Bancarotta semplice:per la Cassazione la durata della pena accessoria dell‘inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale va commisurata alla durata della pena principale.
La Corte di Cassazione, Sez. V penale, con la sentenza n. 45307/2018 depositata il 09.10.2018, ha reso una interessante pronuncia in materia di reati fallimentari, relativamente ai profili di diritto inerenti l’elemento soggettivo nel reato di bancarotta semplice ed il rapporto tra durata delle pene accessorie e principali in ordine alla medesima fattispecie penale.
Nel caso in oggetto, gli imputati ricorrevano avverso la sentenza della Corte territoriale di Firenze la quale aveva assolto i medesimi dal delitto di bancarotta preferenziale qualificando la residua imputazione di cui agli artt. 216 e 223 l. fall. come bancarotta semplice. Tra i motivi di ricorso, vi era la contestazione della determinazione delle pene accessorie, a detta dei ricorrenti erroneamente confermate nella misura applicata dai giudici di primo grado in anni dieci, pur all’esito della derubricazione del reato.
Rimandando alla lettura della sentenza allegata per gli ulteriori approfondimenti, di seguito si riproduce il passaggio della motivazione afferente il tema della colpevolezza, ossia l’elemento soggettivo del reato nella sua componente soggettiva:
“Nella sentenza impugnata risulta, del pari, adeguatamente precisato l’elemento soggettivo del reato di bancarotta semplice documentale anche ai fini del nomen iuris della meno grave fattispecie ritenuta, in quanto sul versante psicologico del reato è tradizionalmente colto il discrimen tra la fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale da omessa o irregolare tenuta dei libri e delle scritture contabili e quella, meno grave, di bancarotta semplice documentale, correttamente ritenuta in quanto riconducibile ad un mero disordine contabile e non già ad una cosciente e volontaria infedeltà. Gli arresti di questa Corte su siffatto profilo differenziale si esprimono nel senso che, mentre per la bancarotta fraudolenta documentale prevista dall’art. 216, comma 1, n. 2, seconda parte, R.D. n. 267/1942, l’elemento soggettivo del reato deve essere individuato nel dolo generico, che si traduce nella consapevolezza che l’omessa o irregolare tenuta dei libri e delle scritture contabili renda impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio dell’imprenditore, per la bancarotta semplice prevista dall’art. 217, comma 2, R.D. n. 267/1942, il coefficiente di attribuibilità psichica della condotta deve essere sostenuto indifferentemente dal dolo o dalla colpa, che sono ravvisabili quando l’agente ometta, con coscienza e volontà o per semplice negligenza, di tenere le scritture contabili obbligatorie per legge(Sez. V, 28 dicembre 2011, n. 48523, Barbieri; Sez. V, 23 febbraio 2006, n. 6769, Dalceggio; Sez. V, 25 luglio 1991, n. 8081, Minuto) o le tenga in modo inidoneo a rappresentarne fedelmente il contenuto.
Quanto alla commisurazione della pena accessoria i Giudici della legittimità così hanno statuito:
(…) Secondo il consolidato orientamento di legittimità, la pena accessoria dell’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e dell’incapacità di esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa prevista per il delitto di bancarotta fraudolenta ha la durata fissa ed inderogabile di dieci anni, diversamente dalle pene accessorie previste per il reato di bancarotta semplice, che devono essere commisurate alla durata della pena principale, in quanto, essendo determinate solo nel massimo, sono soggette alla regola di cui all’art. 37 cod. pen..(v. Corte Cost. n. 134 del 2012; Sez. 5, Sentenza n.15638 del 05/02/2015, Assello, Rv. 263267, N. 17690 del 2010 Rv. 247319, N. 269 del 2011 Rv. 249500, N. 30341 del 2012 Rv. 253318, N. 11257 del 2013 Rv. 254641, N. 51526 del 2013 Rv. 258665, N. 628 del 2014 Rv. 257947, N. 41035 del 2014 Rv. 260495)”.
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Riferimenti normativi
Art. 217 R.D. n. 267/1942 (legge fallimentare): Bancarotta semplice.
“È punito con la reclusione da sei mesi a due anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che, fuori dai casi preveduti nell’articolo precedente:
1) ha fatto spese personali o per la famiglia eccessive rispetto alla sua condizione economica;
2) ha consumato una notevole parte del suo patrimonio in operazioni di pura sorte o manifestamente imprudenti;
3) ha compiuto operazioni di grave imprudenza per ritardare il fallimento;
4) ha aggravato il proprio dissesto, astenendosi dal richiedere la dichiarazione del proprio fallimento o con altra grave colpa;
5) non ha soddisfatto le obbligazioni assunte in un precedente concordato preventivo o fallimentare.
