Incidente mortale in cantiere: maggiori obblighi formativi – informativi a carico del datore di lavoro se l’operaio impiegato in cantiere non comprende bene la lingua italiana.
Con la sentenza n. 34805 depositata il 23 luglio u.s., la IV sezione penale della Corte di Cassazione si è pronunciata in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro con specifico riferimento al perimetro dell’obbligo formativo/informativo che grava sul datore di lavoro nell’ipotesi in cui vengano impiegati in cantiere operai stranieri.
L’infortunio e l’imputazione penale
Secondo la ricostruzione del fatto operata dai giudici di merito, l’operaio straniero addetto alle opere di finitura esterna di un prefabbricato, era rimasto folgorato per effetto di un “arco voltaico” creatosi da una linea elettrica a 15.000 volt che attraversava quel cantiere a mt.8,50 dal suolo.
Il lavoratore, posizionandosi su una piattaforma elevabile, azionata da lui stesso, si era avvicinato troppo alla linea elettrica, certamente ad una distanza inferiore a 5 metri, tenendo fra l’altro in mano un ombrello per ripararsi dalla pioggia, ombrello che, unitamente all’umidità dell’area, aveva facilitato il passaggio della corrente elettrica e determinato la folgorazione. Era stato altresì verificato che l’autocarro con la piattaforma era stato posizionato non correttamente rispetto al profilo del fabbricato, poiché la cabina, e non la parte posteriore, era rivolta verso la parete dello stesso ed inoltre non erano stati correttamente installati gli stabilizzatori, che poggiavano su un terreno bagnato e non sicuro.
All’esito delle indagini preliminari la Procura di Firenze ha formulato richiesta di rinvio a giudizio per omicidio colposo aggravato dalla violazione della normativa antinfortunistica sia per il datore di lavoro, sia per il coordinatore della progettazione e per l’esecuzione dei lavori presso il cantiere ove è accaduto l’incidente, con specifici addebiti elevati per le rispettive posizioni di garanzia e, segnatamente: 1) per il datore di lavoro la mancata valutazione nel POS (piano operativo di sicurezza) del rischio inerente le lavorazioni, anche in quota, in prossimità della linea elettrica presente nel cantiere e la conseguente mancata adozione delle necessarie misure di prevenzione, quali in particolare la sorveglianza a terra con altro operatore debitamente formato ed addestrato all’uso della piattaforma e le precauzioni atte ad evitare contatti accidentali o avvicinamenti pericolosi alla suddetta linea, trattandosi di lavorazioni svolte a distanza inferiore a 5 metri; la mancata formazione ed addestramento dell’operaio deceduto in ordine alla mansione cui era adibito ed ai rischi specifici connessi all’utilizzo della piattaforma in dotazione. 2) Per il C.E. la mancata considerazione, nel PSC (piano di sicurezza e coordinamento) redatto dal Coordinatore in fase di esecuzione, professionista incaricato dalla committente, del rischio derivante dalla presenza della linea elettrica sul cantiere, che peraltro non era stata disattivata, rischio che il PSC avrebbe dovuto almeno menzionare per fornire alla ditta appaltatrice le prescrizioni di massima, rimandando poi a quest’ultima l’individuazione delle modalità concrete per adeguarsi alle prescrizioni, anche tenendo conto della operatività in cantiere di squadre di stuccatori che dovevano lavorare all’esterno ed in quota, in prossimità della linea elettrica.
Lo svolgimento del processo
Il Tribunale di Firenze ha condannato gli imputati per i reati loro ascritti; interposta l’impugnazione la Corte distrettuale, ha confermato la sentenza di primo grado.
Avverso la pronuncia della Corte territoriale gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione censurando vizi di motivazione della sentenza di secondo grado per avere la Corte di Appello di Firenze omesso di valutare compiutamente tutte le doglianze proposte dalle difese degli imputati tra cui quella di che denunciava la condotta “abnorme” o “esorbitante” dell’operaio deceduto il quale, secondo le difese, era stato posto nelle condizioni di sicurezza previste dalla legge per evitare l’evento avverso.
