L’uso fraudolento di strumenti giuridici leciti configura la sottrazione fraudolenta dal pagamento delle imposte.

Con la sentenza in commento n.31420/2018, depositata in data 10.07.2018, la Corte di Cassazione ha confermato l’orientamento dominante circa l’estensione del perimetro punitivo dell’art. 11 d.lgs. n. 74/2000 che deve ricomprendere ogni atto sociale di dispersione delle garanzie dell’Erario se connotato da carattere e finalità fraudolenta.

Il fatto di reato e l’imputazione

Il processo trae origine dalle indagini svolte nei confronti – tra gli altri – dell’amministratore unico una s.r.l. in ordine al reato di cui all’art. 5 d.lgs. 3 marzo 2000, n. 74, per non aver presentato, nelle predette qualità, la dichiarazione annuale relativa alle imposte sul reddito e sul valore aggiunto delle persone giuridiche, per gli anni di imposta 2013 – 2014, con evasione di imposta di € 3.027.250,83, nonché del reato di cui all’art. 11 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, per avere, nella medesima qualità, compiuto atti fraudolenti, al fine di sottrarre i beni alla procedura di recupero del credito dell’erario, consistiti, nell’anno 2015, in atto di scissione parziale e proporzionale con trasferimento del patrimonio ad altra società, riconducibile alla medesima indagata, con esclusione dei debiti tributari, nell’anno 2016, atto di cessione dell’intero capitale sociale a prezzo irrisorio (€ 200,00) e della legale rappresentanza a persona pregiudicata, per reati in materia economica e riciclaggio, che avviava la procedura di liquidazione.

Lo svolgimento del processo

Per i suindicati reati in contestazione il GIP del Tribunale di Brescia ha ravvisato i gravi indizi di colpevolezza ed esigenze cautelari ed applicato nei confronti dell’indagata la misura custodiale  degli arresti domiciliari ed emesso decreto di sequestro preventivo ex art. 321 c.p.p., 322-ter c.p. e art. 1 comma 143 della legge n. 244 del 2007 e art. 12 bis d.lgs 74 del 2000, fino alla concorrenza di € 3.027.250,83, dalla lettura della sentenza eseguito parzialmente sui beni della ricorrente (gioielli e un motociclo).

Il Tribunale cautelare di Brescia ha rigettato la richiesta di riesame confermando  il provvedimento del GIP.

Avverso il provvedimento emanato dal Tribunale la difesa dell’imputata ha proposto ricorso per cassazione lamentando l’insussistenza del fumus commissi delicti in ordine alle diverse ipotesi di reato contestate alla giudicabile.

La decisione della Cassazione e il punto di diritto

La S.C. ha ritenuto insindacabile, perché sorretto da congrua motivazione, il provvedimento del Tribunale della Libertà di Brescia che ha ritenuto sussistente il fumus commissi delicti sia del reato di omessa presentazione della dichiarazione fiscale ex art. 5 Dlgs. 74/2000 (reato documentale con accertamento del superamento della soglia di punibilità), sia quello di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte ex art. 11 cit., consumato mediante l’operazione straordinaria di scissione parziale e proporzionale del patrimonio e successiva cessione del capitale sociale, operazioni sinergiche attraverso le quali la ricorrente aveva messo al riparo il patrimonio sociale da azioni esecutive dell’erario per il recupero del debito fiscale.

Per quanto di interesse per il presente commento, si riporta il passaggio motivazionale che sintetizza gli elementi costitutivi della fattispecie nella sua componente materiale:

