Per evitare la condanna penale il datore di lavoro deve dimostrare l’adozione di tutte le misure antiinfortunistiche e la vigilanza continua sul loro rispetto in cantiere.

La Corte di Cassazione, Sezione III penale, con la sentenza n.50000/2018 – depositata il 06.11.2018 – è tornata sulla materia della sicurezza nei luoghi di lavoro, fornendo ulteriori precisazioni in ordine alla responsabilità penale del datore di lavoro e al suo obbligo di controllo delle attività lavorative.

L’incidente, il capo di imputazione e le decisioni di merito.

L’imputato, vice presidente del Consiglio di Amministrazione di una s.p.a. e titolare di specifica delega in ordine alla sicurezza e igiene sul lavoro e alla prevenzione degli infortuni e incendi, veniva tratto in giudizio e condannato nei gradi di merito per aver causato ad un dipendente lesioni personali gravi, consistite in un’ustione di terzo grado alla gamba destra per colpa aggravata dalla violazione delle norme in materia di igiene e sicurezza sul lavoro di cui agli artt. 41, primo e terzo comma, 590, primo, secondo e terzo comma, cod. pen., 81, comma 1, 77, commi 3 e 4, lettera f), in relazione all’art. 87, comma 2, lettera d), del d.lgs. n. 81 del 2008, in particolare per la mancata adozione di adeguati dispositivi antiinfortunistici utili a prevenire il rischio di ustioni ai lavoratori e non aver supervisionato alle attività lavorative svolte da operaio inesperto e non adeguatamente formato.

La decisione di legittimità e il principio di diritto.

Contro la sentenza resa dalla Corte di appello di Milano proponeva ricorso per cassazione la difesa dell’imputato dichiarato inammissibile dalla Suprema corte.

Di seguito si riporta il passaggio motivazionale di maggior rilievo per il presente commento:

“… la disposizione di cui all’art. 2087 cod. civ., rappresenta una norma di chiusura che pone in capo al datore di lavoro un obbligo generico di disposizione di tutte le misure necessarie per prevenire eventuali rischi, anche se non esplicitamente richiamate da norme particolari che prevedano reati autonomi(ex plurimis Sez. 4, n. 46979 del 10/11/2015; Sez. 3, n. 6360 del 26/01/2005); ciò non significa che il datore di lavoro debba creare un ambiente lavorativo a ‘rischio zero’, disponendo misure atte a prevenire anche gli eventi rischiosi impensabili (circostanza che implicherebbe, incostituzionalmente, la condanna a titolo di responsabilità oggettiva), ma che debba predisporre tutte quelle misure che nel caso concreto e rispetto a quella specifica lavorazione risultino idonee a prevenire i rischi tecnici dell’attività posta in essere.Il datore di lavoro è dunque titolare di una posizione di garanzia e, pertanto, ha l’obbligo, non solo di disporre le misure antiinfortunistiche, ma anche di sorvegliare continuamente sulla loro adozione da parte degli eventuali preposti e dei lavoratori, perché garante dell’incolumità fisica di questi ultimi(ex plurimis Sez. 4, n. 4361 del 21/10/2014; Sez. 4, n. 20595 del 12/04)2005), obbligo che non viene meno neppure con la nomina del responsabile di servizio di prevenzione e protezione, che ha una funzione diretta a supportare e non a sostituire il datore di lavoro(ex plurimis Sez. 4, n. 50605 del 05/04/2013; Sez. 4 n. 27420 del 20/05/2008). Orbene, proprio per culpa vigilando la Corte d’appello di Milano ha ritenuto responsabile il ricorrente, che non ha provveduto a fare assistere il lavoratore adeguatamente.

