Sussiste la responsabilità penale dell’intera équipe chirurgica se il decesso del paziente deriva da una infezione causata da una garza derelitta nel cavo operatorio prima della sutura
Si segnala ai lettori del blog l’interessante sentenza n. 54573/2018 – depositata il 06.12.2018, resa dalla IV Sezione penale della Corte di Cassazione in materia di colpa medica, con la quale è stata scrutinata una fattispecie di responsabilità professionale di natura penale ascritta a due chirurghi per aver abbandonato una garza all’interno della cavità pleurica di un paziente all’esito di un complesso intervento eseguito in équipe.
L’iter processuale di merito ed il fatto addebitato.
Il doppio giudizio di merito si concludeva con la sentenza della Corte di appello di Napoli che in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Avellino, accoglieva l’impugnazione proposta dal pubblico ministero e riconosceva la responsabilità di due operatori dell’equipe medica che aveva trattato chirurgicamente un paziente presso il locale nosocomio per grave patologia polmonare (carcinoma).
L’imputazione per cooperazione in omicidio colposo era stata formulata dalla Procura in ragione del decesso del paziente derivato da una complicanza settica causa di empiema con fistola e polmonite destra in ragione dell’abbandono all’interno di cavità pleurica di una garza di consistenti dimensioni.
La Corte distrettuale riconosceva sia il nesso di causalità tra il trattenimento della garza e le lesioni determinatesi a carico della zona trattata chirurgicamente da cui era poi derivata la morte del paziente, sia la responsabilità penale del capo équipe in ragione degli obblighi sullo stesso gravanti nel conteggio delle garze all’inizio e alla fine del trattamento, anche sulla base di specifiche regole sanitarie sintetizzate in Raccomandazioni ministeriali, tenuto conto del suo ruolo apicale e del fatto che lo stesso aveva preso parte all’intero svolgimento dell’intervento, durato circa dieci ore.
Riconosceva, altresì, la responsabilità di altro operatore subentrato solo dopo l’inizio dell’intervento, per mancato conteggio delle garze utilizzate al momento dello scioglimento dell’equipe e per non aver atteso la conclusione del trattamento sanitario per abbandonare l’equipe.
La Suprema corte ha rigettato i ricorsi interposti dai due chirurghi; di seguito di evidenziano i passaggi del tessuto motivazionale di maggior interesse per i sanitari e gli operatori di diritto.
(i) Responsabilità del capo équipe sul controllo del campo operatorio e sui presidi utilizzati:
“ Parimenti infondati sono i motivi di ricorso che attengono alla responsabilità del (omissis) atteso che, esclusi fattori alternativi di interruzione del rapporto di causalità tra la dimenticanza della garza e l’evento dannoso il giudice di appello ha motivato in termini assolutamente logici e condivisibili come la responsabilità del (omissis) sorgesse dall’essere questi il primo operatore nell’ambito dell’equipe medica che aveva provveduto al trattamento chirurgico e che il controllo sul numero delle garze utilizzato non poteva ritenersi affidato esclusivamente al personale ausiliario o paramedico, laddove è stato riconosciuto che di regola grava sul capo dell’equipe medico chirurgica il dovere, da valutarsi alla luce delle particolari condizioni operative, di controllare il conteggio dei ferri utilizzati nel corso dell’intervento e di verificare con attenzione il campo operatorio prima della sua chiusura, al fine di evitare l’abbandono in esso di oggetti facenti parte dello strumentario (quale una garza sez.IV, 25.5.2016, Cannariato e altro, Rv.267548).
(ii) Inapplicabilità del Decreto Balduzzi:
Sotto diverso profilo del tutto infondato è anche il rilievo relativo alla omessa considerazione della applicabilità della disciplina Balduzzi (art.3 comma primo legge 8.11.2012 n.189) la quale opera in caso di condotta professionale conforme alle linee guida ed alle buone pratiche, anche nella ipotesi di errori connotati da profili di colpa generica diversi dall’imperizia (sez.IV, 11.5.2016, Denegri, Rv.266903), laddove il giudice di appello ha del tutto escluso che la fattispecie potesse in qualche modo essere ricondotta alla sopra richiamata disciplina, laddove a fronte di un addebito di negligenza generica, veniva altresì specificato dal giudice distrettuale, conformemente al capo di imputazione, che la condotta del sanitario si era posta in contrasto con specifiche Raccomandazioni sanitarie del Ministero della Sanità risalenti all’anno 2007 allo scopo di evitare la ritenzione di presidi medici all’interno del sito chirurgico, di talchè risultavano disattese dal ricorrente le buone prassi sanitarie, peraltro codificate in apposite raccomandazioni, volte a presidiare la salute del paziente anche in relazione a difetti di vigilanza e di monitoraggio strettamente connessi alla esecuzione del gesto chirurgico. Ne consegue pertanto la estraneità della vicenda al campo di applicazione della disciplina richiamata.