La stessa pena si applica al fallito che, durante i tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento ovvero dall’inizio dell’impresa, se questa ha avuto una minore durata, non ha tenuto i libri e le altre scritture contabili prescritti dalla legge o li ha tenuti in maniera irregolare o incompleta.
Salve le altre pene accessorie di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna importa l’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e l’incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino a due anni”.
Art. 37 cod. pen.
Pene accessorie temporanee: durata.
“Quando la legge stabilisce che la condanna importa una pena accessoria temporanea, e la durata di questa non è espressamente determinata, la pena accessoria ha una durata eguale a quella della pena principale inflitta, o che dovrebbe scontarsi, nel caso di conversione, per insolvibilità del condannato. Tuttavia, in nessun caso essa può oltrepassare il limite minimo e quello massimo stabiliti per ciascuna specie di pena accessoria”.
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Quadro giurisprudenziale di riferimento in materia di bancarotta semplice:
Cassazione penale sez. V 28 maggio 2018 n. 39009
In tema di bancarotta semplice documentale, l’ art. 217 l. fall . si applica anche al liquidatore della società che abbia omesso la tenuta dei libri e delle scritture contabili obbligatorie, oppure abbia provveduto in maniera irregolare o incompleta alla tenuta delle predette.
Cassazione penale sez. V 12 marzo 2018 n. 18108
Nel reato di bancarotta semplice, la mancata tempestiva richiesta di dichiarazione di fallimento da parte dell’amministratore (anche di fatto) della società è punibile se dovuta a colpa grave che può essere desunta, non sulla base del mero ritardo nella richiesta di fallimento, ma. in concreto, da una provata e consapevole omissione.
Cassazione penale sez. V 03 maggio 2017 n. 33878
In tema di reati fallimentari, il regime tributario di contabilità semplificata, previsto per le cosiddette imprese minori, non comporta l’esonero dall’obbligo di tenuta dei libri e delle scritture contabili, previsto dall’art. 2214 cod. civ., con la conseguenza che il suo inadempimento può integrare la fattispecie incriminatrice del reato di bancarotta semplice.
Cassazione penale sez. V 03 maggio 2017 n. 33878
Non viola il principio di correlazione tra accusa e sentenza, ex art. 521 cod. proc. pen., la condanna per bancarotta documentale semplice dell’imputato di bancarotta documentale fraudolenta, non sussistendo tra il fatto originariamente contestato e quello ritenuto in sentenza un rapporto di radicale eterogeneità o incompatibilità né un “vulnus” al diritto di difesa, trattandosi di reato di minore gravità.
Cassazione penale sez. V 26 aprile 2017 n. 37910
Sussiste il reato di bancarotta semplice documentale anche quando la mancata o irregolare tenuta delle scritture contabili non si protragga per l’intero triennio precedente alla dichiarazione di fallimento. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto configurabile il reato a carico dell’amministratore della società fallita che non aveva ricoperto la carica per l’intero triennio antecedente alla sentenza di fallimento).
Cassazione penale sez. V 28 febbraio 2017 n. 14846
Il reato di inosservanza dell’obbligo di deposito delle scritture contabili, previsto dall’art. 220 l. fall., concorre con quelli di bancarotta fraudolenta documentale, di cui all’art. 216, comma 1, n. 2), l. fall. e di bancarotta semplice documentale, di cui all’art. 217, comma 2, l. fall., tutte le volte in cui la condotta di bancarotta non consista nella sottrazione, distruzione ovvero nella mancata tenuta delle scritture contabili, ma nella tenuta irregolare o incompleta delle stesse ovvero in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.
Cassazione penale sez. V 25 novembre 2016 n. 5461
L’oggetto del reato di bancarotta semplice documentale è rappresentato da qualsiasi scrittura la cui tenuta è obbligatoria, dovendosi ricomprendere tra queste anche quelle richiamate dal comma secondo dell’art. 2214 c.c., e cioè tutte le scritture che siano richieste dalla natura e dalle dimensioni dell’impresa. (Nella specie, la Corte ha ritenuto sussistente il reato in relazione ai “mastrini” delle spese di cassa – che rappresentano l’andamento della cassa contanti e sono elementi necessari alla sua comprensione – irritualmente tenuti nel triennio antecedente alla dichiarazione di fallimento).
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