La decisione della Cassazione e il principio di diritto sugli obblighi formativi/informativi che gravano sul datore di lavoro.
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso e per quanto qui di interesse sulla consistenza dell’obbligo giuridico di formazione/informazione gravante sulla parte datoriale per l’incolumità dell’operaio di nazionalità straniera ha così statuito: “Con ineccepibile ragionamento controfattuale, la Corte ha quindi ritenuto che la previsione e valutazione – nel POS e nel PSC – del rischio di folgorazione in un cantiere ove era presente una linea elettrica a 15.000 volt e dove si eseguivano lavorazioni in quota, nonché la specifica formazione dei lavoratori circa i rischi di folgorazione e le misure precauzionali da adottare, avrebbero evitato comportamenti improvvidi da parte dei lavoratori medesimi, ed in particolare del (omissis) il quale, pur nella consapevolezza della presenza di detta linea attiva e della sua intuitiva pericolosità, non era stato posto in grado di individuare quali fossero le condizioni per lavorare in sicurezza. In particolare, non poteva certo dirsi che l’imputato avesse ottemperato all’obbligo di informazione per il sol fatto che il POS prevedeva il “rischio di elettrocuzione” e rimandava alla lettura del manuale d’uso della piattaforma, ove era indicata la distanza di sicurezza di almeno cinque metri da eventuali cavi elettrici. Sul punto la Corte distrettuale ha opportunamente evidenziato che un lavoratore non formato, tanto più se straniero, non era usuale che leggesse il POS e neppure sarebbe stato in grado di comprendere il significato del termine “elettrocuzione”; inoltre la cautela descritta nel POS era oltremodo generica, né assolveva allo scopo di rendere edotto il lavoratore, non formato dei rischi, il fatto che nelle note generali di utilizzo della piattaforma aerea fosse disposto di attenersi scrupolosamente a quanto indicato nel libretto d’uso, poiché ad un lavoratore non formato sui rischi inerenti alle mansioni svolte, e privo di competenze tecniche e linguistiche, non poteva richiedersi di leggere autonomamente il piano di sicurezza e neppure il manuale d’uso del macchinario che impiega e nella parte motiva della sentenza ha fornito un ulteriore chiarimento sui limiti della posizione di garanzia e sugli obblighi gravanti sulla figura del coordinatore per l’esecuzione.
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La pronuncia della Cassazione sulla responsabilità del coordinatore per l’esecuzione dei lavori
Secondo la Suprema Corte è altresì immune da censure l’argomentazione sviluppata dalla Corte di Firenze nell’esaminare la posizione del professionista chiamato a rispondere dell’evento quale coordinatore in fase di esecuzione e progettazione dei lavori che sul punto osserva quanto segue: ”del tutto correttamente, infatti, nell’impugnata sentenza è stato ritenuto che alle condotte colpose del datore di lavoro, cui spettava di redigere un POS esaustivo e di formare i dipendenti, si aggiungeva quella del titolare di altra autonoma posizione di garanzia, cioè del professionista incaricato dalla committenza del coordinamento ai fini di sicurezza in fase di progettazione e di esecuzione, in quanto egli aveva omesso di aggiornare il PSC e di evidenziare alla committenza le lacune del POS della subappaltatrice e la mancanza di formazione dei dipendenti di quest’ultima. Il coordinatore per l’esecuzione dei lavori, ex art.92 D.Lgs.9 aprile 2008, n.81, è infatti titolare di una posizione di garanzia che si affianca a quella degli altri soggetti destinatari della normativa antinfortunistica, in quanto, oltre ad assicurare il collegamento fra impresa appaltatrice e committente al fine di realizzare la migliore organizzazione del lavoro, svolge compiti di alta vigilanza circa la generale configurazione delle lavorazioni che comportino rischio interferenziale, consistenti: a) nel controllo sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento nonché sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro a garanzia dell’incolumità dei lavoratori; b) nella verifica della idoneità del piano operativo di sicurezza (POS) e nell’assicurazione della sua coerenza rispetto al piano di sicurezza e coordinamento (PSC); c) nell’adeguamento dei piani in relazione all’evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, verificando, altresì, che le imprese esecutrici adeguino i rispettivi POS, con conseguente obbligo di sospendere, in caso di pericolo grave e imminente, le singole lavorazioni fino agli avvenuti adeguamenti da parte delle imprese interessate (Sez.4, n. 45862 del 14/9/2017, Rv.271026; Sez.4, n.27165 del 24/5/2016, Rv.267735). A questi compiti – come puntualmente contestato nel capo di imputazione – il (omissis) non ha adempiuto e dunque la decisione adottata dalla Corte territoriale nei suoi confronti è immune da censure”
Sulla scorta dei principi enunciati la Suprema Corte ha confermato la sentenza impugnata.
