Scatta la misura cautelare della sospensione dai pubblici uffici per il dipendente comunale che si allontana ripetutamente e senza giustificazione dal posto di lavoro.

Si segnala ai lettori del blog l’interessante sentenza n. 4454/2019 – dep. 29.01.2019 resa dalla II Sezione penale della Corte di Cassazione in relazione al caso di un dipendente comunale, al quale venivano attribuite plurime condotte di allontanamento ingiustificato dal luogo di lavoro, per le quali veniva avviata indagine per truffa e violazione delle norme sul pubblico impiego.

Nello specifico della vicenda processuale, il tribunale delle libertà di Reggio Calabria rigettava l’appello proposto -ex art. 310 cod. proc. pen.- nell’interesse dell’indagato e, per l’effetto, confermava l’ordinanza con cui il giudice per le indagini preliminari del medesimo tribunale aveva applicato la misura cautelare della sospensione dai pubblici uffici o servizi per la durata di otto mesi, nei confronti dell’odierno ricorrente, gravemente indiziato dei delitti di cui agli articoli 640, secondo comma, n. 1, cod. pen. e 55 quinquies d.l.gs. n. 165/2001 dell’imputazione provvisoria.

Investita del ricorso presentato dal difensore del proposto alla misura cautelare avverso il suddetto provvedimento, la S.C. ha dichiarato la inammissibilità dell’atto confermando le valutazioni del giudice cautelare. Di seguito si riportano i passaggi motivazionali ivi di interesse.

Il tribunale della cautela, nel provvedimento impugnato, ha indicato, come significativi ai fini del decidere, alcuni elementi di fatto, quali la natura documentale degli indizi di reità emersi nel corso delle indagini, la sicura indicazione del ricorrente quale autore delle condotte contestate, l’assenza di autorizzazioni amministrative agli allontanamenti dal luogo di lavoro riscontrati, il carattere diuturno delle trasgressioni, le modalità routinarie del fatto. Tali profili risultano valutati sulla base di atti normativi dal chiaro disposto, criteri logici lineari e massime di esperienza condivise, tanto da determinare un apparato motivazionale altrettale, come tale esente da vizi sindacabili in questa sede.

Inammissibile è dunque il motivo che denuncia motivazione assente, palesemente illogica o contraddittoria sul punto, avuto riguardo ad un principio di fondo che si evince dalla normativa in materia di pubblico impiego: durante l’orario di servizio retribuito, ogni allontanamento dal luogo di lavoro cui l’impiegato è preposto deve risultare da un provvedimento amministrativo annotato sul registro delle presenze (cartaceo o informatico che sia). Tutte le giustificazioni addotte per gli allontanamenti registrati non possono pertanto restare affidate alla facoltà di auto allegazione postuma del dipendente. (…), ogni discordanza tra registrazione della presenza e assenza di fatto, non previamente giustificata, va qualificata penalmente nei sensi delle fattispecie contestate al ricorrente(Sez. 2, n. 34773, del 17/6/2016, Rv. 267855-01; che richiama un orientamento storicizzato sin da Sez. 2, n. 6512, del 12/2/1985, Rv. 169953).

In ordine alla concreta ricorrenza delle esigenze cautelari. Il ricorso non si confronta in profondità con i motivi spesi nella ordinanza impugnata, laddove il tribunale della cautela ha spiegato, con motivazione logica e congrua, che il carattere diuturno delle violazioni necessitava di una misura d’argine quale quella interdittiva applicata.

(…) Orbene, nella fattispecie, il giudice del controllo cautelare di merito ha dato conto in motivazione sia della consuetudine dell’indagato a violare i precetti posti dalla normativa di settore, sia della disinvoltura con la quale quotidianamente disprezzava le regole del contratto di lavoro pubblico. Con ciò ponendosi nel solco di quelle opzioni interpretative che hanno ribadito come i caratteri del giudizio prognostico – in sede cautelare personale – siano improntati alla rigorosa e complessiva valutazione dei comportamenti e delle modalità di realizzazione dei fatti attribuiti al soggetto e non alla individuazione di occasioni prossime facilitanti la riproduzione del reato (in tal senso v. Sez. 4, n. 27420, del 3/5/2018, Rv. 273084; Sez. 5, n. 49038, del 14/6/2017, Rv. 271522; Sez. 5, n. 33004, del 3/5/2017, Rv. 271216; Sez. 5, n. 31676, del 4/4/2017, Rv. 270634; Sez. 5, n. 12618, del 18/1/2017, Rv. 269533; Sez. 2, n. 11511, del 14/12/2016, Rv. 269684).

