Reati Tributari e sequestro preventivo: il curatore fallimentare è legittimato a chiedere il dissequestro dei beni per ottenere l’esecuzione della sentenza di revocatoria fallimentare.

Con sentenza n.47737/2018, depositata il 19.10.2018, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi in materia cautelare reale in riferimento alla legittimazione del curatore fallimentare a richiedere la revoca del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente ed a proporre le eventuali successive impugnazioni nell’interesse della massa dei creditori.

In sintesi la fase cautelare reale ha avuto il seguente svolgimento.

Con istanza presentata al Gip di Latina emittente la misura cautelare, il curatore del fallimento di una s.p.a. chiedeva il dissequestro di alcuni beni immobili sottoposti a misura ablatoria dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Latina per i reati di cui agli artt. 4, 5 e 10 d.lgs. n. 74/2000 addebitati ai legali rappresentanti di una s.r.l. beneficiaria del conferimento simulato dei cespiti, ritenuta schermo fittizio degli imputati e costituita allo scopo di svuotare il capitale sociale di altra s.p.a..

Deduceva il curatore, nella suddetta istanza, che una precedente azione revocatoria fallimentare proposta dalla curatela avverso il conferimento del ramo di azienda effettuato dalla fallita s.p.a. – nel quale rientrano i beni sottoposti a sequestro preventivo – era stata accolta con sentenza divenuta definitiva e che, pertanto, sussisteva interesse alla caducazione della misura ed alla acquisizione dei beni alla massa attiva del fallimento.

Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Latina rigettava l’istanza, ritenendo che le finalità pubblicistiche sottese ai sequestro finalizzato alla confisca debbano prevalere su quelle, parimenti pubblicistiche, sottese alla procedura concorsuale, soccombenti poiché non realizzano con certezza il definitivo spossessamento dei beni del fallito, che peraltro, nel caso di specie, è persona giuridica diversa dall’imputato nei cui confronti ebbe ad essere operato il sequestro.

Avverso tale provvedimento il curatore del fallimento ha proposto appello cautelare ex art. 322 bis c.p.p. al Tribunale del Riesame competente che lo dichiarava inammissibile per difetto di legittimazione del curatore medesimo.

Veniva, pertanto, proposto ricorso per Cassazione dalla difesa della curatela fallimentare, accolto dalla Corte di legittimità che, per l’effetto, annullava l’ordinanza impugnata con rinvio al Collegio cautelare per nuovo esame.

Di seguito si riporta il passaggio della motivazione della sentenza in commento che affronta il tema della legittimazione ad impugnare il provvedimento cautelare reale prima in generale e poi con specifico riferimento all’organo della procedura concorsuale:

Secondo il costante orientamento della giurisprudenza, la legittimazione astratta alla proposizione del riesame reale è attribuita dall’art. 322 cod. proc. pen. all’imputato o indagato, alla persona alla quale le cose sono state sequestrate ed a quella che avrebbe diritto alla loro restituzione. Però, oltre alla legittimazione, deve sussistere l’interesse all’impugnazione, previsto dalle norme di carattere generale poste nel libro IX sulle impugnazioni, e nel Titolo I sulle «disposizioni generali»: infatti, l’interesse all’impugnazione è un requisito generale per tutte le impugnazioni, anche quelle cautelari (cfr. in tal senso, fra le tante, Cass. Sez. 3, sentenza n. 9947 del 20/01/2016). Gli artt. 568 comma 4 e 591 comma 1 lett. a) cod. proc. pen. impongono un vaglio di ammissibilità fondato sulla verifica della concreta legittimazione in ragione della sussistenza di un interesse concreto e attuale. Secondo l’orientamento giurisprudenziale (ribadito anche da Cass. Sez. 3, sentenza n. 30008 del 08/04/2016, in motivazione) l’interesse concreto ed attuale alla proposizione del riesame reale, dovendo corrispondere al risultato tipizzato dall’ordinamento per lo specifico schema procedimentale, va individuato in quello alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro (…).