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Per completezza di esposizione si riporta di seguito la più recente giurisprudenza in materia di responsabilità penale del datore di lavoro che può escludersi solo in presenza di condotta abnorme del lavoratore tale da interrompere il nesso di causalità tra la condotta e l’evento dannoso cagionato al lavoratore (morte o lesioni personali).
Cassazione penale, sez. IV, 13/12/2016, n. 15124.
In tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l’evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia. (Fattispecie in cui la S.C. ha escluso l’abnormità della condotta di due lavoratori che erano deceduti, per mancanza di ossigeno, all’interno di una cisterna in cui si erano calati per svolgere le proprie mansioni, ma senza attendere l’arrivo del responsabile della manutenzione e senza utilizzare dispositivi di protezione).
Cassazione penale, sez. IV, 30/09/2016, n. 44327.
Le norme dettate in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro perseguono il fine di tutelare il lavoratore persino in ordine a incidenti derivanti da sua negligenza, imprudenza e imperizia, sicché la condotta imprudente dell’infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l’evento quando sia comunque riconducibile all’area di rischio inerente all’attività svolta dal lavoratore e all’omissione di doverose misure antinfortunistiche da parte del datore di lavoro. Piuttosto, è interruttiva del nesso causale la condotta abnorme del lavoratore se e quando si collochi al di fuori dell’area di rischio definita dalla lavorazione in corso: tale comportamento è interruttivo non perché “eccezionale” ma perché “eccentrico” rispetto al rischio lavorativo che il garante è chiamato a governare (sezioni Unite, 24 aprile 2014, E. e altri) (fattispecie in cui si è esclusa la valenza interruttiva della responsabilità del datore di lavoro per l’infortunio occorso al lavoratore, il quale imprudentemente aveva utilizzato un macchinario cui era stata rimossa la protezione per sveltire le operazioni di lavoro trattandosi di situazione appartenente all’area di rischio lavorativo rientrante nei compiti di controllo del titolare della posizione di garanzia).
Cassazione penale, sez. IV, 22/10/2015, n. 44811.
L’unica circostanza idonea ad escludere la responsabilità del datore di lavoro, che abbia violato le norme in materia antinfortunistica, è la condotta abnorme del lavoratore, dovendosi intendere con tale espressione il comportamento che, per la sua imprevedibilità, si collochi al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte dei soggetti preposti all’attuazione delle misure di prevenzione; la mera colpa concorrente del lavoratore, dunque, non esclude la responsabilità del datore di lavoro (fattispecie relativa all’infortunio occorso ad un lavoratore dipendente che aveva usato un macchinario non sottoposto alla dovuta manutenzione).
Cassazione penale, sez. IV, 14/07/2015, n. 36882.
Posto che, in caso di infortunio subìto dal lavoratore, soltanto la condotta c.d. abnorme di quest’ultimo è idonea ad interrompere il nesso causale tra la condotta ascritta al datore di lavoro e l’evento lesivo, sussiste la responsabilità di quest’ultimo in caso di carenza dei dispositivi di sicurezza poiché la stessa non può essere sostituita dall’affidamento sull’osservanza, da parte del lavoratore, di una condotta prudente e diligente.
Cassazione penale, sez. IV, 17/06/2015, n. 29794.
