L’amministratore di diritto risponde di bancarotta fraudolenta patrimoniale solo se è dimostrato che gli atti di distrazione ricadono nel periodo della sua gestione.

In tema di reati fallimentari si segnala ai lettori del blog la sentenza n. 54511/2018, depositata il 05.12.2018, con la quale la Corte di cassazione ha annullato la sentenza della Corte territoriale per vizio di motivazione sull’effettivo contributo causale dell’amministratore di diritto alle condotte distrattive a lui contestate (genericamente)  quale fatto di bancarotta fraudolenta patrimoniale.

Secondo il ricorrente la Corte distrettuale non avrebbe confutato, se non apparentemente, i rilievi svolti con l’atto di appello circa il mancato accertamento dell’oggetto della presunta distrazione, l’effettiva sussistenza di beni nel patrimonio della fallita durante la sua gestione e la sussistenza dell’elemento soggettivo del delitto contestato.

La Suprema corte ha accolto il ricorso e cassato con  rinvio la sentenza impugnata.

Di seguito si riporta il passaggio della  motivazione qui di interesse:

“… la sentenza impugnata si è limitata ad evidenziare la confusione tra la gestione della fallita ed altra società (la (omissis)) facente capo ai coimputati (omissis) e (omissis) e l’assunzione sostanzialmente formale da parte del (omissis) della carica di amministratore della (omissis) solo pochi mesi prima del suo fallimento, nonché il suo eventuale coinvolgimento nella sottrazione di due furgoni di proprietà della citata (omissis) (fatto che peraltro non risulta essergli stato contestato, quantomeno nel presente procedimento).

Nulla viene precisato, invece, in merito al reale contributo prestato dall’imputato alla condotta distrattiva contestata e, soprattutto, in ordine all’effettiva consumazione della medesima nel corso della sua breve gestione, nonché all’accertamento dei beni e delle attività presenti nel patrimonio della fallita al momento dell’assunzione della carica da parte del medesimo, posto che egli non potrebbe rispondere dei fatti eventualmente realizzati prima di tale momento.

In proposito va infatti ribadito che è illegittima l’affermazione della responsabilità dell’amministratore fondata esclusivamente sul mancato rinvenimento di dati beni di cui la società abbia avuto il possesso in epoca anteriore e prossima al fallimento, qualora sia subentrato un nuovo amministratore con estromissione del precedente dalla gestione dell’impresa, considerato che, in tal caso, la responsabilità dell’amministratore cessato può essere affermata solo a condizione che risulti dimostrata la collocazione cronologica degli atti di distrazione nel corso della sua gestione o l’esistenza di un accordo con l’amministratore subentrato per il compimento di tali atti (Sez. 5, n. 172/07 del 7 giugno 2006, Vianello e altri, Rv. 236031).

In tal senso la motivazione della sentenza non solo individua in maniera assertiva l’oggetto della distrazione (limitandosi a richiamare le dichiarazioni dei dipendenti della società in merito alla confusione gestionale con la citata (omissis), ma senza precisare quale fosse l’effettiva consistenza patrimoniale della fallita e cosa effettivamente sarebbe stato distratto), ma per l’appunto nemmeno chiarisce il momento in cui sarebbe intervenuta la spoliazione della (omissis), né motiva (se non in maniera apodittica) sull’eventuale consapevolezza da parte dell’imputato di aver contribuito attraverso la mera formale assunzione della gestione all’agevolazione di condotte poste in essere anche precedentemente da altri”.

*****

Riferimenti normativi

Art.216 R.D. n. 267/1942. Bancarotta fraudolenta.

“È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che:

1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;

2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.

La stessa pena si applica all’imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.

È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.

Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa”.

*****

Quadro giurisprudenziale di riferimento delle più recenti pronunce di legittimità in materia di bancarotta fraudolenta:

Cassazione penale sez. V, 25 giugno 2018 n. 40100.  