Orbene, nel caso in esame, il diritto alla restituzione dei beni trova la sua fonte nella sentenza del Tribunale di Latina, divenuta irrevocabile, con la quale è stata accolta la revocatoria fallimentare relativa proprio al conferimento dei beni dalla (omissis) alla (omissis) s.p.a.: oltre a dichiarare inefficace, ai sensi dell’art. 2901 c.c. l’atto di conferimento del 21 luglio 2011, la sentenza ha condannato (omissis) S.r.l. alla restituzione in favore del Fallimento del ramo d’azienda Property, trading & development, oggetto del conferimento e quindi dei beni immobili che ne facevano parte. Poiché i beni sono stati sequestrati a (omissis) S.r.l., ritenuta schermo fittizio degli imputati, l’unico modo per il curatore del fallimento per ottenere l’esecuzione della sentenza di revocatoria fallimentare e della condanna alla restituzione è quello di ottenere la revoca del sequestro preventivo. Dunque, la legittimazione e l’interesse alla restituzione ed all’impugnazione del provvedimento di rigetto trova in tal caso la sua fonte proprio nella sentenza del Tribunale di Latina del 15 aprile 2016, divenuta definitiva per la declaratoria di improcedibilità dell’appello”.

Altro passaggio motivazionale di interesse afferisce al lamentato difetto di motivazione della ordinanza per cui è stato proposto il ricorso.

“… la difesa ha dedotto che il Tribunale del riesame di Latina non ha tenuto conto, nel ritenere legittimo il sequestro, di due motivi di appello, così deducendo un vizio di violazione di legge per mancanza della motivazione. Su tali due motivi è effettivamente mancata la risposta da parte del Tribunale del riesame di Latina.

Il primo motivo concerne la valutazione sulla effettiva appartenenza dei beni, poiché il Tribunale del riesame non ha minimamente valutato che lo svuotamento della (omissis) s.p.a., società poi dichiarata fallita e terza estranea rispetto al reato tributario, è avvenuto mediante una condotta illecita, poiché volta, secondo la ricostruzione del decreto genetico, proprio a svuotare la società attribuendo il ramo di azienda ed i suoi beni immobili alla (omissis) s.p.a., società ritenuta schermo degli imputati. Una condotta, quindi, che può concretizzare il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione; circostanza questa, valutabile ex art. 2 cod. proc. pen., che incide sulla legittimità del trasferimento ben oltre gli effetti dell’azione revocatoria già esercitata con successo.

Il secondo motivo, su cui è mancata la valutazione e la risposta da parte del Tribunale del riesame di Latina, concerne la legittimità del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente effettuato non sui beni della società, ritenuta schermo, nel cui interesse i reati tributari sono stati commessi, ma nei confronti dei beni di una società terza, estranea al reato, ma ritenuta schermo degli imputati. Su tale questione specificamente dedotta, che concerne i limiti di applicazione del principio espresso dalla sentenza Gubert, è mancata la risposta da parte del Tribunale del riesame di Latina, che è dunque incorsa nel vizio di violazione di legge per la mancanza della motivazione, priva del requisito della completezza”.

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Riferimenti normativi

Art. 322 c.p.p. Riesame del decreto di sequestro preventivo

Contro il decreto di sequestro emesso dal giudice l’imputato e il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione possono proporre richiesta di riesame, anche nel merito, a norma dell’articolo 324.

La richiesta di riesame non sospende l’esecuzione del provvedimento.

Art. 322-bis c.p.p. Appello

Fuori dei casi previsti dall’articolo 322, il pubblico ministero, l’imputato e il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione, possono proporre appello contro le ordinanze in materia di sequestro preventivo e contro il decreto di revoca del sequestro emesso dal pubblico ministero.

1-bis. Sull’appello decide, in composizione collegiale, il tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l’ufficio che ha emesso il provvedimento.

L’appello non sospende l’esecuzione del provvedimento. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dall’articolo 310.

Art. 70 R.D. n. 267/1942 (legge fallimentare). Effetti della revocazione

La revocatoria dei pagamenti avvenuti tramite intermediari specializzati, procedure di compensazione multilaterale o dalle società previste dall’articolo 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1966, si esercita e produce effetti nei confronti del destinatario della prestazione.
Colui che, per effetto della revoca prevista dalle disposizioni precedenti, ha restituito quanto aveva ricevuto è ammesso al passivo fallimentare per il suo eventuale credito.
Qualora la revoca abbia ad oggetto atti estintivi di posizioni passive derivanti da rapporti di conto corrente bancario o comunque rapporti continuativi o reiterati, il terzo deve restituire una somma pari alla differenza tra l’ammontare massimo raggiunto dalle sue pretese, nel periodo per il quale è provata la conoscenza dello stato d’insolvenza, e l’ammontare residuo delle stesse, alla data in cui si è aperto il concorso. Resta salvo il diritto del convenuto d’insinuare al passivo un credito d’importo corrispondente a quanto restituito.

