Omicidio colposo in cantiere: sul Giudice del merito grava l’onere di motivare adeguatamente sul nesso causale tra la condotta omissiva del datore di lavoro e l’incidente mortale in cantiere.
Si segnala ai lettori del blog la sentenza di legittimità n.54813/2018 in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro con la quale la cassazione è tornata a pronunciarsi relativamente al profilo del rilievo della c.d. condotta abnorme del lavoratore e della delega di funzioni inerenti alla sicurezza in cantiere quali eventi interruttivi del nesso causale tra condotta astrattamente omissiva del datore di lavoro, circa l’adempimento dell’obbligo di formazione/informazione dei lavoratori e l’exitusinfausto (l’incidente mortale).
Il processo di merito in sintesi: l’imputato, nella sua qualità datoriale, veniva tratto a giudizio non avendo ottemperato, nei riguardi del lavoratore deceduto, ai suoi doveri di formazione ed informazione relativamente alle attrezzature presenti sul luogo di lavoro, in violazione dell’art. 37, commi 1 e 1-bis del D.Lgs. n. 626/1994 e successive modifiche.
Il lavoratore deceduto svolgeva mansioni di operaio presso una delle società facenti parte di un raggruppamento d’imprese al cui vertice vi era la società consortile della quale l’imputato era delegato con procura speciale e con funzioni di datore di lavoro.
La ricostruzione operata dai giudici in sede di merito evidenziava che in seguito al verificarsi di un’avaria nella fase di abbassamento delle rampe del pianale di un automezzo all’interno del cantiere in oggetto, che lo stesso operaio deceduto e gli operai di altra ditta provvedevano a riparare in modo fortunoso e improvvisato, facendo pressione sulle rampe stesse e scaricando una parte dell’olio presente nel circuito idraulico dei pistoni, al momento in cui veniva sganciata la rampa destra del caminion quest’ultima andava ad abbattersi sul lavoratore che rimaneva ucciso.
Nell’interposto ricorso per cassazione la difesa del giudicabile ha lamentato vizio di motivazione della sentenza di appello consistente nella omessa valutazione dei limiti dell’obbligo di garanzia in capo all’imputato rispetto a quelli gravanti sui vari soggetti garanti presenti all’interno del cantiere, ove operavano diverse ditte, nonché la disparità di trattamento con una coimputata per la quale era stata esclusa la responsabilità in ragione della abnormità della condotta posta in essere dai lavoratori rispetto alla propria sfera di garanzia.
La Suprema corte ha accolto il ricorso annullando con rinvio ad altra sezione della Corte reggina.
Di seguito si riportano per estratto i passaggi del tessuto motivazionale di maggior interesse:
“…la Corte reggina non ha considerato che i lavori assunti dalle tre società consorziate (la (omissis), la (omissis) e la (omissis)) erano distinti e diversi fra loro; la posizione del (omissis) non era quella di dipendente dalla (omissis), ma dalla (omissis), e dunque il suo datore di lavoro era il (omissis), in forza della procura conferitagli dall’ing. (omissis) il 23 febbraio 2005; ed in ogni caso, il (omissis) – diversamente da quanto sostenuto dalla Corte distrettuale – aveva conferito al (omissis) (con atto in data 2 settembre 2005, ossia prima del sinistro) non solo la posizione di “assistente di cantiere”, ma anche quella di responsabile della gestione del personale anche per quanto riguarda la formazione, con il compito di istruire il personale preposto e gli addetti ai lavoro.
