Medico competente: per evitare la responsabilità penale il professionista deve collaborare attivamente con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione.

Con la sentenza n.38402/2018 la Corte di Cassazione è tornata a confrontarsi con la materia della responsabilità penale del medico competente all’interno della struttura aziendale e segnatamente al dovere di collaborazione con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e valutazione dei rischi.

Il giudizio penale di primo grado ed il ricorso.

Il Tribunale di Pistoia, ha condannato l’imputato, nella qualità di medico competente di una s.p.a. alla pena di euro 700 di ammenda per il reato di cui agli artt. 25, comma 1, lett. a), 41, comma 2, in relazione all’art. 58, comma 1, lett. c) d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 ritenendo che il giudicabile non abbia svolto i compiti prescritti dal T.U. in materia di sicurezza sul lavoro

Quest’ultimo, mediante il proprio difensore, ricorreva in Cassazione lamentando, tra i  vari motivi di ricorso,  di non poter essere chiamato a rispondere di eventi, quali la mancata visita di lavoratori interinali di cui il datore di lavoro non aveva comunicato l’esistenza al medico, che esulavano dalla sfera di conoscenza del professionista; che nulla era dato sapere sull’infortunio che aveva coinvolto i lavoratori interinali, sì che non era possibile conoscere il nesso causale tra infortunio e mancata sottoposizione a visita medica preventiva; che non vi era stata alcuna comunicazione del datore di lavoro circa la richiesta di intervento in conseguenza dell’utilizzazione dei lavoratori interinali successivamente infortunatisi.

La Suprema corte ha rigettato il ricorso giudicando non fondati i motivi di impugnazione; di seguito si riporta un estratto della parte motiva del provvedimento qui di interesse perché definisce il  perimetrodella responsabilità del medico competente in relazione alla posizione di garanzia a lui riconosciuta dalla legge.

“… in tema di sicurezza sul lavoro, l’obbligo di collaborazione col datore di lavoro cui è tenuto il medico competente e il cui inadempimento integra il reato di cui agli artt. 25, comma primo, lett. a) e 58, comma primo, lett. c), del D.Lgs. n. 81 del 2008, non presuppone necessariamente una sollecitazione da parte del datore di lavoro, ma comprende anche un’attività propositiva e di informazione da svolgere con riferimento al proprio ambito professionale(Sez. 3, n. 1856 del 11/12/2012, dep. 2013, Favilli, Rv. 254268).

Invero è stato colà osservato che occorre innanzitutto non dimenticare che le finalità del d.lgs. 81\2008 sono quelle di assicurare la tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro e che la valutazione dei rischi – definita dall’art. 2, comma 1, lett. q) del d.lgs. 81\2008 come la «valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell’ambito dell’organizzazione in cui essi prestano la propria attività, finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione e ad elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza» – è attribuita dall’art. 29 del medesimo d.lgs. al datore di lavoro, per il quale costituisce, ai sensi dell’art. 17, un obbligo non derogabile. E’ evidente, avuto riguardo all’oggetto della valutazione dei rischi, che il datore di lavoro deve essere necessariamente coadiuvato da soggetti quali, appunto, il «medico competente», portatori di specifiche conoscenze professionali tali da consentire un corretto espletamento dell’obbligo mediante l’apporto di qualificate cognizioni tecniche. L’espletamento di tali compiti da parte del «medico competente» comporta una effettiva integrazione nel contesto aziendale e non può essere limitato ad un ruolo meramente passivo in assenza di opportuna sollecitazione da parte del datore di lavoro, anche se il contributo propulsivo richiesto resta limitato alla specifica qualificazione professionale. Del resto, l’importanza del ruolo sembra essere stata riconosciuta dallo stesso legislatore il quale, nel modificare l’originario contenuto dell’art. 58, ha introdotto la sanzione penale solo con riferimento alla valutazione dei rischi. L’ambito della responsabilità penale resta confinato nella violazione dell’obbligo di collaborazione, che comprende anche un’attività propositiva e di informazione che il medico deve svolgere con riferimento al proprio ambito professionale ed il cui adempimento può essere opportunamente documentato o comunque accertato dal giudice del merito caso per caso. In ogni caso, in tema di valutazione dei rischi, il «medico competente» assume elementi di valutazione non soltanto dalle informazioni che devono essere fornite dal datore di lavoro, ma anche da quelle che può e deve direttamente acquisire di sua iniziativa, ad esempio in occasione delle visite agli ambienti di lavoro di cui all’art. 25, lettera I) o perché fornitegli direttamente dai lavoratori sottoposti a sorveglianza sanitaria o da altri soggetti (cfr. in motivazione, Sez. 3 n. 1856 cit.).

