L’importanza del rispetto delle linee guida nella difesa del sanitario tra Decreto Balduzzi e legge Gelli-Bianco.

Di notevole interesse per gli operatori del diritto interessati al tema della colpa medica è la sentenza n. 36723/2018 depositata in data 31.07.2018, per la trattazione approfondita e feconda di spunti di riflessione sulle strategie difensive da adottare in tutti i procedimenti che in ragione della data del commesso e dei tempi di celebrazione del giudizio sono interessati dal tema del diritto intertemporale tra decreto Balduzzi e legge Gelli-Bianco.

Chiaramente, come noto, oltre al tema del nesso causale con l’evento (lesioni o morte del paziente), aspetto centrale della linea difensiva è la valutazione (da vagliare con propri consulenti) della condotta colposa contestata dal PM alla luce delle linee guida o prassi accreditate dalla letteratura scientifica della specifica branca della medicina interessata nel caso di specie.

Il caso clinico e l’imputazione

Ai due imputati, entrambi medici chirurghi, veniva contestato un grave errore di tecnica chirurgica, verificatosi nel corso di un intervento di colecistectomia, consistito nel posizionamento di una “clip” metallica sul dotto epatico comune, subito al di sotto della confluenza dei dotti epatici di destra e di sinistra, il quale aveva determinato la totale ostruzione del lume, come manifestato poi chiaramente dai sintomi immediatamente insorti, vale a dire l’innalzamento della bilirubina e l’insorgenza dell’ittero. Le numerose complicazioni insorte, che avevano comportato la necessità di diversi interventi chirurgici anche presso altri ospedali, portavano il paziente alla morte per insufficienza multi organo nel gennaio 2011.

Lo svolgimento del processo.

Il Giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Ascoli Piceno, decidendo con rito abbreviato, ritenendo sussistente la colpa professionale ascritta agli imputati con il fatto incolpativo li condannava per concorso in omicidio colposo.

La Corte d’Appello di Ancona investita dell’impugnazione in parziale riforma della sentenza del Gup, riformava la sentenza di primo grado limitatamente alla concessione del beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, confermandola nel resto.

Contro la sentenza resa dalla Corte distrettuale la difesa degli imputati ha proposto ricorso per Cassazione definito con la sentenza in commento

La decisione della Cassazione e il punto di diritto.

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso rilevando la incensurabilità della motivazione posta dai giudici del gravame a sostegno dell’affermazione di penale responsabilità degli imputati

Particolarmente interessante e di interesse per il presente commento è il capo della motivazione dedicato al tema della successione delle leggi penali nel tempo ed al principio già delineato dalla Corte di Cassazione nella sua composizione più autorevole della disciplina più favorevole dettata dal Decreto Balduzzi rispetto alla più recente legge Gelli-Bianco:

Le Sezioni Unite hanno infatti affermato che, in tema di responsabilità dell’esercente la professione sanitaria, l’art. 590-sexies cod.pen., introdotto dall’art. 6 della legge 8 marzo 2017, n. 24, prevede una causa di non punibilità applicabile ai soli fatti inquadrabili nel paradigma dell’art. 589 o di quello dell’art. 590 cod.pen., e operante nei soli casi in cui l’esercente la professione sanitaria abbia individuato e adottato linee guida adeguate al caso concreto e versi in colpa lieve da imperizia nella fase attuativa delle raccomandazioni previste dalle stesse; la suddetta causa di non punibilità non è applicabile, invece, né ai casi di colpa da imprudenza e da negligenza, né quando l’atto sanitario non sia per nulla governato da linee-guida o da buone pratiche, né quando queste siano individuate e dunque selezionate dall’esercente la professione sanitaria in maniera inadeguata con riferimento allo specifico caso, né, infine, in caso di colpa grave da imperizia nella fase attuativa delle raccomandazioni previste dalle stesse (Sez. Un., n. 8770 del 21 dicembre 2017, Mariotti ed altro, Rv.272174). Conseguentemente, è stato affermato che l’abrogato art. 3 comma 1, del d.l. n. 158 del 2012, si configura come norma più favorevole rispetto all’art. 590- sexies cod.pen., introdotto dalla legge n. 24 del 2017, sia in relazione alle condotte connotate da colpa lieve da negligenza o imprudenza, sia in caso di errore determinato da colpa lieve da imperizia intervenuto nella fase della scelta delle linee-guida adeguate al caso concreto (Sez. Un., n. 8770 del 21 dicembre 2017, Mariotti ed altro, Rv. 272175).