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al fatto che la Corte di merito, rigettando il motivo d’appello relativo alla titolarità dell’autoarticolato in capo ad altra ditta (la (omissis)) e alla conseguente esclusione della responsabilità in capo al (omissis) nella sua qualità, ha ritenuto che questi dovesse rispondere comunque della violazione dei doveri di formazione e informazione perché non era imprevedibile che gli operai addetti alla trivella potessero collaborare con l’autista dell’autoarticolato per eventuali difficoltà nell’esecuzione delle manovre: deduce l’esponente che in realtà i doveri formativi e informativi del Damiano potevano riguardare solo ed esclusivamente le attrezzature di proprietà della società consortile (omissis) e, al più, delle altre società consorziate (omissis), ma non anche quelle di proprietà di terzi: l’infortunio fu causato dalla manomissione di un mezzo di trasporto della (omissis), e non da una manovra sulla trivella perforatrice. E, se è vero che nel POS della società consortile era stabilito che lo spostamento della trivella perforatrice dovesse essere eseguito dal perforatore in accordo con il sottomacchina (il cui compito era quello di accertarsi che nella zona di manovra non stazionasse nessun altro mezzo e nessun altro lavoratore), tale obbligo doveva necessariamente essere limitato alla circolazione della trivella all’interno del cantiere, e non al carico e allo scarico su altro mezzo per il successivo trasporto. Ed ancora, il ricorrente evidenzia che in altro passaggio della sentenza impugnata la Corte di merito ha descritto la manovra eseguita sulle rampe come del tutto anomala, escludendo così la responsabilità della coimputata (omissi); e che tale ragionamento non può non valere anche per il (omissis).
(…) Si tratta insomma di comprendere, alla luce di siffatti principi, se, nel caso di cui trattasi, permanesse in capo al (omissis) – quale soggetto apicale di una società capogruppo rispetto a quella da cui dipendeva il (omissis) – la posizione di garanzia in relazione agli obblighi di formazione e di informazione che si assumono disattesi, e con riferimento a rischi non già “specifici” rispetto alle loro mansioni, ma connessi alla cooperazione dei lavoratori (dipendenti da altra società del consorzio) con soggetti terzi, nell’impiego di un mezzo (ed in specie di un pianale) dotato di rampe il cui funzionamento si dimostrava precario, ed appartenente ad altra ditta (la (omissis)) estranea al consorzio di cui la società (omissis) era capogruppo.
(…)A fronte di ciò, non si evince dalla motivazione della ricorsa sentenza in quali termini e sotto quale profilo il comportamento alternativo doveroso – ossia l’ottemperanza all’obbligo formativo e informativo che il (omissis) avrebbe disatteso – sarebbe stato, nel caso di specie, salvifico.
In secondo luogo, e tornando al profilo della prevedibilità dell’accaduto, colgono nel segno le censure del ricorrente nel ravvisare profili di contraddittorietà nel percorso argomentativo della sentenza impugnata, laddove – a proposito della posizione della coimputata (omissis), titolare della società proprietaria dell’autoarticolato e del pianale – le attività poste in essere dal (omissis) e dagli operai della (omissis) per tentare di riparare la rampa sono ricondotte a «un’operazione di manomissione così anomala» che, secondo la Corte di merito, «fuoriusciva del tutto dalle condotte che ci si poteva attendere dai lavoratori » ed integrava perciò un’ipotesi di comportamento eccezionale, abnorme ed esorbitante idoneo a interrompere il nesso di causalità in quanto causa sopravvenuta idonea da sola a determinare l’evento (pag. 19 sentenza impugnata). Non é dato comprendere, a fronte di ciò, per quali ragioni il comportamento del (omissis) e dei dipendenti della (omissis) dovrebbe considerarsi eccezionale e con valenza interruttiva del nesso eziologico quanto alla (omissis)(titolare, oltretutto, della ditta proprietaria del pianale in avaria), e non invece quanto al (omissis).
Al riguardo, deve ricordarsi che, secondo l’ormai pacifico insegnamento della giurisprudenza di legittimità, è interruttiva del nesso di condizionamento la condotta abnorme del lavoratore, quando essa si collochi in qualche guisa al di fuori dell’area di rischio definita dalla lavorazione in corso. Tale comportamento è “interruttivo” (per restare al lessico tradizionale) non perché “eccezionale” ma perché eccentrico rispetto al rischio lavorativo che il garante è chiamato a governare(per tutte vds. Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri; Sez. 4, n. 15124 del 13/12/2016 – dep. 2017, Gerosa e altri, Rv. 269603).
Perciò, restando assorbite le ulteriori questioni prospettate dal ricorrente in ordine al trattamento sanzionatorio, la sentenza impugnata va annullata, limitatamente alla posizione del (omissis) e con riguardo al reato di cui al capo 1, con rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello di Reggio Calabria, cui spetterà di chiarire, alla luce del materiale probatorio raccolto, se – alla luce della delega di funzioni conferita al (omissis), alle specifiche operazioni attribuibili al (omissis) e ai suoi colleghi della (omissis), al fatto che l’avaria alla rampa del pianale riguardava un mezzo meccanico di proprietà di altra ditta – la mancanza di formazione e informazione del personale a fini prevenzionistici abbia avuto un rilievo eziologicamente rilevante nell’accaduto, e se il rischio concretizzatosi nell’occorso rientrasse fra quelli che il (omissis), nella sua qualità, doveva governare”.
