Condannati per corruzione e violazione della normativa sulle adozioni la coppia ed il ginecologo che si accordano per alterare lo stato di nascita del neonato nato da altri genitori in modo che risulti loro figlio naturale
Si segnala ai lettori del blog l’interessante sentenza n. 2173/2019 – depositata il 17.01.2019 resa dalla VI Sezione penale della Corte di Cassazione.
Nel processo di merito veniva sottoposta a giudizio la vicenda di una coppia che si accordava, dietro corrispettivo di una somma di denaro, con un ginecologo il quale prometteva di affidare loro un nascituro e alterarne lo stato di nascita per farlo risultare loro figlio naturale, con la complicità dei genitori naturali del neonato.
Mentre, da un lato, il giorno del parto il sanitario provvedeva all’affidamento del neonato alla coppia ricevendo la somma concordata, dall’altro, l’alterazione di stato non veniva perfezionata per ragioni burocratiche, essendo stato trasmesso l’atto di nascita da parte della direzione amministrativa della clinica all’Ufficio di Stato Civile comunale prima che il medico provvedesse all’alterazione dei dati.
Pertanto il professionista e la coppia venivano tratti a giudizio per il reato di corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio e per violazione delle norme sull’affidamento in adozione dei minori (art. 71, commi 1,4 e 5 l. n. 184/1983). Parallelamente la madre naturale veniva imputata del concorso nella violazione della normativa sulle adozioni, pur senza partecipazione all’accordo economico di corruzione, oltre che per il delitto di simulazione di reato, per aver denunciato, successivamente, l’illecita operazione di consegna del bambino ma attribuendo falsamente la gravidanza ad una violenza sessuale.
Gli imputati venivano giudicati colpevoli dal GIP all’esito di giudizio abbreviato e la sentenza veniva confermata in gardo di appello.
Contro la sentenza della Corte distrettuali i giudicabili proponevano ricorso in Cassazione lamentando, tra l’altro, l’errata valutazione dell’operazione economica come corruzione piuttosto che truffa operata dal sanitario a danno della coppia e della madre naturale, oltre che violazione di legge in ordine all’integrazione della fattispecie di cui all’art. 71, leggee n. 184/1983.
La Cassazione ha rigettato l’interposto ricorso per le ragioni indicate nella parte motiva della sentenza di seguito riportate per quanto di interesse per la presente nota:
“… la truffa non è configurabile, trattandosi dell’inadempimento di un accordo illecito nella causa, suscettibile di essere inquadrato nello schema della corruzione, stante la qualifica di esercente di pubblico servizio del medico ginecologo, e la sufficienza della promessa di compiere l’atto contrario per consumare il delitto di corruzione – il falso stato di nascita – e tenuto conto che un atto contrario è stato effettivamente posto in essere con la consegna del neonato ad una coppia diversa dai genitori naturali.
(…) Quindi si propone una lettura delle fonti di prova alternativa – basata su una presunta condotta fraudolenta del pubblico ufficiale che avrebbe mentito sulla serietà della sua offerta di alterare lo stato di nascita del bambino – che oltre ad essere inammissibile perché involge apprezzamenti di fatto non consentiti in sede di legittimità, non rileva perché non escluderebbe comunque la sussistenza del reato di corruzione con riguardo agli abusi contestati al medico ginecologo.
L’ipotesi di truffa deve escludersi perché il truffato è persona offesa di un inganno posto in essere dal pubblico ufficiale che non lede né mette in pericolo il bene della corretta amministrazione pubblica, qui vi è invece il concorso di entrambe le parti dell’accordo, anche nella parte privata che accetta di versare del denaro al pubblico ufficiale in cambio del compimento di un atto contrario al suo ufficio e che non può di certo dolersi del mancato compimento dell’atto correlato all’esercizio del servizio o della funzione pubblica oggetto della mercificazione, per aver comunque accettato di porre in essere, ed averla poi effettivamente eseguita, una condotta di corruttela, pur se con l’intesa della commissione di un reato ancora più grave, quello dell’alterazione dello stato civile del nascituro.
