Nulla la sentenza di condanna per il reato di omesso versamento dell’IVA se manca la motivazione sulla dedotta rilevanza della crisi di liquidità.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza di legittimità n. 920/2019, in materia di omesso versamento dell’IVA che affronta il tema dei rapporti tra il segmento omissivo della condotta (mancato versamento dell’imposta), la scriminante della forza maggiore ed il tema del dolo che costituiscono il nucleo fondante della difesa tecnica  per il reato p. e p. dall’art. 10 ter D.L.vo n.74/2000.

Il caso oggetto della pronuncia.

Innanzi la Suprema corte Il ricorrente denunciava  violazione di legge e vizio di motivazione per la mancata considerazione da parte della Corte distrettuale dell’insussistenza dell’elemento psicologico del reato de quo, atteso che non erano state in alcun modo valutate le particolarità della fattispecie, laddove – a fronte del mancato pagamento delle fatture da parte della Parmalat, abitualmente fornita dalla società del ricorrente – quest’ultima, costretta ad assicurare la continuità aziendale della Parmalat come disposto dal commissario straordinario, non era stata in grado di pagare l’Iva sulle fatture emesse.

Detta omissione era stata quindi dovuta ad una situazione particolare, in quanto non era stata conseguenza di una libera scelta, mentre, sul punto la Corte di appello non aveva inteso valorizzare la fattispecie peculiare che, se correttamente valutata, avrebbe escluso l’indefettibile componente psicologica del reato ovvero condotto alla condotta scriminata dalla forza maggiore.

La Corte ha accolto il ricorso annullando con rinvio la sentenza gravata.

Di seguito i passaggi di maggior interesse del tessuto motivazionale di maggiore interesse per le imprese  e gli operatori di diritto:

“… in sede di appello, come correttamente riportato nella motivazione del provvedimento impugnato, l’odierno ricorrente aveva rappresentato l’esistenza del peculiare stato di crisi derivante dal crac Parmalat, con le conseguenti forzate sospensioni di pagamento e quindi il difetto dell’elemento psicologico anche in ragione della crisi generale, nonché l’avvenuto ravvedimento operoso a seguito del concordato piano di ammortamento del debito tributario con l’amministrazione fiscale. Sì che infine venivano lamentate sia l’eccessività della pena che la mancata sospensione condizionale.

In proposito, la sentenza impugnata – dopo avere premesso che l’impugnazione non appariva fondata nel merito – si è in primo luogo dilungata, mutata l’impostazione grafica della decisione, sull’illustrazione della fattispecie di cui all’art. 10-ter cit., poi ha ricordato che l’appellante aveva scelto di provvedere al pagamento delle retribuzioni ai dipendenti ed infine ha richiamato i principi in tema di elemento psicologico, sottolineando l’irrilevanza della crisi di liquidità del soggetto tenuto al pagamento fiscale. Oltre a ciò sono stati riportati ampi stralci di Sez. 3, n. 8352 del 25/02/2015, con successivi richiami alla norma di cui all’art. 649 cod. proc. pen.. Mentre infine la Corte territoriale ha ritenuto di riconoscere con valutazione di prevalenza le già concesse attenuanti generiche, invero disattendendo la richiesta di sospensione condizionale.

In definitiva, quindi, ed anche a tacere dalla ricordata differenza grafica, da un lato è stato allegato un irrilevante passaggio argomentativo sulla norma di cui all’art. 649 cit., che non faceva invece parte delle censure d’appello, e dall’altro in effetti vi è stata la sola risposta in ordine alla mitigazione del trattamento sanzionatorio ed al rigetto del chiesto beneficio della pena sospesa. Nulla invece è stato dedotto in relazione alla peculiarità della vicenda, alle necessità di fare fronte alle commesse Parmalat (a fronte anche delle urgenze rappresentate dalle figure pubbliche di riferimento della procedura concorsuale) ed al conseguente ulteriore indebitamento. Sì che, in buona sostanza, è venuta meno la risposta alle questioni decisive agitate col gravame, del quale l’imputato si è nuovamente doluto in questa sede”.

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Riferimenti normativi

Art. 10-ter D.Lg.s n. 74/2000.  Omesso versamento di IVA 

E’ punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo, l’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore a euro duecentocinquantamila per ciascun periodo d’imposta.

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Giurisprudenza di legittimità recente in materia di omesso versamento IVA:

Cassazione penale sez. III, 12/12/2018, n.9

Per la configurabilità del reato di omesso versamento IVA in capo al legale rappresentante di un’impresa non rileva quale causa di forza maggiore lo stato di crisi finanziaria imputabile alla precedente gestione laddove l’agente, al momento della nomina, sia consapevole della crisi di liquidità.