Ciò posto, alcuna prova è stata somministrata circa l’attività concretamente svolta dal medico competente della s.p.a. (omissis), laddove da un lato non risulta sottoscritto il documento di valutazione dei rischi, e dall’altro il teste assunto su istanza della stessa difesa aveva ricordato un’attività del tutto episodica di sorveglianza sanitaria. Alla stregua pertanto dei principi richiamati, il ricorrente non ha in realtà fornito alcun riscontro di quello che avrebbe potuto essere l’adempimento di un obbligo di collaborazione, che non poteva – proprio per i richiamati rilievi, che questa Corte non può che ribadire – tradursi in una mera inerte attesa delle iniziative del datore di lavoro”.

Il consiglio del legale.

La sentenza n.38402/2018 in commento si inserisce nell’alveo di una giurisprudenza nota agli operatori del diritto e della sicurezza sul lavoro che partendo dalla natura del reato – contravvenzionalequalificabile come permanente ed a pericolo astratto– rende assai gravosa l’attività di difesa tecnica.

La regola cautelare di condotta ex anteconsigliata al professionista per consentirgli poi di provarlo in sede processuale è quella che coincide con l’espressione del più alto livello di professionalità, anche in termini di autotutela.

Conseguentemente, il medico competente, nella prospettiva della piena collaborazione con il datore di lavoro che lo nomina quale proprio consulente, dovrà eseguire i compiti da quest’ultimo assegnatigli e adempiere a quanto prescritto dalla legge, per perseguire l’obiettivo dell’eliminazione o comunque la più alta riduzione possibile dei rischi sanitari legati all’attività di sorveglianza (art, 41 T.U.), avendo però al contempo l’accortezza di documentare per tabulas l’attività svolta con atto ricettizio (regolarmente sottoscritto ed avente data certa, ad a mezzo raccomandata A.R) da inviare ai  soggetti che hanno potere decisionale e di spesa all’interno dell’impresa, specificando l’attività svolta e quella da svolgere, con l’indicazione degli eventuali rimedi da porre in essere. Tutto ciò nella prospettiva processuale, qualora venga elevata comunque imputazione a carico del medico competente per una delle fattispecie di reato previste  dall’art. 58, comma 1, alle lettere a, b,c) del  d.lg. 9 aprile 2008 n. 81,  costituisce il presupposto indefettibile per adottare una corretta e prudenziale linea difensiva che tenga conto dell’attuale orientamento giurisprudenziale, consentendo di perseguire l’obiettivo della piena assoluzione per difetto della condotta colposa ascritta all’imputato ovvero, in subordine, per poter accedere (prima dell’apertura del dibattimento) all’istituto dell’oblazione con conseguente estinzione del reato, che comporta una valutazione  discrezionale del giudice (acquisito il parere favorevole del PM) secondo quanto disposto dall’art. 141 disp. att. c.p.p., trattandosi di reati contravvenzionale puniti con pena alternativa (ammenda o arresto).