È pacifico, infatti, che la persona offesa non aveva mai svolto prima di quel momento la lavorazione in esame e che, pertanto, non poteva garantire quel livello di esperienza e competenza tecnica idoneo a giustificare l’assenza di qualsivoglia controllo da parte di altro personale. Parimenti – come correttamente evidenziato dalla Corte d’appello con puntuale risposta alle doglianze difensive – non può darsi rilievo all’esercitazione “a freddo” svoltasi poco prima della lavorazione in primis perché la complessità della lavorazione e l’inesperienza del lavoratore non consentono di ritenerla sufficiente ad evitare i possibili rischi e poi perché, come dichiarato dalla stessa persona offesa in sede dibattimentale, durante l’esercitazione a freddo erano stati omessi passaggi essenziali, quali il posizionamento dell’attrezzo e la salita sul forno. Risulta del tutto irrilevante altresì – come correttamente osservato dai giudici del gravame – il fatto che il lavoratore, nei mesi precedenti all’incidente, aveva tenuto diversi corsi relativi alla prevenzione dei rischi e alla sicurezza in azienda, perché tali corsi avevano fornito una preparazione generica e sicuramente non pertinente alla specifica lavorazione. Allo stesso modo, a nulla rileva il fatto che tutti i lavoratori del settore erano posti sotto la vigilanza del tecnico qualificato (omissis), dal momento che lo stesso non era presente durante la lavorazione, sebbene la situazione, data l’inesperienza del dipendente, richiedesse un controllo accentuato. Proprio l’assenza di ausilio da parte di soggetti qualificati dimostra l’omessa vigilanza da parte del datore di lavoro, e la conseguente responsabilità di quest’ultimo per elusione dell’obbligo di garanzia ex art. 2087 cod. civ.”.

Si segnala al lettore anche l’interessante passaggio motivazionale dove la Suprema corte scrutina il motivo di ricorso che censura la sentenza impugnata per non aver riconosciuto l’abnormità della condotta del lavoratore, come tale idonea ad interrompere il nesso causale tra l’evento di danno (lesioni personali dell’operaio) e la condotta omissiva rifluita nella incolpazione penale:

“… come correttamente osservato dai giudici del gravame, non può considerarsi quale elemento interruttivo del nesso causale tra la condotta omissiva del datore di lavoro e l’evento omissivo verificatosi, il comportamento del lavoratore, che ha omesso di posizionare correttamente la passerella che avrebbe evitato il contatto con il forno. Si ricorda, infatti, che il comportamento del lavoratore può rilevare quale limite alla responsabilità del datore di lavoro solo quando risulti abnorme, eccezionale o comunque esorbitante rispetto al procedimento lavorativo e alle precise direttive ricevute, connotandosi come del tutto imprevedibile o inopinabile, sicché tra gli obblighi del datore di lavoro è ricompreso anche il dovere di prevenire l’eventuale comportamento negligente o imprudente del lavoratore (ex plurimis Sez. 4, n. 15124 del 13/12/2016; Sez. 4, n. 37986 del 27/06/2012; Sez. 4, n. 23292 del 28/04/2011;). Orbene, nel caso di specie – come correttamente osservato dalla Corte d’appello con risposta puntuale e corretta rispetto alle ‘doglianze difensive sul punto – il comportamento del dipendente non può considerarsi eccezionale o abnorme, stanti la sua inesperienza, lo svolgimento di una prova a freddo solo parziale della lavorazione e l’entità della passerella, molto pesante rispetto alla corporatura della persona offesa, il cui posizionamento avrebbe rallentato la lavorazione. Pertanto, si condividono pienamente le considerazioni dei giudici del gravame secondo cui l’apposito ausilio predisposto dal datore di lavoro in ossequio agli obblighi imposti a suo carico dall’art. 2087 cod.civ, avrebbe potuto ben evitare l’evento dannoso; conseguenza non di un comportamento eccezionale e sconsiderato, ma solo dalla prevedibile negligenza data da inesperienza e imperizia in relazione alla specifica lavorazione posta in essere”.

 

 

Riferimenti normativi

Art. 2087 cod. civ. Tutela delle condizioni di lavoro

L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.

