La sola emissione di fatture da parte dell’impresa non prova la commissione del reato di distruzione ed occultamento delle scritture contabili.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza n. 959/2019 – depositata il 10.01.2019 resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione in materia penale-tributaria.

Oggetto dello scrutinio di legittimità sono i profili di diritto relativi alla rilevanza temporale della contestazione della recidiva ai fini del calcolo della prescrizione (in relazione al delitto di cui all’art. 5 d.lgs. 74/2000) e alla prova dell’occultamento delle scritture contabili  p. e p.  dall’art. 10 d.lgs. 74/2000.

Nel processo di merito, la Corte d’appello di Milano confermava la sentenza del Tribunale di Lecco, con cui l’imputato era stato condannato alla pena di anni tre e mesi quattro di reclusione, in relazione ai reati di cui agli artt. 5 e 10 d.lgs. 74/2000 (per avere, quale titolare della impresa individuale omonima e a fine di evasione, omesso di presentare la dichiarazione dei redditi per l’anno d’imposta 2005, pur avendo conseguito notevoli ricavi, e occultato o distrutto le scritture contabili obbligatorie relative agli anni 2004-2009, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume d’affari).

Veniva, altresì, confermato il capo della sentenza che aveva disposto la confisca, diretta e per equivalente, fino alla concorrenza della somma di euro 173.005,60, oltre accessori.

In particolare la Corte territoriale, nel disattendere l’impugnazione dell’imputato, escludeva la estinzione per prescrizione del reato di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi in considerazione dell’aumento di due terzi di tale termine per effetto dell’applicabilità della recidiva.

L’invocata estinzione per prescrizione veniva esclusa anche per il reato di occultamento e/o distruzione delle scritture contabili, in considerazione della permanenza della condotta illecita di occultamento fino al momento dell’accertamento della violazione.

Ricorreva in Cassazione l’imputato articolando diversi motivi di doglianza denunciando, tra l’altro, la errata applicazione della legge penale in relazione all’art. 99, comma 4, 157 e 161, comma 2 c.p. e travisamento della prova in relazione alla affermazione della configurabilità del reato di cui all’art. 10 d.lgs. n. 74/2000.

La Suprema corte ha accolto il ricorso, annullando senza rinvio limitatamente al primo capo di imputazione dichiarato estinto per prescrizione, disponendo l’annullamento con rinvio per il secondo capo di imputazione, per le ragioni riportate nella parte  motiva  della quale si riportano oi passaggi di interesse per il presente commento.

(i) In relazione alla recidiva contestata in relazione al delitto di omessa presentazione della dichiarazione fiscale:

“… va ricordata la natura costitutiva della contestazione della recidiva, che non consente di tener conto, ai fini del calcolo dei termini di prescrizione, dell’aumento di pena derivante dalla recidiva medesima, ove questa non sia stata contestata prima dello spirare del tempo necessario a prescrivere il reato nella forma non aggravata(cfr. Sez. 3, n. 14439 del 30/01/2014, Resmini Bellotti, Rv. 258734 – 01; Sez. 2, n. 5610 del 03/11/1987, dep. 07/05/1988, Sergio, Rv. 178347 – 01), tanto che è stata ritenuta illegittima la contestazione della recidiva compiuta in presenza dei presupposti per l’immediata declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione (cfr. Sez. 6, n. 47499 del 22/09/2015, Bolici, Rv. 265560 – 01; Sez. 6, n. 55748 del 14/09/2017, Macrì, Rv. 271745 – 01).

