Responsabilità dell’équipe in sala parto: sussiste la cooperazione colposa del ginecologo e dell’ostetrica in caso lesioni patite dal neonato per aver ritardato il parto cesareo.
Si segnala ai lettori la recente sentenza n.47801/2018, depositata il 19.10.2018, con la quale la Corte di Cassazione ha sottoposto al vaglio di legittimità un caso di colpa medica relativo alla responsabilità penale di un ginecologo e di una ostetrica per le gravi lesioni riportate da un neonato in conseguenza di una errata gestione del parto.
Nello specifico, la Suprema corte, ha rigettato il ricorso per cassazione interposto dalla difesa del giudicabile – già condannato nei gradi di merito nella sua qualità di medico ginecologo, al quale veniva contestato di avere cagionato una lesione al neonato (danno ipossico) da cui è derivata una grave e probabilmente insanabile malattia (tetraparesi distonica); la condotta contestata al medico ed all’ostetrica, assumeva i caratteri della colpa omissiva di tipo attendista, per aver non aver gestito con le corrette modalità la gravidanza da considerare a rischio, non intervenendo tempestivamente con il parto cesareo malgrado segnali di sofferenza fetale, così cagionando il verificarsi dell’evento avverso.
Di seguito il passaggio motivazionale di maggiore interesse per il presente commento che ascrive al ginecologo ed all’ostetrica i noti principi della responsabilità dell’équipe medica:
“… è necessario richiamare quanto affermato anche in epoca recente dalla Corte di legittimità a proposito della responsabilità congiunta e concorrente del medico ginecologo e dell’ostetrica al manifestarsi di sofferenza fetale: sulla scorta di un indirizzo ormai consolidato, è stata affermata la corresponsabilità del ginecologo (nel trascurare i segnali di sofferenza fetale) e delle ostetriche (nel venir meno al dovere di segnalare il peggioramento del tracciato cardiotocografico), trattandosi di attività rientranti nelle competenze di entrambe le figure professionali operanti in equipe; e si è ribadito che l’obbligo di diligenza che grava su ciascun componente dell’equipe medica concerne non solo le specifiche mansioni a lui affidate, ma anche il controllo sull’operato e sugli errori altrui che siano evidenti e non settoriali, in quanto tali rilevabili con l’ausilio delle comuni conoscenze del professionista medio(Sez. 4, Sentenza n. 53315 del 18/10/2016, Paita e altri, Rv. 269678). Per cui non ha pregio l’obiezione del ricorrente secondo il quale, in una situazione giudicata non preoccupante e di travaglio di parto spontaneo (benché indotto), il monitoraggio doveva essere gestito in via esclusiva dall’ostetrica e il dott. (omissis) aveva quale unico obbligo quello della reperibilità.
(…) Sul punto vale il principio, a più riprese affermato dalla giurisprudenza di legittimità, in base al quale il medico che succede ad un collega nel turno in un reparto ospedaliero assume nei confronti dei pazienti ricoverati la medesima posizione di garanzia di cui quest’ultimo era titolare, circostanza che lo obbliga ad informarsi circa le condizioni di salute dei pazienti medesimi e delle particolari cure di cui necessitano (Sez. 4, n. 44622 del 11/07/2017, Aramu, Rv. 271029).
Interessante anche il passaggio della motivazione sulla individuazione del grado della colpa ai fini della punibilità penale:
(…) Tanto osservato, è noto che, in tema di responsabilità per attività medico chirurgica, al fine di distinguere la colpa lieve dalla colpa grave, possono essere utilizzati i seguenti parametri valutativi della condotta tenuta dall’agente: a) la misura della divergenza tra la condotta effettivamente tenuta e quella che era da attendersi, b) la misura del rimprovero personale sulla base delle specifiche condizioni dell’agente; c) la motivazione della condotta; d) la consapevolezza o meno di tenere una condotta pericolosa (oltre alla giurisprudenza citata in proposito nella sentenza impugnata si veda in senso conforme Sez. 4, n. 22405 del 08/05/2015 – dep. 27/05/2015, Piccardo, Rv. 263736).