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Quadro giurisprudenziale (penale e della sezione lavoro) di riferimento in tema di responsabilità del datore di lavoro per violazione delle norme antinfortunistiche e sulla causa di interruzione del nesso causale per condotta abnorme del lavoratore.
Cassazione penale sez. IV, 29/05/2018, n.26858
Il comportamento colposo concausativo dell’infortunio del lavoratore non esclude la responsabilità primaria del suo superiore e non deve essere confuso con la condotta abnorme del dipendete, che è la sola che può condurre all’esonero del datore di lavoro.
Cassazione civile sez. lav., 10/10/2018, n.25102
La responsabilità datoriale per l’infortunio occorso al dipendente può fondarsi sulla violazione degli obblighi di informazione e formazione del lavoratore quanto ai pericoli connessi allo svolgimento della specifica operazione lavorativa ed alle misure di sicurezza per prevenirli. La condotta del dipendente, non abnorme, benché imprudente, non può considerarsi concausa dell’evento dannoso quante volte, la stessa imprudenza, sia riconducibile all’inadempimento del datore di lavoro e questi non dimostri di aver fornito al lavoratore tutte le necessarie istruzioni per evitare di commettere l’errore che fu causa dell’infortunio.
Cassazione penale sez. IV, 19/07/2018, n.43852
In tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta colposa del datore di lavoro e l’evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia eccezionale ed imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia. Non integra il “comportamento abnorme”, idoneo a escludere il nesso di causalità tra la condotta omissiva del datore di lavoro e l’evento lesivo o mortale patito dal lavoratore, il compimento da parte di quest’ultimo di un’operazione che, seppure inutile e imprudente, non risulti eccentrica rispetto alle mansioni a lui specificamente assegnate nell’ambito del ciclo produttivo, che il garante è chiamato a governare.
Cassazione civile sez. lav., 23/05/2018, n.12807
Il rischio elettivo si determina allorquando venga tenuto dal lavoratore una condotta “abnorme, inopinabile ed esorbitante” che si pone al di fuori dell’attività lavorativa e prescindendo da essa, come tale idonea ad interrompere il nesso eziologico” con la prestazione e quindi non rientrante nella copertura dell’obbligo di sicurezza datoriale, notoriamente esteso, viceversa, alla prevenzione rispetto ad eventuali comportamenti meramente colposi del lavoratore (confermata, nella specie, la responsabilità del datore per l’infortunio occorso al lavoratore causato dalla caduta del dipendente che in quel momento stava fumando appoggiato al camion della raccolta rifiuti e si era sorretto alla barra laterale e non a quella orizzontale, così finendo con la mano schiacciata tra tale barra ed il muro del limitrofo edificio).
