Morte per sindrome cardiocircolatoria: assolto il medico se la condotta non conforme alla buona prassi non è causalmente determinante il decesso del paziente.

In tema di colpa medica, la Corte di Cassazione – Sezione Feriale –  con la sentenza n. 43794/2018, depositata il 03.10.2018, si è pronunciata in merito alla condotta di un sanitario, censurata dalla pubblica accusa in tutti i gradi di giudizio perché non conforme alla  buona pratica, affrontando, in particolare,  l’incidenza della omissione del sanitario nel determinismo dell’evento morte del paziente.

La suddetta pronuncia inquadra uno dei profili di più elevato rilievo nella trattazione dei processi incardinati per lesioni od omicidio colposo connessi alla responsabilità medico-professionale, ossia il rapporto causale che il Giudice deve sempre porre a fondamento dell’affermazione della penale responsabilità del giudicabile tra omissione di una azione giudicata come doverosa (nell’ambito della scienza e della prassi medica) e l’evento antigiuridico sanzionato dalla fattispecie penale, nella fattispecie la morte del paziente.

Nel caso di specie, al sanitario, medico di turno presso un servizio di guardia medica, veniva contestato di non aver posto in essere le manovre corrispondenti alle linee guida sanitarie (rilevamento pressione arteriosa, effettuazione ECG, pratica del massaggio cardiaco, somministrazione ossigeno, terapia farmacologica, defibrillazione), per negligenza o imperizia, nei confronti di un paziente presentatosi con sintomatologia riferibile ad un possibile prossimo infarto, così contribuendo causalmente al decesso.

Di seguito si riporta il passaggio della motivazione che più rileva per il presente commento:

“… occorre evidenziare come la corte territoriale valorizzando il percorso scientifico dei periti nominati dal tribunale – e già fatto proprio dal primo giudice – valutata la grave situazione cardiologica in cui si trovava all’epoca la vittima nonché l’esito dell’esame autoptico – il quale aveva evidenziato un’ipertrofia eccentrica cardiaca – ha correttamente proceduto ad escludere la responsabilità del predetto imputato ritenendo che la condotta del sanitario benché non conforme alla buona pratica non aveva avuto un ruolo causale nel determinismo dell’evento morte che alla luce del quadro clinico si sarebbe, comunque, verificato oltre ogni ragionevole dubbio.

(…) Osserva questo Collegio che la corte territoriale che nel ripercorrere la valutazione degli elementi probatori acquisiti, ha ribadito, con diffusa e coerente motivazione, come tutte le contestate omissioni o negligenze – relative alla dedotta violazione delle linee guida previste dalla comunità scientifica internazionale per il trattamento di un paziente che presenta una chiara sintomatologia da sindrome cardiocircolatoria, potendo disporre di idonea strumentazione (…) o non si erano verificate ovvero non avevano avuto alcuna incidenza causale concreta sulla morte dell’(omissis). chiarendo altresì, con congrua valutazione in fatto non sindacabile da parte di questa Corte, che “in relazione al breve lasso di tempo intercorso fra il momento dell’arrivo presso la guardia medica e l’evento infausto” non sarebbe stato possibile effettuare una valutazione diagnostica con il reparto di cardiologia del servizio UTIC di (omissis) implicando ciò “una perdita di tempo che non sarebbe stata utile all’(omissis)”.

Deve, in particolare, rilevarsi che il profilo relativo agli asseriti errori valutativi della corte territoriale quanto alla omessa effettuazione di una defibrillazione ovvero di una corretta defibrillazione da parte del sanitario appare, comunque, privo di rilievo in ragione del dato, pacifico, secondo cui gli eventi ischemici miocardici si distinguono in defibrillabili e non defibrillabili, con la logica conseguenza che la contestazione relativa alla mancata o non corretta effettuazione della stessa non assume, comunque, di per sé carattere decisivo nel senso di incrinare le conclusioni dei giudici di merito, ben potendo l’esito infausto essersi verificato a prescindere in quanto “le condizioni gravi dell’(omissis) … anche ove si fosse trattato di evento aritmico defibrillabile non avrebbero consentito una risposta ed un ripristino di una attività elettrica efficace”.

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Riferimenti normativi

Art. 589 c.p. Omicidio colposo. (1)

Chiunque cagiona per colpa [c.p. 43] la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.

Se il fatto è commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da due a sette anni (2).

Se il fatto è commesso nell’esercizio abusivo di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un’arte sanitaria, la pena è della reclusione da tre a dieci anni. (8)

[Si applica la pena della reclusione da tre a dieci anni se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale da:

1) soggetto in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell’articolo 186, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni;

2) soggetto sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope (3)](4).

Nel caso di morte di più persone, ovvero di morte di una o più persone e di lesioni di una o più persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni quindici [c.p.p. 235] (5) (6) (7).