*****

Riferimenti normativi

Art. 25. D.lgs. n. 81/2008: Obblighi del medico competente

  1. Il medico competente:
  2. a) collabora con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione alla valutazione dei rischi, anche ai fini della programmazione, ove necessario, della sorveglianza sanitaria, alla predisposizione della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psico-fisica dei lavoratori, all’attività di formazione e informazione nei confronti dei lavoratori, per la parte di competenza, e alla organizzazione del servizio di primo soccorso considerando i particolari tipi di lavorazione ed esposizione e le peculiari modalità organizzative del lavoro. Collabora inoltre alla attuazione e valorizzazione di programmi volontari di «promozione della salute», secondo i principi della responsabilità sociale;
    b) programma ed effettua la sorveglianza sanitaria di cui all’
    articolo 41attraverso protocolli sanitari definiti in funzione dei rischi specifici e tenendo in considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati;
    c) istituisce, aggiorna e custodisce, sotto la propria responsabilità, una cartella sanitaria e di rischio per ogni lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria; tale cartella è conservata con salvaguardia del segreto professionale e, salvo il tempo strettamente necessario per l’esecuzione della sorveglianza sanitaria e la trascrizione dei relativi risultati, presso il luogo di custodia concordato al momento della nomina del medico competente;
    (lettera così sostituita dall’art. 15 del d.lgs. n. 106 del 2009)
    d) consegna al datore di lavoro, alla cessazione dell’incarico, la documentazione sanitaria in suo possesso, nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo del 30 giugno 2003, n. 196, e con salvaguardia del segreto professionale;
    e) consegna al lavoratore, alla cessazione del rapporto di lavoro, copia della cartella sanitaria e di rischio, e gli fornisce le informazioni necessarie relative alla conservazione della medesima; l’originale della cartella sanitaria e di rischio va conservata, nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, da parte del datore di lavoro, per almeno dieci anni, salvo il diverso termine previsto da altre disposizioni del presente decreto;
    (lettera così sostituita dall’art. 15 del d.lgs. n. 106 del 2009)
    f) (lettera soppressa dall’art. 15 del d.lgs. n. 106 del 2009    )
    g) fornisce informazioni ai lavoratori sul significato della sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti e, nel caso di esposizione ad agenti con effetti a lungo termine, sulla necessità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione della attività che comporta l’esposizione a tali agenti. Fornisce altresì, a richiesta, informazioni analoghe ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
    h) informa ogni lavoratore interessato dei risultati della sorveglianza sanitaria di cui all’
    articolo 41 e, a richiesta dello stesso, gli rilascia copia della documentazione sanitaria;
    i) comunica per iscritto, in occasione delle riunioni di cui all’
    articolo 35, al datore di lavoro, al responsabile del servizio di prevenzione protezione dai rischi, ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, i risultati anonimi collettivi della sorveglianza sanitaria effettuata e fornisce indicazioni sul significato di detti risultati ai fini della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psico-fisica dei lavoratori;
    l) visita gli ambienti di lavoro almeno una volta all’anno o a cadenza diversa che stabilisce in base alla valutazione dei rischi;
    la indicazione di una periodicità diversa dall’annuale deve essere comunicata al datore di lavoro ai fini della sua annotazione nel documento di valutazione dei rischi;
    m) partecipa alla programmazione del controllo dell’esposizione dei lavoratori i cui risultati gli sono forniti con tempestività ai fini della valutazione del rischio e della sorveglianza sanitaria;
    n) comunica, mediante autocertificazione, il possesso dei titoli e requisiti di cui all’articolo 38 al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto”.

*****

Quadro giurisprudenziale di riferimento sulla responsabilità del medico competente:

Cassazione penale sez. III  23 novembre 2016 n. 6885  

In tema di sicurezza sul lavoro, la contravvenzione prevista dall’art. 25, comma primo, lett. b) del D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81, che sanziona l’inosservanza da parte del medico competente dei protocolli definiti in funzione dei rischi specifici dei lavoratori, sottoposti a visita periodica, ha natura di reato permanente e di pericolo astratto, per cui la condotta illecita si protrae sino al momento di ottemperanza dell’obbligo di legge e ai fini della sua configurazione non è necessario che dalla violazione delle prescrizioni derivi un danno alla salute o alla incolumità del lavoratore.