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Giurisprudenza in materia di responsabilità penale del datore di lavoro e condotta abnorme del lavoratore:

Cassazione penale, sez. IV, 13/12/2016, n. 15124

In tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l’evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia. (Fattispecie in cui la S.C. ha escluso l’abnormità della condotta di due lavoratori che erano deceduti, per mancanza di ossigeno, all’interno di una cisterna in cui si erano calati per svolgere le proprie mansioni, ma senza attendere l’arrivo del responsabile della manutenzione e senza utilizzare dispositivi di protezione).

Cassazione penale, sez. IV, 30/09/2016, n. 44327

Le norme dettate in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro perseguono il fine di tutelare il lavoratore persino in ordine a incidenti derivanti da sua negligenza, imprudenza e imperizia, sicché la condotta imprudente dell’infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l’evento quando sia comunque riconducibile all’area di rischio inerente all’attività svolta dal lavoratore e all’omissione di doverose misure antinfortunistiche da parte del datore di lavoro. Piuttosto, è interruttiva del nesso causale la condotta abnorme del lavoratore se e quando si collochi al di fuori dell’area di rischio definita dalla lavorazione in corso: tale comportamento è interruttivo non perché “eccezionale” ma perché “eccentrico” rispetto al rischio lavorativo che il garante è chiamato a governare (sezioni Unite, 24 aprile 2014, E. e altri) (fattispecie in cui si è esclusa la valenza interruttiva della responsabilità del datore di lavoro per l’infortunio occorso al lavoratore, il quale imprudentemente aveva utilizzato un macchinario cui era stata rimossa la protezione per sveltire le operazioni di lavoro trattandosi di situazione appartenente all’area di rischio lavorativo rientrante nei compiti di controllo del titolare della posizione di garanzia).

Cassazione penale, sez. IV, 22/10/2015, n. 44811

L’unica circostanza idonea ad escludere la responsabilità del datore di lavoro, che abbia violato le norme in materia antinfortunistica, è la condotta abnorme del lavoratore, dovendosi intendere con tale espressione il comportamento che, per la sua imprevedibilità, si collochi al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte dei soggetti preposti all’attuazione delle misure di prevenzione; la mera colpa concorrente del lavoratore, dunque, non esclude la responsabilità del datore di lavoro (fattispecie relativa all’infortunio occorso ad un lavoratore dipendente che aveva usato un macchinario non sottoposto alla dovuta manutenzione).

Cassazione penale, sez. IV, 14/07/2015, n. 36882

Posto che, in caso di infortunio subìto dal lavoratore, soltanto la condotta c.d. abnorme di quest’ultimo è idonea ad interrompere il nesso causale tra la condotta ascritta al datore di lavoro e l’evento lesivo, sussiste la responsabilità di quest’ultimo in caso di carenza dei dispositivi di sicurezza poiché la stessa non può essere sostituita dall’affidamento sull’osservanza, da parte del lavoratore, di una condotta prudente e diligente.

Cassazione penale, sez. IV, 17/06/2015, n. 29794

In linea di principio, la condotta colposa del lavoratore infortunato può escludere la responsabilità del datore di lavoro solo quando il comportamento del lavoratore, e le sue conseguenze, presentino i caratteri dell’eccezionalità e dell’abnormità, potendosi attribuire però tale carattere non solo alla condotta del tutto estranea al processo produttivo o alle mansioni attribuite (come ad esempio, nel caso che il lavoratore si dedichi a un’altra macchina o a un altro lavoro, magari esorbitando nelle competenze attribuite ad altro lavoratore), ma anche a quella che, pur rientrando nelle mansioni proprie del lavoratore, sia consistita in qualcosa di radicalmente, ontologicamente lontano dalle pur ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nell’esecuzione del lavoro (da queste premesse, rigettando il ricorso del datore di lavoro, la Corte ha comunque escluso potesse attribuirsi il carattere di comportamento abnorme e imprevedibile a un comportamento definito come “istintivo” del lavoratore, che non risultava abnorme ed esorbitante rispetto alla procedura di lavoro da determinare l’interruzione del nesso causale e di cui si doveva piuttosto tener conto nella previsione delle procedure di sicurezza del lavoro).