Tali parametri sono stati convenientemente scrutinati in sede di merito e può qui unicamente aggiungersi che il tema dei segnali di sofferenza fetale e delle possibili, gravissime conseguenze di un intervento tardivo è ampiamente noto non solo in letteratura medica, ma anche in giurisprudenza; ne discende che il grado di scostamento della condotta omissiva del dott. (omissis), valutato congiuntamente alla (necessaria) consapevolezza delle cautele da adottare in una situazione come quella che si stava manifestando (e che doveva essergli nota, quanto meno nelle sue prospettive, fin dal momento dell’assunzione del servizio di turno) impone di escludere che, nella specie, possa parlarsi di colpa non grave”.
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Quadro giurisprudenziale di riferimento in tema di responsabilità penale del medico ginecologo:
Cassazione civile sez. III 28 febbraio 2017 n. 5004
In materia di responsabilità per attività medico-chirurgica, il ginecologo di fiducia della gestante che riscontri, tramite esame specialistico, un’alterazione cromosomica o altre anomalie del feto, non può limitarsi a comunicare tale dato alla propria paziente, indirizzandola al laboratorio di analisi per ulteriori approfondimenti, atteso che gli obblighi di informazione a suo carico devono estendersi a tutti gli elementi idonei a consentire a quest’ultima una scelta informata e consapevole, sia nel senso della interruzione della gravidanza, che della sua prosecuzione, non sottacendo, in tal caso, l’illustrazione delle problematicità da affrontare; a propria volta, il laboratorio di analisi ed il genetista non possono limitarsi alla verifica della esistenza della anomalia, reindirizzando la paziente al ginecologo di fiducia ma, a specifica richiesta della gestante, devono soddisfare le sue richieste di informazione anche in relazione alle più probabili conseguenze delle anomalie riscontrate.
Cassazione penale, sez. IV, 18/10/2016, n. 53315
In tema di responsabilità medica, l’obbligo di diligenza che grava su ciascun componente dell’equipe medica concerne non solo le specifiche mansioni a lui affidate, ma anche il controllo sull’operato e sugli errori altrui che siano evidenti e non settoriali, in quanto tali rilevabili con l’ausilio delle comuni conoscenze del professionista medio. (Fattispecie in cui la Corte ha confermato la sentenza di condanna per il reato di omicidio colposo nei confronti, oltre che del ginecologo, anche delle ostetriche, ritenendo che l’errore commesso dal ginecologo nel trascurare i segnali di sofferenza fetale non esonerava le ostetriche dal dovere di segnalare il peggioramento del tracciato cardiotocografico, in quanto tale attività rientrava nelle competenze di entrambe le figure professionali operanti in equipe).
Cassazione civile sez. III 10/01/2017 n. 243
In tema di responsabilità medica, qualora risulti che un ginecologo, al quale una gestante si sia rivolta per accertamenti sull’andamento della gravidanza e sulle condizioni del feto, abbia omesso di prescrivere l’amniocentesi, esame che avrebbe evidenziato la peculiare condizione dello stesso (“sindrome di down”), la mera circostanza che, due mesi dopo quella prestazione, la gestante abbia rifiutato di sottoporsi ad ulteriori accertamenti prenatali non elide l’efficacia causale dell’inadempimento del medico quanto alla perdita della “chance” di conoscere lo stato del feto sin dal momento in cui quell’inadempimento si è verificato; conseguentemente, ove la gestante lamenti di aver subito un danno alla salute psico-fisica, per aver scoperto la condizione del figlio solo al termine della gravidanza, la perdita di quella “chance” deve essere considerata parte del danno ascrivibile all’inadempimento del medico.
Cassazione penale, sez. IV, 30/09/2016, n. 47078
Non sussiste nesso causale tra l’operato del ginecologo ed il decesso di paziente sopravvenuto in esito a rare ed imprevedibili complicanze sopraggiunte successivamente al momento dell’estrazione del feto premorto, allorquando, alla stregua delle risultanze della perizia medico legale d’ufficio, le sequenze cliniche evidenzino un’evoluzione anomala e repentina, tale da frapporsi tra la condotta omissiva del medico e l’evento dannoso, assumendo funzione di autonoma causa, da sola idonea a cagionare quest’ultimo ed, al contempo, debba escludersi, con elevato grado di credibilità razionale, che un evento dannoso sarebbe stato evitato (o si sarebbe verificato in epoca significativamente posteriore o con minore intensità) ove la dovuta induzione del parto fosse stata tempestivamente eseguita.