In linea di principio, la condotta colposa del lavoratore infortunato può escludere la responsabilità del datore di lavoro solo quando il comportamento del lavoratore, e le sue conseguenze, presentino i caratteri dell’eccezionalità e dell’abnormità, potendosi attribuire però tale carattere non solo alla condotta del tutto estranea al processo produttivo o alle mansioni attribuite (come ad esempio, nel caso che il lavoratore si dedichi a un’altra macchina o a un altro lavoro, magari esorbitando nelle competenze attribuite ad altro lavoratore), ma anche a quella che, pur rientrando nelle mansioni proprie del lavoratore, sia consistita in qualcosa di radicalmente, ontologicamente lontano dalle pur ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nell’esecuzione del lavoro (da queste premesse, rigettando il ricorso del datore di lavoro, la Corte ha comunque escluso potesse attribuirsi il carattere di comportamento abnorme e imprevedibile a un comportamento definito come “istintivo” del lavoratore, che non risultava abnorme ed esorbitante rispetto alla procedura di lavoro da determinare l’interruzione del nesso causale e di cui si doveva piuttosto tener conto nella previsione delle procedure di sicurezza del lavoro).
Cassazione penale, sez. IV, 20/01/2015, n. 4890.
In tema di infortuni sul lavoro, va esclusa la responsabilità penale del datore di lavoro nel caso in cui l’evento occorso sia stato decisivamente determinato dalla condotta del lavoratore che, in consapevole violazione delle prescrizioni datoriali in materia di osservanza dei presidi di sicurezza, abbia posto in essere un’azione talmente abnorme da interrompere il nesso di causalità fra la condotta datoriale e l’evento.
Giurisprudenza di legittimità rilevante in tema di responsabilità penale del coordinatore della progettazione e per la esecuzione dei lavori.
Cassazione penale, sez. IV, 13/09/2017, n. 45853
In tema di infortuni sul lavoro, il coordinatore per l’esecuzione dei lavori ha una funzione di autonoma vigilanza che riguarda la generale configurazione delle lavorazioni, e non anche il puntuale controllo, momento per momento, delle singole attività lavorative, che è demandato ad altre figure operative (datore di lavoro, dirigente, preposto). (In applicazione di tale principio, la Corte di cassazione ha ritenuto immune da vizi la sentenza che aveva escluso la responsabilità del coordinatore per la sicurezza dei lavori in relazione alle lesioni patite da un operaio intento allo smontaggio di una rete metallica con l’ausilio di una scala inidonea per dimensioni e struttura, rilevando la puntuale verifica dell’adeguatezza delle prescrizioni previste nel piano di sicurezza e della loro messa in opera, rispetto ai lavori previsti dal capitolato d’appalto, tra le quali non rientrava l’attività svolta dal lavoratore).
Cassazione penale, sez. IV, 27/09/2016, n. 3288
In tema di infortuni sul lavoro, la funzione di alta vigilanza che grava sul coordinatore per l’esecuzione dei lavori ha ad oggetto esclusivamente il rischio c.d. generico, relativo alle fonti di pericolo riconducibili all’ambiente di lavoro, al modo in cui sono organizzate le attività, alle procedure lavorative ed alla convergenza in esso di più imprese; ne consegue che il coordinatore non risponde degli eventi riconducibili al c.d. rischio specifico, proprio dell’attività dell’impresa appaltatrice o del singolo lavoratore autonomo. (In applicazione di tale principio, la Corte di cassazione ha annullato parzialmente con rinvio la sentenza di condanna del coordinatore per la sicurezza dei lavori in relazione al decesso causato dalla precipitazione dal tetto di un dipendente dell’impresa appaltatrice dei lavori di rimozione delle lastre di copertura, rilevando che non era stato accertato se si trattava di un rischio generico, relativo alla conformazione generale del cantiere, ovvero di un rischio specifico attinente alle attività oggetto del contratto di appalto).