Cassazione penale sez. III  31 maggio 2016 n. 35425  

Il medico competente incorre nel reato di cui all’art. 25, lett. b), d.lg. n. 81 del 2008 allorché, una volta rilevato uno specifico rischio da sovraccarico biomeccanico in capo ai dipendenti, ometta l’attuazione delle conseguenti misure di sorveglianza sanitaria.

Cassazione penale sez. III  11 dicembre 2012 n. 1856  

Il “medico competente”, secondo la definizione fornita dall’art. 2, lett. h), d.lg. 9 aprile 2008 n. 81, è il medico che, in possesso di uno dei titoli e dei requisiti formativi e professionali di cui all’art. 38, “collabora”, secondo quanto previsto dall’art. 29, comma 1, con il datore d lavoro ai fini della valutazione dei rischi ed è nominato dallo stesso per effettuare la sorveglianza sanitaria e per tutti gli altri compiti di cui al d.lg. n. 81 del 2008. Questa attività di collaborazione è stata ora ampliata dall’art. 25 d.lg. n. 81 del 2008, che la estende anche alla programmazione, ove necessario, della sorveglianza sanitaria, all’attività di formazione e informazione nei confronti dei lavoratori, per la parte di competenza, e all’organizzazione del servizio di primo soccorso, considerando i particolari tipi di lavorazione ed esposizione e le peculiari modalità organizzative del lavoro. Per la violazione degli obblighi di collaborazione, sono previste le sanzioni penali di cui all’art. 58 d.lg. n. 81 del 2008.

Cassazione penale sez. IV  13 luglio 2011 n. 34373  

Ai sensi dell’art. 2087, c.c., nonché dell’art. 18 d.lg. n. 81 del 2008, il datore di lavoro, titolare principale della posizione di garanzia, è tenuto a vigilare sul modo con cui gli altri soggetti (con)titolari della posizione di garanzia assolvono il proprio ruolo (nella fattispecie, il medico competente); ma vanno escluse violazioni cautelari anche di colpa generica da parte del datore di lavoro, vuoi sotto il profilo della scelta del medico competente sia sotto il correlato profilo del “sindacato” sul modo con cui tale professionista procede a svolgere i propri compiti, vuoi sotto il profilo dei generali obblighi prevenzionali nello specifico settore dei rischi acustici.

Cassazione penale sez. III  09 dicembre 2004 n. 1728  

Il controllo sulla salute del lavoratore deve essere imparziale. Il divieto di accertamenti sanitari privati sulle assenze del dipendente per malattia o infortunio comporta, infatti, che le “ispezioni” possono essere fatte solo dai medici del S.s.n. e non dal medico aziendale. E ciò vale anche nelle aziende per le quali è “obbligatoria la sorveglianza sanitaria ed è stato nominato a tal fine un medico competente”, pena la responsabilità del datore di lavoro per violazione dall’art. 5 dello statuto dei lavoratori.

Cassazione penale sez. III  15 dicembre 2000 n. 936  

La prescrizione relativa alla custodia delle cartelle sanitarie dei dipendenti presso il datore di lavoro ha carattere accessorio ed integrativo della prescrizione relativa alla istituzione ed aggiornamento, sotto la responsabilità del medico competente, della cartella sanitaria e di rischio del lavoratore, così che alla violazione della stessa non può ritenersi estesa la sanzione penale di cui all’art. 92 d.lg. n. 626 del 1994. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto non integrare il reato “de quo” la tenuta delle cartelle presso lo studio del responsabile medico dei controlli sanitari).

© RIPRODUZIONE RISERVATA