Ciò premesso deve rilevarsi la fondatezza del terzo motivo di ricorso, relativo alla erroneità della esclusione della estinzione per prescrizione del reato di omessa presentazione della dichiarazione relativa all’imposta sul valore aggiunto dovuta per l’anno 2005, di cui al capo a). Tale reato ha, infatti, natura istantanea e si consuma alla scadenza del termine stabilito per la presentazione della dichiarazione omessa(cfr. Sez. 3, n. 48304 del 20/09/2016, Gioia, Rv. 268576 – 01; Sez. 3, n. 19196 del 24/02/2017, Pollastrelli, Rv. 269635 – 01). Il relativo termine di prescrizione decorre, dunque, non dal giorno in cui l’accertamento del debito di imposta diviene definitivo, ma dal novantunesimo giorno successivo alla scadenza del termine ultimo stabilito dalla legge per la presentazione della dichiarazione annuale (Sez. 3, n. 17120 del 20/01/2015, Nicosi, Rv. 263251 – 01, nella quale è stato anche precisato che, nel vigente sistema, l’atto di accertamento ha effetti interruttivi della prescrizione, ma non costituisce più condizione di procedibilità dell’azione penale; conf. Sez. 4, n. 24691 del 03/03/2016, Villabuona, Rv. 267229 – 01; Sez. 3, n. 48578 del 19/07/2016, Pasquali, Rv. 268189 – 01).

Nel caso in esame il termine per la presentazione della dichiarazione ai fini dell’imposta sul valore aggiunto per l’anno 2005 scadeva il 31 ottobre 2006, prorogato, ai sensi dell’art. 5, comma 2, d.lgs. 74/2000, al 29 gennaio 2007, cosicché il termine ordinario di prescrizione di sei anni, pur aumentato di un quarto per effetto della sua interruzione, e dunque elevato a sette anni mezzo, era scaduto il 29 luglio 2014, anteriormente alla contestazione della recidiva,che, in ragione della sua ricordata natura costitutiva,non poteva esplicare il rilevato effetto di aumento del termine di prescrizione, già interamente decorso, con la conseguente estinzione del reato di cui all’art. 5 d.lgs. 74/2000: essa deve, pertanto, essere ora rilevata, con la conseguente declaratoria, rimanendo con ciò assorbite le altre censure relative a tale capo, non rilevandosi dagli altri motivi cause evidenti di proscioglimento”.

(ii) Quanto alla contestazione relativa al delitto di occultamento/distruzione delle scritture contabili:

La Corte d’appello, nel disattendere la censura sollevata sul punto dall’imputato con l’atto d’impugnazione, ha evidenziato i dati, emersi a seguito della verifica fiscale compiuta presso la sede della (omissis) S.r.l. (cliente dell’impresa dell’imputato, da cui acquistava i materiali necessari per la sua attività di fabbricazione di mobili in legno per arredo domestico), nel corso della quale erano emersi pagamenti eseguiti nel 2004 a favore dell'(omissis) e l’emissione da parte di quest’ultimo nel corso del 2005 di 38 fatture nei confronti di tale società, oltre che di un numero non precisato nel corso del 2006, traendone la prova dell’intrattenimento di rapporti commerciali tra tali soggetti nel corso degli anni 2004, 2005 e 2006.

Da tali elementi è stata tratta la prova della esistenza delle scritture contabili e degli altri documenti di cui è obbligatoria la conservazione,e anche del loro occultamento da parte dell'(omissis), sia negli anni 2004, 2005 e 2006, sia in quelli successivi, fino al 2009.

Il percorso logico seguito dalla Corte d’appello, per addivenire alla affermazione della istituzione e della esistenza della contabilità, dal 2004 al 2009, e del suo occultamento da parte dell’imputato, risulta, però, non del tutto logico.

Non è stato, infatti, indicato alcun elemento circa l’esistenza di tale contabilità o, comunque, della documentazione di cui è obbligatoria la conservazione a fini fiscali, nel periodo compreso tra il 2007 e il 2009, nel quale non risultano rapporti commerciali di sorta dell'(omissis), né con la suddetta (omissis) né con altri soggetti, cosicché l’affermazione della esistenza di tale documentazione e del suo occultamento da parte dell’imputato non può dirsi logica, essendo fondata su una valutazione di carattere congetturale, e cioè che all’emissione di fatture nel periodo anteriore ne siano seguite altre anche in quello successivo, e cioè dal 2007 al 2009.

