L’accordo novativo tra contribuente ed Amministrazione finanziaria non incide sugli elementi costitutivi del reato di omesso versamento dell’IVA.

La Corte di Cassazione con la sentenza 48375/2018, depositata il 24.10.2018, ha affrontato l’interessante questione dell’incidenza dell’accordo di rateizzazione intervenuto tra il contribuente e l’Agenzia delle Entrate ed il perfezionamento del reato previsto e punito dall’art.10 terD.L.vo n. 74 del 2000.

Il caso sottoposto allo scrutinio di legittimità dalla difesa dei giudicabili riguardava l’omesso versamento Iva relativa all’anno 2011 per la somma di € 9.167.348,71 pagata ratealmente dalla società debitrice nelle more tra il giudizio di primo e secondo grado; agli imputati, tratti a giudizio nella qualità di legale rappresentante ed amministratore delegato, la Corte di appello di Genova, aveva applicato la causa di non punibilità di cui all’art. 13, D.L.vo n. 74 del 2000, avendo il Collegio distrettuale accertato l’estinzione del debito tributario con il pagamento delle 20 rate previste dal piano di rateizzo.

Ricorrono per cassazione gli imputati sostenendo che l’accordo tra contribuente ed Amministrazione finanziaria intervenuto in data 17.12.2012 e quindi prima della scadenza del termine di consumazione del reato del 27.12.2012, avrebbe determinato una novazione del debito originario, facendo così venir meno l’elemento costitutivo della fattispecie rappresentato dal segmento della condotta – omissiva – concretatasi nel mancato pagamento dell’imposta indiretta nel termine ultimo previsto dalla norma incriminatrice.

Inoltre, sempre secondo la difesa dei giudicabili, nel caso di specie, la sentenza resa in grado di appello doveva essere riformata ricorrendo la scriminante prevista dall’art. 51 cod. pen. dell’esercizio del diritto esercitato mediante l’intervenuto accordo con l’Amministrazione finanziaria; gli imputati dooveva, comunque, andare assolti dal reato loro ascritto per difetto di dolo.

La Suprema corte ha rigettato il relativo motivo di ricorso affermando che  dall’accordo tra contribuente ed Erario, se onorato, discende solo causa la non punibilità dell’imputato e non l’insussistenza del reato contestato.

Di seguito si riportano i passaggi della motivazione qui di interesse:

