Per la Cassazione il pagamento rateale del debito tributario impone al giudice del merito di tenerne conto ai fini della confisca per equivalente.

La sentenza n. 33389/2018 depositata l’08.07.2018 ha confermato alcuni importanti principi fissati dalla giurisprudenza di legittimità in materia penale-tributaria in ordine al reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte di cui all’art. 11 del d.lgs. n. 74/2000 e, soprattutto,  sulla revoca del sequestro preventivo (provvedimento cautelare reale) e della confisca (provvedimento ablatorio definitivo) disposto sulle somme costituenti profitto del reato ai sensi dell’art. 12 bis, in caso di accordo con l’Amministrazione fiscale per il pagamento del debito tributario ed effettivo pagamento del medesimo, ancorché parziale.

La Suprema Corte si pronuncia nei seguenti termini:

All’udienza dibattimentale d’appello del 17 maggio 2017 il difensore ha prodotto documentazione attestante atto di adesione tra l’Agenzia delle Entrate e la (omissis) Srl, con richiesta di rateizzazione del debito contributivo dalla stessa accumulato, allegando altresì prova del pagamento delle prime rate scadute in accoglimento della richiesta di rateizzazione. Benché egli non abbia espressamente richiesto – come risulta dal verbale di udienza – la revoca della disposta confisca in relazione al disposto di cui all’art. 12 bis d.lgs. 74 del 2000 (norma inserita dall’art. 10, d.lgs. 24 settembre 2015, n. 158, successivamente alla proposizione dell’atto d’appello), la Corte territoriale si sarebbe dovuta porre d’ufficio la questione della sua applicazione, trattandosi di norma di carattere penale sostanziale più favorevole (è pacifica, di fatti, la natura sostanzialmente penale della confisca per equivalente che esclude l’applicazione della disciplina prevista per le misure di sicurezza: cfr. Sez. U, n. 18374 del 31/01/2013, Adami e a., Rv. 255037). La sentenza, sul punto, tace, ma, non essendo configurabile un’omessa motivazione per non essere stata specificamente dedotta la relativa questione, non è ravvisabile neppure la dedotta violazione dell’art. 12 bis d.lgs. 74 del 2000. Deve, infatti, richiamarsi il principio, già affermato da questa Corte, giusta il quale la disposizione di cui al comma secondo dell’art.12-bis del D.Lgs. n. 74 del 2000 (introdotta dal D.Lgs. n. 158 del 2015), secondo cui la confisca diretta o di valore dei beni costituenti profitto o prodotto del reato “non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro”, deve essere intesa nel senso che la confisca – così come il sequestro preventivo ad essa preordinato – può essere adottata anche a fronte dell’impegno di pagamento assunto, producendo tuttavia effetti solo ove si verifichi l’evento futuro ed incerto costituito dal mancato pagamento del debito (Sez. 3, n. 42470 del 13/07/2016, Orsi, Rv. 268384). Piuttosto, la prova documentale del pagamento di parte del debito contributivo avrebbe dovuto indurre la Corte a valutare se si giustificasse ancora la disposta confisca nei limiti della somma fissata dalla sentenza di primo grado. Nella giurisprudenza di questa Corte, di fatti, è pacifico il principio secondo cui, tanto in sede di sequestro preventivo disposto ai sensi dell’art. 321, comma 2- bis, cod. proc. pen. quanto in sede di disposizione della confisca per equivalente in relazione al profitto corrispondente ai reati fiscali, qualora sia stato perfezionato un accordo tra il contribuente e l’Amministrazione finanziaria per la rateizzazione del debito tributario e questo sia stato in parte adempiuto, l’importo della statuizione deve essere ridotto in misura corrispondente ai ratei versati per effetto della convenzione, poiché, altrimenti, verrebbe a determinarsi una inammissibile duplicazione sanzionatoria, in contrasto con il principio secondo il quale l’ablazione definitiva di un bene non può mai essere superiore al vantaggio economico conseguito dall’azione delittuosa (Sez. 3, n. 20887 del 15/04/2015, Aumenta, Rv. 263409; Sez. 3, n.4097 del 19/01/2016, Tomasi Canovo, Rv. 265843; Sez. 3, n. 42087 del 12/07/2016, Vitale, Rv. 268081; Sez. 3, n. 6635 del 08/01/2014, Cavatorta, Rv. 258903)”.

Si segnala all’attenzione del lettore la lettura della sentenza per gli interessanti profili di rito affrontati nel provvedimento in esame, in particolare, relativamente alla possibilità di ricorrere alla motivazione per relationem da parte del giudice d’appello nel caso in cui l’appellante, con l’atto di impugnazione,  non abbia specificamente censurato capi e punti della motivazione della sentenza di primo grado ovvero i motivi siano stati considerati come manifestamente infondati.

