Incidente mortale in cantiere: assolto il datore di lavoro che ha dimostrato l’abnormità della condotta del lavoratore.

La Corte di Cassazione con la sentenza n.ro 31615/2018 depositata l’11.07.2018 è tornata a pronunciarsi sul tema della responsabilità del datore di lavoro in caso di infortunio del lavoratore e, segnatamente, dei rapporti tra la posizione di garanzia che assume l’imprenditore committente e l’interruzione del nesso di causalità dovuto alla condotta abnorme del lavoratore.

La fattispecie e l’imputazione.

Il dirigente di una unità produttiva di una società per azioni veniva tratto a giudizio e condannato nel doppio grado di merito per il reato di omicidio colposo perché non sottoponendo ad adeguata manutenzione le ghiere dei cuscini delle presse, che risultavano tutte allentate e non debitamente serrate e non analizzando e affrontando le criticità che potevano crearsi a fronte dell’attività dei manutentori, cagionava, per colpa, la morte di un dipendente di una ditta esterna appaltatrice addetta alla manutenzione.

L’incidente con esito mortale avveniva in quanto l’infortunato tentava di sbloccare un cuscino pneumatico, facendo leva con il palanchino, e veniva investito violentemente dal cuscino, fuoriuscito improvvisamente dal suo alloggiamento, riportando lesioni mortali.

La difesa dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione deducendo vizio di legge e di motivazione della sentenza resa dalla Corte territoriale che non aveva valutato correttamente né il perimetro della posizione di garanzia del datore di lavoro committente  da considerare non responsabile per l’incidente occorso al dipendente della ditta appaltatrice in assenza di rischio interferenziale, né la condotta della stesso lavoratore ritenuta gravemente imprudente e, come tale, generatrice  di una condizione di rischio non prevedibile, idonea ad interrompere il nesso di causalità.

L’esito del giudizio di legittimità ed i principi di diritto.

La Suprema Corte, dopo aver richiamato i noti principi che regolano la responsabilità del datore di lavoro in tema di infortuni del lavoratore, ha cassato senza rinvio la sentenza impugnata assolvendo l’l’imputato per non aver commesso il fatto ritenendo che: “nel caso in esame, il giudice a quo ha evidenziato che al verificarsi dell’infortunio concorsero l’immissione di aria compressa all’interno del circuito, che consentì la risalita del cuscino, e l’azione del palanchino utilizzato dalla vittima, che permise di sbloccare il cuscino inceppatosi nella precedente fase di discesa, il quale subì una violenta e improvvisa spinta verso l’alto, che provocò un energico colpo nell’intradosso del locale sottostante della ghiera, che venne così divelta e non permise più di fermare la corsa del sollevamento del cuscino. La vittima, dunque, inserì il palanchino nella intercapedine esistente tra il cuscino e il suo alloggiamento, per favorirne lo sbocco, avendo in precedenza conclusione formulata dal giudice a quo, secondo cui non può ravvisarsi abnormità del comportamento del lavoratore. Nella sequenza eziologica sfociata nell’evento è infatti da riscontrarsi l’inserimento di un fattore causale che ha innescato una categoria di rischio del tutto nuova rispetto a quella determinata, secondo quanto risulta dalla motivazione della sentenza impugnata, dal difetto di un’adeguata manutenzione del macchinario. E infatti lo stesso giudice a quo evidenzia che la circostanza che sia “esploso” solo il cuscino di sinistra, benché altre ghiere fossero allentate, si spiega con la repentinità dello sblocco conseguente all’uso del palanchino per far leva sul cuscino, che si era inceppato, contemporaneamente all’immissione dell’aria compressa nel circuito. Dunque la sinergia tra immissione di aria compressa e azione contemporanea di forzatura dell’incastro, per provocare la fuoriuscita del cuscino, innescò un fattore eziologico che, per la sua imprevedibilità, considerato anche che tale comportamento venne posto in essere da un operatore specificamente addetto alla manutenzione, è tale da determinare interruzione del nesso di causalità rispetto alla condotta dell’imputato, consistente nell’inadeguata manutenzione del macchinario. Il comportamento del lavoratore va, infatti, ritenuto abnorme allorquando, pur rientrando nelle mansioni che gli sono state attribuite, consista, come nel caso in disamina, in una condotta radicalmente, ontologicamente, lontana dalle ipotizzabili, e quindi prevedibili, scelte, anche imprudenti, di un lavoratore, nell’esecuzione del lavoro (Cass., Sez. 4, n. 7267 del 10-11-2009, Rv. 246695), con conseguente esonero da responsabilità del titolare della posizione di garanzia.

Nella parte motiva la Corte ha richiamato i principi di diritto sedimentati sul punto di diritto così sintetizzati: “a norma dell’art. 41, comma 2, cod. pen., il nesso causale deve considerarsi interrotto allorchè intervenga una causa sopravvenuta, sufficiente da sola a determinare l’evento. L’operatività dell’art. 41, comma 2, cod. pen. è circoscritta ai casi in cui la causa sopravvenuta inneschi un rischio nuovo e del tutto incongruo rispetto al rischio originario, attivato dalla prima condotta (Cass., Sez. 4, n. 25689 del 3-5-2016, Rv. 267374; Sez. 4, n. 43168 del 2013, Rv. 258085). Non è dunque tanto l’eccezionalità a caratterizzare la causa sopravvenuta rilevante ex art. 41, comma 2, cod. pen. quanto l’eccentricità rispetto all’area di rischio attivata dalla condotta originaria ( Cass., Sez. 4, n. 15493 del 10-3-2016, Pietramala, Rv. 266786). L’interruzione del nesso causale è infatti ravvisabile qualora il lavoratore ponga in essere una condotta del tutto esorbitante dalle procedure operative alle quali è addetto ed incompatibile con il sistema di lavorazione ovvero non osservi precise disposizioni antinfortunistiche.

È dunque abnorme il comportamento del lavoratore che, per la sua stranezza e imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte dei soggetti preposti all’applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro ( Cass., Sez. 4, n. 23292 del 28-4-2011, Rv. 250710). In questi casi, è configurabile la colpa dell’infortunato nella produzione dell’evento, con esclusione della responsabilità penale del titolare della posizione di garanzia (Cass., Sez. 4, 27-2-1984, Monti, Rv. 164645; Sez 4, 11-2-1991, Lapi, Rv.).

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