“La tesi difensiva non è fondata. Deve rammentarsi, in primo luogo, che il reato di omesso versamento dell’Iva è un reato unisussistente che si consuma al momento della scadenza del termine per l’adempimento del versamento (entro il termine del versamento dell’acconto per il periodo di imposta dell’anno successivo). L’art. 13 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, come modificato ad opera dell’art. 11 della legge n. 158 del 2015 «Causa di non punibilità» recita: “I reati di cui agli artt. 10 – bis, 10- ter e 10 quater d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, non sono punibili se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti, comprese le sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche se a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previsto dalle norme tributarie, nonché del ravvedimento operoso”. Mentre in precedenza l’art. 13 del d.lgs. n. 74 del 2000, rubricato “Circostanza attenuante. Pagamento del debito tributario”, prevedeva che “le pene previste per i delitti di cui al presente decreto sono diminuite fino alla metà e non si applicano le pene accessorie indicate nell’articolo 12 se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari relativi ai fatti costitutivi dei delitti medesimi sono stati estinti mediante pagamento, anche a seguito delle speciali procedure conciliative o di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie”, ora, a seguito della novella legislativa del 2015, il pagamento integrale del debito tributario, per effetto dell’accordo del contribuente con l’amministrazione finanziaria, integra la speciale causa di non punibilità introdotta dal novellato art. 13. Deve poi rammentarsi che, sotto il profilo della qualificazione dell’accordo tra debitore e Amministrazione finanziaria, questa Corte aveva affermato, prima della modifica legislativa del 2015, che, in tema di omesso versamento dei contributi previdenziali, la rateizzazione, rimodulando la scadenza dei debiti che viene scansionata nel tempo in corrispondenza ai termini di scadenza delle singole rate, comporta l’estinzione dell’obbligazione originaria e la contestuale costituzione di una nuova obbligazione che viene a sostituirsi a quella preesistente secondo lo schema civilistico della novazione (Sez. 3, n. 32598 del 16/05/2014, PG in proc. Guercio, non mass.). Con una recente sentenza, il principio è stato ribadito con riferimento alla fattispecie di omesso versamento dell’Iva, ed è stato affermato che la rateizzazione per effetto dell’accordo intervenuto con l’Agenzia delle Entrate, quantunque comporti, attraverso la rimodulazione della scadenza del debito che viene scansionata nel tempo in corrispondenza ai termini delle singole rate, l’estinzione dell’obbligazione originaria e la contestuale costituzione di una nuova obbligazione che viene a sostituirsi a quella preesistente secondo lo schema civilistico della novazione, non interferisce, tuttavia, sul profilo penale in cui l’esistenza del reato si perfeziona con il mancato versamento dell’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale nel termine previsto per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo.In tale pronuncia è stato chiarito che soltanto nell’ipotesi in cui attraverso il pagamento rateale ovvero in unica soluzione venga integralmente saldato il debito tributario anteriormente all’apertura del dibattimento che opera la speciale causa di non punibilità di cui all’art. 13 primo comma D. L.gs 74/2000, introdotta con il d.lgs.158/2015 quale beneficio premiale per la condotta di quei contribuenti che provvedano alla piena soddisfazione dell’erario prima del processo penale (Sez. 3, n. 16297 del 27/02/2018, De Sarlo, non mass.). La sentenza non affronta, in quanto non era rilevante per il caso in scrutinio, il profilo ora sollevato dai ricorrenti secondo cui la realizzazione di un accordo novativo prima della scadenza comporterebbe l’estinzione dell’obbligazione originaria con la conseguente insussistenza dell’omissione punita ex art 10- ter d.lgs 10 marzo 2000, n. 74.

A completare la disamina della giurisprudenza, rileva il Collegio il difforme indirizzo espresso dalla giurisprudenza tributaria della Corte di legittimità che esclude il carattere novativo dell’accordo (Sez. 5, n. 13244/2015; Sez. 5, n. 23051/2015), indirizzo ermeneutico seguito dalla Corte d’appello genovese.

Sulla scorta dell’esegesi dei contrapposti orientamenti, ritiene il Collegio che, anche a seguire l’indirizzo ermeneutico che attribuisce l’effetto novativo dell’obbligazione a seguito dell’accordo, non si pervenga alle conseguenze giuridiche da costoro argomentate. Ritiene il Collegio che anche ad ammettere una novazione dell’obbligazione, essa rimane consegnata nell’ambito tributario e resta priva di effetto nell’ambito penale e ciò trova dimostrazione, come osservato dai giudici genovesi, nella previsione legislativa della speciale causa di non punibilità, introdotta per effetto di una disposizione di legge nel 2015, in forza della quale il pagamento integrale, per effetto dell’accordo con l’Amministrazione finanziaria, costituisce una causa di non punibilità. In altri termini, solo per effetto della espressa previsione normativa, il pagamento integrale del debito tributario, alle condizioni previste, è causa di non punibilità dell’omissione del versamento dell’imposta che si è consumata alla data di scadenza per l’adempimento.Ciò che prima costituiva una circostanza attenuante è stato elevato a causa di non punibilità del reato, che, per sua natura, non incide sulla struttura del reato né sulla illiceità della condotta e rende del tutto ininfluente, sul piano penale, la disamina della qualificazione quale accordo novativo dell’accordo intervenuto tra debitore e amministrazione finanziaria per l’estinzione del debito tributario.