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(1) Sull’obbligo dell’uso del casco protettivo per gli utenti di motocicli, vedi la L. 11 gennaio 1986, n. 3 e il D.M. 19 ottobre 1987, n. 438 (Gazz. Uff. 29 ottobre 1987, n. 253).

(2) Comma sostituito dall’art. 2, L. 21 febbraio 2006, n. 102 e modificato dal numero 1) della lettera c) del comma 1 dell’art. 1, D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito in legge, con modificazioni, con L. 24 luglio 2008, n. 125. Successivamente, il presente comma è stato così modificato dall’art. 1, comma 3, lett. c), L. 23 marzo 2016, n. 41, a decorrere dal 25 marzo 2016, ai sensi di quanto disposto dall’art. 1, comma 8, della medesima legge n. 41/2016. Per quanto concerne il raddoppio dei termini di prescrizione per il reato di cui al presente comma vedi il sesto comma dell’art. 157 del codice penale. Vedi l’art. 52, R.D. 18 giugno 1931, n. 773, di approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.

Il testo del presente comma in vigore prima delle modifiche disposte dalla citata legge n. 41/2016 era il seguente:

«Se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da due a sette anni.».

Il testo del presente comma prima delle modifiche disposte dalla suddetta legge di conversione n. 125 del 2008 era il seguente:

«Se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da due a sei anni.».

Il testo del presente comma in vigore prima della sostituzione disposta dal citato D.L. n. 92 del 2008 era il seguente:

«Se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da due a cinque anni.».

Il testo del presente comma in vigore prima della sostituzione disposta dalla citata legge n. 102 del 2006 era il seguente:

«Se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da uno a cinque anni.».

(3) Comma aggiunto dal numero 2) della lettera c) del comma 1 dell’art. 1, D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito in legge, con modificazioni, con L. 24 luglio 2008, n. 125.

(4) Comma abrogato dall’art. 1, comma 3, lett. d), L. 23 marzo 2016, n. 41, a decorrere dal 25 marzo 2016, ai sensi di quanto disposto dall’art. 1, comma 8, della medesima legge n. 41/2016.

(5) Comma così modificato dal numero 3) della lettera c) del comma 1 dell’art. 1, D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito in legge, con modificazioni, con L. 24 luglio 2008, n. 125. Per quanto concerne il raddoppio dei termini di prescrizione per il reato di cui al presente comma vedi il sesto comma dell’art. 157 del codice penale.

Il testo del presente comma in vigore prima della suddetta modifica era il seguente:

«Nel caso di morte di più persone, ovvero di morte di una o più persone e di lesioni di una o più persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni dodici.».

(6) Articolo così sostituito dall’art. 1, L. 11 maggio 1966, n. 296. Vedi l’art. 81, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in materia di stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza. Vedi, anche, l’art. 2, L. 3 agosto 2007, n. 123 e l’art. 25-septies, D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, aggiunto dall’art. 9 della citata legge n. 123 del 2007. La Corte costituzionale, con sentenza 22-28 novembre 1973, n. 166 (Gazz. Uff. 5 dicembre 1973, n. 314), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità del presente articolo, nella parte in cui consente che, nella valutazione della colpa professionale, il giudice attribuisca rilevanza penale soltanto a gradi di colpa di tipo particolare, in riferimento all’art. 3 Cost. La stessa Corte, con sentenza 2-8 maggio 1974, n. 124 (Gazz. Uff. 15 maggio 1974, n. 126), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità del secondo comma del presente articolo, in riferimento all’art. 3, primo comma, Cost.; con sentenza 14-19 gennaio 1987, n. 7 (Gazz. Uff. 28 gennaio 1987, n. 5 – Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità del presente articolo, in relazione agli artt. 3, 29 e 30 Cost.; con sentenza 20-27 luglio 1995, n. 414 (Gazz. Uff. 23 agosto 1995, n. 35 – Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità del presente articolo, in relazione all’art. 4, L. 2 dicembre 1975, n. 644 (Disciplina dei prelievi di parti di cadavere a scopo di trapianto terapeutico e norme sul prelievo dell’ipofisi da cadavere a scopo di produzione di estratti per uso terapeutico) e degli artt. 1 e 2, secondo comma, L. 29 dicembre 1993, n. 578 (Norme per l’accertamento e la certificazione di morte), in riferimento agli artt. 3, 25 e 27 Cost.

(7) Per l’aumento della pena per i delitti non colposi di cui al presente titolo commessi in danno di persona portatrice di minorazione fisica, psichica o sensoriale, vedi l’art. 36, comma 1, L. 5 febbraio 1992, n. 104, come sostituito dal comma 1 dell’art. 3, L. 15 luglio 2009, n. 94.

(8) Comma inserito dall’art. 12, comma 2, l. 11 gennaio 2018, n. 3.

 

 

Art. 590-sexies c.p. – Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario.

Se i fatti di cui agli articoli 589 e 590 sono commessi nell’esercizio della professione sanitaria, si applicano le pene ivi previste salvo quanto disposto dal secondo comma.

Qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto.

Art. 40 c.p. – Rapporto di causalità.

“Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se l’evento dannoso o pericoloso, da cui dipende la esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione od omissione.

Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”.

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Quadro giurisprudenziale sui più recenti arresti giurisprudenziali in tema di responsabilità penale del medico-chirurgo:

Cassazione penale sez. IV  26 aprile 2018 n. 24384  

Per stabilire se la condotta di un sanitario sia penalmente rilevante non può prescindersi dal verificare la conformità della stessa alle linee guida e alla buone pratiche dettate dalla medicina.

Cassazione penale sez. IV  15 febbraio 2018 n. 24068  

In tema di responsabilità professionale nell’ambito di una struttura sanitaria complessa, il medico, a cui il paziente sia inviato dal Pronto Soccorso a titolo di consulto, ove non riscontri sotto il profilo di sua stretta competenza alcuna patologia di rilevante gravità e si limiti a richiedere un’altra consulenza, la quale indichi gli esami idonei a diagnosticare la patologia in atto, non assume – per il solo fatto di avere richiesto l’ulteriore consulenza – la posizione di garanzia, che resta a carico dei medici del pronto soccorso.

Cassazione penale sez. un.  21 dicembre 2017 n. 8770  

Il medico risponde per morte o lesioni personali colpose nel caso in cui l’evento si sia verificato, anche per colpa lieve, a causa di negligenza e imprudenza; risponde altresì per colpa lieve dovuta ad imperizia nei casi in cui non vi siano linee -guida o buone pratiche clinico -assistenziali finalizzate a regolare il caso concreto, ovvero nel caso in cui queste ultime siano state erroneamente individuate o non siano adeguate al caso di specie. Il sanitario risponde, infine, per colpa grave dovuta ad imperizia nell’esecuzione delle raccomandazioni contenute nelle linee guida o nelle buone pratiche clinico -assistenziali pertinenti rispetto al caso concreto, avuto riguardo alle speciali difficoltà dell’atto medico.

Cassazione penale sez. IV  21 dicembre 2017 n. 2354  

In applicazione del principio di affidamento, per individuare la responsabilità penale del singolo sanitario che presta il proprio intervento in equipe medica, è necessario verificare l’incidenza avuta dalla sua condotta nella causazione dell’evento lesivo.

Cassazione penale sez. IV  13 dicembre 2017 n. 7667  

In tema di colpa medica, deve escludersi che possa invocare esonero da responsabilità il chirurgo che si sia fidato acriticamente della scelta del collega più anziano, pur essendo in possesso delle cognizioni tecniche per coglierne l’erroneità, ed avendo pertanto il dovere di valutarla e, se del caso, contrastarla. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità del medico – ginecologo per il decesso di una paziente a seguito di emorragia conseguente a intervento di parto cesareo, per aver omesso di valutare e contrastare, nonostante la assoluta gravità delle condizioni in cui versava la persona offesa, la decisione del collega più anziano di non procedere ad intervento di isterectomia).

Cassazione penale sez. IV  19 ottobre 2017 n. 50078  

Tenuto conto che il Legislatore con la l. 24/17 , innovando rispetto alla legge Balduzzi , ha abrogato l’intero comma 1 dell’art. 3 della previgente normativa ( legge Balduzzi) relativa alla depenalizzazione della colpa lieve, viene meno il rilevo precedentemente attribuito al grado della colpa, di tal che, nella prospettiva del novum normativo, alla colpa grave non potrebbe più attribuirsi un differente rilievo rispetto alla colpa lieve, in quanto entrambe ricomprese nell’ambito d’operatività della causa di non punibilità.

Cassazione penale sez. IV  06 giugno 2017 n. 33770  

L’insorgenza di un’infezione nosocomiale su pazienti a lungo ricoverati in reparti di terapia intensiva, non potendosi qualificare come rischio nuovo o imprevedibile, non integra una concausa o una causa sopravvenuta di per sé sufficiente ad interrompere il nesso eziologico tra la precedente condotta colposa del sanitario e l’evento morte. L’inosservanza delle linee guida o delle buone pratiche clinico-assistenziali da parte del medico è elemento sufficiente ad escludere la non punibilità della condotta imperita del medico.

Cassazione penale sez. IV  09 maggio 2017 n. 42282  

In tema di responsabilità, la causa omissiva è sostenuta non solo in presenza di leggi scientifiche universali o di leggi statistiche che prevedono un coefficiente prossimo alla certezza, ma può esserlo anche quando ricorrano criteri corroborati da riscontri probatori circa la sicurezza non incidenza di altri fattori interagenti in via alternativa (nella fattispecie, la Suprema Corte ha confermato la condanna per omicidio colposo di un medico che ha avuto l’effetto di tempestività su un paziente ricoverato e affetto da embolia polmonare e partenza deceduto una causa di un trombo,(7%) i casi di morte in entrata di trombosi venosa profonda che sia stata rilevata diagnosi e trattata).

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