Inoltrela sola esistenza di fatture emesse dall’impresa dell’(omissis) in assenza di altri elementi, circa l’esistenza della sede sociale e l’effettività della stessa, l’organizzazione d’impresa e la sua reale operatività, rende illogica l’affermazione della avvenuta istituzione delle scritture contabili nel periodo compreso tra il 2004 e il 2006, allorquando, cioè, dette fatture sarebbero state emesse, in quanto dal solo dato della emissione delle stesse è stata tratta, in assenza di altri elementi, la prova della istituzione delle scritture.

Nessun cenno vi è, poi, alla condotta di occultamento, che è una condotta positiva, dimostrabile anche attraverso indizi, facendo ricorso a massime di esperienza, indizi che, però, nel caso in esame non sono stati indicati, neppure in sintesi o per relationem, cosicché anche la prova della realizzazione della condotta di occultamento non può dirsi certa e, soprattutto, ne è stata affermata l’esistenza all’esito di un percorso logico non corretto, in quanto la prova della esistenza e dell’occultamento delle scritture è stata affermata solamente sulla base del dato del rinvenimento di fatture attive emesse dall’imputato, in assenza di altri elementi, dunque in modo sostanzialmente assertivo”.

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Riferimento normativo.

Art. 5 D.Lgs. n. 74/2000. Omessa dichiarazione 

  1. E’ punito con la reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni chiunque al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative a dette imposte, quando l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte ad euro cinquantamila. 

1-bis.  E’ punito con la reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni chiunque non presenta, essendovi obbligato, la dichiarazione di sostituto d’imposta, quando l’ammontare delle ritenute non versate è superiore ad euro cinquantamila. 

  1. Ai fini della disposizione prevista dai commi 1 e 1-bis non si considera omessa la dichiarazione presentata entro novanta giorni dalla scadenza del termine o non sottoscritta o non redatta su uno stampato conforme al modello prescritto. 

 

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Quadro giurisprudenziale di riferimento in materia di omessa dichiarazione:

Cassazione penale sez. III, 19/09/2018, n.51038

In tema di reati tributari, l’art. 25 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, ha abrogato l’intero sistema penale tributario disciplinato dal titolo primo del d.l. 10 luglio 1982, n. 429, convertito con legge 7 agosto 1982, n. 516, in quanto sostituito da nuovi illeciti aventi una diversa struttura, così determinando l’inefficacia delle disposizioni che a detto sistema facevano riferimento, tra le quali l’art. 2, comma 3, d.lgs. n. 218 del 1997che, a seguito di accertamento definito con l’adesione del contribuente, escludeva, con effetto retroattivo, la punibilità per i reati previsti dal predetto d.l. n. 429 del 1982.

Cassazione penale sez. III, 13/07/2018, n.50151

In tema di reato di omessa presentazione della dichiarazione annuale dei redditi di cui all’art. 5 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, si configura la “stabile organizzazione”, da cui deriva l’obbligo fiscale di un soggetto non formalmente residente, nel caso in cui una società estera, con una sede fissa di affari nel territorio italiano, effettua in Italia la sua attività mediante un’organizzazione di persone e di mezzi (cd. estero-vestizione della residenza fiscale); si ha, invece, una “società-schermo”, nell’ipotesi in cui l’ente, anche se allocato formalmente all’estero, è privo di concreta autonomia e costituisce solo una copertura attraverso la quale agisce la persona fisica, che è la titolare effettiva dell’attività economica e che, di conseguenza, è tenuta agli adempimenti fiscali.