(…) l’art. 71 co.1 L.184/1983 punisce con la reclusione da uno a tre anni chiunque, in violazione delle norme di legge in materia di adozione, affida a terzi con carattere definitivo un minore, ovvero lo avvia all’estero perché sia definitivamente affidato, senza ulteriori condizioni ai fini dell’integrazione del reato.
Il comma quinto del medesimo articolo di legge, punisce, invece, anche coloro che, consegnando o promettendo denaro o altra utilità a terzi, accolgono minori in illecito affidamento con carattere di definitività.
Quindi solo per chi riceve il minore in illecito affidamento, con il carattere della definitività e quindi della tendenziale stabilità, la norma richiede che ai fini della integrazione del reato che vi sia stato il pagamento di un corrispettivo economico del delitto previsto per colui che ceda il minore o comunque si ingerisca nella sua consegna, essendo previsto anche un aggravamento della pena nel caso in cui il fatto sia commesso dal genitore”.
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Riferimenti normativi
Art. 319 c.p. Corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio.
Il pubblico ufficiale che, per omettere o ritardare o per aver omesso o ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto un atto contrario ai doveri di ufficio, riceve, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità, o ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da sei a dieci anni.
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Quadro giurisprudenziale di riferimento in materia di reati contro la pubblica amministrazione commessi da professionisti sanitari:
Cassazione penale, sez. VI, 19/06/2018 , n. 40908
Il medico che opera in regime di ‘intra moenia’ assume la veste di agente contabile, con conseguente obbligo sia di dover rendere conto dei valori che egli maneggia, che di custodirli e restituirli. Gli importi corrisposti al sanitario nell’esercizio di detta attività acquistano infatti natura pubblica, in virtù della convenzione tra la ASL e il medico dipendente. Integra pertanto il delitto di peculato la condotta del medico dipendente di un ospedale pubblico il quale, svolgendo in regime di convenzione attività intramuraria, non dia giustificazione certa – secondo le norme generali della contabilità pubblica ovvero quelle derogative previste nella singola fattispecie – del loro impiego, in caso di incameramento delle somme.
Cassazione penale, sez. II, 24/04/2018 , n. 25976
Commette il reato di peculato il medico ospedaliero che percepisce compensi dai pazienti per visite “intramoenia, senza formale autorizzazione e senza versare alla struttura la quota prevista per legge, a nulla rilevando circa la configurabilità del delitto il fatto che l’azienda fosse a conoscenza di quanto accaduto”. Lo ha ribadito la Cassazione confermando la condanna inflitta ad un medico. Nel caso di specie, si trattava di un cardiologo, assunto a tempo pieno e con impegno esclusivo presso l’ospedale, che per due anni aveva svolto attività intramuraria senza aver richiesto la specifica autorizzazione e senza lasciare nelle casse del nosocomio la quota del 52% di quanto percepito dai pazienti.
Cassazione penale, sez. VI , 27/09/2017 , n. 48603
Integra la fattispecie di peculato d’uso la condotta del medico addetto al servizio del 118 che si appropria dell’autoambulanza di cui ha la disponibilità in ragione del servizio svolto, facendone un uso personale e momentaneo (nella specie, si è ritenuto sussistente per la pubblica amministrazione il danno patrimoniale relativo al consumo di carburante e all’usura del mezzo e il disservizio legato al reiterato utilizzo di un mezzo funzionale alla tempestiva assistenza ai pazienti in condizioni di emergenza).