Cassazione penale, sez. IV, 14/06/2016, n. 40703
In tema di responsabilità professionale medica, sussiste a carico del medico ginecologo l’obbligo di seguire con diligenza la gravidanza delle pazienti che a lui si affidano, avendo egli il dovere di assicurare attraverso i concordati controlli periodici, nonché interpretando e valorizzandole sintomatologie riferite, o comunque apprese, che la gravidanza possa giungere a compimento senza danni per la madre e per il nascituro. (Fattispecie in tema di omicidio colposo, in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza di condanna di un ginecologo che, in presenza di una riferita infezione da varicella con gravi difficoltà respiratorie, aveva omesso di visitare la paziente e di disporre l’immediato ricovero in ospedale).
Cassazione penale, sez. V, 04/07/2014, n. 52411
In tema di responsabilità professionale medica, allorché il sanitario si trova di fronte ad una sintomatologia idonea a formulare una diagnosi differenziale, la condotta è colposa quando non si proceda alla stessa, e ci si mantenga, invece, nell’erronea posizione diagnostica iniziale; ciò, sia nelle situazioni in cui la necessità della diagnosi differenziale è già in atto, sia laddove è prospettabile che vi si debba ricorrere nell’immediato futuro a seguito di una prevedibile modificazione del quadro o della significatività del perdurare della situazione già esistente. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione impugnata per aver giudicato configurabile la responsabilità del ginecologo, che non aveva eseguito un monitoraggio intermittente sulle condizioni del feto, nonostante dai tracciati emergessero segni di sofferenza fetale ai quali era seguita, come sviluppo prevedibile, la morte del nascituro).
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Quadro giurisprudenziale di riferimento in tema di responsabilità penale dell’équipe medica:
Cassazione penale sez. IV 20 aprile 2017 n. 27314.
La responsabilità penale di ciascun componente di una équipe medica non può essere affermata sulla base dell’accertamento di un errore diagnostico genericamente attribuito alla équipe nel suo complesso, ma va legata alla valutazione delle concrete mansioni di ciascun componente, nella prospettiva di verifica, in concreto, dei limiti oltre che del suo operato, anche di quello degli altri. Occorre cioè accertare se e a quali condizioni ciascuno dei componenti dell’équipe, oltre ad essere tenuto per la propria parte al rispetto delle regole di cautela e delle leges artis previste con riferimento alle sue specifiche mansioni, debba essere tenuto anche a farsi carico delle manchevolezze dell’altro componente dell’équipe o possa viceversa fare affidamento sulla corretta esecuzione dei compiti altrui.
Cassazione penale sez. IV 30 marzo 2016 n. 18780
In tema di responsabilità medica, la limitazione della responsabilità in caso di colpa lieve prevista dall’art. 3 d.l. 13 settembre 2012 n. 158, conv. dalla l. 8 novembre 2012 n. 189, sicuramente opera per le condotte professionali conformi alle linee guida contenenti regole di perizia, ma è inapplicabile nel caso di accertato macroscopico scostamento del comportamento tenuto rispetto a quello doverosamente esigibile dal medico specialista (ciò che è stato ritenuto nei confronti di un medico ginecologo chiamato rispondere di lesioni gravissime subite dal feto, durante il parto, provocate dall’esecuzione di una manovra di estrazione che, pur delicata, non implicava la soluzione di problemi di particolare difficoltà e rientrava nelle sue normali competenze).
Cassazione penale sez. IV 06 marzo 2012 n. 17222
La posizione di garanzia del capo dell’equipe chirurgica non è limitata all’ambito strettamente operatorio; ma si estende al contesto postoperatorio (rigettato il ricorso di un medico, capo dell’equipe chirurgica che aveva operato un neonato, a cui era stato mosso l’addebito di non aver disposto dopo l’operazione il ricovero in unità di terapia intensiva del piccolo e di non aver comunque dato disposizioni per un articolato monitoraggio dei parametri vitali; con la conseguenza che non era stata diagnosticata tempestivamente una emorragia che, per mancanza delle terapie necessarie, aveva determinato la morte del bambino).
