Il farmacista risponde del delitto di cui all’art. 445 c.p. se consegna al cliente un farmaco differente da quello prescritto dal medico curante.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza n. 55515/2018 – depositata 12.12.2018, resa dalla IV Sezione penale della Corte di Cassazione in materia di responsabilità penale del farmacista nell’ipotesi di somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica.

Il caso di specie vedeva coinvolti un farmacista ed un dipendente amministrativo, entrambi impiegati presso una farmacia ospedaliera ai quali la Procura di Vibo Valentia aveva contestato sia il reato di cui all’art. 445 cod. pen.,sia quello di lesioni colpose connesse all’erronea somministrazione di farmaco diverso da quello prescritto dai sanitari.

Lo svolgimento del processo di merito

Nella sentenza di primo grado si legge che la persona offesa aveva subìto un trapianto epatico e che, all’epoca dei fatti, aveva raggiunto una ridotta funzionalità renale, pari al 25%; in ragione di ciò, i medici curanti avevano deciso di introdurre un nuovo farmaco immunosoppressore.

Il paziente si era quindi recato presso il servizio farmaceutico della A.S.P. di Vibo Valentia per acquistare tale nuovo farmaco; ivi, l’imputato-farmacista, coadiuvato da coadiutore amministrativo, gli aveva consegnato, per errore, un farmaco diverso, un antitumorale utilizzato nei cicli di chemioterapia.

Il ricorrente dopo l’assunzione del farmaco aveva iniziato a manifestare gravi e debilitanti sintomatologie sin dai primi giorni di assunzione del farmaco, erroneamente valutate dal medico curante in termini di gastroenterite acuta.

Il Tribunale aveva ritenuto accertato, sulla base della consulenza tecnica del pubblico ministero, che l’assunzione di tale farmaco per un periodo di circa quaranta giorni (ossia fino a quando il ricorrente si era reso conto dell’errore) avesse provocato un repentino peggioramento della funzionalità renale, ridotta dal 25% allo 0%, allorché aveva dovuto iniziare la dialisi, nell’arco di un anno, giungendo quindi ad una sentenza di affermazione della penale responsabilità sia del farmacista sia del coadiutore amministrativo tratto a giudizio.

La Corte di Appello di Catanzaro investita dell’impugnazione di merito ha riformato la pronuncia di condanna emessa dal Tribunale di Vibo Valentia, assolvendo gli imputati dal reato ascritto di cui agli artt.445, 452 cod. pen. e dal reato di cui all’art.590 cod. pen..

La Corte territoriale ha ritenuto che la natura di reato proprio del delitto previsto e punito dall’art.445 cod. pen. non consentisse di ascrivere la condotta delittuosa ai due imputati, che pacificamente lavoravano alle dipendenze dell’A.S.P. di Vibo Valentia, presso la struttura farmaceutica, l’uno quale dirigente farmacista e l’altro quale coadiutore amministrativo, e che pertanto non avevano la qualifica di soggetti che esercitano il commercio.

Con riguardo al delitto di lesioni colpose, la pronuncia assolutoria  è stata fondata dalla Corte distrettuale sul rilievo che non fosse certa la sussistenza della lesione perché il giudice di primo grado aveva omesso di accertare la misura dell’insufficienza renale prima del fatto in relazione all’insufficienza renale susseguente all’uso del farmaco, non potendosi affermare con certezza che la funzione renale, già estremamente ridotta, fosse stata ulteriormente indebolita dall’assunzione del farmaco diverso da quello prescritto.

La decisione della Cassazione e il punto di diritto.

La Suprema corte mancando l’impugnazione della Procura Generale per i capi penali della sentenza, ha accolto il ricorso interposto dalla parte civile limitatamente agli effetti della responsabilità civile, annullando con rinvio al giudice civile in grado di appello competente per le statuizioni risarcitorie.

La pronuncia è di interesse per tutti i professionisti che operano nel campo sanitario per l’aspetto giuridico afferente la configurabilità a carico del farmacista della fattispecie di reato di cui all’art. 445 cod. pen.

In tal senso di seguito si riporta il significativo passaggio della parte motiva della sentenza in commento:

La Corte di Cassazione ha, infatti, avuto modo di chiarire, sia pure per distinguere il commercio di farmaci da canali alternativi di smercio di anabolizzanti, previsti dall’art. 9, comma 7, I. 14 dicembre 2000, n. 376, che tanto le farmacie aperte al pubblico, quanto le farmacie ospedaliere, o i dispensari aperti al pubblico, così come le altre strutture che detengono farmaci direttamente sono da considerare punti vendita (Sez.2, n. 7081 del 09/10/2003, Randazzo, Rv. 2307901). Perché si possa ritenere integrata la condotta tipica del reato previsto dall’art.445 cod. pen. è, dunque, necessario e sufficiente che l’attività di commercio di sostanze medicinali sia svolta in forma continuativa e con il supporto di una pur elementare organizzazione(Sez. U, n. 3087 del 29/11/2005, dep. 2006, Cori, in motivazione; Sez. 2, n. 21324 del 29/03/2007, Giraudo, Rv. 23703601).

Risulta, pertanto, frutto di un’erronea interpretazione della legge penale l’affermata estraneità della condotta contestata agli imputati alla fattispecie tipica del reato di cui all’art.445 cod. pen., posto che le farmacie ospedaliere svolgono, al pari delle altre farmacie, attività continuativa ed organizzata di commercio di sostanze medicinali”.