Tanto chiarito, nel caso odierno sono due, come visto, i profili di colpa generica contestati agli imputati, uno commissivo ed uno omissivo. Quanto a quello commissivo – consistente nell’avere i medici “clippato” erroneamente il dotto epatico comune nel corso dell’intervento di colecistectomia – non v’è dubbio che si tratti di un errore di tecnica chirurgica, come tale riconducibile alla species dell’imperizia. Peraltro, trattandosi di intervento chirurgico correttamente segnalato dalle linee guida come risolutivo per la patologia del (omissis), ed essendo a suo tempo stata effettuata una corretta diagnosi circa tale patologia, deve concludersi per il rispetto delle linee guida, a loro volta adeguate al caso concreto, nella fase della loro selezione. Di talché, l’errore degli imputati può agevolmente essere considerato come un errore da imperizia intervenuto nella fase esecutiva delle raccomandazioni previste dalle linee guida correttamente individuate ed adeguate al caso concreto. Dal momento che le Sezioni Unite, come detto, hanno recuperato in via ermeneutica il parametro della gravità dell’imperizia in relazione all’art. 590- sexies cod.pen., nel cui testo esso non compare più, stabilendo che risultino non punibili, a norma della legge Gelli-Bianco, solamente quelle condotte imperite che, intervenute nella fase esecutiva delle linee guida, non si mostrino come gravemente imperite, deve concludersi che, in tale caso, vi sia una sostanziale omogeneità di previsioni fra il nuovo regime e la legge Balduzzi. Una differenza, tuttavia, è ancora riscontrabile, ed è data dal fatto che, mentre il nuovo art. 590-sexies cod.pen. deve essere correttamente interpretato come avente natura di mera causa di non punibilità (Sez. 4, n. 50078 del 19 ottobre 2017, Cavazza, Rv. 270985; Sez. Un., n. 8770 del 21 dicembre 2017, Mariotti ed altro, Rv. 272174), la giurisprudenza di legittimità era concorde nel ritenere che, invece, la previsione dell’art. 3 della legge Balduzzi integrasse una parziale abolitio criminis degli artt. 589 e 590 cod.pen., avendo ristretto l’area del penalmente rilevante individuata da questi ultimi ed avendo ritagliato implicitamente due sottofattispecie, una che conservava natura penale e l’altra divenuta penalmente irrilevante (ex multis, Sez. 4, n. 16237 del 29 gennaio 2013, Cantore, Rv. 255105). Ne consegue che norma più favorevole debba essere considerata, in tale caso, la legge Balduzzi, da applicarsi ultrattivamente a norma dell’art. 2 cod. pen.

Deve dunque essere affermato il principio di diritto per cui, in tema di responsabilità del professionista sanitario, qualora il fatto sia stato commesso sotto la vigenza dell’art. 3, c. 1, di. n. 158/2012, in presenza di errore dovuto ad imperizia non grave ed intervenuto nella fase esecutiva delle raccomandazioni previste dalle linee guida adeguate al caso specifico, la suddetta previsione deve essere considerata più favorevole di quella di cui all’art. 590-sexies cod.pen. (introdotto con legge n. 24/2017), dal momento che integra una parziale abolitio criminis e non una mera causa di non punibilità, dovendo dunque essere applicata a norma dell’art. 2 cod.pen.”.

Passando all’applicazione di tali principi di diritto al caso concreto, la Corte rileva che i giudici di merito evidenziavano che gli imputati erano chirurghi ospedalieri con esperienza ultraventennale, con elevatissima casistica di interventi alla colecisti eseguiti in laparoscopia e che pertanto dovevano considerarsi professionisti dotati di rilevante ed approfondito bagaglio di conoscenze specialistiche; che l’intervento era di routine, programmato e non implicante la risoluzione di problemi di particolare difficoltà. Conseguentemente, la consolidata esperienza professionale degli operatori, la chiarezza del quadro patologico, l’assenza di modalità operatorie di urgenza, l’assenza di difficoltà intraoperatorie, l’assenza di atipicità anatomiche, la notevole differenza di dimensioni del diametro del dotto epatico comune rispetto a quello dell’arteria cistica e la visualizzazione dell’immagine, notevolmente amplificata sullo schermo, della regione anatomica in virtù della tecnica laparoscopica, venivano considerati plurimi indicatori della estrema gravità della colpa commissiva dei due imputati.

Passando al profilo di colpa omissiva – consistito nell’omessa tempestiva diagnosi differenziale della lesione iatrogena provocata nel corso dell’intervento chirurgico – i giudici di legittimità concludono per la sua natura di errore diagnostico, dovuto a negligenza, intervenuto in innegabile ed evidente discostamento dalle linee guida, che prescrivevano, prioritariamente, di fare effettuare esami diagnostici di primo livello, non invasivi e prontamente disponibili, e solamente in subordine procedere all’ERCP. Ne consegue che, trattandosi di negligenza e di linee guida non rispettate, la legge Balduzzi risulta anche in questo caso essere la norma più favorevole. Per contro, la legge Gelli-Bianco rimane invece rigidamente limitata alla sola imperizia, e presuppone la perfetta individuazione delle linee guida.