Cassazione penale sez. IV 26 ottobre 2011 n. 46824
In tema di colpa professionale, qualora ricorra l’ipotesi di cooperazione multidisciplinare, ancorché non svolta contestualmente, ogni sanitario è tenuto, oltre che al rispetto dei canoni di diligenza e prudenza connessi alle specifiche mansioni svolte, all’osservanza degli obblighi derivanti dalla convergenza di tutte le attività verso il fine comune ed unico. Ne consegue che ogni sanitario non può esimersi dal conoscere e valutare l’attività precedente o contestuale svolta da altro collega, sia pure specialista in altra disciplina, e dal controllarne la correttezza, se del caso ponendo rimedio ad errori altrui che siano evidenti e non settoriali, rilevabili ed emendabili con l’ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio. Né può invocare il principio di affidamento l’agente che non abbia osservato una regola precauzionale su cui si innesti l’altrui condotta colposa, poiché allorquando il garante precedente abbia posto in essere una condotta colposa che abbia avuto efficacia causale nella determinazione dell’evento, unitamente alla condotta colposa del garante successivo, persiste la responsabilità anche del primo in base al principio di equivalenza delle cause, a meno che possa affermarsi l’efficacia esclusiva della causa sopravvenuta, che deve avere carattere di eccezionalità ed imprevedibilità, ciò che si verifica solo allorquando la condotta sopravvenuta abbia fatto venire meno la situazione di pericolo originariamente provocata o l’abbia in tal modo modificata da escludere la riconducibilità al precedente garante della scelta operata.
Cassazione penale sez. IV 02 aprile 2010 n. 19637
In caso di intervento operatorio ad opera di “équipe” chirurgica, e più in generale nella ipotesi di cooperazione multidisciplinare nell’attività medico-chirurgica, ogni sanitario è tenuto ad osservare, oltre che il rispetto delle regole di diligenza e prudenza connessi alle specifiche e settoriali mansioni svolte, gli obblighi ad ognuno derivanti dalla convergenza di tutte le attività verso il fine comune ed unico. Ogni sanitario, quindi, non può esimersi dal conoscere e valutare (nei limiti e termini in cui sia da lui conoscibile e valutabile) l’attività precedente e contestuale di altro collega e dal controllarne la correttezza, se del caso ponendo rimedio ad errori altrui che siano evidenti e non settoriali ed emendabili con l’ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio (nella specie, sia il chirurgo che l’anestesista erano stati ritenuti responsabili per lesioni riportate dalla paziente in seguito ad un intervento chirurgico e riconducibili all’errato posizionamento sul lettino operatorio).
Cassazione penale sez. IV 06 aprile 2005 n. 22579
La circostanza dello “scioglimento dell’équipe operatoria”, che abbia a verificarsi quando ancora l’intervento deve essere completato da adempimenti di particolare semplicità, esclude l’elemento della colpa per negligenza in capo al medico che ha abbandonato anticipatamente l’équipe, sempre che non si tratti di intervento operatorio ad alto rischio e l’allontanamento sia giustificato da pressanti ed urgenti necessità professionali.
Cassazione penale sez. IV 08 febbraio 2005 n. 12275
La posizione di garanzia dell’équipe chirurgica nei confronti del paziente non si esaurisce con l’intervento, ma riguarda anche la fase post-operatoria, gravando sui sanitari un obbligo di sorveglianza sulla salute del soggetto operato; ne consegue che dalla violazione di tale obbligo, fondato anche sul contratto d’opera professionale, può discendere la responsabilità penale dei medici qualora l’evento dannoso sia causalmente connesso ad un comportamento omissivo ex art. 40 comma 2 c.p. (Fattispecie in cui è stata riconosciuta la responsabilità per il reato di cui all’art. 589 c.p. dei componenti l’équipe chirurgica, colpevoli di aver fatto rientrare il paziente nel reparto dopo l’intervento, anziché sottoporlo a terapia intensiva, sottovalutando elementi significativi, quali l’incremento progressivo della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca, che rendevano prevedibile un’insufficienza respiratoria).
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