Risponde di bancarotta preferenziale il socio che preleva somme dal conto della società al fine di reintegrare un precedente versamento erogato a titolo di mutuo.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza di legittimità n. 8431/2019 depositata il 26.02.2019,  che ha affermato il principio di diritto secondo il quale il prelievo di somme a titolo di restituzione di versamenti in conto capitale operati dai soci è sussumibile nella fattispecie della bancarotta fraudolenta per distrazione, in ragione della non esigibilità dei crediti derivanti da tali versamenti nel corso della vita della società; diversamente, il prelievo di somme al fine di reintegrare versamenti operati dai soci a titolo di mutuo è punibile a titolo di bancarotta preferenziale.

L’imputazione ed i giudizi di merito

La Corte di appello di L’Aquila confermava la sentenza con la quale il Tribunale di Teramo aveva dichiarato l’imputato responsabile, quale amministratore di una s.r.l. fallita nel 2011, del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, per avere distratto la somma di 220 mila euro.

La sentenza impugnata richiamava, in punto di fatto, due delibere assembleari, rilevando che la prima stabilì di «ratificare i versamenti infruttiferi e proporzionali, effettuati dai soci nei precedenti periodi in c/aumento capitale per somme pari ad euro 270.623,54», mentre la seconda decise «la restituzione ai soci di una somma pari ad euro 220.000,00 relativa ai versamenti infruttiferi dagli stessi effettuati negli anni precedenti in c/aumento capitale sociale».

La Corte distrettuale con la sentenza di secondo grado metteva in luce come dalla relazione del curatore si evincesse che dal conto corrente della fallita furono tratti 22 assegni circolari per complessivi 220 mila euro, assegni intestati alla società e recanti la firma dell’imputato per l’incasso.

Al riguardo, la sentenza impugnata escludeva che l’operazione posta in essere dall’imputato fosse riconducibile alla seconda delibera, in quanto, per un verso, gli assegni circolari erano stati intestati alla società e riscossi dal suo amministratore, laddove, per altro verso, nessuna firma per girata degli altri soci era mai stata apposta sui titoli.

Contro la sentenza del Collegio territoriale proponeva ricorso per cassazione la difesa dell’imputato denunciando, tra l’altro, vizio di motivazione, per omessa valutazione del motivo di appello concernente la riqualificazione del fatto come bancarotta preferenziale, avendo dedotto la difesa dell’imputato con l’atto di  appello, l’esistenza di un credito vantato nei confronti della società rappresentato da un finanziamento erroneamente qualificato quale “versamento in conto futuro aumento capitale sociale” in luogo di un finanziamento  a titolo di mutuo.

La Suprema Corte accoglie le doglianze di legittimità articolate sui criteri distintivi tra bancarotta per distrazione e bancarotta preferenziale e  fra versamenti in conto capitale e a titolo di mutuo, cassando con rinvio la sentenza impugnata.

Di seguito si riportano i passaggi della motivazione di interesse per il presente commento:

“ …il Collegio ritiene necessario muovere dalla distinzione tra versamenti in conto capitale e finanziamenti a titolo di mutuo. Secondo il consolidato insegnamento delle Sezioni civili di questa Corte, invero, i versamenti operati dai soci in conto capitale (o con altra analoga dizione indicati), pur non incrementando immediatamente il capitale sociale, e pur non attribuendo alle relative somme la condizione giuridica propria del capitale (onde non occorre che siano conseguenti ad una specifica deliberazione assembleare di aumento dello stesso), hanno tuttavia una causa che, di norma, è diversa da quella del mutuo ed è assimilabile a quella del capitale di rischio, sicché non danno luogo a crediti esigibili nel corso della vita della società, e possono essere chiesti dai soci in restituzione solo per effetto dello scioglimento della società, e nei limiti dell’eventuale residuo attivo del bilancio di liquidazione, fermo restando che tra la società ed i soci può viceversa essere convenuta l’erogazione di capitale di credito, anziché di rischio, e che i soci possono effettuare versamenti in favore della società a titolo di mutuo (con o senza interessi), riservandosi in tal modo il diritto alla restituzione anche durante la vita della società(Sez. civ. 1, n. 7692 del 31/03/2006, Rv. 588234; conf., ex plurimis, Sez. civ. 1, n. 25585 del 03/12/2014, Rv. 633810; Sez. civ. 1, n. 2758 del 23/02/2012, Rv. 621560; Sez. civ. 1, n. 21563 del 13/08/2008, Rv. 605073): pertanto, l’erogazione di somme che a vario titolo i soci effettuano alle società da loro partecipate può avvenire a titolo di mutuo, con il conseguente obbligo per la società di restituire la somma ricevuta ad una determinata scadenza, oppure di versamento, destinato ad essere iscritto non tra i debiti, ma a confluire in apposita riserva “in conto capitale” (o altre simili denominazioni), versamento, quest’ultimo, che non dà luogo ad un credito esigibile, se non per effetto dello scioglimento della società e nei limiti dell’eventuale attivo del bilancio di liquidazione, ed è più simile al capitale di rischio che a quello di credito, connotandosi proprio per la postergazione della sua restituzione al soddisfacimento dei creditori sociali e per la posizione del socio quale residual claimant (Sez. civ. 1, n. 24861 del 09/12/2015, Rv. 637899).