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Quadro giurisprudenziale di riferimento in materia di responsabilità penale del medico-chirurgo:

Cassazione penale sez. IV  26 aprile 2018 n. 24384  

Per stabilire se la condotta di un sanitario sia penalmente rilevante non può prescindersi dal verificare la conformità della stessa alle linee guida e alla buone pratiche dettate dalla medicina.

Cassazione penale sez. IV  15 febbraio 2018 n. 24068  

In tema di responsabilità professionale nell’ambito di una struttura sanitaria complessa, il medico, a cui il paziente sia inviato dal Pronto Soccorso a titolo di consulto, ove non riscontri sotto il profilo di sua stretta competenza alcuna patologia di rilevante gravità e si limiti a richiedere un’altra consulenza, la quale indichi gli esami idonei a diagnosticare la patologia in atto, non assume – per il solo fatto di avere richiesto l’ulteriore consulenza – la posizione di garanzia, che resta a carico dei medici del pronto soccorso.

Cassazione penale sez. un.  21 dicembre 2017 n. 8770  

Il medico risponde per morte o lesioni personali colpose nel caso in cui l’evento si sia verificato, anche per colpa lieve, a causa di negligenza e imprudenza; risponde altresì per colpa lieve dovuta ad imperizia nei casi in cui non vi siano linee -guida o buone pratiche clinico -assistenziali finalizzate a regolare il caso concreto, ovvero nel caso in cui queste ultime siano state erroneamente individuate o non siano adeguate al caso di specie. Il sanitario risponde, infine, per colpa grave dovuta ad imperizia nell’esecuzione delle raccomandazioni contenute nelle linee guida o nelle buone pratiche clinico -assistenziali pertinenti rispetto al caso concreto, avuto riguardo alle speciali difficoltà dell’atto medico.

Cassazione penale sez. IV  21 dicembre 2017 n. 2354  

In applicazione del principio di affidamento, per individuare la responsabilità penale del singolo sanitario che presta il proprio intervento in equipe medica, è necessario verificare l’incidenza avuta dalla sua condotta nella causazione dell’evento lesivo.

Cassazione penale sez. IV  13 dicembre 2017 n. 7667  

In tema di colpa medica, deve escludersi che possa invocare esonero da responsabilità il chirurgo che si sia fidato acriticamente della scelta del collega più anziano, pur essendo in possesso delle cognizioni tecniche per coglierne l’erroneità, ed avendo pertanto il dovere di valutarla e, se del caso, contrastarla. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità del medico – ginecologo per il decesso di una paziente a seguito di emorragia conseguente a intervento di parto cesareo, per aver omesso di valutare e contrastare, nonostante la assoluta gravità delle condizioni in cui versava la persona offesa, la decisione del collega più anziano di non procedere ad intervento di isterectomia).

Cassazione penale sez. IV  19 ottobre 2017 n. 50078  

Tenuto conto che il Legislatore con la l. 24/17 , innovando rispetto alla legge Balduzzi , ha abrogato l’intero comma 1 dell’art. 3 della previgente normativa ( legge Balduzzi ) relativa alla depenalizzazione della colpa lieve, viene meno il rilevo precedentemente attribuito al grado della colpa, di tal che, nella prospettiva del novum normativo, alla colpa grave non potrebbe più attribuirsi un differente rilievo rispetto alla colpa lieve, in quanto entrambe ricomprese nell’ambito d’operatività della causa di non punibilità.

Cassazione penale sez. IV  06 giugno 2017 n. 33770  

L’insorgenza di un’infezione nosocomiale su pazienti a lungo ricoverati in reparti di terapia intensiva, non potendosi qualificare come rischio nuovo o imprevedibile, non integra una concausa o una causa sopravvenuta di per sé sufficiente ad interrompere il nesso eziologico tra la precedente condotta colposa del sanitario e l’evento morte. L’inosservanza delle linee guida o delle buone pratiche clinico-assistenziali da parte del medico è elemento sufficiente ad escludere la non punibilità della condotta imperita del medico.

Cassazione penale sez. IV  09 maggio 2017 n. 42282  

In tema di responsabilità, la causa omissiva è sostenuta non solo in presenza di leggi scientifiche universali o di leggi statistiche che prevedono un coefficiente prossimo alla certezza, ma può esserlo anche quando ricorrano criteri corroborati da riscontri probatori circa la sicurezza non incidenza di altri fattori interagenti in via alternativa (nella fattispecie, la Suprema Corte ha confermato la condanna per omicidio colposo di un medico che ha avuto l’effetto di tempestività su un paziente ricoverato e affetto da embolia polmonare e partenza deceduto una causa di un trombo,(7%) i casi di morte in entrata di trombosi venosa profonda che sia stata rilevata diagnosi e trattata).

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