamento della giurisprudenza europea e nazionale, un contorno meno sfocato, ciò non varrebbe a «colmare l’eventuale originaria carenza di precisione del precetto penale» (sentenza n. 327 del 2008)”.
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Quadro giurisprudenziale di riferimento in tema di prescrizione e gravi frodi IVA:
Corte giustizia UE grande sezione 05 dicembre 2017 n. 42
L’art. 325, paragrafo 1 e 2, tfUe che sancisce l’obbligo in capo agli Stati membri di adottare di concerto con l’Unione Europea misure di contrasto alla frode e alle altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell’Unione stessa, non deve essere interpretato nel senso di riconoscere ai giudici nazionali un potere indiscriminato di disapplicazione della normativa interna in materia di prescrizione penale laddove, quest’ultima, ponga in pericolo l’inflizione di sanzioni penali effettive nei casi di gravi violazioni che mettano in pericolo gli interessi economici dell’Unione; il giudice nazionale, infatti, è tenuto a verificare che da siffatta disapplicazione non consegua un’evidente inosservanza dei principi costituzionalmente garantiti tra cui, in particolare, il principio di legalità che impone la determinatezza delle norme penali e la loro irretroattività.
Cassazione penale sez. III 12 luglio 2017 n. 45964
In tema di evasione dell’IVA e con riguardo alla necessaria disapplicazione della normativa nazionale in materia di prescrizione, secondo quanto affermato dalla Corte di giustizia europea con la sentenza Taricco dell’8 settembre 2015, tale disapplicazione, oltre a poter trovare luogo solo qualora, alla stregua di detta normativa, la prescrizione non risulti già maturata prima della pubblicazione della citata sentenza Taricco, richiede comunque che si sia in presenza di “un numero considerevole di casi di frode grave”; condizione, questa, che, quanto alla gravità della frode, va valutata con riferimento ai criteri di cui all’art. 133, comma 1, c. p., per cui, ove non ricorra il caso di un danno che sia già di rilevantissima gravità, sono da ritenere necessari ulteriori elementi, quali in particolare l’organizzazione posta in essere, la partecipazione di più soggetti al fatto, l’utilizzazione di “cartiere” o società schermo, l’interposizione di una pluralità di soggetti, l’esistenza di un contesto associativo criminale, dovendosi altresì tener conto del rapporto tra imposta evasa e soglia di non punibilità; quanto al “numero considerevole dei casi, il requisito deve essere valutato non In astratto, ovvero con riferimento all’integralità dei procedimenti pendenti dinanzi alle autorità giudiziarie italiane (giacché lo stesso implicherebbe una prognosi di natura statistica che esula dai limiti cognitivi e valutativi del giudice, necessariamente circoscritti ai fatti di causa), bensì, in concreto, con riferimento alle fattispecie oggetto del singolo giudizio, potendosi ritenere sufficiente anche una singola frode solo qualora questa sia di rilevantissima gravità. (Nella specie, in applicazione di tali principi, la Corte ha escluso che fosse riconoscibile il requisito della gravità in un caso in cui vi era stata una evasione, riferibile ad nn unico anno, di euro 144.682,00).
Cassazione penale sez. III 12 luglio 2017 n. 45751
Se l’evasione i.v.a. non assume connotati di particolare gravità, essa non integra una fattispecie tale da precludere l’estinzione per prescrizione del reato. Lo afferma la Cassazione secondo cui non può esserci un’applicazione generalizzata e acritica della sentenza “Taricco”. Pertanto, quando non ci sia un danno di notevolissima gravità, la condotta per avere una rilevanza penale e, quindi, essere in grado anche di interrompere la prescrizione, deve presentare ulteriori elementi quali in particolare l’organizzazione posta in essere, la partecipazione di più soggetti al fatto, l’utilizzazione di cartiere o società schermo, l’interposizione di una pluralità di soggetti o l’esistenza di un contesto associativo criminale.
Cassazione penale sez. III 21 aprile 2017 n. 31265
Nei reati tributari caratterizzati dalla previsione di una soglia di punibilità rapportata all’entità dell’imposta evasa, il requisito di gravità della frode, che in ossequio alla sentenza della Corte di giustizia nel caso Taricco, impone la disapplicazione della disciplina della prescrizione se insorge pregiudizio per la tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea, non può assumere rilevo qualora l’evasione si contenga sotto la soglia predetta, indice legislativo di assenza di offensività. Per la Cassazione, dunque, in caso di dichiarazione fraudolenta mediante fatture false la prescrizione non si interrompe se l’entità dell’Iva evasa non è rilevantissima. Sul tema, si attende la nuova decisione dei giudici di Lussemburgo, chiamati a pronunciarsi a seguito del rinvio operato dalla Corte costituzionale.
