Omicidio colposo: va assolto il medico-anestesista se l’imputazione penale non individua i contenuti della regola cautelare violata.
Con la sentenza n. 29135/2018, depositata in data 25.06.2018, la IV Sezione penale della Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi in materia di responsabilità penale dei professionisti sanitari con particolare riferimento all’attività del medico anestesista ed ai suoi doveri di controllo in fase post-operatoria.
Nel caso di specie al sanitario veniva addebitato di non aver prescritto al personale infermieristico gli opportuni controlli post-operatori, tra cui la rilevazione della saturazione dell’ossigeno, nonché di non aver visitato o fatto visitare la paziente, deceduta a seguito di un intervento di rimozione di pallone intragastrico per il trattamento dell’obesità per una lacerazione dell’esofago causata da un errato movimento dell’endoscopio.
Qui di seguito il passaggio della motivazione della sentenza che è di interesse per il presente commento:
“Va infatti chiarito che la posizione di garanzia del medico anestesista che abbia preso parte a un intervento chirurgico, nella fase del decorso post operatorio, dev’essere precisata in rapporto alle competenze e alle conseguenti responsabilità del medesimo: queste ultime, infatti, richiedono che venga accertato in quale misura si sia realizzata la divergenza tra la condotta effettivamente tenuta e quella che era da attendersi e quanto fosse rimproverabile la condotta tenuta in concreto sulla base delle specifiche condizioni dell’agente(vds. ad es. Sez. 4, 22/11/2016 – dep. 20/02/2017, n. 8080, n.m.). Nella specie, l’imputazione non individua la fonte e i contenuti dell’obbligo di attivarsi che sarebbe stato asseritamente disatteso dalla dr.ssa (omissis), laddove tale obbligo doveva essere necessariamente precisato e correlato alla sua posizione di garanzia in qualità di medico anestesista e rapportato alla fase del decorso post-operatorio. A fronte di ciò, se la presenza dei sintomi potenzialmente preoccupanti evidenziati dai ricorrenti (il dolore, il livello di saturazione dell’ossigeno, ecc.) non aveva indotto la dr.ssa (omissis) medico chirurgo che aveva operato la paziente a indicare specifiche condotte di monitoraggio o di altra natura, non si vede a quale titolo – afferma in sostanza, correttamente, la Corte distrettuale – dovesse farsi carico all’anestesista, di porre in essere azioni specifiche, le cui eventuali basi scientifiche o protocollari peraltro non sono state – come detto – indicate”.
La Corte di legittimità facendo applicazione del principio di diritto sopra enunciato, ha confermato la pronuncia assoluzione dichiarata in grado appello dalla corte territoriale in ordine al delitto di cooperazione in omicidio colposo, non essendo ascrivibili alla sfera di controllo connessa al proprio ruolo (rectius: posizione di garanzia) le presunte omissioni descritte nell’imputazione.
Il ricorso del PG presso la Corte di appello ambrosiana è stato quindi rigettato dal Collegio del diritto non sussistendo errore di legge o vizio di motivazione sulla ritenuta mancanza di violazione dei protocolli sanitari o di obblighi di condotta da cui poter far discendere un rapporto causale tra l’omissione colpevole – non dimostrata – ed il decesso della paziente.
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Riferimenti normativi
Omicidio colposo art. 589 codice penale
“Chiunque cagiona per colpa la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.
Se il fatto è commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da due a sette anni.
Se il fatto è commesso nell’esercizio abusivo di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un’arte sanitaria, la pena è della reclusione da tre a dieci anni.
[abrogato]
Nel caso di morte di più persone, ovvero di morte di una o più persone e di lesioni di una o più persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni quindici”.
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Quadro giurisprudenziale di riferimento in materia di responsabilità penale del medico anestesista:
Cassazione penale, sez. IV, 02/12/2016, n. 3312
È configurabile l’interruzione del nesso causale tra condotta ed evento quando la causa sopravvenuta innesca un rischio nuovo e incommensurabile, del tutto incongruo rispetto al rischio originario attivato dalla prima condotta (nella fattispecie, relativa a responsabilità professionale di un medico anestesista, la Corte ha annullato la sentenza di condanna ritenendo non approfondito il tema dell’interruzione del nesso causale tra l’errore omissivo addebitato all’imputato e il decesso del paziente, in presenza del comportamento parimenti colposo di altro medico anestesista, successivamente intervenuto, che in concreto aveva eseguito la manovra di intubazione risultata poi letale, tale da assumere decisivo rilievo eziologico e, comunque, tale da interrompere il nesso causale fra la condotta dell’imputato e l’evento mortale).
Cassazione penale, sez. IV, 05/05/2015, n. 33329
In tema di concorso di cause l’operatività del disposto di cui all’art. 41, comma 3, c.p. (secondo cui “le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità quando sono state da sole sufficienti a determinare l’evento”), può riconoscersi, sulla base della c.d. “teoria del rischio”, quando il rischio creato dalla condotta originariamente posta in essere dal primo soggetto agente (e nel quale vanno ricompresi anche gli eventuali effetti lesivi già prodottisi), possa dirsi interamente soppiantato dal maggior rischio derivante dalla condotta successivamente posta in essere da altro soggetto. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza di merito con la quale, in un caso di colpa medica, era stato ritenuto che la condotta gravemente colposa posta in essere, nella fase di preparazione di un intervento chirurgico, dal medico anestesista e dalla quale era derivata, come conseguenza diretta, la morte del paziente, non fosse idonea ad interrompere il nesso di causalità rispetto alla condotta colposa posta precedentemente in essere da altri sanitari e consistita nella mancata effettuazione degli opportuni approfondimenti strumentali volti alla esatta individuazione ed al monitoraggio della patologia da cui il paziente era affetto).