Le cause di non punibilità, a differenza delle cause di giustificazione che elidono l’illiceità o antigiuridicità della condotta rendendo inapplicabile qualsiasi tipo di sanzione, rappresentano una causa sopravvenuta di esclusione della punibilità di un reato già consumato del quale vengono eliminati gli effetti (irrogazione della sanzione).

Conseguentemente, il reato di omesso versamento dell’Iva è integrato dall’omissione del versamento dalla data di scadenza e l’integrale pagamento del debito tributario, per effetto dell’accordo con l’Amministrazione finanziaria, sia con pagamento integrale che rateale, costituisce causa di non punibilità del fatto commesso esentando gli autori dall’irrogazione della sanzione penale prevista dalla norma incriminatrice”.

Sulla inapplicabilità della causa di giustificazione dell’esercizio del diritto:

La corte territoriale, preso atto dell’integrale pagamento del debito tributario come rimodulato nelle modalità solutorie con l’amministrazione finanziaria, ha correttamente applicato la speciale causa di non punibilità prevista dall’art. 13 del d.lgs 10 marzo 2000, n. 74 e li ha dichiarati non punibili per tale causa. Consegue che anche il secondo motivo di ricorso, sotto tutti i profili devoluti, è infondato. La previsione della non punibilità del fatto, lascia immutata illiceità della condotta di reato, dunque non configurarsi né l’assenza di lesione del bene giuridico, né essere scriminata la condotta in presenza della causa di giustificazione dell’esercizio del diritto ex art. 51 cod. pen.”

E’ stata ritenuta infondata anche la doglianza relativa alla insussistenza dell’elemento psicologico del reato per le seguenti ragioni:

Alla stessa sorte non si sottrae il terzo motivo. Va, anzitutto, ricordato che il debito verso il fisco relativo ai versamenti Iva è collegato al compimento delle operazioni imponibili, sicché ogni qualvolta il soggetto d’imposta effettua tali operazioni riscuote già (dall’acquirente del bene o del servizio) l’Iva dovuta e deve, quindi, tenerla accantonata per l’Erario, organizzando le risorse disponibili in modo da potere, alla scadenza, adempiere all’obbligazione tributaria (ex plurimis, Sez. U, n. 37424 del 28/03/2013, Romano, Rv. 255757-255758, non mass. sul punto). Questa Corte di legittimità ha con orientamento costante affermato che l’elemento soggettivo del reato in esame è costituito dal dolo generico, inteso quale mera consapevolezza dell’illiceità della condotta omissiva finale, senza cioè essere caratterizzato da una specifica finalità di evasione(non richiedendo la norma, quale ulteriore requisito, un atteggiamento antidoveroso di volontario contrasto con il precetto violato: Sez. 3, n. 8352 del 24/06/2014 – dep. 25/02/2015, Schirosi, Rv. 263127). Ciò che rileva è l’esistenza concreta della possibilità di adempiere il pagamento, costituita dalla riscossione dell’IVA dalla controparte, dell’operazione commerciale in relazione alle prestazioni fatturate e dal suo doveroso accantonamento in vista della scadenza del debito erariale, che costituisce, come già affermato da questa Corte, indefettibile presupposto della sussistenza della volontà in capo al soggetto obbligato. I ricorrenti non hanno mai indicato cause impeditive della possibilità di adempimento dell’obbligazione nel termine, essendosi limitati ad agire nell’ambito tributario concludendo un accordo in vista della rateizzazione del debito, situazione che li rendeva perfettamente consapevoli della volontaria omissione del versamento entro il termine di legge. Oltre tutto si consideri che all’epoca del fatto (27/12/2012) il pagamento integrale del debito tributario costituiva unicamente una circostanza attenuante.

Riferimenti normativi

Omesso versamento di IVA: Art. 10 d.lgs. n. 74/2000

E’ punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo, l’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore a euro duecentocinquantamila per ciascun periodo d’imposta”.