Cassazione penale sez. III, 06/06/2018, n.32500

In tema di reati finanziari e tributari, il delitto di omessa dichiarazione a fini i.v.a. è configurabile anche nel caso in cui siano state emesse fatture per operazioni inesistenti, in quanto, secondo la normativa tributaria, l’imposta sul valore aggiunto è dovuta anche per tali fatture, indipendentemente dal loro effettivo incasso, con conseguente obbligo di presentare la relativa dichiarazione.

Cassazione penale sez. VI, 30/01/2018, n.10598

 In tema di reati tributari di cui all’art. 1, comma 143, legge 24 dicembre 2007, n. 244, oggi sostituito dall’art. 12-bis, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente del profitto corrispondente all’imposta evasa può essere disposto con riferimento agli illeciti commessi a partire dall’entrata in vigore della legge n. 244 del 2007 (1 gennaio 2008) e dalla corrispondente annualità di imposta, e non da quella relativa all’entrata in vigore della legge 6 novembre 2012, n. 190, atteso che l’integrale rinvio contenuto nel citato art. 1 all’art. 322-ter cod. pen, nella formulazione all’epoca vigente, riguarda entrambe le previsioni di cui ai commi 1 e 2, che sono state formulate con riferimento alla distinta categoria dei delitti contro la P.A. (In applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto infondato il motivo di ricorso con il quale si deduceva l’inapplicabilità del sequestro per equivalente del profitto del reato di evasione tributaria in quanto commesso anteriormente all’entrata in vigore della legge n. 190 del 2012che, modificando il comma primo dell’art. 322-ter cod. pen., ha introdotto la possibilità di confiscare anche il profitto dei delitti contro la P.A. ivi previsti).

 

 

 

 

 

 

Cassazione penale sez. III  18 dicembre 2017 n. 21639  

In tema di reati tributari, ai fini della configurabilità del delitto di omessa presentazione di dichiarazione Iva ( art. 5 d.lgs.30 ottobre 2000 n. 74 del 2000), qualora vengano accertati ulteriori ricavi rispetto a quelli dichiarati dal contribuente, nelle determinazione del debito imponibile il giudice penale deve accertare l’ammontare della imposta evasa tenendo conto di tutti gli elementi – costi, ricavi, proventi e oneri – che concorrono alla sua formazione.

Cassazione penale sez. III, 01/12/2017, n.29862

In caso di decreto sequestro preventivo che presenti una struttura “mista”, la verifica della infruttuosità del sequestro diretto o dell’incapienza del patrimonio della persona giuridica colpita da tale vincolo, che consente di disporre, in subordine, il sequestro per equivalente nei confronti della persona fisica che ne ha la rappresentanza, non deve essere necessariamente eseguita prima dell’adozione del provvedimento, ben potendo, tale accertamento, essere demandato al pubblico ministero in fase di esecuzione. (Fattispecie in tema di reati tributari)

 

 

Cassazione penale sez. III  23 novembre 2017 n. 7000  

Nel delitto di omessa dichiarazione, previsto dall’ art. 5 D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 , il superamento della soglia rappresentata dall’ammontare dell’imposta evasa ha natura di elemento costitutivo del reato e, come tale, deve formare oggetto di rappresentazione e volizione, anche a titolo di dolo eventuale, da parte dell’agente.

Cassazione penale sez. III  07 novembre 2017 n. 20856  

In tema di reati tributari, il reato di cui all’ art. 5 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 , come modificato dal d.lgs.24 settembre 2015, n. 158 , è configurabile con la sola omissione della presentazione della dichiarazione, non essendo necessaria la dimostrazione della produzione di un effettivo danno economico per l’amministrazione finanziaria.