Cassazione penale sez. III, 09/11/2018, n.54699

È configurabile il reato di omesso versamento dell’i.v.a. nei confronti di un soggetto che, subentrato nella carica di liquidatore di una società di capitali successivamente alla presentazione della dichiarazione annuale di imposta ma prima della scadenza del termine per il relativo versamento, abbia omesso di compiere le necessarie verifiche sugli ultimi adempimenti fiscali e non abbia versato all’erario le somme dovute in base alla dichiarazione. (Fattispecie nella quale la S.C., nel dichiarare inammissibile il ricorso dell’imputato avverso la sentenza con la quale la Corte d’appello aveva confermato la condanna inflitta in primo grado per il reato di cui all’art. 10-ter d.lg. n. 74/2000, ha ritenuto non rilevante la circostanza che l’iscrizione alla camera di commercio della nomina alla carica di liquidatore della società fosse avvenuta dopo la scadenza del termine per il versamento dell’imposta).

Cassazione penale sez. III, 08/06/2018, n.39696

È necessario operare un bilanciamento tra l’interesse dell’Erario e l’interesse degli altri creditori: secondo tale impostazione, in caso di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, non è configurabile il fumus commissi delicti del reato di omessoversamento dell’IVA nel caso in cui il debitore sia stato ammesso al concordato preventivo in epoca anteriore alla scadenza del termine per il versamento del tributo, per effetto della inclusione nel piano concordatario del debito d’imposta, degli interessi e delle sanzioni amministrative.

Cassazione penale sez. III  13/03/2018 n. 15172  

La nuova fattispecie di reato di cui all’ art. 10 ter, d.lgs. n. 74 del 2000 , come modificata dall’ art. 8, d.lgs. n. 158 del 2015 , che ha elevato a Euro 250.000,00 la soglia di punibilità, ha determinato l’abolizione parziale del reato commesso in epoca antecedente che aveva ad oggetto somme pari o inferiori a detto importo, e in considerazione dell’abrogazione parziale trovano applicazione gli art. 2, comma secondo, cod. pen. (e non il quarto comma dell’ art. 2, cod. pen. ), e 673, comma primo, cod. proc. pen.

Cassazione penale sez. III  23/01/2018 n. 6220  

In tema di omesso versamento dell’ IVA, il reato omissivo previsto dall’ art. 10-ter d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 consiste nel mancato versamento all’erario delle somme dovute sulla base della dichiarazione annuale che, tranne i casi di applicabilità del regime di “IVA per cassa”, è ordinariamente svincolato dalla effettiva riscossione delle somme-corrispettivo relative alle prestazioni effettuate.

Cassazione penale sez. III  23/11/2017 n. 4750  

In caso di omesso versamento, la confisca va disposta anche se non risultano disponibilità di beni da parte dell’imputato. A ricordarlo è la Cassazione che ha accolto il ricorso della pubblica accusa contro la scelta del Tribunale di condannare l’imputato per violazione dell’ articolo 10-ter del Dlgs 74/2000 , senza disporre, però, la confisca per insussistenza dei mezzi. Si tratta, infatti di un preciso obbligo di legge che sfugge a qualunque considerazione da parte del giudice, potendo essere colpiti anche beni futuri. L’applicazione di tale confisca, in sostanza, è sottratta alla discrezionalità del giudice.

Cassazione penale sez. IV  17/10/2017 n. 52542  

Non è corretto attribuire prevalenza alla norma penale che sanziona l’omesso versamento dell’IVA rispetto al contrapposto divieto di versamento dell’IVA, imposto da un legittimo ordine del giudice (divieto di eseguire pagamenti per crediti anteriori alla richiesta di ammissione alla procedura concorsuale di concordato), che deriva da precise norme giuridiche aventi pari valore ed efficacia rispetto alla normativa tributaria.

Cassazione penale sez. III  12/04/2017 n. 39503  

Deve essere confermata la condanna per omesso versamento di IVA se l’imputato non dimostra che la crisi finanziaria sia stata imprevedibile, repentina e che egli, da amministratore, abbia fatto tutto quanto nelle sue disponibilità per evitare l’omissione del versamento.

Cassazione penale sez. III  15/02/2017 n. 35786  

Solo l’omologazione, e non anche la semplice ammissione al concordato preventivo – sia pure intervenuta antecedentemente alla scadenza del termine per il versamento dell’imposta -, può escludere il reato di omesso versamento i.v.a. ex art. 10 ter d.lg. n. 74 del 2000.

Cassazione penale sez. III  15/02/2017 n. 35786  

Ai fini dell’integrazione dei reati di cui agli artt. 10-bis e 10-ter del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, rispettivamente in tema di omesso versamento di ritenute dovute o certificate e dell’IVA, è sufficiente il consapevole inadempimento, da parte del contribuente, dell’obbligazione tributaria così come risultante dalle dichiarazioni annuali dal medesimo presentate, non essendo necessario che egli sia preventivamente messo a conoscenza della pretesa avanzata dagli organi accertatori in sede amministrativa né che detta pretesa abbia un positivo riconoscimento, attesa l’autonomia del procedimento penale dal procedimento e dal processo tributario.

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