Causa di punibilità: Art. 13 d.lgs. n. 74/2000

Art. 13.  Causa di non punibilità. Pagamento del debito tributario (1) 

  1. I reati di cui agli articoli 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1, non sono punibili se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie, nonché del ravvedimento operoso.
  2. I reati di cui agli articoli 4 e 5 non sono punibili se i debiti tributari, comprese sanzioni e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, a seguito del ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, sempreché il ravvedimento o la presentazione siano intervenuti prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.
  3. Qualora, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il debito tributario sia in fase di estinzione mediante rateizzazione, anche ai fini dell’applicabilità dell’articolo 13-bis, è dato un termine di tre mesi per il pagamento del debito residuo. In tal caso la prescrizione è sospesa. Il Giudice ha facoltà di prorogare tale termine una sola volta per non oltre tre mesi, qualora lo ritenga necessario, ferma restando la sospensione della prescrizione.

(1) Articolo modificato dall’ art. 2, comma 36-vicies semel, lett. i) e m), D.L. 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla L. 14 settembre 2011, n. 148; per l’applicazione di tale disposizione, vedi comma 36-vicies bis del predetto art. 2, D.L. n. 138/2011. Successivamente il presente articolo è stato così sostituito dall’ art. 11, comma 1, D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158.

Quadro giurisprudenziale di riferimento in materia di omesso versamento IVA:

Corte giustizia UE grande sezione  20 marzo 2018 n. 524  

L’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una normativa nazionale in forza della quale è possibile avviare procedimenti penali a carico di una persona per omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto dovuta entro i termini di legge, qualora a tale persona sia già stata inflitta, per i medesimi fatti, una sanzione amministrativa definitiva di natura penale ai sensi del citato articolo 50, purché siffatta normativa sia volta ad un obiettivo di interesse generale tale da giustificare un simile cumulo di procedimenti e di sanzioni, vale a dire la lotta ai reati in materia di imposta sul valore aggiunto, fermo restando che detti procedimenti e dette sanzioni devono avere scopi complementari, contenga norme che garantiscano una coordinazione che limiti a quanto strettamente necessario l’onere supplementare che risulta, per gli interessati, da un cumulo di procedimenti, e preveda norme che consentano di garantire che la severità del complesso delle sanzioni imposte sia limitata a quanto strettamente necessario rispetto alla gravità del reato di cui si tratti (la Corte si è così pronunciata nell’ambito di un procedimento penale nei confronti di un imputato cittadino italiano relativo a reati in materia di imposta sul valore aggiunto).

Cassazione penale sez. III  13 marzo 2018 n. 15172  

La nuova fattispecie di reato di cui all’ art. 10 ter, d.lgs. n. 74 del 2000 , come modificata dall’ art. 8, d.lgs. n. 158 del 2015 , che ha elevato a Euro 250.000,00 la soglia di punibilità, ha determinato l’abolizione parziale del reato commesso in epoca antecedente che aveva ad oggetto somme pari o inferiori a detto importo, e in considerazione dell’abrogazione parziale trovano applicazione gli art. 2, comma secondo, cod. pen. (e non il quarto comma dell’ art. 2, cod. pen. ), e 673, comma primo, cod. proc. pen.

Cassazione penale sez. III  23 gennaio 2018 n. 6220  

In tema di omesso versamento dell’ IVA, il reato omissivo previsto dall’ art. 10-ter d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 consiste nel mancato versamento all’erario delle somme dovute sulla base della dichiarazione annuale che, tranne i casi di applicabilità del regime di “IVA per cassa”, è ordinariamente svincolato dalla effettiva riscossione delle somme-corrispettivo relative alle prestazioni effettuate.