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Quadro giurisprudenziale di riferimento in materia di legittimazione del curatore fallimentare a richiedere il dissequestro:

Cassazione penale sez. III,  12 luglio 2016 n. 42469  

Il curatore fallimentare non è legittimato a proporre impugnazione avverso il provvedimento di sequestro preventivo, anche per equivalente, emesso anteriormente alla dichiarazione di fallimento di un’impresa in quanto non è titolare di alcun diritto sui beni del fallito, né in proprio, né quale rappresentante dei creditori del fallito i quali, prima della conclusione della procedura concorsuale, non hanno alcun diritto restitutorio sui beni. (In motivazione la Corte ha precisato che la legittimazione per impugnare consegue alla effettiva disponibilità del bene e che, invece, la dichiarazione di fallimento successiva al sequestro non conferisce alla procedura la disponibilità dei beni del fallito in considerazione del fatto che, da un lato, questi ne conserva il diritto di proprietà e, dall’altro, che il pregresso vincolo penale assorbe ogni potere fattuale su tali beni, escludendo ogni disponibilità diversa sugli stessi).

Cassazione penale sez. III,  01 marzo 2016 n. 23388  

Il curatore fallimentare non è legittimato a proporre impugnazione avverso il provvedimento di sequestro preventivo, anche per equivalente, dei beni della società fallita. (Fattispecie di omesso versamento Iva e di ritenute fiscali, nella quale la Corte ha precisato che il curatore, in quanto soggetto terzo rispetto al procedimento cautelare, non è titolare di diritti sui beni in sequestro, nè può agire in rappresentanza dei creditori, non essendo questi ultimi, prima della assegnazione dei beni e della conclusione della procedura concorsuale, titolari di alcun diritto di proprietà o altro diritto reale sugli stessi).

Cassazione penale sez. III  28 maggio 2015 n. 30484  

Il curatore fallimentare non è legittimato a proporre impugnazione contro il provvedimento di sequestro penale (sezioni Unite, 25 settembre 2014, Curatela del fallimento Uniland Spa e altro). (Affermazione resa nell’ambito di procedimento relativo a sequestro preventivo finalizzato alla confisca ai sensi dell’articolo 1, comma 143, della legge 244 del 2007).

Cassazione penale sez. I, 01 marzo 2013 n. 20216  

Dei beni sottoposti a sequestro a norma dell’art. 12 sexies d.l. 8 giugno 1992 n. 306, conv., con modificazioni, in l. 7 agosto 1992 n. 356, qualora sopravvenga il fallimento dell’imputato, può essere autorizzata la vendita su richiesta del curatore della procedura concorsuale ai fini della distribuzione del ricavato ai creditori, solo se il giudice acquisisce la ragionevole certezza che i cespiti non rientreranno nella diretta o indiretta disponibilità del condannato. (In applicazione del principio la Corte ha ritenuto immune da vizi il provvedimento impugnato che ha escluso di poter accedere alle richieste di revoca della confisca per la mancata prospettazione di concrete e specifiche misure di salvaguardia da adottare nella fase di vendita della procedura fallimentare).

Cassazione penale sez. III,  28 settembre 2011 n. 448  

Non sussiste l’interesse a ricorrere del curatore fallimentare contro il provvedimento del Tribunale del riesame con cui sia stato confermato il rigetto dell’istanza di restituzione di somme, oggetto di un sequestro funzionale alla confisca per equivalente relativo a somme di denaro appartenenti a società dichiarate fallite, provento di reati tributari, ma percepite prima dell’entrata in vigore della l. n. 244 del 2007. (In motivazione la Corte ha precisato che l’interesse a ricorrere non sussiste nemmeno nel caso in cui il sequestro abbia ad oggetto beni per un valore eccedente l’effettivo profitto del reato).

Cassazione penale sez. V, 25 settembre 2008 n. 43245  

In tema di sequestro preventivo, è legittimo il provvedimento di revoca e di restituzione a favore del curatore fallimentare del bene oggetto della sentenza irrevocabile di accoglimento dell’azione revocatoria.

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