Bancarotta preferenziale: il sequestro preventivo finalizzato alla confisca facoltativa dei conti correnti della società è ammissibile solo se sussiste un pericolo di sottrazione o dispersione della garanzia patrimoniale.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza di legittimità n.6562/2019 resa in materia di misure cautelari reali nei reati fallimentari.

Nel caso di specie, la Suprema Corte, si è pronunciata sul tema della possibilità di sottoporre a sequestro preventivo facoltativo delle somme di denaro in relazione al requisito del periculum in mora.

Nel merito della vicenda processuale, il Tribunale del riesame di Bari respingeva l’appello proposto dal pubblico ministero avverso il provvedimento con cui il Giudice per le indagini preliminari aveva rigettato la richiesta di sequestro preventivo di 66 milioni di euro, ovvero della minor somma di 33,8 milioni di euro, ritenuta dal PM profitto del reato di bancarotta fraudolenta preferenziale e                               da sequestrarsi in danno di un noto istituto di credito.

Il GIP aveva ritenuto l’indagato gravemente indiziato del reato di bancarotta preferenziale, commessa quale “responsabile mercato pubblica amministrazione direzione centrale” del suddetto ente, coinvolto in un’operazione di ristrutturazione del credito nei confronti di altra società. Quest’ultima era stata ammessa al concordato preventivo e, secondo l’ipotesi accusatoria, la rimodulazione della linea di credito concessale dall’istituto erogatore e le dazioni che vi avevano dato attuazione sarebbero state poste in violazione della par condicio creditorum.

Lo stesso Giudice pur riconoscendo la sussistenza del requisito del fumus commissi delicti, aveva negato il provvedimento cautelare per assenza del requisito del periculumin mora, attesa l’incontrovertibilecapienza del patrimonio dell’istituto di credito rispetto all’eventualità di dover far fronte alla futura confisca, requisito ritenuto necessario rispetto al sequestro prodromico alla confisca facoltativa del profitto del reato, previsto dall’art. 321, comma 2, cod. proc. pen..

L’ordinanza reiettiva del riesame veniva impugnata dal pubblico ministero, il quale contestava l’interpretazione data alla giurisprudenza evocata nel provvedimento reso dal Collegio cautelare avversando l’affermazione secondo cui è necessario, per il sequestro ex art. 321, comma 2, cod. proc. pen., il pericolo della dispersione del profitto.

La Corte di Cassazione adita ha rigettato il ricorso.

Di seguito si riportano i passaggi del tessuto motivazionale della sentenza in commento:

“… il fuoco della presente decisione è senza dubbio la risposta all’interrogativo se, per giustificare il sequestro di cui all’art. 321 comma 2, cod. proc. pen. rispetto ad un bene suscettibile di confisca facoltativa, occorra il periculum in mora costituito dal rischio di dispersione del bene da confiscare. La questione è tutta in diritto, dal momento che nel ricorso del pubblico ministero non è stato messo in discussione il presupposto di fatto del ragionamento del Tribunale del riesame, vale a dire che il patrimonio della BNL sia oggi capiente rispetto all’entità della somma da confiscarsi in futuro. Orbene, il Collegio ritiene che le argomentazioni del Tribunale del riesame siano condivisibili.