Cassazione penale sez. III  23 novembre 2017 n. 4750  

In caso di omesso versamento, la confisca va disposta anche se non risultano disponibilità di beni da parte dell’imputato. A ricordarlo è la Cassazione che ha accolto il ricorso della pubblica accusa contro la scelta del Tribunale di condannare l’imputato per violazione dell’ articolo 10-ter del Dlgs 74/2000 , senza disporre, però, la confisca per insussistenza dei mezzi. Si tratta, infatti di un preciso obbligo di legge che sfugge a qualunque considerazione da parte del giudice, potendo essere colpiti anche beni futuri. L’applicazione di tale confisca, in sostanza, è sottratta alla discrezionalità del giudice.

Cassazione penale sez. IV  17 ottobre 2017 n. 52542  

Non è corretto attribuire prevalenza alla norma penale che sanziona l’omesso versamento dell’IVA rispetto al contrapposto divieto di versamento dell’IVA, imposto da un legittimo ordine del giudice (divieto di eseguire pagamenti per crediti anteriori alla richiesta di ammissione alla procedura concorsuale di concordato), che deriva da precise norme giuridiche aventi pari valore ed efficacia rispetto alla normativa tributaria.

Cassazione penale sez. III  12 aprile 2017 n. 39503  

Deve essere confermata la condanna per omesso versamento di IVA se l’imputato non dimostra che la crisi finanziaria sia stata imprevedibile, repentina e che egli, da amministratore, abbia fatto tutto quanto nelle sue disponibilità per evitare l’omissione del versamento.

Cassazione penale sez. III  15 febbraio 2017 n. 35786  

Solo l’omologazione, e non anche la semplice ammissione al concordato preventivo – sia pure intervenuta antecedentemente alla scadenza del termine per il versamento dell’imposta -, può escludere il reato di omesso versamento i.v.a. ex art. 10 ter d.lg. n. 74 del 2000.

Cassazione penale sez. III  15 febbraio 2017 n. 35786  

Ai fini dell’integrazione dei reati di cui agli artt. 10-bis e 10-ter del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, rispettivamente in tema di omesso versamento di ritenute dovute o certificate e dell’IVA, è sufficiente il consapevole inadempimento, da parte del contribuente, dell’obbligazione tributaria così come risultante dalle dichiarazioni annuali dal medesimo presentate, non essendo necessario che egli sia preventivamente messo a conoscenza della pretesa avanzata dagli organi accertatori in sede amministrativa né che detta pretesa abbia un positivo riconoscimento, attesa l’autonomia del procedimento penale dal procedimento e dal processo tributario.

Ed in particolare sull’elemento soggettivo nel reato di omesso versamento dell’IVA:

Cassazione penale sez. III  01 febbraio 2017 n. 15235  

Il reato di omesso versamento i.v.a., previsto dall’art. 10 ter d.lg. n. 74 del 2000, è integrato, sotto il profilo dell’elemento soggettivo, dal dolo generico, quale coscienza e volontà di non versare all’erario l’i.v.a. relativa al periodo considerato. In tale contesto, l’agente può invocare l’assoluta impossibilità di adempiere il debito di imposta, quale causa di esclusione della responsabilità penale, a condizione che provveda ad assolvere gli oneri probatori concernenti sia il profilo della non imputabilità a lui medesimo della crisi di liquidità che ha investito l’azienda, sia l’aspetto della impossibilità di fronteggiare la crisi di liquidità tramite il ricorso a misure anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale.

Cassazione penale sez. III  05 novembre 2015 n. 3098  

L’elemento soggettivo del reato di omesso versamento di IVA, previsto dall’art. 10-ter del d.lg. n. 74 del 2000, è il dolo generico, da estendersi anche alla consapevolezza del superamento della soglia di punibilità, individuata, a seguito delle modifiche apportate dal d.g. n. 158 del 2015, in 250.000 euro dalla disposizione incriminatrice.