Come è noto, l’art. 11 d.lgs. n. 74 del 2000, come sostituito dall’art. 29, comma 4, d.l. n. 78 del 31 maggio 2010, convertito con modificazioni nella legge n. 122 del 30 luglio 2010, sanziona, alternativamente, la condotta di chi, allo scopo di sottrarsi al pagamento di imposte (sui redditi o sul valore aggiunto o di interessi o sanzioni relativi a tali imposte), aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni, idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva. Attraverso l’incriminazione della condotta prevista, il legislatore ha inteso evitare che il contribuente si sottragga al suo dovere di concorrere alle spese pubbliche creando una situazione di apparenza tale da consentirgli di rimanere nel possesso dei propri beni fraudolentemente sottratti alle ragioni dell’Erario (cfr., sul punto, Sez. 3, n. 36290 del 18/05/2011, Cualbu, Rv. 251077, secondo cui l’oggetto giuridico del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte non è il diritto di credito del fisco, bensì la garanzia generica data dai beni dell’obbligato, potendo quindi il reato configurarsi anche qualora, dopo il compimento degli atti fraudolenti, avvenga comunque il pagamento dell’imposta e dei relativi accessori). Parimenti la giurisprudenza di questa Corte è ormai consolidata nel ritenere la natura di reato di pericolo concreto della fattispecie in esame (cfr. da ultimo, Sez. 3, n. 35853 del 11/05/2016, Calvi, Rv. 267648, che ha affermato che il delitto in questione è reato di pericolo, integrato dall’uso di atti simulati o fraudolenti per occultare i propri o altrui beni, idonei a pregiudicare – secondo un giudizio “ex ante” – l’attività recuperatoria della amministrazione finanziaria; nonché, Sez. 3, n. 13233 del 24/02/2016, Pass, Rv. 266771, con richiami ai numerosi precedenti conformi). Quanto alla condotta del reato, accanto all’alienazione simulata, il legislatore ha individuato l’ulteriore condotta del compimento di «altri atti fraudolenti», diversi dalla alienazione simulata, la cui idoneità a sottrarre i beni al pagamento del debito tributario è stata valutata dal legislatore in via generale e astratta, la cui natura fraudolenta diretta a sottrarre il bene al pagamento delle imposte deve caratterizzare l’atto. Non v’è dubbio che nel novero degli «altri atti fraudolenti» debbano essere ricompresi sia atti materiali di occultamento e sottrazione dei propri beni (sparizione materiale di un bene senza alienazione), ma anche atti giuridici diretti, secondo una valutazione concreta, a sottrarre beni al pagamento delle imposte. Ancora di recente sulla nozione di atto fraudolento sono intervenute le S.U. n. 12213/2018 che hanno testualmente affermato che «Con riguardo alla nozione di “atto fraudolento” contenuta nella disposizione dell’art. 11 d.lgs. n. 74 del 2000, laddove, con terminologia mutuata dall’ art. 388 cod. pen., si sanziona la condotta di chi, «al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto […] aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva», questa Corte ha osservato che deve essere considerato atto fraudolento «ogni comportamento che, formalmente lecito (analogamente, del resto, alla vendita di un bene), sia tuttavia caratterizzato da una componente di artifizio o di inganno» (Sez. 3, n. 25677 del 16/05/2012, Caneva, Rv. 252996), ovvero che è tale «ogni atto che sia idoneo a rappresentare una realtà non corrispondente al vero (per la verità con una sovrapposizione rispetto alla simulazione) ovvero qualunque stratagemma artificioso tendente a sottrarre le garanzie patrimoniali alla riscossione» (Sez. 3, n. 3011 del 05/07/2016, dep. 2017, Di Tullio, Rv. 268798)». Ciò premesso, va qui ricordato che il Tribunale cautelare ha ravvisato l’atto fraudolento nel complesso delle operazioni poste in essere dalla ricorrente e segnatamente l’atto di scissione parziale e proporzionale della società debitrice seguito dalla cessione del capitale sociale a prezzo vile e dal trasferimento della legale rappresentanza della società ad un prestanome, che ha avviato le procedure della liquidazione della medesima società, ormai “vuota” di beni e attività, in quanto deprivata del patrimonio trasferito alla (omissis), e nella quale era rimasto il debito tributario. La valutazione sinergica e complessiva delle operazioni sociali messe in atto, è stata valutata dal Tribunale, condotta integrante l’atto fraudolento richiesto dall’art.11 cit.”.

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Quadro giurisprudenziale di riferimento in materia di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte:

Cassazione penale sez. III  17 novembre 2017 n. 15133

Il delitto previsto dall’ art. 11, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, è reato di pericolo, integrato dall’uso di atti simulati o fraudolenti per occultare i propri o altrui beni, idonei a pregiudicare – secondo un giudizio “ex ante” – l’attività recuperatoria della amministrazione finanziaria, anche se il valore dei beni sottratti alla garanzia patrimoniale dell’erario è inferiore alla soglia di punibilità di 50.000 euro di imposta evasa. (Nella fattispecie, la S.C. ha annullato l’ordinanza che, in sede cautelare, aveva disposto il dissequestero di un immobile ritenuto oggetto di cessione fraudolenta, per il solo fatto che il valore dello stesso era inferiore alla soglia di rilevanza penale del reato).