Come correttamente argomentato dalla giurisprudenza evocata nel provvedimento del Giudice per le indagini preliminari prima e dal Tribunale del riesame poi, la misura cautelare reale di cui all’art. 321, comma 2, cod. proc. pen. si distingue da quella del comma primo perché non richiede il pericolo che la libera disponibilità della cosa possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato ovvero agevolare la commissione di altri reati; ciò, tuttavia, non consente di ignorare la rilevanza del termine “può” che si legge nella norma in esame e di escludere che esso vada riempito di significato laddove ci si trovi di fronte a beni suscettibili di confisca facoltativa e non già di confisca obbligatoria o per equivalente (Sez. 5, n. 2308 del 10/11/2017, dep. 2018, Greci e altri, Rv. 271999 – 01; Sez. 6, n. 1022 del 17/03/1995, Franceschini, Rv. 201943 – 01; Sez. 6, n. 151 del 19/01/1994, Pompei, Rv. 198258 – 01). L’esercizio del potere discrezionale che testualmente il codice di rito attribuisce al Giudice, infatti, non può avere altro significato che quello tracciato dai precedenti evocati nell’ordinanza impugnata laddove, di fronte alla qualificazione di un bene come profitto del reato e, quindi, di cosa suscettibile di confisca facoltativa ex art 240, comma 1, cod. pen., ha individuato il parametro su cui il margine di discrezionalità del giudicante può spaziare nel pericolo che il bene sfugga alla futura ablazione. D’altra parte, salvo voler tradire la natura cautelare del sequestro preventivo finalizzato alla confisca facoltativa — così cedendo ad un automatismo nonostante vi sia solo l’eventualità che il bene debba essere definitivamente sottratto all’avente diritto — esso deve avere il compito di vincolare il bene in vista della scelta, futura ed eventuale, di disporne l’ablazione definitiva e tale potere deve essere esercitato in termini di ragionevolezza. Tale ragionevolezza si  rinviene, appunto, nell’esercizio del potere di sottrarlo in via anticipata al titolare solo laddove vi sia un pericolo di sottrazione o dispersione. Né giova alla tesi del ricorrente la giurisprudenza più recente evocata: se Cass. N. 45797 del 2004 non prende espressamente posizione sul tipo di confisca cui doveva ritenersi funzionale il sequestro nel caso concreto (quella obbligatoria ex art. 44 d.lgs 504 del 1995 o quella di cui all’art. 240 cod. pen.), la giurisprudenza in tema che esclude la necessità di accertare il periculum in mora si riferisce o ad ipotesi di confisca per equivalente o a confische obbligatorie. Se ne deve dedurre che, come condivisibilmente evidenziato dalla sentenza n. 2308 del 10 novembre 2017 di questa sezione, i principi ad esse relativi non possono estendersi a casi, come quello sub iudice, di confisca facoltativaIl sequestro funzionale alla confisca per equivalente, ha natura sanzionatoria (Sez. 3, n. 4097 del 19/01/2016 Rv. 265844) e così pure la confisca obbligatoria in caso di responsabilità amministrativa degli enti (Sez. U, n. 11170 del 25/09/2014 – dep. 17/03/2015, Rv. 263680), sicché pare difficile estendere i principi enunciati, che fanno riferimento a fattispecie in cui il sequestro è prodromico ad una confisca obbligatoria e/o con natura prevalentemente sanzionatoria ad una ipotesi, quale quella in esame, in cui si verte in tema di sequestro preventivo finalizzato ad una eventuale confisca del profitto del reato»]”.

*****

Riferimenti normativi

Art. 216 R.D. n. 267/1942. Bancarotta fraudolenta.

È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che:

1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;

2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.

La stessa pena si applica all’imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.

È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.

Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.

*****

Quadro giurisprudenziale di riferimento delle più recenti pronunce di legittimità in materia di bancarotta fraudolenta:

Cassazione penale, sez. V , 07 dicembre 2018 , n. 1968

In tema di bancarotta fraudolenta, le pene accessorie previste dall’ art. 216, ult. comm., legge fall ., nella formulazione derivata dalla sentenza della Corte costituzionale n. 222 del 2018 , devono essere commisurate alla durata della pena principale, in quanto, essendo determinate solo nel massimo, sono soggette alla disciplina di cui all’ art. 37 cod. pen. (In applicazione del principio la Corte, riconoscendo d’ufficio l’illegalità delle pene accessorie irrogate prima della declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 216, ult. comm., legge fall ., ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla durata delle pene accessorie, che è stata quindi rideterminata in quella corrispondente alla pena principale inflitta all’imputato). Conf. Sez.5, n.1963 del 07/12/2018, dep.16/01/2019.

Cassazione penale, sez. V , 01 ottobre 2018 , n. 53193

In tema di irregolare tenuta dei libri contabili, nel reato di bancarotta semplice l’illeicità della condotta è circoscritta alle scritture obbligatorie ed ai libri prescritti dalla legge, mentre nella fattispecie della bancarotta fraudolenta documentale l’elemento oggettivo della condotta ricomprende tutti i libri e le scritture contabili genericamente intesi anche se non obbligatori.

Cassazione penale, sez. V, 26 settembre 2018 , n. 54490

In tema di bancarotta fraudolenta, mentre con riguardo a quella documentale per sottrazione o per omessa tenuta in frode ai creditori delle scritture contabili, ben può ritenersi la responsabilità del soggetto investito solo formalmente dell’amministrazione dell’impresa fallita (cosiddetto “testa di legno”), atteso il diretto e personale obbligo dell’amministratore di diritto di tenere e conservare le suddette scritture, non altrettanto può dirsi con riguardo all’ipotesi della distrazione, relativamente alla quale non può, nei confronti dell’amministratore apparente, trovare automatica applicazione il principio secondo il quale, una volta accertata la presenza di determinati beni nella disponibilità dell’imprenditore fallito, il loro mancato reperimento, in assenza di adeguata giustificazione della destinazione ad essi data, legittima la presunzione della dolosa sottrazione, dal momento che la pur consapevole accettazione del ruolo di amministratore apparente non necessariamente implica la consapevolezza di disegni criminosi nutriti dall’amministratore di fatto.

Cassazione penale sez. V, 25 giugno 2018 n. 40100.  