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Riferimenti normativi

Art. 55 quinquies D.Lgs. n. 165/2001 (T.U. sul pubblico impiego). False attestazioni o certificazioni

  1. Fermo quanto previsto dal codice penale, il lavoratore dipendente di una pubblica amministrazione che attesta falsamente la propria presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente, ovvero giustifica l’assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o falsamente attestante uno stato di malattia è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 400 ad euro 1.600. La medesima pena si applica al medico e a chiunque altro concorre nella commissione del delitto.
  2. Nei casi di cui al comma 1, il lavoratore, ferme la responsabilità penale e disciplinare e le relative sanzioni, è obbligato a risarcire il danno patrimoniale, pari al compenso corrisposto a titolo di retribuzione nei periodi per i quali sia accertata la mancata prestazione, nonché il danno d’immagine di cui all’articolo 55 quater, comma 3-quater.
  3. La sentenza definitiva di condanna o di applicazione della pena per il delitto di cui al comma 1 comporta, per il medico, la sanzione disciplinare della radiazione dall’albo ed altresì, se dipendente di una struttura sanitaria pubblica o se convenzionato con il servizio sanitario nazionale, il licenziamento per giusta causa o la decadenza dalla convenzione. Le medesime sanzioni disciplinari si applicano se il medico, in relazione all’assenza dal servizio, rilascia certificazioni che attestano dati clinici non direttamente constatati né oggettivamente documentati.

3-bis. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 55 quater, comma 1, lettere a) e b), i contratti collettivi nazionali individuano le condotte e fissano le corrispondenti sanzioni disciplinari con riferimento alle ipotesi di ripetute e ingiustificate assenze dal servizio in continuità con le giornate festive e di riposo settimanale, nonché con riferimento ai casi di ingiustificate assenze collettive in determinati periodi nei quali è necessario assicurare continuità nell’erogazione dei servizi all’utenza.

Art. 640 c.p. Truffa

Chiunque, con artifizi o raggiriinducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da cinquantuno euro a milletrentadue euro.

La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da trecentonove euro a millecinquecentoquarantanove euro:

  1. 1) se il fatto è commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico o col pretesto di far esonerare taluno dal servizio militare;
  2. 2) se il fatto è commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l’erroneo convincimento di dovere eseguire un ordine dell’Autorità;
  3. 2-bis) se il fatto è commesso in presenza della circostanza di cui all’articolo 61, numero 5).

Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze previste dal capoverso precedente o la circostanza aggravante prevista dall’articolo 61, primo comma, numero 7.

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Quadro giurisprudenziale di riferimento in tema di truffa ai danni dello Stato commessa mediante allontanamento ingiustificato dal luogo di lavoro da parte del pubblico impiegato:

Cassazione penale , sez. II , 30/11/2018 , n. 3262

La falsa attestazione del pubblico dipendente relativa alla sua presenza in ufficio, riportata sui cartellini marcatempo o nei fogli di presenza, integra il reato di truffa aggravata ove il soggetto si allontani senza far risultare, mediante timbratura del cartellino o della scheda magnetica, i periodi di assenza, che rilevano di per sé – anche a prescindere dal danno economico cagionato all’ente truffato fornendo una prestazione nel complesso inferiore a quella dovuta – in quanto incidono sull’organizzazione dell’ente stesso, modificando arbitrariamente gli orari prestabiliti di presenza in ufficio, e ledono gravemente il rapporto fiduciario che deve legare il singolo impiegato all’ente; di tali ultimi elementi è necessario tenere conto anche ai fini della valutazione della configurabilità della circostanza attenuante di cui all’ art. 62 c.p. , comma 1, n. 4.

Cassazione penale , sez. V , 18/07/2018 , n. 41426

La falsa attestazione del pubblico dipendente, circa la presenza in ufficio riportata sui cartellini marcatempo, è condotta fraudolenta, idonea oggettivamente ad indurre in errore l’amministrazione di appartenenza in merito alla presenza sul luogo di lavoro, ed è dunque suscettibile di integrare il reato di truffa aggravata.

Cassazione penale , sez. II , 16/03/2018 , n. 14975

In tema di truffa aggravata in danno dello Stato, nel caso in cui la condotta consista in ripetute assenze ingiustificate dell’impiegato pubblico dal luogo di lavoro, occorre che queste determinino un danno economicamente apprezzabile, sicché è onere del giudice di merito considerare a tal fine anche l’eventuale ricorrenza di decurtazioni stipendiali conseguenti proprio alla mancata realizzazione della prestazione.

Cassazione penale , sez. III , 27/10/2015 , n. 45698

La falsa attestazione del dipendente pubblico, in ordine alla presenza sul luogo di lavoro accertata mediante alterazione dei cartellini marcatempo, integra, in concorso materiale, i reati di truffa aggravata (art. 640, comma 2, n. 1, c.p.) e di false attestazioni o certificazioni (art. 55 quinquies d.lg. n. 165 del 2001).

Cassazione penale , sez. II , 19/05/2011 , n. 23785

Commette il delitto di truffa in danno dell’Ente pubblico il dipendente che faccia figurare come dovuto a ragioni di servizio un allontanamento dal posto di lavoro invece arbitrario non rilevando in senso contrario che il superiore gerarchico fosse a conoscenza della mancata autorizzazione all’allontanamento dal servizio (nel caso di specie la S.C. ha accolto il ricorso proposto dal p.m. contro sentenza di merito dichiarativa di non luogo a procedere che aveva ritenuto la mancata integrazione del delitto di truffa).

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