Cassazione penale, sez. IV, 20/01/2015, n. 4890

In tema di infortuni sul lavoro, va esclusa la responsabilità penale del datore di lavoro nel caso in cui l’evento occorso sia stato decisivamente determinato dalla condotta del lavoratore che, in consapevole violazione delle prescrizioni datoriali in materia di osservanza dei presidi di sicurezza, abbia posto in essere un’azione talmente abnorme da interrompere il nesso di causalità fra la condotta datoriale e l’evento.

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Quadro giurisprudenziale di riferimento in tema di responsabilità contrattuale del datore di lavoro ex art. 2087 cod. civ. :

 

Cassazione civile, sez. VI, 27/02/2017, n. 4970

In tema di sicurezza sul lavoro, la diligenza richiesta è esclusivamente quella esigibile per essere l’infortunio ricollegabile ad un comportamento colpevole del datore di lavoro, alla violazione di un obbligo di sicurezza e alla mancata predisposizione di misure idonee a prevenire ragioni di danno per i propri dipendenti. Così come non può accollarsi al datore di lavoro l’onere di garantire un ambiente di lavoro a ‘rischio zero’ quando di per sé il rischio di una lavorazione o di un’attrezzatura non sia eliminabile, egualmente non può pretendersi l’adozione di accorgimenti per fronteggiare evenienze infortunistiche ragionevolmente impensabili. Diversamente vi sarebbe una responsabilità oggettiva in quanto attribuita quando la diligenza richiesta sia già stata soddisfatta, al pari del caso in cui una prestazione sia ineseguibile o la diligenza richiesta non sia più esigibile.

Cassazione civile, sez. lav., 13/01/2017, n. 798

In tema di infortuni sul lavoro e di cosiddetto rischio elettivo, la responsabilità esclusiva del lavoratore sussiste soltanto ove questi abbia posto in essere un comportamento abnorme, inopinabile ed esorbitante rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive ricevute dal datore di lavoro. Spetta a quest’ultimo, poi, l’onere di provare di aver adempiuto l’obbligo di sicurezza in materia di lavoro, compreso quello formativo e quello informativo, ossia dimostrare di aver adottato tutte le cautele necessarie a impedire l’evento dannoso e di aver vigilato circa l’effettivo uso delle misure di sicurezza. A ribadire tali principi in materia di sicurezza sul lavoro è la Cassazione pronunciandosi su un ricorso contro il decreto con cui il giudice delegato al fallimento aveva rifiutato il credito vantato da un dipendente a seguito di un infortunio sul lavoro.

Cassazione civile, sez. lav., 11/04/2013, n. 8855

L’art. 2087 c.c. non configura un’ipotesi di responsabilità oggettiva, poiché la responsabilità datoriale va collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti dalla legge o suggeriti dalle conoscenze tecniche del momento (respinta, nella specie, la domanda risarcitoria avanzata da un dipendente nei confronti della banca datrice per gli asseriti danni subiti in seguito a una rapina, essendo stata ritenuta troppo generica l’allegazione sulla violazione dell’art. 2087 c.c., prospettata sulla base della sola “inspiegabile” adibizione del lavoratore a una sede lavorativa ritenuta a rischio, in difetto di allegazioni circa una condotta datoriale colpevole).

Cassazione civile, sez. lav., 17/02/2009, n. 3788

La responsabilità del datore di lavoro di cui all’art. 2087 c.c. è di natura contrattuale. Ne consegue che, ai fini del relativo accertamento, incombe sul lavoratore che lamenti di aver subito, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l’onere di provare l’esistenza di tale danno, come pure la nocività dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l’uno e l’altro elemento, mentre grava sul datore di lavoro – una volta che il lavoratore abbia provato le predette circostanze – l’onere di provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, ovvero di aver adottato tutte le cautele necessarie per impedire il verificarsi del danno medesimo. (Nella specie, in relazione ad un infortunio occorso ad una sportellista che, nello scendere dallo sgabello, era inciampata nella raggiera portapiedi, la S.C., nel rigettare il ricorso, ha rilevato che la Corte territoriale, con motivazione sufficiente e non contraddittoria, aveva escluso che fosse stata raggiunta la prova della inadeguatezza degli arredi, mentre, per contro, non risultava violata da parte della società datrice di lavoro alcuna specifica norma di prevenzione degli infortuni).