Poiché il fallimento determinato da operazioni dolose configura un’eccezionale ipotesi di fattispecie a sfondo preterintenzionale, l’onere probatorio dell’accusa si esaurisce nella dimostrazione della consapevolezza e volontà della natura dolosa dell’operazione alla quale segue il dissesto, nonché dell’astratta prevedibilità di tale evento quale effetto dell’azione antidoverosa, non essendo necessarie, ai fini dell’integrazione dell’elemento soggettivo, la rappresentazione e volontà dell’evento fallimentare.

 Cassazione penale , sez. V , 19 giugno 2018 , n. 42568

In tema di reati fallimentari, le rettifiche contabili attuate ai sensi della legge 27 dicembre 2002, n. 289 in materia di condono, anche se effettuate per manipolare le scritture contabili, rendere più difficile l’attività ricostruttiva degli organi fallimentari e nascondere le attività distrattive poste in essere, non possono integrare di per sé una condotta di bancarotta per distrazione, se ad esse non segue un effettivo depauperamento delle garanzie patrimoniali per i creditori.

Cassazione penale sez. V, 05 giugno 2018 n. 30105.  

Integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione la condotta dell’amministratore che prelevi dalle casse sociali somme a lui spettanti come retribuzione, se tali compensi sono solo genericamente indicati nello statuto e non vi sia stata determinazione di essi con delibera assembleare, perchè, in tal caso, il credito è da considerarsi illiquido, in quanto, sebbene certo nell’”an”, non è determinato anche nel “quantum”. (In motivazione, la Corte ha chiarito che non è giustificabile alcuna autoliquidazione dei compensi dell’amministratore).

Cassazione penale sez. III  20 aprile 2018 n. 33380  

Integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione la restituzione da parte dell’amministratore della società emittente fatture per operazioni inesistenti del corrispettivo versato dal simulato acquirente, transitato nel patrimonio della società e restituito decurtato dal compenso pattuito per l’emittente anche il temporaneo ingresso nel patrimonio della fallita di beni che in forza di un patto illecito vengano restituiti al dante causa determina, invero, un incremento dello stesso che espande le garanzie dei creditori, con la conseguenza che la restituzione costituisce atto ingiustificato idoneo a integrare la condotta di distrazione.

 Cassazione penale sez. V, 27 marzo 2018 n. 27141  

Non sussiste violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza nel caso in cui il giudice di appello, in parziale riforma della sentenza di condanna di primo grado relativa al reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, riqualifichi il fatto come bancarotta preferenziale, in quanto l’atto dispositivo tipico di tale fattispecie criminosa costituisce una “species” del più ampio “genus” di sottrazioni di risorse del patrimonio della società, che caratterizza la bancarotta per distrazione.

 Cassazione penale sez. I, 09 marzo 2018 n. 14783  

In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, ai fini della configurabilità del concorso dell’amministratore privo di delega per omesso impedimento dell’evento, è necessario che, nel quadro di una specifica contestualizzazione delle distrazioni in rapporto alle concrete modalità di funzionamento del consiglio di amministrazione, emerga la prova, da un lato, dell’effettiva conoscenza di fatti pregiudizievoli per la società o, quanto meno, di “segnali di allarme” inequivocabili dai quali desumere l’accettazione del rischio – secondo i criteri propri del dolo eventuale – del verificarsi dell’evento illecito e, dall’altro, della volontà – in guisa di dolo indiretto – di non attivarsi per scongiurare detto evento.

 Cassazione penale sez. V, 23 giugno 2017 n. 38396  

La fattispecie della bancarotta fraudolenta patrimoniale è reato di pericolo concreto, sicché, per il suo perfezionamento, è esclusa la necessità di un nesso causale tra i fatti di bancarotta ed il successivo fallimento, laddove i fatti di bancarotta possono assumere rilievo in qualsiasi momento siano stati commessi e, quindi, anche se la condotta si è realizzata quando l’impresa ancora non versava in condizioni di insolvenza. In quanto reato di pericolo concreto è comunque necessario che il fatto di bancarotta abbia determinato un effettivo depauperamento dell’impresa e un effettivo pericolo per la integrità del patrimonio dell’impresa, da valutare nella prospettiva dell’esito concorsuale e dell’idoneità del fatto distrattivo ad incidere sulla garanzia dei creditori.

Cassazione penale sez. un.  31 marzo 2016 n. 22474  

L’elemento soggettivo del delitto di bancarotta fraudolenta è costituito dal dolo generico, per la cui sussistenza non è necessaria la consapevolezza dello stato di insolvenza dell’impresa, né lo scopo di recare pregiudizio ai creditori, essendo sufficiente la consapevole volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte.

 © RIPRODUZIONE RISERVATA