Cassazione penale, sez. IV, 24/05/2016, n. 27165
In tema di infortuni sul lavoro, il coordinatore per l’esecuzione dei lavori, oltre ai compiti che gli sono affidati dall’art. 5 del D.Lgs. n. 494 del 1996, ha una autonoma funzione di alta vigilanza circa la generale configurazione delle lavorazioni che comportino rischio interferenziale, ma non è tenuto anche ad un puntuale controllo, momento per momento, delle singole attività lavorative, che è invece demandato ad altre figure operative (datore di lavoro, dirigente, preposto), salvo l’obbligo, previsto dall’art. 92, lett. f), del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, di adeguare il piano di sicurezza in relazione alla evoluzione dei lavori e di sospendere, in caso di pericolo grave e imminente direttamente riscontrato, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti da parte delle imprese interessate.
Cassazione penale, sez. IV, 12/11/2015, n. 46991
In tema di infortuni sul lavoro, la funzione di alta vigilanza, che grava sul coordinatore per la sicurezza dei lavori, ha ad oggetto quegli eventi riconducibili alla configurazione complessiva, di base, della lavorazione e non anche gli eventi contingenti, scaturiti estemporaneamente dallo sviluppo dei lavori medesimi e, come tali, affidati al controllo del datore di lavoro e del suo preposto. (Fattispecie nella quale è stata ritenuta la responsabilità del coordinatore per la sicurezza in relazione al crollo di un’impalcatura).
Cassazione penale, sez. III, 15/09/2015, n. 41820
Al coordinatore per l’esecuzione dei lavori va riconosciuto un ruolo di vigilanza ‘alta’, che riguarda la generale configurazione delle lavorazioni e non la puntuale e stringente vigilanza momento per momento, demandata alle figure operative (cassata, nella specie, la decisione del Tribunale di merito che aveva riconosciuto la responsabilità del ricorrente in ordine a violazioni molto specifiche e puntuali, senza chiarire se le stesse fossero comunque riferibili a quei doveri di vigilanza “alta” propri del coordinatore).
Cassazione penale, sez. IV, 07/01/2015, n. 3809
In tema di infortuni sul lavoro, il coordinatore della sicurezza per l’esecuzione dei lavori svolti in un cantiere edile temporaneo o mobile è titolare di una posizione di garanzia, che non può ritenersi esaurita allorchè siano terminate le opere edili in senso stretto, in quanto lo stesso continua a rivestire un ruolo di vigilanza sul generale espletamento delle lavorazioni, che ordinariamente afferiscono ai cantieri, per tutto il tempo necessario per la completa esecuzione dell’opera.
Cassazione penale, sez. IV, 14/10/2014, n. 19131
Il coordinatore per la sicurezza non può limitarsi a disporre l’esecuzione dei lavori secondo tempi e modalità tali da consentire lo svolgimento degli stessi in sicurezza, dovendo al contrario vigilare ed intervenire direttamente ed immediatamente per garantire la sicurezza dei lavoratori. (Confermata la responsabilità del coordinatore per la morte di un apprendista, che da solo, in orario serale, alla luce di un faro appositamente installato, si trovava senza essere munito di cintura di sicurezza in una postazione che presentava notevoli rischi per la totale assenza di parapetti di protezione, e da cui era successivamente caduto).
Cassazione penale, sez. IV, 12/06/2013, n. 44977
In tema di infortuni sul lavoro, con riferimento alle attività lavorative svolte in un cantiere edile, il coordinatore per l’esecuzione dei lavori è titolare di una posizione di garanzia che si affianca a quella degli altri soggetti destinatari della normativa antinfortunistica, in quanto gli spettano compiti di “alta vigilanza”, consistenti: a) nel controllo sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento nonché sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro a garanzia dell’incolumità dei lavoratori; b) nella verifica dell’idoneità del piano operativo di sicurezza (POS) e nell’assicurazione della sua coerenza rispetto al piano di sicurezza e coordinamento; c) nell’adeguamento dei piani in relazione all’evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, verificando, altresì, che le imprese esecutrici adeguino i rispettivi POS.