Cassazione penale sez. III  29 marzo 2017 n. 37849  

Deve considerarsi soggetto passivo il cittadino italiano che, pur risiedendo all’estero, stabilisca in Italia, per la maggior parte del periodo d’imposta, il suo domicilio, inteso come la sede principale degli affari ed interessi economici nonché delle relazioni personali (fattispecie relativa alla contestazione nei confronti di un medico del reato di cui all’art. 5, d.lg. n. 74 del 2000, perché quale soggetto residente in Italia ai sensi dell’art. 2, d.P.R. n. 917/86, al fine di evadere le imposte sui redditi delle persone fisiche, non presentava, essendovi obbligato, le dichiarazioni annuali relative a dette imposte dovute).

Cassazione penale sez. III  06 dicembre 2016 n. 4516  

In tema di reati tributari, ai fini dell’integrazione del reato di cui all’art. 5 d.lg. n. 74 del 2000, per “imposta evasa” deve intendersi l’intera imposta dovuta, da determinarsi sulla base della contrapposizione tra ricavi e costi d’esercizio fiscalmente detraibili, in una prospettiva di prevalenza del dato fattuale reale rispetto ai criteri di natura meramente formale che caratterizzano l’ordinamento tributario. In tale ottica, è il giudice penale che ha il compito di accertare l’ammontare dell’imposta evasa mediante una verifica che può sovrapporsi ed anche entrare in contraddizione con quella eventualmente effettuata dinanzi al giudice tributario, potendo comunque legittimamente avvalersi dell’accertamento induttivo dell’imponibile compiuto dagli uffici finanziari.

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Riferimento normativo

Art. 10 – Occultamento o distruzione di documenti contabili.

  1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l’evasione a terzi, occulta o distrugge in tutto o in parte le scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari (1).

(1) Comma modificato dall’articolo 6, comma 1, del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158 .

 

 

Quadro giurisprudenziale di riferimento in tema di occultamento o distruzione di documenti contabili:

Cassazione penale sez. fer., 09/08/2018, n.42897

In tema di reati tributari, del delitto di occultamento o distruzione di documenti contabili, di cui all’art. 10 del d.lgs. n. 74 del 2000, risponde anche il mero amministratore di diritto, a titolo di concorso con l’amministratore di fatto per omesso impedimento dell’evento ex art. 40, cpv., cod. pen., e art. 2932 cod.civ., a condizione, tuttavia, che il prestanome abbia agito col fine specifico di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l’evasione fiscale di terzi.

Cassazione penale sez. III, 09/11/2018, n.54699

È configurabile il reato di omesso versamento dell’i.v.a. nei confronti di un soggetto che, subentrato nella carica di liquidatore di una società di capitali successivamente alla presentazione della dichiarazione annuale di imposta ma prima della scadenza del termine per il relativo versamento, abbia omesso di compiere le necessarie verifiche sugli ultimi adempimenti fiscali e non abbia versato all’erario le somme dovute in base alla dichiarazione. (Fattispecie nella quale la S.C., nel dichiarare inammissibile il ricorso dell’imputato avverso la sentenza con la quale la Corte d’appello aveva confermato la condanna inflitta in primo grado per il reato di cui all’art. 10-ter d.lg. n. 74/2000, ha ritenuto non rilevante la circostanza che l’iscrizione alla camera di commercio della nomina alla carica di liquidatore della società fosse avvenuta dopo la scadenza del termine per il versamento dell’imposta).

 

 

 

 

 

Cassazione penale sez. III  13 dicembre 2017 n. 5079  

La disposizione di cui all’art. 10 d.lg. n. 74 del 2000 prevede una doppia alternativa condotta riferita ai documenti contabili (la distruzione e l’occultamento totale o parziale), un dolo specifico di evasione propria o di terzi e un evento costitutivo, rappresentato dalla sopravvenuta impossibilità di ricostruire, mediante i documenti i redditi o il volume degli affari al fine dell’imposta sul valore aggiunto. È evidente che si tratta di un reato a condotta vincolata commissiva con un evento di danno, rappresentato dalla perdita della funzione descrittiva dell’documentazione contabile. Ne consegue che la condotta del reato de quo non può sostanziarsi in un mero comportamento omissivo ossia il non avere tenuto le scritture in modo tale che sia stato obbiettivamente più difficoltosa – ancorché non impossibile – la ricostruzione ex aliunde ai fini fiscali della situazione contabile, ma richiede, per l’integrazione della fattispecie penale un quid pluris a contenuto commissivo consistente nell’occultamento ovvero nella distruzione di tali scritture.