Cassazione civile, sez. lav., 17/02/2009, n. 3786

Ai fini dell’accertamento della responsabilità del datore di lavoro, ex art. 2087 c.c. – la quale non configura un’ipotesi di responsabilità oggettiva – al lavoratore che lamenti di aver subito, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute, incombe l’onere di provare l’esistenza di tale danno, la nocività dell’ambiente di lavoro ed il nesso causale fra questi due elementi, gravando invece sul datore di lavoro, una volta che il lavoratore abbia provato le suddette circostanze, l’onere di dimostrare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno e, tra queste, di aver vigilato circa l’effettivo uso degli strumenti di cautela forniti al dipendente non potendo il datore medesimo essere totalmente esonerato da responsabilità in forza dell’eventuale concorso di colpa del lavoratore, se non quando la condotta di quest’ultimo, in quanto del tutto imprevedibile rispetto al procedimento lavorativo «tipico» ed alle direttive ricevute, rappresenti essa stessa la causa esclusiva dell’evento. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che – con riferimento all’infortunio occorso ad un portalettere caduto dal ciclomotore a causa del peso esorbitante della corrispondenza e della sua cattiva distribuzione sul veicolo – aveva affermato la responsabilità di Poste italiane s.p.a. sul presupposto che i dirigenti del servizio avessero omesso di controllare che i portalettere si avvalessero effettivamente dell’ausilio fornito dai motofurgoni aziendali per il trasporto dei plichi più pesanti – il cd. «viaggetto» – ed avessero lasciato che l’utilizzo di detto supporto fosse rimesso interamente alla scelta individuale del singolo dipendente).

Cassazione civile, sez. lav., 13/08/2008, n. 21590

La responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 c.c. è di carattere contrattuale, atteso che il contenuto del contratto individuale di lavoro risulta integrato per legge, ai sensi dell’art. 1374 c.c., dalla disposizione che impone l’obbligo di sicurezza e lo inserisce nel sinallagma contrattuale. Ne consegue che il riparto degli oneri probatori nella domanda di danno da infortunio sul lavoro si pone negli stessi termini dell’art. 1218 c.c. circa l’inadempimento delle obbligazioni, da ciò discendendo che il lavoratore il quale agisca per il riconoscimento del danno differenziale da infortunio sul lavoro deve allegare e provare l’esistenza dell’obbligazione lavorativa, l’esistenza del danno ed il nesso causale tra quest’ultimo e la prestazione, mentre il datore di lavoro deve provare la dipendenza del danno da causa a lui non imputabile e, cioè, di aver adempiuto interamente all’obbligo di sicurezza, apprestando tutte le misure per evitare il danno.

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Quadro giurisprudenziale sulla condotta abnorme del lavoratore quale causa di da interruzione del nesso di causalità tra la condotta e l’evento dannoso cagionato al lavoratore (morte o lesioni personali).

 

Cassazione penale, sez. IV, 13/12/2016, n. 15124.

In tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l’evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia. (Fattispecie in cui la S.C. ha escluso l’abnormità della condotta di due lavoratori che erano deceduti, per mancanza di ossigeno, all’interno di una cisterna in cui si erano calati per svolgere le proprie mansioni, ma senza attendere l’arrivo del responsabile della manutenzione e senza utilizzare dispositivi di protezione).

Cassazione penale, sez. IV, 30/09/2016, n. 44327.