Cassazione penale, sez. IV, 17/01/2013, n. 7443
In tema di infortuni sul lavoro, le figure del coordinatore per la progettazione ex art. 4 d.lg. n. 494 del 1996 e del coordinatore per l’esecuzione dei lavori, ex art. 5 stesso d.lg., non si sovrappongono a quelle degli altri soggetti responsabili nel campo della sicurezza, ma ad esse si affiancano per realizzare, attraverso la valorizzazione di una figura unitaria con compiti di coordinamento e controllo, la massima garanzia dell’incolumità dei lavoratori. (In applicazione del principio, la S.C., in un caso di infortunio mortale occorso ad un lavoratore intento a svolgere lavori di manutenzione di una banchina adibita al camminamento dei viaggiatori e travolto dalla motrice di un treno in transito, ha ritenuto corretta la condanna del coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione ed esecuzione dell’impresa subappaltatrice, precisando che egli ha anche l’obbligo di vigilanza sulla esatta osservanza delle prescrizioni del piano di sicurezza).
Cassazione penale, sez. IV, 24/05/2012, n. 5473
Quanto alla posizione di garanzia del coordinatore della sicurezza nella fase di esecuzione dei lavori, esso non può limitarsi ad impartire direttive, ma deve anche accertarsi che le stesse siano rispettate, essendo peraltro attribuiti al coordinatore per l’esecuzione del lavori poteri particolarmente incisivi, come quello di disporre la sospensione delle lavorazioni.
Cassazione penale, sez. IV, 03/11/2011, n. 46849
In tema di infortuni sul lavoro, sussiste continuità normativa tra le disposizioni di cui all’art. 5 d.lg. n.494 del 1996 – concernente gli obblighi del coordinatore per l’esecuzione dei lavori, ancorché formalmente abrogate dall’art. 304 d.lg. n. 81 del 2008 (Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro) – e l’art. 92 d.lg. n. 81 del 2008, che ha recepito in termini sostanzialmente conformi il contenuto della disciplina previgente.
Cassazione penale, sez. IV, 20/11/2009, n. 1490
In tema di responsabilità penali per eventi lesivi derivanti da violazione delle norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, l’alta funzione di vigilanza demandata, ai sensi dell’art. 5 d.lg. 14 agosto 1996 n. 494 (ora trasfuso nell’art. 92 d.lg. 9 aprile 2008 n. 81), al coordinatore per l’esecuzione dei lavori non si confonde con quella operativa demandata al datore di lavoro ed alle figure che da esso ricevono poteri e doveri, quali sono quelle del dirigente e del proposto, implicando essa soltanto l’obbligo di segnalazione al committente, previa contestazione scritta alle imprese, delle irregolarità riscontrate relativamente alla violazione dei loro doveri “tipici” e di quelle inerenti all’inosservanza del piano di sicurezza e di coordinamento, salva l’imposizione della sospensione immediata dei lavori nel solo caso di imminente e grave pericolo direttamente riscontrato. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha censurato la sentenza di merito con la quale era stata affermata la responsabilità del coordinatore per l’esecuzione nominato dal committente per non avere egli esercitato appropriata azione di vigilanza in un cantiere nel quale si era verificato un infortunio a causa di una lavorazione irregolare iniziatasi poco prima e della quale l’imputato, risultato adempiente ai doveri generali di vigilanza impostigli dalla legge, non aveva potuto avere tempestiva contezza).
Per completezza di esposizione si riporta di seguito la più recente giurisprudenza in materia di responsabilità penale del datore di lavoro che può escludersi solo in presenza di condotta abnorme del lavoratore tale da interrompere il nesso di causalità tra la condotta e l’evento dannoso cagionato al lavoratore (morte o lesioni personali).
Cassazione penale, sez. IV, 13/12/2016, n. 15124.
In tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l’evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia. (Fattispecie in cui la S.C. ha escluso l’abnormità della condotta di due lavoratori che erano deceduti, per mancanza di ossigeno, all’interno di una cisterna in cui si erano calati per svolgere le proprie mansioni, ma senza attendere l’arrivo del responsabile della manutenzione e senza utilizzare dispositivi di protezione).
Cassazione penale, sez. IV, 30/09/2016, n. 44327.