Cassazione penale sez. III  12 luglio 2017 n. 1441  

Non può essere ricondotta al reato di cui all’art. 10 d.lg. n. 74 del 2000 la condotta dell’imputato che abbia completamente omesso la tenuta delle scritture contabili obbligatorie.

Cassazione penale sez. V  20 giugno 2017 n. 35591  

È configurabile il concorso tra il delitto di bancarotta fraudolenta documentale, di cui all’art. 216, comma 1, n. 2, e quello di occultamento e distruzione di documenti contabili, previsto dall’art. 10 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, che sono tra loro in rapporto di specialità reciproca, in ragione: a) del differente oggetto materiale dell’illecito; b) dei diversi destinatari del precetto penale; c) del differente oggetto del dolo specifico; d) del divergente effetto lesivo delle condotte di reato.

Cassazione penale sez. III  24 febbraio 2017 n. 18927  

Non è configurabile un rapporto di specialità tra il delitto di occultamento e distruzione di documenti contabili, previsto dall’art. 10 del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, e quello di bancarotta fraudolenta documentale, previsto dall’art. 216, comma primo, n. 2), l. fall., atteso che le corrispondenti norme incriminatrici non regolano la “stessa materia” ex art. 15 cod. pen., richiedendo quella penal-tributaria l’impossibilità di accertare il risultato economico delle sole operazioni connesse alla documentazione occultata o distrutta, ed invece quella fallimentare – oltretutto caratterizzata dalla specifica volontà dell’agente di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recar pregiudizio ai creditori – la determinazione di un evento da cui discende la lesione degli interessi di questi ultimi, da valutarsi in rapporto all’intero corredo documentale, indipendentemente dall’obbligo normativo della relativa tenuta, di guisa che acquisisce rilievo anche la sottrazione di scritture meramente facoltative.

Cassazione penale sez. III  25 maggio 2016 n. 14461  

La condotta del reato previsto dall’art. 10 del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, può consistere sia nella distruzione che nell’occultamento delle scritture contabili o dei documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari, con conseguenze diverse rispetto al momento consumativo, giacché la distruzione realizza un’ipotesi di reato istantaneo, che si consuma con la soppressione della documentazione, mentre l’occultamento – consistente nella temporanea o definitiva indisponibilità della documentazione da parte degli organi verificatori – costituisce un reato permanente, che si protrae sino al momento dell’accertamento fiscale, dal quale soltanto inizia a decorre il termine di prescrizione. (Nella fattispecie, relativa alla contestazione dell’occultamento “o comunque” della distruzione delle scritture contabili, la S.C., nel ritenere che detta contestazione concernesse in via principale l’occultamento, ha osservato che l’imputato, per avvalersi della dedotta maturazione della prescrizione in conseguenza della qualificazione della condotta come distruttiva, avrebbe dovuto dimostrare sia la circostanza che la documentazione contabile era stata distrutta, e non semplicemente occultata, sia l’epoca di tale distruzione).

Cassazione penale sez. III  02 marzo 2016 n. 19106  

Ai fini della configurazione del reato di cui all’art. 10, D.Lgs.10 marzo 2000, n. 74, non è sufficiente un mero comportamento omissivo, ossia la omessa tenuta delle scritture contabili, che renda obiettivamente più difficoltosa, ma non impossibile, la ricostruzione della situazione contabile, ma è necessario un “quid pluris” a contenuto commissivo consistente nell’occultamento o nella distruzione dei documenti contabili la cui istituzione e tenuta è obbligatoria per legge.

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