Cassazione penale, sez. IV, 23/10/2014, n. 1832
In tema di colpa medica, il medico chirurgo operatore è titolare di un’ampia posizione di garanzia nei confronti del paziente, in virtù della quale egli è tenuto a concordare con l’anestesista il percorso anestesiologico da seguire – avute presenti anche le condizioni di salute del paziente e le possibili implicazioni operatorie legate ad esse – nonché a vigilare sulla presenza in sala operatoria del medesimo anestesista, deputato al controllo dei parametri vitali del paziente per tutta la durata dell’operazione.
Cassazione penale, sez. VI, 03/06/2014, n. 38354
Risponde del delitto di rifiuto di atti d’ufficio il medico anestesista che, subito dopo l’esecuzione di un intervento chirurgico di adenotonsillectomia, si sia allontanato senza attendere il regolare risveglio del paziente, senza accertarsi delle sue condizioni, senza lasciar detto dove andava e dove poter essere rintracciato, rendendosi irreperibile e irraggiungibile per oltre quaranta minuti, pur nella consapevolezza di aver lasciato senza la doverosa e cogente assistenza un paziente appena operato, nei fatti quindi rifiutando un atto del suo ufficio che doveva essere compiuto senza ritardo per ragioni di sanità.
Cassazione penale, sez. IV, 15/12/2011, n. 33615
Al chirurgo compete la verifica delle condizioni di adeguata preparazione anestesiologica del paziente, nel complesso delle valutazioni da compiersi in vista dell’esecuzione dell’intervento. Sicché, l’apposizione di un sondino naso-gastrico – quale presidio terapeutico indispensabile -, l’omesso differimento dell’intervento chirurgico e la mancanza di altri accorgimenti atti ad evitare l’ingestione di materiale gastro-enterico determinano la responsabilità del chirurgo per omissione, anche per le attività più propriamente riconducibili alle competenze del medico anestesista (nella specie, una donna ricoverata per dolori addominali e quindi sottoposta agli esami diagnostici del caso era stata sottoposto ad un intervento chirurgico d’urgenza; nel corso degli atti preliminari dell’intervento, però, la paziente, che era soggetta a rigetto di succhi gastrici, era stata colta da più attacchi di vomito, che avevano causato problemi respiratori fino al decesso della donna).
Cassazione penale, sez. IV, 21/12/2004, n. 10212
In tema di responsabilità per colpa medica, sussiste rapporto di causalità tra la condotta e l’evento allorquando la condotta colposa contestata costituisca di per sè, in termini di “alto grado di credibilità razionale”, “condicio sine qua non” del verificarsi dell’evento che, con l’adozione di tecniche consigliate dalla letteratura medica, non si sarebbe verificato. (Fattispecie nella quale è stata ritenuta la responsabilità per omicidio colposo del medico anestesista che, nella fase preparatoria di un intervento chirurgico, aveva omesso di intervenire tempestivamente procedendo ad intubazione del paziente).
Cassazione penale, sez. IV, 05/07/2004, n. 41674
È immune da vizi logici la motivazione della sentenza con cui il giudice di merito ha ritenuto il medico-anestesista responsabile di omicidio colposo per aver somministrato ad un paziente, che risultava allergico alla penicillina, un farmaco anestetico (trachium) ad alto rischio di reazioni allergiche, provocandogli così uno shock anafilattico, in conseguenza del quale, nel tentativo di fronteggiare le difficoltà respiratorie insorte, provocava un pneumotorace iperteso, non diagnosticato perché non veniva eseguita alcuna radiografia al torace, con conseguente omissione di manovre terapeutiche utili per salvare la vita del paziente, che decedeva.
Cassazione penale, sez. IV, 17/09/2002, n. 22341
Nel reato colposo omissivo, l’accertamento scientificamente e giuridicamente corretto del rapporto di causalità tra la condotta e l’evento da parte del giudice è, complessivamente, un accertamento con alto grado di probabilità, giacché il giudice si sofferma su una sola condizione dell’evento, e cioè sulla condotta umana, non essendo in grado, sul piano scientifico, di ricostruire l’intero meccanismo di produzione dell’evento. Mentre il rapporto tra la condizione-condotta che il giudice conosce e l’evento deve essere accertato con certezza, con quella certezza che è consentita, allo stato, dalla ricerca. (Fattispecie nella quale si è ritenuta la responsabilità per omicidio colposo del medico anestesista che aveva omesso di trattenere in osservazione un paziente operato di appendicectomia il cui risveglio dalla narcosi non aveva avuto fin dall’inizio corso regolare, disponendone il trasferimento nel reparto di degenza e così cagionandone la morte che si sarebbe potuta evitare, con alto grado di probabilità, mediante tempestivo intervento diagnostico e terapeutico).
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