Commette il delitto di peculato il notaio che omette o ritarda il versamento delle imposte autoliquidate corrisposte dai clienti per gli atti rogati.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza di legittimità n. 7115/2019 con la quale la Suprema Corte si è confrontata con la vicenda giudiziale di un notaio condannato nel doppio grado di merito per il delitto di peculato consumato per aver omesso di versare le imposte corrisposte dai clienti per gli atti rogati dal professionista.

La vicenda processuale in sintesi: la Corte d’Appello di Roma confermava il provvedimento di primo grado con cui l’imputato, nella sua qualità di Notaio, era stato condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di un anno di reclusione oltre a quella interdittiva accessoria in relazione a una condotta di peculato continuato (artt. 81, 314 cod. pen.), avente ad oggetto somme per un ammontare di € 3.052.218,00 a lui versate dai clienti e relative alla tassazione di atti rogati.

Al giudicabile la Procura capitolina aveva contestato di aver versato all’Erario la sola imposta calcolata in misura fissa, pari ad € 41.122,00, anziché nella misura reale addebitata ai clienti e calcolata in base alla corretta aliquota delle imposte ipotecarie e catastali del 2% del valore degli atti rogati.

Contro la sentenza della Corte distrettuale proponeva ricorso per cassazione l’imputato deducendo, tra i vari motivi di doglianza, l’errata applicazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta configurabilità del delitto di peculato, sostenendo di non avere indebitamente dispostouti dominusdi alcuna somma avendo sempre e successivamente corrisposto la differenza dovuta all’Erario.

La Suprema corte ha dichiarato inammissibile il ricorso e di seguito si riporta il passaggio della motivazione di maggiore interesse per il presente commento:

Omette evidentemente il ricorrente di considerare che nell’intervallo più o meno lungo in cui le (consistenti nella fattispecie) somme indebitamente non versate rimangono nella disponibilità dell’agente, esse generano comunque degli interessi e possono essere impiegate per operazioni finanziarie di breve o brevissima durata oppure fungere da garanzia per l’esecuzione di altre operazioni. Tanto comporta, in punto di stretto diritto, poterne disporre uti dominus quantunque entro l’arco temporale più o meno lungo in cui le somme rimangano a disposizione dell’agente stesso, valendo tale disponibilità ad integrare precisamente il delitto di peculato di quel denaro che avrebbe dovuto essere immediatamente versato all’Erario.E’ evidente, pertanto, come, alla luce delle corrette coordinate ermeneutiche appena ricordate, non si sia consumato alcun travisamento del dato probatorio da parte della Corte di merito, quando ha ritenuto che la giacenza per alcuni anni della somma di € 1.440.000,00 sul conto corrente dell’imputato costituisse elemento di prova d’accusa dirimente a suo carico. La vicenda oggetto del presente giudizio è del resto pressoché identica ad altre di cui la giurisprudenza di questa Corte di Cassazione si è già occupata, affermando in tali occasioni il principio che « integra il reato di peculato il notaio che si appropria di somme ricevute dai clienti per il pagamento dell’imposta di registro riguardante atti di compravendita immobiliare da lui rogati»

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Riferimenti normativi

Art. 314 c.p. Peculato

Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria, è punito con la reclusione da quattro anni a dieci anni e sei mesi.

Si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni quando il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, e questa, dopo l’uso momentaneo, è stata immediatamente restituita.

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Quadro giurisprudenziale di riferimento in materia di peculato commesso dal notaio:

Cassazione penale, sez. VI , 10/06/2015 , n. 33879

Costituisce peculato il ritardato pagamento da parte del notaio della differenza tra le somme versate a titolo di imposta integrale dai clienti e quella deliberatamente autoliquidata dal professionista in misura ridotta, conseguendo egli il lucro costituito dagli interessi bancari maturati sulle somme non versate per tutto il periodo in cui l’Agenzia delle Entrate non provveda alla liquidazione della maggior imposta dovuta.

Cassazione penale, sez. VI , 11/03/2015 , n. 20132

Risponde del reato di peculato il notaio che abbia trattenuto per sé somme ricevute dai clienti per il versamento dell’imposta di registro inerente atti di compravendita immobiliare da lui rogati, trattandosi di somme che, già all’atto della consegna da parte del cliente, sono illico et immediate pecunia publica. A tal riguardo, poiché il peculato è reato istantaneo, che si consuma nel momento in cui l’agente si appropria della cosa, qualora il pubblico ufficiale abbia l’obbligo di versare nelle casse della pubblica amministrazione il denaro di volta in volta ricevuto da terzi per ragioni del suo ufficio, la mancanza previsione di un termine di scadenza, se autorizza a tollerare un eventuale ritardo nell’adempimento dell’obbligo, non può giustificare un qualsiasi ritardo e in particolare quello che si protragga oltre quel ragionevole limite di tempo che sia imposto dalla maggiore o minore complessità delle operazioni di versamento da compiere, ovvero dalla necessità, per il pubblico ufficiale, di attendere anche a doveri di ufficio di diversa natura.

Cassazione penale , sez. V , 18/04/2014 , n. 30512

Il notaio, già condannato per peculato, che ha attestato falsamente una serie di fatti nella procedura di autoliquidazione delle imposte, deve essere giudicato anche per il reato di falso ideologico in certificazione.

Cassazione penale, sez. VI , 16/03/2011 , n. 26158

Il notaio a cui sono stati ritirati sigillo e smart card è impossibilitato a reiterare il reato di peculato, pertanto è illegittima la rinnovazione della custodia cautelare nei suoi confronti; e anche se il medesimo professionista indagato emette fatture per consulenza contrattuale o fiscale, il giudice non può adottare misure di coercizione personale, atteso che l’art. 348 c.p. (esercizio abusivo di una professione) non consente l’adozione di misure cautelari.

Cassazione penale, sez. VI , 21/05/2010 , n. 39584

Il “presentatore” delegato dal notaio per l’incasso o il protesto dei titoli di credito cambiari e bancari rimasti insoluti assume la qualità di pubblico ufficiale durante tutto lo svolgimento delle sue operazioni, compresa la fase successiva all’acquisizione del possesso delle somme versategli dai debitori: onde risponde di peculato laddove di dette somme si appropri.

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