Cassazione penale sez. IV, 29/03/2018, n.31615
In tema di responsabilità per violazione della normativa antinfortunistica, compito del datore di lavoro, titolare della posizione di garanzia, è quello di evitare che si verifichino eventi lesivi dell’incolumità fisica intrinsecamente connaturati all’esercizio dell’attività lavorativa, anche nell’ipotesi in cui siffatti rischi siano conseguenti a eventuali negligenze, imprudenze e disattenzioni dei lavoratori subordinati, la cui incolumità deve essere protetta con appropriate cautele. Il garante, dunque, ove abbia negligentemente omesso di attivarsi per impedire l’evento, non può invocare, quale causa di esenzione dalla colpa, la legittima aspettativa in ordine all’assenza di condotte imprudenti, negligenti o imperite da parte dei lavoratori, poiché il rispetto della normativa antinfortunistica mira a salvaguardare l’incolumità del lavoratore anche dai rischi derivanti dalle sue stesse imprudenze e negligenze o dai suoi stessi errori, purché connessi allo svolgimento dell’attività lavorativa. Il datore di lavoro, quindi, non può essere considerato esente da responsabilità ove il lavoratore esplichi un incombente che, anche se inutile e imprudente, rientri comunque nelle sue attribuzioni e non risulti eccentrico rispetto alle mansioni a lui specificatamente assegnate, nell’ambito del ciclo produttivo. Vi è però esonero da responsabilità del datore di lavoro ove, a norma dell’articolo 41, comma 2, del Cp, il nesso causale tra la sua condotta in ipotesi colposa e l’evento lesivo risulti interrotto da una causa sopravvenuta, sufficiente sa sola a determinare l’evento, ciò che si verifica nei casi in cui la causa sopravvenuta inneschi un rischio nuovo e del tutto incongruo rispetto al rischio originario, attivato dalla prima condotta. Tale interruzione del nesso causale è ravvisabile qualora il lavoratore ponga in essere una condotta del tutto esorbitante dalle procedure operative alle quali è addetto e incompatibile con il sistema di lavorazione ovvero non osservi precise disposizioni antinfortunistiche, ponendo in essere un comportamento che, per la sua stranezza e imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte dei soggetti preposti all’applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro. In questi casi è configurabile la colpa dell’infortunato nella produzione dell’evento, con esclusione della responsabilità penale del titolare della posizione di garanzia (nella specie, la Corte ha annullato la sentenza di condanna pronunciata a carico del titolare della posizione di garanzia evidenziando come nella eziologia dell’incidente fosse subentrata una manovra compiuta dall’infortunato che aveva innescato una categoria di rischio del tutto nuova rispetto a quella determinata dal difetto di un’adeguata manutenzione del macchinario oggetto di contestazione: il comportamento del lavoratore doveva considerarsi abnorme essendosi risolto, nella vicenda, in una condotta radicalmente, ontologicamente, lontana dalle ipotizzabili, e quindi prevedibili, scelte, anche imprudenti, di un lavoratore, nell’esecuzione del lavoro, con conseguente esonero da responsabilità del titolare della posizione di garanzia).
Cassazione penale sez. IV, 20/03/2018, n.17404
Nel sistema della normativa antinfortunistica, per potere considerare interrotto il nesso causale tra l’incidente e la condotta del datore di lavoro, è necessario che la condotta del lavoratore cui si vuole ricondurre la causa esclusiva dell’evento sia caratterizzata dalla cosiddetta “abnormità”; ossia da quel comportamento del lavoratore che assume valenza interruttiva nel nesso di causalità fra la condotta del garante in tema di sicurezza e l’evento dannoso verificatosi a suo danno: tale condizione, peraltro, si verifica non perché il comportamento del lavoratore qualificato come abnorme sia “eccezionale”, ma perché esso risulta eccentrico rispetto al rischio lavorativo che il garante è chiamato a governare (cfr. sezioni Unite, 24 aprile 2014, Espenhahn e altri) (ciò che la Corte, nella specie, ha escluso, versandosi in un’ipotesi disciplinata dall’articolo 71, comma 1, del decreto legislativo n. 81 del 2008, che pone a carico del datore di lavoro l’obbligo di mettere “a disposizione dei lavoratori attrezzature conformi ai requisiti di cui all’articolo 70, idonee ai fini della salute e della sicurezza e adeguate al lavoro da svolgere o adattate a tali scopi che devono essere utilizzate conformemente alle disposizioni legislative di recepimento delle direttive comunitarie”).
Cassazione civile sez. lav., 15/01/2018, n.749
L’art. 2087 c.c., nella misura in cui costruisce quale oggetto dell’obbligazione datoriale un facere consistente nell’adozione delle “misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità dei prestatori di lavoro”, permette di imputare al datore di lavoro non qualsiasi evento lesivo della salute dei propri dipendenti, ma solo quello che concretizzi le astratte qualifiche di negligenza, imprudenza, imperizia o inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline, dovendo per contro escludersi la responsabilità datoriale ogni qualvolta la condotta sia stata diligente ovvero non sia stata negligente (imprudente, imperita, ecc.) in ordine allo specifico pericolo di cagionare proprio quell’evento concreto che in fatto si è cagionato (nella specie, relativa all’infortunio occorso ad una insegnante colpita ad un occhio da un tappo di bottiglia aperta da un alunno durante dei festeggiamenti, il non aver proibito l’iniziativa del festeggiamento attesa la partecipazione di ragazzi maggiorenni o comunque prossimi alla maturità, e dunque in età adolescenziale avanzata, e il carattere usuale della stessa, non consentivano di ravvisare un aggravamento del rischio professionale; non vi erano elementi che consentivano di affermare che l’uso di alcolici fosse stato assentito; non vi era evidenza che la manovra inopinata dell’alunno fosse in qualche modo determinata da sue condizioni di alterazione per intossicazione alcolica. La condotta abnorme e imprevedibile dell’alunno non consentiva di ravvisare una serie causale prevedibile e adeguata rispetto alla permessa organizzazione del festeggiamento durante l’ordinario orario di lezione scolastiche).