(iii) La condotta dell’aiuto chirurgo e la colpa connessa all’abbandono del campo operatorio:
(…) Invero il giudice di appello da un lato ha ritenuto, del tutto motivatamente, che l’eventuale autorizzazione del capo equipe alla cessazione anticipata dell’apporto del secondo operatore non sarebbe stata in grado di modificare i termini della questione, poiché quest’ultimo aveva comunque maturato un autonomo dovere di vigilanza e di intervento proprio in ragione del fatto di avere partecipato a un rilevante segmento dell’operazione; dall’altra ha riconosciuto come la delicatezza e la lunghezza dell’intervento, la articolazione delle manovre di sutura (da eseguirsi a strati), la esigenza di procedere ad una conta finale dei presidi impiegati in uno con la condizione del capo equipe, provato da oltre dieci ore di intervento, oltre a rendere inopportuno l’abbandono del campo operatorio da parte del (omissis), secondo operatore, comportavano che gli adempimenti finali dovessero ritenersi tutt’altro che routinari o di agevole esecuzione così da escludere l’elemento soggettivo della colpa per negligenza in capo al sanitario che aveva anticipatamente abbandonato l’equipe (sez.IV, 6.4.2005, Malinconico e altro, Rv.231783). Proprio sulla base delle distinzioni operate dal predetto precedente specifico (si trattava appunto di garza lasciata all’interno di cavo operatorio) il giudice di appello ha evidenziato come si vertesse in ipotesi di intervento operatorio particolarmente complesso e ad alto rischio, che la stessa fase conclusiva del trattamento presentava delle difficoltà in ragione dell’articolato procedimento di sutura e che la stessa conta finale assumeva nella specie un particolare rilievo in ragione della mancata esplicitazione, nella scheda di intervento, delle progressive operazioni di verifica e di conta, pure imposte nelle istruzioni ministeriali, obblighi solidalmente disattesi da tutti gli operatori e dal ferrista”.
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Riferimenti normativi
Raccomandazione n. 2, Marzo 2008, Ministero della Salute.
“RACCOMANDAZIONE PER PREVENIRE LA RITENZIONE DI GARZE, STRUMENTI O ALTRO MATERIALE ALL’INTERNO DEL SITO CHIRURGICO”.
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Quadro giurisprudenziale di riferimento in materia di responsabilità penale d’équipe medica:
Cassazione penale sez. IV 20 aprile 2017 n. 27314
La responsabilità penale di ciascun componente di una équipe medica non può essere affermata sulla base dell’accertamento di un errore diagnostico genericamente attribuito alla équipe nel suo complesso, ma va legata alla valutazione delle concrete mansioni di ciascun componente, nella prospettiva di verifica, in concreto, dei limiti oltre che del suo operato, anche di quello degli altri. Occorre cioè accertare se e a quali condizioni ciascuno dei componenti dell’équipe, oltre ad essere tenuto per la propria parte al rispetto delle regole di cautela e delle leges artis previste con riferimento alle sue specifiche mansioni, debba essere tenuto anche a farsi carico delle manchevolezze dell’altro componente dell’équipe o possa viceversa fare affidamento sulla corretta esecuzione dei compiti altrui.
Cassazione penale sez. IV 30 marzo 2016 n. 18780
In tema di responsabilità medica, la limitazione della responsabilità in caso di colpa lieve prevista dall’art. 3 d.l. 13 settembre 2012 n. 158, conv. dalla l. 8 novembre 2012 n. 189, sicuramente opera per le condotte professionali conformi alle linee guida contenenti regole di perizia, ma è inapplicabile nel caso di accertato macroscopico scostamento del comportamento tenuto rispetto a quello doverosamente esigibile dal medico specialista (ciò che è stato ritenuto nei confronti di un medico ginecologo chiamato rispondere di lesioni gravissime subite dal feto, durante il parto, provocate dall’esecuzione di una manovra di estrazione che, pur delicata, non implicava la soluzione di problemi di particolare difficoltà e rientrava nelle sue normali competenze).
Cassazione penale sez. IV 06 marzo 2012 n. 17222
La posizione di garanzia del capo dell’equipe chirurgica non è limitata all’ambito strettamente operatorio; ma si estende al contesto postoperatorio (rigettato il ricorso di un medico, capo dell’equipe chirurgica che aveva operato un neonato, a cui era stato mosso l’addebito di non aver disposto dopo l’operazione il ricovero in unità di terapia intensiva del piccolo e di non aver comunque dato disposizioni per un articolato monitoraggio dei parametri vitali; con la conseguenza che non era stata diagnosticata tempestivamente una emorragia che, per mancanza delle terapie necessarie, aveva determinato la morte del bambino).
