Fallimento della società e misure cautelari reali: il profitto del reato derivante dall’omesso versamento Iva è sempre sequestrabile anche se già assegnato ai creditori con il piano di riparto esecutivo.
Si segnala ai lettori del blog la sentenza n.7550/2019 – depositata il 19.02.2019, resa dalla IV Sezione penale della Corte di Cassazione, che affronta il tema dei rapporti tra la procedura fallimentare e l’esecuzione delle misure cautelari reali emesse nell’ambito dell’indagine penale.
Nella fase del merito cautelare il Tribunale del riesame di Salerno, decidendo in sede di rinvio dalla Cassazione, aveva rigettato l’interposto appello contro la richiesta di revoca del sequestro emesso dal Giudice per le indagini preliminari del locale tribunale per il reato p. e p. dall’art. 10 terdlgs. 74/2000 eseguito sull’attivo fallimentare che aveva formato oggetto di piano di riparto parziale dichiarato esecutivo con decreto del giudice delegato.
Contro l’ordinanza di rigetto del riesame veniva proposto ricorso per cassazione ex art. 325 c.p.p. assumendo, sostanzialmente i ricorrenti, la non sequestrabilità delle somme perché non più del fallimento ma dei terzi creditori in buona fede, estranei all’indagine penale.
La Corte di legittimità, dando continuità ad un orientamento sedimentato nella giurisprudenza civile, ha rigettato il ricorso.
Di seguito si riportano i passaggi della motivazione di interesse per il presente commento:
“ Correttamente, infatti, il giudice a quo ha posto in rilievo che il decreto del giudice delegato fallimentare dichiarativo dell’esecutività del piano di riparto, lungi dall’avere un’efficacia traslativa della proprietà dei beni ricompresi nella massa fallimentare e dall’operare il trasferimento nel patrimonio dei creditori delle somme ricavate dalla vendita dei beni fallimentari, opera una determinazione di fonte giudiziaria della misura dei crediti ammessi al riparto, disponendo che il curatore provveda all’adempimento nelle forme ordinarie. In sostanza, il provvedimento del giudice delegato si limita ad accertare giudizialmente la misura dei crediti aventi diritto al riparto e a ordinare al curatore il pagamento ma l’effetto traslativo della proprietà del danaro appartenente alla società fallita ai creditori si produce solo con la materiale traditio delle somme. Infatti, anche successivamente all’emissione del decreto di esecutività del piano di riparto da parte del giudice delegato, ma prima della materiale consegna del danaro agli aventi diritto, i diritti dei terzi, pur ammessi al riparto delle somme, conservano la connotazione di meri diritti di credito, che non mutano la loro originaria natura giuridica. Ne deriva che le somme di danaro, fino alla loro materiale distribuzione da parte del curatore, non possono essere considerate come appartenenti ad un terzo estraneo alla commissione del reato ma restano beni della società fallita, come tali sequestrabili nei confronti di quest’ultima.Si tratta di un’impostazione ineccepibile, sotto il profilo giuridico, sulla base dei principi elaborati dalla giurisprudenza citata dallo stesso giudice a quo. In questa sede può soltanto aggiungersi che le conclusioni alle quali è pervenuto il Tribunale sono del tutto conformi anche agli approdi ermeneutici della giurisprudenza civile, la quale ha sottolineato come, in tema di fallimento, l’ammissione del credito al passivo e l’inclusione del relativo importo nel piano di riparto, divenuto esecutivo, non determinino una novazione del credito, che è e rimane un diritto di credito nei confronti del fallito, non trasformandosi neanche in un credito nei confronti della massa fallimentare (Sez. 1, n. 8185 del 02/04/2010, Rv. 612548 – 01) e, quindi, ancor meno in un diritto reale sulle somme assegnate”.
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Giurisprudenziale civile richiamata nella sentenza 7550/2019:
Cassazione civile sez. I, 02/04/2010, n.8185
In tema di fallimento, il ritardo nel pagamento della somma spettante al creditore ammesso in base al piano di riparto non gli attribuisce il diritto di percepire gli interessi compensativi o moratori per il periodo compreso tra la data di esecutività del piano ed il pagamento, in quanto l’ammissione del credito al passivo e l’inclusione del relativo importo nel piano di riparto non determinano una novazione del credito, né lo trasformano in un credito nei confronti della massa, con la conseguenza che gli interessi maturati e maturandi, dovendo considerarsi pur sempre accessori di un credito nei confronti del fallito, non possono dar vita ad un autonomo e distinto credito nei confronti della massa, ostandovi d’altronde sia la disciplina dettata dagli art. 54 e 55 legge fall., sia, per gli interessi moratori, il carattere satisfattivo della procedura concorsuale, incompatibile con la mora nell’adempimento delle obbligazioni pecuniarie.
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