Cassazione penale sez. IV, 13/12/2016, n.15124
In tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l’evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia. (Fattispecie in cui la S.C. ha escluso l’abnormità della condotta di due lavoratori che erano deceduti, per mancanza di ossigeno, all’interno di una cisterna in cui si erano calati per svolgere le proprie mansioni, ma senza attendere l’arrivo del responsabile della manutenzione e senza utilizzare dispositivi di protezione).
Cassazione penale sez. IV, 30/09/2016, n.44327
Le norme dettate in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro perseguono il fine di tutelare il lavoratore persino in ordine a incidenti derivanti da sua negligenza, imprudenza e imperizia, sicché la condotta imprudente dell’infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l’evento quando sia comunque riconducibile all’area di rischio inerente all’attività svolta dal lavoratore e all’omissione di doverose misure antinfortunistiche da parte del datore di lavoro. Piuttosto, è interruttiva del nesso causale la condotta abnorme del lavoratore se e quando si collochi al di fuori dell’area di rischio definita dalla lavorazione in corso: tale comportamento è interruttivo non perché “eccezionale” ma perché “eccentrico” rispetto al rischio lavorativo che il garante è chiamato a governare (sezioni Unite, 24 aprile 2014, E. e altri) (fattispecie in cui si è esclusa la valenza interruttiva della responsabilità del datore di lavoro per l’infortunio occorso al lavoratore, il quale imprudentemente aveva utilizzato un macchinario cui era stata rimossa la protezione per sveltire le operazioni di lavoro trattandosi di situazione appartenente all’area di rischio lavorativo rientrante nei compiti di controllo del titolare della posizione di garanzia).
Cassazione penale sez. IV, 22/10/2015, n.44811
L’unica circostanza idonea ad escludere la responsabilità del datore di lavoro, che abbia violato le norme in materia antinfortunistica, è la condotta abnorme del lavoratore, dovendosi intendere con tale espressione il comportamento che, per la sua imprevedibilità, si collochi al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte dei soggetti preposti all’attuazione delle misure di prevenzione; la mera colpa concorrente del lavoratore, dunque, non esclude la responsabilità del datore di lavoro (fattispecie relativa all’infortunio occorso ad un lavoratore dipendente che aveva usato un
Cassazione penale sez. IV, 14/07/2015, n.36882
Posto che, in caso di infortunio subìto dal lavoratore, soltanto la condotta c.d. abnorme di quest’ultimo è idonea ad interrompere il nesso causale tra la condotta ascritta al datore di lavoro e l’evento lesivo, sussiste la responsabilità di quest’ultimo in caso di carenza dei dispositivi di sicurezza poiché la stessa non può essere sostituita dall’affidamento sull’osservanza, da parte del lavoratore, di una condotta prudente e diligente.
Cassazione penale sez. IV, 17/06/2015, n.29794
In linea di principio, la condotta colposa del lavoratore infortunato può escludere la responsabilità del datore di lavoro solo quando il comportamento del lavoratore, e le sue conseguenze, presentino i caratteri dell’eccezionalità e dell’abnormità, potendosi attribuire però tale carattere non solo alla condotta del tutto estranea al processo produttivo o alle mansioni attribuite (come ad esempio, nel caso che il lavoratore si dedichi a un’altra macchina o a un altro lavoro, magari esorbitando nelle competenze attribuite ad altro lavoratore), ma anche a quella che, pur rientrando nelle mansioni proprie del lavoratore, sia consistita in qualcosa di radicalmente, ontologicamente lontano dalle pur ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nell’esecuzione del lavoro (da queste premesse, rigettando il ricorso del datore di lavoro, la Corte ha comunque escluso potesse attribuirsi il carattere di comportamento abnorme e imprevedibile a un comportamento definito come “istintivo” del lavoratore, che non risultava abnorme ed esorbitante rispetto alla procedura di lavoro da determinare l’interruzione del nesso causale e di cui si doveva piuttosto tener conto nella previsione delle procedure di sicurezza del lavoro).