Corte Costituzionale 26 gennaio 2017 n. 24
Con ordinanza n. 24 del 2017, la Corte costituzionale ha disposto di sottoporre alla Corte di giustizia dell’Unione europea, in via pregiudiziale ai sensi e per gli effetti dell’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, le seguenti questioni di interpretazione dell’art. 325, paragrafi 1 e 2, del medesimo Trattato: se l’art. 325, paragrafi 1 e 2, TFUE debba essere interpretato nel senso di imporre al giudice penale di non applicare una normativa nazionale sulla prescrizione che osta in un numero considerevole di casi alla repressione di gravi frodi in danno degli interessi finanziari dell’Unione, ovvero che prevede termini di prescrizione più brevi per frodi che ledono gli interessi finanziari dell’Unione di quelli previsti per le frodi lesive degli interessi finanziari dello Stato, anche quando tale omessa applicazione sia priva di una base legale sufficientemente determinata [e/o] anche quando nell’ordinamento dello Stato membro la prescrizione è parte del diritto penale sostanziale e soggetta al principio di legalità; nonché, ancora, se la sentenza della Grande Sezione della CGUE dell’8 settembre 2015 in causa C-105/14, Taricco, debba essere interpretata nel senso di imporre al giudice penale di non applicare una normativa nazionale sulla prescrizione (come quella testé descritta), anche quando tale omessa applicazione sia in contrasto con i principi supremi dell’ordine costituzionale dello Stato membro o con i diritti inalienabili della persona riconosciuti dalla Costituzione dello Stato membro. La Corte costituzionale ha chiesto che le questioni pregiudiziali siano decise con procedimento accelerato, ai sensi e per gli effetti dell’art. 105 del regolamento di procedura della Corte di giustizia del 25 settembre 2012 .
Cassazione penale sez. III 16 dicembre 2016 n. 16458
L’ art. 325 T.F.UE , come interpretato dalla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, Grande Sezione, Taricco e altri del 8 settembre 2015, C-105/14 , non si applica ai reati strutturalmente non caratterizzati da frode, come e` quello previsto dall’ art. 10- ter del D.l gs. n. 74/2000 .
Corte giustizia UE grande sezione 08 settembre 2015 n. 105
Una normativa nazionale in materia di prescrizione del reato come quella stabilita dal combinato disposto dell’art. 160, ultimo comma, c.p., come modificato dalla l. 5 dicembre 2005 n. 251, e dell’art. 161 di tale codice – normativa che prevedeva, all’epoca dei fatti di cui al procedimento principale, che l’atto interruttivo verificatosi nell’ambito di procedimenti penali riguardanti frodi gravi in materia di i.v.a. comportasse il prolungamento del termine di prescrizione di solo un quarto della sua durata iniziale – è idonea a pregiudicare gli obblighi imposti agli stati membri dall’art. 325, paragrafi 1 e 2, tfUe nell’ipotesi in cui detta normativa nazionale impedisca di infliggere sanzioni effettive e dissuasive in un numero considerevole di casi di frode grave che ledono gli interessi finanziari dell’Unione europea, o in cui preveda, per i casi di frode che ledono gli interessi finanziari dello Stato membro interessato, termini di prescrizione più lunghi di quelli previsti per i casi di frode che ledono gli interessi finanziari dell’Unione europea, circostanze che spetta al giudice nazionale verificare. Il giudice nazionale è tenuto a dare piena efficacia all’art. 325, paragrafi 1 e 2, tfUe disapplicando, all’occorrenza, le disposizioni nazionali che abbiano per effetto di impedire allo Stato membro interessato di rispettare gli obblighi impostigli dall’art. 325, paragrafi 1 e 2, tfUe. Un regime della prescrizione applicabile a reati commessi in materia di imposta sul valore aggiunto, come quello previsto dal combinato disposto dell’art. 160, ultimo comma, c.p., come modificato dalla l. 5 dicembre 2005 n. 251, e dell’art. 161 di tale codice, non può essere valutato alla luce degli art. 101, 107 e 119 tfUe (la Corte si è così pronunciata nell’ambito di un procedimento penale nei confronti di imputati accusati di aver costituito un’associazione allo scopo di commettere più delitti in materia di imposta sul valore aggiunto).
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