Interessante è altresì il profilo di rito relativo alla valutazione della prova scientifica prodotta in primo grado di giudizio da parte del giudice d’appello:

Con riguardo alla valutazione della prova, il giudice dell’appello non può limitarsi ad imporre la propria valutazione del compendio probatorio perché preferibile a quella coltivata nel provvedimento impugnato (Sez. 5, n. 8361 del 17/01/2013, Rastegar, Rv. 25463801), ma deve provvedere ad una motivazione che, sovrapponendosi pienamente a quella della decisione riformata, dia ragione delle scelte operate e della maggiore considerazione accordata ad elementi di prova diversi o diversamente valutati (Sez. 5, n. 42033 del 17/10/2008, Pappalardo, Rv. 24233001). 

(…) Con particolare attenzione ai poteri istruttori funzionali all’acquisizione del dato scientifico, si desume da quanto sopra che il giudice di appello che intenda confutare il giudizio operato in primo grado non possa limitarsi a rilevare carenze motivazionali della sentenza conseguenti alla mancata acquisizione al processo di dati scientifici, né surrogare il sapere scientifico con la scienza privata o con ragionamenti di tipo logico(Sez. 4, n. 38991 del 10/06/2010, Quaglierini, Rv. 24885301). Il giudice di appello che riformi un giudizio fondato sul sapere scientifico non può prescindere, in altre parole, dall’obbligo di integrare, in prima battuta, anche esercitando i poteri officiosi, le informazioni scientifiche mancanti e, successivamente, dall’enunciare i criteri seguiti per verificare l’inattendibilità delle informazioni scientifiche valorizzate dal primo giudice”.

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Riferimenti normativi

Art. 445 c.p.Somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica

Chiunque, esercitando, anche abusivamente, il commercio di sostanze medicinali, le somministra in specie, qualità o quantità non corrispondente alle ordinazioni mediche, o diversa da quella dichiarata o pattuita, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da centotre euro a milletrentadue euro.

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Quadro giurisprudenziale di riferimento relativo alla responsabilità penale del farmacista connessa all’attività di commercio di farmaci:

Cassazione penale, sez. III , 01/06/2017 , n. 47818

La responsabilità del farmacista per la vendita di medicinali per i quali l’autorizzazione non è stata rilasciata o confermata, ovvero è stata revocata o sospesa, o di medicinali di cui è stata comunque vietata la vendita, in quanto aventi una composizione dichiarata diversa da quella autorizzata, punita dall’ art. 147, comma 3, d.lg. 219/2006 è depenalizzata in seguito all’entrata in vigore del d.lg. 8/2016 , a prescindere dalla circostanza che la norma, unitamente alla pena dell’ammenda, preveda l’applicazione della sanzione accessoria della sospensione dall’esercizio professionale fino a un mese, sanzione che potrà essere applicata in sede amministrativa.

Cassazione penale , sez. III , 05/07/2012 , n. 33386

Costituisce violazione del d.lg. n. 219 del 2006 l’ipotesi di detenzione di confezioni di prodotti terapeutici per terapia dimagrante, da considerarsi preparato galenico magistrale, rinvenute in una farmacia e prive di etichette complete e di relative ricette.

Cassazione penale , sez. II , 09/10/2003 , n. 7081

La condotta di “commercio” di sostanze “dopanti”, prevista come reato dall’art. 9 comma 7 l. 14 dicembre 2000 n. 376, non deve necessariamente consistere in specifici fatti di vendita o di diffusione, per cui può configurarsi anche nel caso di attività qualificabili come di predisposizione e tenuta di “canali” di commercio in qualche modo sovrapponibili a quelli legali. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto che legittimamente fosse stata riconosciuta la configurabilità del reato, ai fini dell’adozione di una misura cautelare, in un caso in cui l’indagato era stato sorpreso nell’atto di riporre nel bagagliaio della propria autovettura, in un’area di parcheggio autostradale, due voluminosi colli contenenti sostanze “dopanti” di varia natura, altri notevoli quantitativi delle quali erano poi stati rinvenuti all’esito di perquisizione domiciliare).

Cassazione penale , sez. I , 19/02/2008 , n. 9788

Il merito di somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica di cui all’art. 445 c.p. è un reato di pericolo la cui “ratio legis” non è quella di garantire la correttezza degli scambi commerciali nel particolare settore delle sostanze medicinali, ma quella di impedire la somministrazione in qualunque modo di farmaci pericolosi per la salute; integra la fattispecie, pertanto, la condotta del medico che abbia prescritto farmaci anabolizzanti vietati al trainer di una palestra, nella consapevolezza che lo stesso li avrebbe ceduti agli atleti, a nulla rivelando che le ricette fossero state predisposte “per amicizia” ed al di fuori di una qualsivoglia commerciale, sia pure abusiva.

Cassazione penale , sez. V , 28/11/2001 , n. 2681

La cessione da parte del farmacista ad un medico di medicinali utilizzabili solamente in ambito ospedaliero, oggettivamente pericolosi per la salute pubblica, non integra la fattispecie di reato prevista dall’art. 445 c.p. (somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica), poiché, non potendo l’ordinativo commerciale proveniente dal medico essere assimilato alla prescrizione medica, manca l’elemento caratterizzante il tipo di frode incriminato, costituito dalla somministrazione di sostanze medicinali “in specie, qualità o quantità non corrispondente all’ordinato o diversa dal dichiarato o pattuito”.

Cassazione penale, sez. IV , 05/12/1998 , n. 12810

Non sussiste (nella fattispecie) incertezza in ordine alla provenienza del medicinale scaduto fondata sulla attendibilità dei ricordi dell’assistito sull’avvenuta sua dispensazione presso la farmacia, così che da tale provenienza può essere attribuito l’evento alla responsabilità del farmacista che aveva il potere di impedirlo e gli è ascrivibile la negligenza nell’effettuazione dei controlli o nella sorveglianza dei dipendenti che se ne occupano.

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