Le norme dettate in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro perseguono il fine di tutelare il lavoratore persino in ordine a incidenti derivanti da sua negligenza, imprudenza e imperizia, sicché la condotta imprudente dell’infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l’evento quando sia comunque riconducibile all’area di rischio inerente all’attività svolta dal lavoratore e all’omissione di doverose misure antinfortunistiche da parte del datore di lavoro. Piuttosto, è interruttiva del nesso causale la condotta abnorme del lavoratore se e quando si collochi al di fuori dell’area di rischio definita dalla lavorazione in corso: tale comportamento è interruttivo non perché “eccezionale” ma perché “eccentrico” rispetto al rischio lavorativo che il garante è chiamato a governare (sezioni Unite, 24 aprile 2014, E. e altri) (fattispecie in cui si è esclusa la valenza interruttiva della responsabilità del datore di lavoro per l’infortunio occorso al lavoratore, il quale imprudentemente aveva utilizzato un macchinario cui era stata rimossa la protezione per sveltire le operazioni di lavoro trattandosi di situazione appartenente all’area di rischio lavorativo rientrante nei compiti di controllo del titolare della posizione di garanzia).

Cassazione penale, sez. IV, 22/10/2015, n. 44811.

L’unica circostanza idonea ad escludere la responsabilità del datore di lavoro, che abbia violato le norme in materia antinfortunistica, è la condotta abnorme del lavoratore, dovendosi intendere con tale espressione il comportamento che, per la sua imprevedibilità, si collochi al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte dei soggetti preposti all’attuazione delle misure di prevenzione; la mera colpa concorrente del lavoratore, dunque, non esclude la responsabilità del datore di lavoro (fattispecie relativa all’infortunio occorso ad un lavoratore dipendente che aveva usato un macchinario non sottoposto alla dovuta manutenzione).

Cassazione penale, sez. IV, 14/07/2015, n. 36882.

Posto che, in caso di infortunio subìto dal lavoratore, soltanto la condotta c.d. abnorme di quest’ultimo è idonea ad interrompere il nesso causale tra la condotta ascritta al datore di lavoro e l’evento lesivo, sussiste la responsabilità di quest’ultimo in caso di carenza dei dispositivi di sicurezza poiché la stessa non può essere sostituita dall’affidamento sull’osservanza, da parte del lavoratore, di una condotta prudente e diligente.

Cassazione penale, sez. IV, 17/06/2015, n. 29794.

In linea di principio, la condotta colposa del lavoratore infortunato può escludere la responsabilità del datore di lavoro solo quando il comportamento del lavoratore, e le sue conseguenze, presentino i caratteri dell’eccezionalità e dell’abnormità, potendosi attribuire però tale carattere non solo alla condotta del tutto estranea al processo produttivo o alle mansioni attribuite (come ad esempio, nel caso che il lavoratore si dedichi a un’altra macchina o a un altro lavoro, magari esorbitando nelle competenze attribuite ad altro lavoratore), ma anche a quella che, pur rientrando nelle mansioni proprie del lavoratore, sia consistita in qualcosa di radicalmente, ontologicamente lontano dalle pur ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nell’esecuzione del lavoro (da queste premesse, rigettando il ricorso del datore di lavoro, la Corte ha comunque escluso potesse attribuirsi il carattere di comportamento abnorme e imprevedibile a un comportamento definito come “istintivo” del lavoratore, che non risultava abnorme ed esorbitante rispetto alla procedura di lavoro da determinare l’interruzione del nesso causale e di cui si doveva piuttosto tener conto nella previsione delle procedure di sicurezza del lavoro).

Cassazione penale, sez. IV, 20/01/2015, n. 4890.

In tema di infortuni sul lavoro, va esclusa la responsabilità penale del datore di lavoro nel caso in cui l’evento occorso sia stato decisivamente determinato dalla condotta del lavoratore che, in consapevole violazione delle prescrizioni datoriali in materia di osservanza dei presidi di sicurezza, abbia posto in essere un’azione talmente abnorme da interrompere il nesso di causalità fra la condotta datoriale e l’evento.

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