Cassazione penale sez. III  23 settembre 2015 n. 45033  

L’elemento soggettivo necessario ai fini della configurabilità dell’illecito di omesso versamento di Iva è il dolo generico, essendo sufficienti, ad integrare la fattispecie, la coscienza e la volontà di presentare una dichiarazione Iva, omettendo il versamento delle somme indicate nella stessa, entro il termine previsto. Determinante è la consapevolezza che l’imposta evasa supera la soglia di punibilità individuata dalla legge.

Cassazione penale sez. III  11 novembre 2014 n. 52039  

Per la integrazione del reato di omesso versamenti Iva sotto l’aspetto dell’elemento soggettivo del reato è sufficiente la coscienza e volontà di non versare all’Erario l’imposta dovuta, in quanto la prova del dolo è insita nella presentazione della dichiarazione annuale, dalla quale emerge quanto è dovuto a titolo di imposta e che deve, quindi, essere saldato, non essendo richiesto che il comportamento illecito sia dettato dallo scopo specifico di evadere le imposte.

Cassazione penale sez. III  24 giugno 2014 n. 8352  

In tema omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto, l’inadempimento della obbligazione tributaria può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all’imprenditore che non abbia potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico. (Fattispecie, nella quale la Corte ha escluso che potesse essere ascrivibile a forza maggiore la mancanza della provvista necessaria all’adempimento dell’obbligazione tributaria per effetto di una scelta di politica imprenditoriale volta a fronteggiare una crisi di liquidità).

Cassazione penale sez. III  09 ottobre 2013 n. 5905  

Può essere esclusa la colpevolezza dell’imprenditore che omette di versare le ritenute operate, se non dispone della provvista necessaria per aver utilizzato le sole risorse finanziarie disponibili per pagare gli stipendi ai dipendenti. In tale caso l’onere probatorio o meglio di allegazione della situazione di insolvenza incombe sull’imputato.

 

Perl’importanza che riveste nella pratica giudiziaria si segnala che la giurisprudenza di legittimità ritiene applicabile l’art. 13 d.lgs. n. 74/2000 anche ai processi in corso oltre lo sbarramento della dichiarazione di apertura del dibattimento, se precedente all’entrata in vigore del d.lgs. 74/2000:

Cassazione penale sez. III, sentenza 30/03/2016, n.40314.         
In tema di reati tributari, la causa di non punibilità contemplata dall’art. 13 del D.Lgs. n. 74 del 2000, come sostituito dall’art. 11 del D.Lgs. n. 158 del 2015 – per la quale i reati di cui agli articoli 10-bis, 10-ter e 10-quater del decreto 74 del 2000 non sono punibili se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti – è applicabile ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 158 del 2015, anche qualora, alla data predetta, era già stato aperto il dibattimento.

Cassazione penale sez. III, sentenza 12/04/2017 n. 30139.         
Nei reati tributari la causa di non punibilità ex art. 13 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, come modificato ad opera della d.lgs.158 del 2015, trova applicazione ai fatti commessi precedentemente alla sua entrata in vigore e ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del d.lgs. 158 del 2015, anche qualora, alla data predetta, era già stato aperto il dibattimento di primo grado se i debiti tributari, comprese le sanzioni amministrative e interessi, risultano essere stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche se a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previsto dalle norme tributarie.

Cassazione penale sez. III, 01/02/2017 n. 15237. 
In tema di reati tributari, la causa di non punibilità contemplata dall’art. 13 del D.Lgs. n. 74 del 2000, come sostituito dall’art. 11 del D.Lgs. n. 158 del 2015 – per la quale i reati di cui agli articoli 10-bis, 10-ter e 10-quater del decreto 74 del 2000 non sono punibili se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti – è applicabile ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 158 del 2015, anche qualora, alla data predetta, era già stato aperto il dibattimento. (In applicazione di questo principio la S.C. ha ritenuto ammissibile la rilevabilità della suddetta causa di non punibilità anche nel giudizio di legittimità, rinviando al giudice di merito per la valutazione circa la sussistenza in concreto delle condizioni previste dall’art. 13 del D.Lgs. n.74 del 2000).

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