Da ciò consegue che, nella materia penal-fallimentare, il prelievo di somme a titolo di restituzione di versamenti operati dai soci in conto capitale (o indicati con altra analoga dizione) integra la fattispecie della bancarotta fraudolenta per distrazione, non dando luogo tali versamenti ad un credito esigibile nel corso della vita della società; al contrario, il prelievo di somme quale restituzione di versamenti operati dai soci a titolo di mutuo integra la fattispecie della bancarotta preferenziale (in questo senso, Sez. 5, n. 14908 del 07/03/2008, Frigerio, Rv. 239487, che ha qualificato in termini di bancarotta preferenziale la restituzione di finanziamenti che, non avendo «natura di conferimenti di capitale di rischio», «rappresentano il sorgere di un effettivo ed esigibile credito (chirografario) in capo ai soci, senza che da ciò consegua effettivo depauperamento dell’asse patrimoniale»; nella stessa prospettiva, Sez. 5, n. 13318 del 14/02/2013, Viale, Rv. 254985).

(…)Le conclusioni fin qui raggiunte impongono di esaminare l’ulteriore questione rappresentata dai criteri in base ai quali distinguere le due diverse tipologie di versamenti in questione. Soccorrono, anche in questo caso, le indicazioni rinvenibili nella giurisprudenza delle Sezioni civili di questa Corte, ove si è precisato che stabilire se, in concreto, un determinato versamento tragga origine da un mutuo, o se invece sia stato effettuato quale apporto del socio al patrimonio dell’impresa collettiva, è questione di interpretazione della volontà delle parti (Sez. civ. 1, n. 7692 del 31/03/2006, cit.) (…).

Già con l’atto di appello, l’imputato aveva dedotto che le somme di cui alle due citate delibere assembleari consistevano in realtà in finanziamenti a breve finalizzati all’acquisto di merci: la Corte di appello non ha affrontato il tema, potenzialmente idoneo, alla luce della giurisprudenza richiamata, ad attribuire alle erogazioni dei soci natura di mutuo e non di conferimenti in conto capitale e, in questa prospettiva, al prelievo operato dall’imputato (ovvero a una parte di esso) natura di bancarotta preferenziale. Sussiste, dunque, il denunciato vizio motivazionale”.

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Riferimenti normativi

Art. 216 R.D. n. 267/1942. Bancarotta fraudolenta.

È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che:

1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;

2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.

La stessa pena si applica all’imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.

È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.

Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.

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Quadro Giurisprudenziale di riferimento in tema di bancarotta commessa attraverso restituzione dei finanziamenti concessi dai soci alla società:

Cassazione penale , sez. V , 14/02/2013 , n. 13318

Integra il reato di bancarotta preferenziale la restituzione ai soci, effettuata in periodo di insolvenza, dei finanziamenti concessi dai medesimi alla società.

Cassazione penale , sez. V , 06/05/2009 , n. 27918

Non integra il delitto di bancarotta fraudolenta impropria (art. 223, comma 1, l. fall.) la condotta dell’amministratore che “richiami” l’assegno privo di provvista, precedentemente versato in esecuzione della delibera di aumento di capitale, su conto corrente intestato alla società, considerato che, in tal caso, il patrimonio sociale non risulta impoverito non avendo il versamento di detto assegno incrementato la dotazione liquida del patrimonio della beneficiaria. Tale condotta, invece, poiché diretta ad esentare o comunque ad ostacolare l’esecuzione della pretesa societaria verso il socio sottoscrittore della delibera di aumento di capitale, può astrattamente configurare l’autonomo reato di fattispecie (art. 223, comma 2 n. 1, l. fall. in riferimento all’art. 2626 c.c.) indebita restituzione di conferimenti sub specie di liberazione dei soci dall’obbligo di eseguire i conferimenti.

Cassazione penale , sez. V , 07/03/2008 , n. 14908

Integrano il reato di bancarotta preferenziale le restituzioni – effettuate in periodo di insolvenza – ai soci dei finanziamenti concessi alla società, che costituiscono crediti liquidi ed esigibili, considerato, quanto alla sussistenza del dolo, che non sussistono motivi che giustifichino in termini di interesse societario la soddisfazione, prima degli altri creditori, del socio, il quale, a differenza della restante massa creditoria, non ha alcun interesse ad avanzare, in caso di inadempimento, istanza di fallimento verso la società.

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