Cassazione penale, sez. VI , 15/09/2017 , n. 46492
Configura il reato di corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio (e non il più lieve reato di corruzione per l’esercizio della funzione, di cui all’ art. 318 c.p. ) lo stabile asservimento del pubblico ufficiale ad interessi personali di terzi, che si traduca in atti che, pur formalmente legittimi in quanto discrezionali e non rigorosamente predeterminati, si conformano all’obiettivo di realizzare l’interesse del privato nel contesto di una logica globalmente orientata alla realizzazione di interessi diversi da quelli istituzionali. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto legittima la qualificazione ai sensi degli artt. 319 e 321 c.p. della condotta di un rappresentate farmaceutico che aveva corrisposto denaro ad un primario ospedaliero in cambio dell’impegno di quest’ultimo a prescrivere a tutti i pazienti un determinato farmaco antitumorale, rilevando che la relativa prescrizione doveva essere il frutto di un meditato apprezzamento del quadro clinico del paziente nonché di una valutazione comparativa tra i benefici perseguiti ed i rischi connessi alla terapia farmacologica).
Cassazione penale, sez. VI , 05/04/2016 , n. 19002
Integra l’ipotesi di corruzione e non di truffa la condotta del medico che, in violazione dei suoi doveri di ufficio, accetta, quale medico ginecologo in servizio presso una clinica convenzionata, denaro per concorrere ad affidare un nascituro in via definitiva a terzi, atteso che, nella specie, si trattava di un atto che rientrava tra quelli che l’imputato aveva la concreta possibilità di compiere e che il denaro fu corrisposto consapevolmente non per effetto di un errore indotto da raggiro.
Cassazione penale, sez. II , 27/10/2015 , n. 46096
In tema di abuso di ufficio, il requisito della violazione di legge può consistere anche nella inosservanza dell’art. 97 Cost., nella parte immediatamente precettiva che impone ad ogni pubblico ufficiale, nell’esercizio delle sue funzioni, di non usare il potere che la legge gli conferisce per compiere deliberati favoritismi e procurare ingiusti vantaggi ovvero per realizzare intenzionali vessazioni o discriminazioni e procurare ingiusti danni. (Nella specie, la S.C. ha reputato immune da censure la decisione impugnata che aveva ravvisato, nel comportamento tenuto dai due direttori di unità operativa ospedaliera succedutisi nel tempo, una condotta penalmente rilevante, consistita nel progressivo svuotamento del carico assistenziale del medico referente dell’esecuzione di prestazioni specialistiche).
Cassazione penale, sez. IV , 27/04/2015 , n. 22042
Anche il medico di famiglia è responsabile del rilascio del porto d’armi al paziente affetto da turbe psichiche, se omette di annotare il disturbo mentale del paziente nel certificato anamnestico preliminare agli accertamenti di idoneità effettuati da parte dei competenti medici della Asl.
Cassazione penale, sez.VI, 20/01/2015 , n. 10130
Non risponde del delitto di omissione di atti d’ufficio il medico che, durante il turno di guardia medica, anziché recarsi di persona a visitare il paziente che denuncia problemi respiratori, si limiti a prescrivere, telefonicamente, la terapia del caso, essendo egli arbitro della scelta di effettuare o meno la visita domiciliare.
Cassazione penale, sez. VI, 22/09/2011 , n. 36253
In tema di reati contro la pubblica amministrazione, non può essere affermata la carenza dell’elemento soggettivo allorquando una prassi diffusa sia inserita in un contesto giuridico amministrativo, sicuramente incerto in ordine alla possibilità di realizzare l’attività contestata, dovendo l’agente astenersi dal porre in essere comportamenti di incerta rilevanza ed acquisire dai competenti organi amministrativi le necessarie informazioni ed assicurazioni circa la legittimità dell’attività svolta, in modo da adempiere a quell’onere informativo che potrebbe rendere scusabile l’errore sulla legge penale (nella specie, si è negato che il reato di interruzione di un pubblico servizio, addebitato a un medico ospedaliero, possa essere escluso da presunte prassi in relazione ad altri generici impegni di reparto del medico stesso).
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