Non punibile il professionista che detiene ed utilizza software privo del contrassegno SIAE.

La sentenza della III Sezione Penale della Cassazione, n. 30047/2018, depositata il 04.07.2018, ha fornito importanti precisazioni in ordine al perimetro applicativo del reato di cui all’art. 171 bis, l. n. 633/1941 che sanziona penalmente la detenzione ed illecito utilizzo di software privi di licenza da parte di imprese o esercenti attività commerciali ma non l’analoga condotta del libero professionista.

Il caso e lo svolgimento del processo

Il Tribunale cautelare di Frosinone, con ordinanza dell’8 settembre 2017, ha rigettato l’istanza di riesame dell’imputato, avverso il decreto di convalida del sequestro probatorio del PM presso il Tribunale di Cassino di 13 hard disk contenuti nei computer di una società di servizi, contenenti software illecitamente detenuti e duplicati, ritenendo configurato il reato di cui all’art. 171 bis, legge n. 633/1941.

Ricorre per Cassazione l’imputato, tramite difensore, deducendo violazione di legge e difetto di motivazione sul fumus commissi delicti del reato e sulla ricorrenza dei presupposti legittimanti il sequestro probatorio.

La decisione della Cassazione e il punto di diritto.

La Corte di legittimità ha rigettato il ricorso fissando, per quanto di interesse i seguenti principi:

  1. a) sulla possibilità di sottoporre a sequestro probatorio i software informatici, la Corte ha così statuito:

il provvedimento impugnato contiene adeguata motivazione, non contraddittoria e non manifestamente illogica, con corretta applicazione dei principi in materia espressi da questa Corte di Cassazione, e rileva come «su sei dei 13 computer era installato come programma operativo Windows in relazione al quale non risultavano licenze d’uso, e che su tutti i PC vi erano programmi di grafica quali Autocad o Catia dei pari privi di licenze d’uso […] per un verso dunque, il vincolo reale si rende necessario per verificare la effettiva fondatezza dell’accusa, ed in particolare per accertare, mediante gli opportuni accertamenti tecnici, se i software siano realmente abusivamente duplicati ed a chi sia riconducibile la duplicazione; e, per altro verso, la detenzione per gli scopi dichiarati dal medesimo indagato configura di per sé stessa una detenzione a fini commerciali». Del resto, «ai fini dell’integrazione del reato previsto dall’art. 171-bis legge 22 aprile 1941, n. 633, sono tutelati dal diritto d’autore, quale risultato di creazione intellettuale, i programmi per elaboratore elettronico, intesi come un complesso di informazioni o istruzioni idonee a far eseguire al sistema informatico determinate operazioni, che siano completamente nuovi o forniscano un apporto innovativo nel settore, esprimendo soluzioni migliori o diverse da quelle preesistenti »  (Sez. 3, n. 8011 del 25/01/2012 – dep. 01/03/2012, Sterpilla e altri, Rv. 25275601)”.

Per quanto riguarda, invece, la astratta configurabilità della fattispecie di cui all’art. 171-bis legge 22 aprile 1941, n. 633 al caso concreto, la Suprema Corte formula il seguente principio di diritto.

Mentre non integra il reato di cui all’art. 171 bis, comma primo, L. 27 aprile 1941, n. 633, la detenzione ed utilizzazione, nell’ambito di un’attività libero professionale, di programmi per elaboratore privi di contrassegno SIAE, non rientrando tale attività in quella “commerciale o imprenditoriale” contemplata dalla fattispecie incriminatrice (l’estensione analogica non sarebbe possibile in quanto vietata ex art. 14 Preleggi, risolvendosi in un’applicazione “in malam partem”), la stessa detenzione ed utilizzazione di programmi software (nella specie Windows, e programmi di grafica, Autocad o Catia) nel campo commerciale o industriale (nella specie, esercente attività di progettazione meccanica ed elettronica nel settore auto motive) integra il reato in oggetto, con la possibilità del sequestro per l’accertamento della duplicazione.

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Quadro giurisprudenziale di riferimento in materia di detenzione illecita di software:

Cassazione penale sez. III  27 aprile 2017 n. 38204  

Sotto il profilo penale, non è necessario che l’effrazione si consumi direttamente ed esclusivamente sul prodotto videogioco (software) perché se la consolle (componente hardware) è necessaria a far funzionare il programma, il suo ruolo è quello di un dispositivo “chiave-serratura” posto a diretta tutela del diritto d’autore coperto dalla norma incriminatrice ( art.171-ter legge n. 633/41 ).

Cassazione penale sez. III  25 gennaio 2012 n. 8011  

La duplicazione abusiva di programmi per elaboratore comprende non soltanto la produzione non autorizzata di copie perfette del programma interessato, ma anche la realizzazione di programmi ricavati dallo sviluppo o da modifiche del prodotto originale, quando di quest’ultimo sia replicata una parte funzionalmente autonoma e costituente, comunque, il nucleo centrale dell’opera protetta.

Cassazione penale sez. III  22 ottobre 2009 n. 49385 

La detenzione di programmi per elaboratore, privi del contrassegno Siae, accertata in relazione allo svolgimento di atto libero professionale, non può integrare il requisito della detenzione a scopo commerciale o imprenditoriale.

Cassazione penale sez. III  08 maggio 2008 n. 25104 

In tema di tutela penale del diritto d’autore, la detenzione e l’utilizzo presso uno studio professionale di software illecitamente riprodotti integrano il reato di cui all’art. 171-bis, comma 1, l. 22 aprile 1941, n. 633, in quanto non è necessario che la riproduzione dei programmi per elaboratore sia finalizzata al commercio, ma è sufficiente, ai fini della configurabilità del reato de quo, il fine di profitto.

Cassazione penale sez. III  22 novembre 2006 n. 149  

Prima dell’entrata in vigore della l. n. 248 del 2000, che ha modificato la l. n. 633 del 1941, l’abusiva duplicazione di software era punita penalmente solo in presenza di “scopo di lucro” e non anche in caso di “scopo di profitto”. Il fine di lucro deve concretizzarsi nel perseguimento di un vantaggio economicamente apprezzabile. Quindi, nella vigenza della precedente normativa, non poteva ritenersi reato lo scambio di software che avvenisse esclusivamente a titolo gratuito e non fosse connesso a forme di pubblicità o ad altra utilità economica tramite la realizzazione di un server Ftp (“File transfer protocol”).

Cassazione penale sez. III  28 giugno 2001 n. 33896  

Il reato di detenzione “a scopo commerciale” di programmi per elaboratore abusivamente riprodotti, previsto dall’art. 171 bis legge sul diritto d’autore 22 aprile 1941 n. 633 e successive modificazioni, si configura, tanto in base all’attuale formulazione della norma, introdotta dall’art. 13 l. 18 agosto 2000 n. 248, quanto in base alla formulazione precedente, anche nell’ipotesi in cui i programmi siano solo destinati ad un uso interno nell’ambito di un’attività imprenditoriale caratterizzata da scopi commerciali. (Nella specie trattavasi di programmi utilizzati per la gestione del sistema informatico interno di un’azienda esercente il commercio di prodotti elettronici).

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