Cassazione penale sez. IV, 05/05/2015, n.41486
Nel sistema della normativa antinfortunistica, trasformatosi ormai da un modello iperprotettivo, interamente incentrato sulla figura del datore di lavoro investito di un obbligo di vigilanza assoluta sui lavoratori, a un modello collaborativo, in cui gli obblighi sono ripartiti tra più soggetti, compresi gli stessi lavoratori, il datore di lavoro non ha più, dunque, un obbligo di vigilanza assoluta rispetto al lavoratore, ma una volta che abbia fornito tutti i mezzi idonei alla prevenzione e abbia adempiuto a tutte le obbligazioni proprie della sua posizione di garanzia, egli non risponderà dell’evento derivante da una condotta imprevedibilmente colposa del lavoratore. Ciò non solo, ovviamente, in presenza di un comportamento abnorme del lavoratore (nozione che si riferisce a quelle condotte poste in essere in maniera imprevedibile dal prestatore di lavoro al di fuori del contesto lavorativo e che, quindi, nulla hanno a che vedere con l’attività svolta), ma anche in presenza di un comportamento esorbitante del lavoratore (nozione che riguarda quelle condotte che fuoriescono dall’area di rischio che il datore di lavoro è chiamato a valutare in via preventiva, e che non rientrano nell’ambito delle mansioni, ordini, disposizioni concernenti il contesto lavorativo). (Nella specie, peraltro, la Corte ha escluso che potesse invocarsi la colpa del lavoratore, per escludere la responsabilità del datore di lavoro, giacché era rimasto provato che quest’ultimo aveva omesso di valutare il rischio nel piano di sicurezza, non potendosi ritenere sufficiente il richiamo a una pretesa prassi operativa aziendale, inidonea a essere considerata equipollente al documento di valutazione dei rischi).
Cassazione penale sez. IV, 25/09/2014, n.46437
L’ipotesi tipica del comportamento ‘abnorme’ è quella del lavoratore che provochi l’infortunio ponendo in essere, colposamente, un’attività del tutto estranea al processo produttivo o alle mansioni attribuite, realizzando in tal modo un comportamento esorbitante rispetto al lavoro che gli è proprio, assolutamente imprevedibile (ed inevitabile) per il datore di lavoro (esclusa, nella specie, l’abnormità della condotta del lavoratore che, nello smontare, sporgendosi, degli elementi di un ponteggio, privo della cintura di sicurezza collegata alla fune di trattenuta, era precipitato da un’altezza di circa 14 metri).
Cassazione penale sez. IV, 25/06/2014, n.46820
In materia di infortuni sul lavoro, la condotta colposa del lavoratore infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l’evento quando sia comunque riconducibile all’area di rischio propria della lavorazione svolta: in tal senso il datore di lavoro è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del lavoratore, e le sue conseguenze, presentino i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità, dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive di organizzazione ricevute (nella fattispecie, si è escluso costituisse comportamento abnorme quello tenuto dal lavoratore che aveva utilizzato in modo anomalo una scala, giacché trattavasi di condotta tenuta durante l’ordinaria attività di lavoro mentre si utilizzava un mezzo di lavoro messo a disposizione dall’azienda).
Cassazione penale sez. IV, 03/11/2004, n.3455
In tema di infortuni sul lavoro, poiché le norme di prevenzione mirano a tutelare il lavoratore anche in ordine ad incidenti che possano derivare da sua negligenza, imprudenza e imperizia, la responsabilità del datore di lavoro e, in generale, del destinatario dell’obbligo di adozione delle misure di prevenzione può essere esclusa, per causa sopravvenuta, solo in presenza di un comportamento del lavoratore del tutto imprevedibile e opinabile e tale, dunque, da presentare i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità e dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle precise direttive organizzative ricevute, sempre che l’infortunio non risulti determinato da assenza o inidoneità delle misure di sicurezza, nel qual caso nessuna efficienza causale può essere attribuita alla condotta del lavoratore che abbia dato occasione all’evento.
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