Cassazione penale sez. III  27 settembre 2017 n. 232

In tema di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, anche una singola operazione di scissione societaria può essere idonea, se valutata in relazione non soltanto al momento in cui l’atto di scissione viene posto in essere, ma anche in relazione alle vicende successive alla scisssione, a costituire quell’atto negoziale fraudolento e/o simulato idoneo ad integrare il reato in questione.

Cassazione penale sez. V, 20 giugno 2017 n. 35591

È configurabile il concorso tra delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte e quello di bancarotta fraudolenta per distrazione, alla luce della diversità del soggetto- autore degli illeciti (nel primo caso, tutti i contribuenti, nel secondo, soltanto gli imprenditori falliti) e del differente elemento psicologico tra i reati (rispettivamente, dolo specifico e dolo generico) .

Cassazione penale sez. III  16 maggio 2017 n. 10161

Se è ben vero che l’atto dispositivo di un bene tanto mobile quanto immobile rende di per sé maggiormente difficoltosa ed incerta l’esazione del credito, essendo il denaro bene fungibile per eccellenza e quindi più facilmente occultabile, tanto da legittimare l’esperibilità dell’azione revocatoria in sede civile, non può tuttavia perciò ritenersi integrata la finalità fraudolenta sul piano penale, dovendo l’atto dispositivo essere caratterizzato da un “quid pluris”, ovverossia dalla modalità ingannevole attraverso il quale viene realizzato.

Cassazione penale sez. III  28 febbraio 2017 n. 29243

Le operazioni compiute dall’amministratore di una società di capitali, nei cui confronti sia stato avviato un accertamento fiscale, consistenti nella cessione di quote e nel trasferimento immobiliare tramite conferimenti di rami d’azienda, possono integrare il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, di cui all’art. 11 d.lg. n. 74 del 2000.

Cassazione penale sez. III  23 novembre 2016 n. 3095

In tema di reati tributari, i beni immobili appartenenti a soggetto indagato del delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, alienati per far venir meno le garanzie di un’efficace riscossione dei tributi da parte dell’Erario, sono suscettibili di sequestro preventivo per la successiva confisca ai sensi dell’art. 240, comma primo, cod. pen., in quanto costituiscono lo strumento per mezzo del quale è stato commesso il reato, a nulla rilevando la loro qualificazione anche come prezzo o profitto di tale delitto.

Cassazione penale sez. III  04 aprile 2012 n. 21013        

In tema di reati tributari, la costituzione di un fondo patrimoniale integra il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, in quanto è atto idoneo ad ostacolare il soddisfacimento di una obbligazione tributaria. Né è necessario secondo l’indirizzo prevalente della giurisprudenza di legittimità, ai fini della sussistenza degli elementi costitutivi di detto reato, che sia già in atto una procedura di riscossione, essendo sufficiente che l’atto sia di per sé solo idoneo ad impedire il soddisfacimento totale o parziale del fisco.

Cassazione penale sez. III  18 maggio 2011 n. 36290

Il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte è reato di pericolo e non di danno, sicché, ai fini del perfezionamento, non è richiesta la sussistenza di una procedura di riscossione in atto.

Cassazione penale sez. III  10 giugno 2009 n. 38925

Ai fini della integrazione del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte non è necessario che sia in corso una procedura di riscossione ma è sufficiente l’idoneità dell’atto simulato o qualificato come fraudolento a rendere inefficace, in tutto o in parte, una procedura di riscossione coattiva da parte dello Stato (nella specie, è stato ritenuto atto idoneo a limitare le ragioni del fisco la costituzione di un fondo patrimoniale avente ad oggetto tutti i beni mobili ed immobili della società).

Cassazione penale sez. III  06 marzo 2008 n. 14720

In tema di reati tributari, ai fini della configurabilità del delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art. 11 d.lg. 10 marzo 2000, n. 74) commesso mediante simulazione contrattuale, è idonea a configurare gli “atti fraudolenti” richiesti dalla norma non solo la simulazione oggettiva sotto forma della veridicità e congruità del prezzo pattuito, ma anche la simulazione soggettiva intesa quale interposizione fittizia di persona. (Fattispecie di vendita simulata mediante stipula di un apparente contratto di sale and lease back) .

Cassazione penale sez. III  04 aprile 2006 n. 17071

Per la sussistenza del delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte non occorre che nei confronti del contribuente sia stata avviata un’azione esecutiva.

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