Le norme dettate in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro perseguono il fine di tutelare il lavoratore persino in ordine a incidenti derivanti da sua negligenza, imprudenza e imperizia, sicché la condotta imprudente dell’infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l’evento quando sia comunque riconducibile all’area di rischio inerente all’attività svolta dal lavoratore e all’omissione di doverose misure antinfortunistiche da parte del datore di lavoro. Piuttosto, è interruttiva del nesso causale la condotta abnorme del lavoratore se e quando si collochi al di fuori dell’area di rischio definita dalla lavorazione in corso: tale comportamento è interruttivo non perché “eccezionale” ma perché “eccentrico” rispetto al rischio lavorativo che il garante è chiamato a governare (sezioni Unite, 24 aprile 2014, E. e altri) (fattispecie in cui si è esclusa la valenza interruttiva della responsabilità del datore di lavoro per l’infortunio occorso al lavoratore, il quale imprudentemente aveva utilizzato un macchinario cui era stata rimossa la protezione per sveltire le operazioni di lavoro trattandosi di situazione appartenente all’area di rischio lavorativo rientrante nei compiti di controllo del titolare della posizione di garanzia).
Cassazione penale, sez. IV, 22/10/2015, n. 44811.
L’unica circostanza idonea ad escludere la responsabilità del datore di lavoro, che abbia violato le norme in materia antinfortunistica, è la condotta abnorme del lavoratore, dovendosi intendere con tale espressione il comportamento che, per la sua imprevedibilità, si collochi al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte dei soggetti preposti all’attuazione delle misure di prevenzione; la mera colpa concorrente del lavoratore, dunque, non esclude la responsabilità del datore di lavoro (fattispecie relativa all’infortunio occorso ad un lavoratore dipendente che aveva usato un macchinario non sottoposto alla dovuta manutenzione).
Cassazione penale, sez. IV, 14/07/2015, n. 36882.
Posto che, in caso di infortunio subìto dal lavoratore, soltanto la condotta c.d. abnorme di quest’ultimo è idonea ad interrompere il nesso causale tra la condotta ascritta al datore di lavoro e l’evento lesivo, sussiste la responsabilità di quest’ultimo in caso di carenza dei dispositivi di sicurezza poiché la stessa non può essere sostituita dall’affidamento sull’osservanza, da parte del lavoratore, di una condotta prudente e diligente.
Cassazione penale, sez. IV, 17/06/2015, n. 29794.
In linea di principio, la condotta colposa del lavoratore infortunato può escludere la responsabilità del datore di lavoro solo quando il comportamento del lavoratore, e le sue conseguenze, presentino i caratteri dell’eccezionalità e dell’abnormità, potendosi attribuire però tale carattere non solo alla condotta del tutto estranea al processo produttivo o alle mansioni attribuite (come ad esempio, nel caso che il lavoratore si dedichi a un’altra macchina o a un altro lavoro, magari esorbitando nelle competenze attribuite ad altro lavoratore), ma anche a quella che, pur rientrando nelle mansioni proprie del lavoratore, sia consistita in qualcosa di radicalmente, ontologicamente lontano dalle pur ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nell’esecuzione del lavoro (da queste premesse, rigettando il ricorso del datore di lavoro, la Corte ha comunque escluso potesse attribuirsi il carattere di comportamento abnorme e imprevedibile a un comportamento definito come “istintivo” del lavoratore, che non risultava abnorme ed esorbitante rispetto alla procedura di lavoro da determinare l’interruzione del nesso causale e di cui si doveva piuttosto tener conto nella previsione delle procedure di sicurezza del lavoro).
Cassazione penale, sez. IV, 20/01/2015, n. 4890.
In tema di infortuni sul lavoro, va esclusa la responsabilità penale del datore di lavoro nel caso in cui l’evento occorso sia stato decisivamente determinato dalla condotta del lavoratore che, in consapevole violazione delle prescrizioni datoriali in materia di osservanza dei presidi di sicurezza, abbia posto in essere un’azione talmente abnorme da interrompere il nesso di causalità fra la condotta datoriale e l’evento.
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