Poiché il fallimento determinato da operazioni dolose configura un’eccezionale ipotesi di fattispecie a sfondo preterintenzionale, l’onere probatorio dell’accusa si esaurisce nella dimostrazione della consapevolezza e volontà della natura dolosa dell’operazione alla quale segue il dissesto, nonché dell’astratta prevedibilità di tale evento quale effetto dell’azione antidoverosa, non essendo necessarie, ai fini dell’integrazione dell’elemento soggettivo, la rappresentazione e volontà dell’evento fallimentare.

Cassazione penale sez. V, 05 giugno 2018 n. 30105.  

Integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione la condotta dell’amministratore che prelevi dalle casse sociali somme a lui spettanti come retribuzione, se tali compensi sono solo genericamente indicati nello statuto e non vi sia stata determinazione di essi con delibera assembleare, perchè, in tal caso, il credito è da considerarsi illiquido, in quanto, sebbene certo nell’”an”, non è determinato anche nel “quantum”. (In motivazione, la Corte ha chiarito che non è giustificabile alcuna autoliquidazione dei compensi dell’amministratore).

Cassazione penale sez. III  20 aprile 2018 n. 33380  

Integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione la restituzione da parte dell’amministratore della società emittente fatture per operazioni inesistenti del corrispettivo versato dal simulato acquirente, transitato nel patrimonio della società e restituito decurtato dal compenso pattuito per l’emittente anche il temporaneo ingresso nel patrimonio della fallita di beni che in forza di un patto illecito vengano restituiti al dante causa determina, invero, un incremento dello stesso che espande le garanzie dei creditori, con la conseguenza che la restituzione costituisce atto ingiustificato idoneo a integrare la condotta di distrazione.

 Cassazione penale sez. V, 27 marzo 2018 n. 27141  

Non sussiste violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza nel caso in cui il giudice di appello, in parziale riforma della sentenza di condanna di primo grado relativa al reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, riqualifichi il fatto come bancarotta preferenziale, in quanto l’atto dispositivo tipico di tale fattispecie criminosa costituisce una “species” del più ampio “genus” di sottrazioni di risorse del patrimonio della società, che caratterizza la bancarotta per distrazione.

Cassazione penale sez. I, 09 marzo 2018 n. 14783  

In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, ai fini della configurabilità del concorso dell’amministratore privo di delega per omesso impedimento dell’evento, è necessario che, nel quadro di una specifica contestualizzazione delle distrazioni in rapporto alle concrete modalità di funzionamento del consiglio di amministrazione, emerga la prova, da un lato, dell’effettiva conoscenza di fatti pregiudizievoli per la società o, quanto meno, di “segnali di allarme” inequivocabili dai quali desumere l’accettazione del rischio – secondo i criteri propri del dolo eventuale – del verificarsi dell’evento illecito e, dall’altro, della volontà – in guisa di dolo indiretto – di non attivarsi per scongiurare detto evento.

Cassazione penale sez. V, 23 giugno 2017 n. 38396  

La fattispecie della bancarotta fraudolenta patrimoniale è reato di pericolo concreto, sicché, per il suo perfezionamento, è esclusa la necessità di un nesso causale tra i fatti di bancarotta ed il successivo fallimento, laddove i fatti di bancarotta possono assumere rilievo in qualsiasi momento siano stati commessi e, quindi, anche se la condotta si è realizzata quando l’impresa ancora non versava in condizioni di insolvenza. In quanto reato di pericolo concreto è comunque necessario che il fatto di bancarotta abbia determinato un effettivo depauperamento dell’impresa e un effettivo pericolo per la integrità del patrimonio dell’impresa, da valutare nella prospettiva dell’esito concorsuale e dell’idoneità del fatto distrattivo ad incidere sulla garanzia dei creditori.

Cassazione penale sez. un.  31 marzo 2016 n. 22474  

L’elemento soggettivo del delitto di bancarotta fraudolenta è costituito dal dolo generico, per la cui sussistenza non è necessaria la consapevolezza dello stato di insolvenza dell’impresa, né lo scopo di recare pregiudizio ai creditori, essendo sufficiente la consapevole volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte.

© RIPRODUZIONE RISERVATA