*******

Per l’attinenza al tema trattato si segnale l’attuale orientamento giurisprudenziale in materia di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte:

Cassazione penale sez. III  17 novembre 2017 n. 15133

Il delitto previsto dall’ art. 11, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 , è reato di pericolo, integrato dall’uso di atti simulati o fraudolenti per occultare i propri o altrui beni, idonei a pregiudicare – secondo un giudizio “ex ante” – l’attività recuperatoria della amministrazione finanziaria, anche se il valore dei beni sottratti alla garanzia patrimoniale dell’erario è inferiore alla soglia di punibilità di 50.000 euro di imposta evasa. (Nella fattispecie, la S.C. ha annullato l’ordinanza che, in sede cautelare, aveva disposto il dissequestero di un immobile ritenuto oggetto di cessione fraudolenta, per il solo fatto che il valore dello stesso era inferiore alla soglia di rilevanza penale del reato).

Cassazione penale sez. III  27 settembre 2017 n. 232

In tema di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, anche una singola operazione di scissione societaria può essere idonea, se valutata in relazione non soltanto al momento in cui l’atto di scissione viene posto in essere, ma anche in relazione alle vicende successive alla scisssione, a costituire quell’atto negoziale fraudolento e/o simulato idoneo ad integrare il reato in questione.

Cassazione penale sez. V, 20 giugno 2017 n. 35591

È configurabile il concorso tra delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte e quello di bancarotta fraudolenta per distrazione, alla luce della diversità del soggetto- autore degli illeciti (nel primo caso, tutti i contribuenti, nel secondo, soltanto gli imprenditori falliti) e del differente elemento psicologico tra i reati (rispettivamente, dolo specifico e dolo generico) .

Cassazione penale sez. III  16 maggio 2017 n. 10161

Se è ben vero che l’atto dispositivo di un bene tanto mobile quanto immobile rende di per sé maggiormente difficoltosa ed incerta l’esazione del credito, essendo il denaro bene fungibile per eccellenza e quindi più facilmente occultabile, tanto da legittimare l’esperibilità dell’azione revocatoria in sede civile, non può tuttavia perciò ritenersi integrata la finalità fraudolenta sul piano penale, dovendo l’atto dispositivo essere caratterizzato da un “quid pluris”, ovverossia dalla modalità ingannevole attraverso il quale viene realizzato.

Cassazione penale sez. III  28 febbraio 2017 n. 29243Le operazioni compiute dall’amministratore di una società di capitali, nei cui confronti sia stato avviato un accertamento fiscale, consistenti nellacessione di quote e nel trasferimento immobiliare tramite conferimenti di rami d’azienda, possono integrare il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, di cui all’art. 11 d.lg. n. 74 del 2000.

Cassazione penale sez. III  23 novembre 2016 n. 3095

In tema di reati tributari, i beni immobili appartenenti a soggetto indagato del delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, alienati per far venir meno le garanzie di un’efficace riscossione dei tributi da parte dell’Erario, sono suscettibili di sequestro preventivo per la successiva confisca ai sensi dell’art. 240, comma primo, cod. pen., in quanto costituiscono lo strumento per mezzo del quale è stato commesso il reato, a nulla rilevando la loro qualificazione anche come prezzo o profitto di tale delitto.

Cassazione penale sez. III  04 aprile 2012 n. 21013

In tema di reati tributari, la costituzione di un fondo patrimoniale integra il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, in quanto è atto idoneo ad ostacolare il soddisfacimento di una obbligazione tributaria. Né è necessario secondo l’indirizzo prevalente della giurisprudenza di legittimità, ai fini della sussistenza degli elementi costitutivi di detto reato, che sia già in atto una procedura di riscossione, essendo sufficiente che l’atto sia di per sé solo idoneo ad impedire il soddisfacimento totale o parziale del fisco.

Cassazione penale sez. III  18 maggio 2011 n. 36290

Il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte è reato di pericolo e non di danno, sicché, ai fini del perfezionamento, non è richiesta la sussistenza di una procedura di riscossione in atto.

Cassazione penale sez. III  10 giugno 2009 n. 38925

Ai fini della integrazione del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte non è necessario che sia in corso una procedura di riscossione ma è sufficiente l’idoneità dell’atto simulato o qualificato come fraudolento a rendere inefficace, in tutto o in parte, una procedura di riscossione coattiva da parte dello Stato (nella specie, è stato ritenuto atto idoneo a limitare le ragioni del fisco la costituzione di un fondo patrimoniale avente ad oggetto tutti i beni mobili ed immobili della società).

Cassazione penale sez. III  06 marzo 2008 n. 14720

In tema di reati tributari, ai fini della configurabilità del delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art. 11 d.lg. 10 marzo 2000, n. 74) commesso mediante simulazione contrattuale, è idonea a configurare gli “atti fraudolenti” richiesti dalla norma non solo la simulazione oggettiva sotto forma della veridicità e congruità del prezzo pattuito, ma anche la simulazione soggettiva intesa quale interposizione fittizia di persona. (Fattispecie di vendita simulata mediante stipula di un apparente contratto di sale and lease back) .

Cassazione penale sez. III  04 aprile 2006 n. 17071Per la sussistenza del delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte non occorre che nei confronti del contribuente sia stata avviata un’azione esecutiva.

© RIPRODUZIONE RISERVATA