Cassazione penale sez. IV 26 ottobre 2011 n. 46824
In tema di colpa professionale, qualora ricorra l’ipotesi di cooperazione multidisciplinare, ancorché non svolta contestualmente, ogni sanitario è tenuto, oltre che al rispetto dei canoni di diligenza e prudenza connessi alle specifiche mansioni svolte, all’osservanza degli obblighi derivanti dalla convergenza di tutte le attività verso il fine comune ed unico. Ne consegue che ogni sanitario non può esimersi dal conoscere e valutare l’attività precedente o contestuale svolta da altro collega, sia pure specialista in altra disciplina, e dal controllarne la correttezza, se del caso ponendo rimedio ad errori altrui che siano evidenti e non settoriali, rilevabili ed emendabili con l’ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio. Né può invocare il principio di affidamento l’agente che non abbia osservato una regola precauzionale su cui si innesti l’altrui condotta colposa, poiché allorquando il garante precedente abbia posto in essere una condotta colposa che abbia avuto efficacia causale nella determinazione dell’evento, unitamente alla condotta colposa del garante successivo, persiste la responsabilità anche del primo in base al principio di equivalenza delle cause, a meno che possa affermarsi l’efficacia esclusiva della causa sopravvenuta, che deve avere carattere di eccezionalità ed imprevedibilità, ciò che si verifica solo allorquando la condotta sopravvenuta abbia fatto venire meno la situazione di pericolo originariamente provocata o l’abbia in tal modo modificata da escludere la riconducibilità al precedente garante della scelta operata.
Cassazione penale sez. IV 02 aprile 2010 n. 19637
In caso di intervento operatorio ad opera di “équipe” chirurgica, e più in generale nella ipotesi di cooperazione multidisciplinare nell’attività medico-chirurgica, ogni sanitario è tenuto ad osservare, oltre che il rispetto delle regole di diligenza e prudenza connessi alle specifiche e settoriali mansioni svolte, gli obblighi ad ognuno derivanti dalla convergenza di tutte le attività verso il fine comune ed unico. Ogni sanitario, quindi, non può esimersi dal conoscere e valutare (nei limiti e termini in cui sia da lui conoscibile e valutabile) l’attività precedente e contestuale di altro collega e dal controllarne la correttezza, se del caso ponendo rimedio ad errori altrui che siano evidenti e non settoriali ed emendabili con l’ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio (nella specie, sia il chirurgo che l’anestesista erano stati ritenuti responsabili per lesioni riportate dalla paziente in seguito ad un intervento chirurgico e riconducibili all’errato posizionamento sul lettino operatorio).
Cassazione penale sez. IV 06 aprile 2005 n. 22579
La circostanza dello “scioglimento dell’équipe operatoria”, che abbia a verificarsi quando ancora l’intervento deve essere completato da adempimenti di particolare semplicità, esclude l’elemento della colpa per negligenza in capo al medico che ha abbandonato anticipatamente l’équipe, sempre che non si tratti di intervento operatorio ad alto rischio e l’allontanamento sia giustificato da pressanti ed urgenti necessità professionali.
Cassazione penale sez. IV 08 febbraio 2005 n. 12275
La posizione di garanzia dell’équipe chirurgica nei confronti del paziente non si esaurisce con l’intervento, ma riguarda anche la fase post-operatoria, gravando sui sanitari un obbligo di sorveglianza sulla salute del soggetto operato; ne consegue che dalla violazione di tale obbligo, fondato anche sul contratto d’opera professionale, può discendere la responsabilità penale dei medici qualora l’evento dannoso sia causalmente connesso ad un comportamento omissivo ex art. 40 comma 2 c.p. (Fattispecie in cui è stata riconosciuta la responsabilità per il reato di cui all’art. 589 c.p. dei componenti l’équipe chirurgica, colpevoli di aver fatto rientrare il paziente nel reparto dopo l’intervento, anziché sottoporlo a terapia intensiva, sottovalutando elementi significativi, quali l’incremento progressivo della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca, che rendevano prevedibile un’insufficienza respiratoria).
Cassazione penale sez. IV 01 dicembre 2004 n. 9739
Il medico cui è affidata la responsabilità di un reparto risponde delle omissioni curative degli infermieri, a nulla rilevando che questi ultimi non l’abbiano informato delle condizioni del paziente, perché è onere del medico informarsi di sua iniziativa sulle condizioni degli ammalati degenti nel suo reparto.
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