Reati fallimentari: la rassegna della giurisprudenza di legittimità aggiornata al febbraio 2019.
Si segnala ai lettori del blog la rassegna della giurisprudenza di legittimità che riporta le pronunce maggiormente significative a corredo delle singole fattispecie di reato previste dal Regio Decreto n. 267/1942 (c.d. legge fallimentare), da ultimo novellato dal d.lgs. n.14/2019, con particolare riferimento ai reati di bancarotta fraudolenta e bancarotta semplice (articolati nelle varie tipologie previste dalla normativa di riferimento).
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Reati di bancarotta
Art. 216. Bancarotta fraudolenta.
È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che:
1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;
2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.
La stessa pena si applica all’imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.
È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.
Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.
La fattispecie: La norma penale è posta a tutela degli interessi dei creditori del fallito e sanziona diverse tipologie di condotte – per le quali è possibile distinguere fra bancarotta patrimoniale (comma 1, n.1), documentale (comma 1, n.2) e preferenziale (comma 3) – poste in essere dal fallito in epoca antecedente alla sentenza dichiarativa di fallimento. Soggetto attivo del reato è l’imprenditore individuale dichiarato fallito, rispondono del reato altresì i soci falliti illimitatamente responsabili di s.n.c. e s.a.s. relativamente al loro patrimonio. Rispondono delle medesime pene, per le medesime condotte, gli amministratori, sindaci, direttori generali e liquidatori di società dichiarate fallite (c.d. bancarotta impropria, artt. 223, comma 1 e 224, comma 1) e l’institore dell’imprenditore individuale dichiarato fallito (art. 227).
Elemento soggettivo: dolo generico; dolo specifico per l’ipotesi di esposizione o riconoscimento di passività inesistenti.
Procedibilità: d’ufficio / Competenza: Tribunale collegiale.
Prescrizione: 10 anni per le ipotesi del comma 1, 15 anni se aggravate; 6 anni per la bancarotta preferenziale, 7 anni e 6 mesi se aggravata.
Massime relative al reato di bancarotta fraudolenta c.d. patrimoniale, nelle varie ipotesi di condotta (distrazione, occultamento, dissimulazione, distruzione, dissipazione) di cui al n.1):
Cassazione penale , sez. V , 01/02/2019 , n. 8431
Il prelievo di somme a titolo di restituzione di versamenti operati dai soci in conto capitale (o indicati con analoga altra dizione) integra la fattispecie della bancarotta fraudolenta per distrazione, non dando luogo tali versamenti ad un credito esigibile nel corso della vita della società; al contrario, il prelievo di somme quale restituzione di versamenti operati dai soci a titolo di mutuo integra la fattispecie della bancarotta preferenziale.
Cassazione penale , sez. V , 23/10/2018 , n. 57125
In tema di misure di prevenzione patrimoniali, la nozione di “traffici delittuosi”, di cui all’art. 1 lett. a), d.lgs. 06 settembre 2011, n. 159 , ricomprende non solo attività delittuose riferite alle ipotesi di commercio illecito di determinati beni materiali (ad esempio armi, stupefacenti, banconote contraffatte ecc.), ma anche condotte “latu sensu” negoziali dalle quali sia derivato un provento illecito, o ancora condotte che non sono delittuose in relazione all’oggetto della negoziazione ma lo diventano per l’intrinseca illiceità della causa negoziale che ha determinato la condotta stessa. (Nel caso di specie la Corte ha ritenuto corretto il giudizio di pericolosità del ricorrente espresso dai giudici di merito, in relazione ad una serie di operazioni contabili e negoziali fraudolente commesse all’interno delle società riconducibili all’imputato, finalizzate alla consumazione di reati di appropriazione indebita e bancarotta fraudolenta).
Cassazione penale , sez. V , 26/09/2018 , n. 54490
In tema di bancarotta fraudolenta, mentre con riguardo a quella documentale per sottrazione o per omessa tenuta in frode ai creditori delle scritture contabili, ben può ritenersi la responsabilità del soggetto investito solo formalmente dell’amministrazione dell’impresa fallita (cosiddetto “testa di legno”), atteso il diretto e personale obbligo dell’amministratore di diritto di tenere e conservare le suddette scritture, non altrettanto può dirsi con riguardo all’ipotesi della distrazione, relativamente alla quale non può, nei confronti dell’amministratore apparente, trovare automatica applicazione il principio secondo il quale, una volta accertata la presenza di determinati beni nella disponibilità dell’imprenditore fallito, il loro mancato reperimento, in assenza di adeguata giustificazione della destinazione ad essi data, legittima la presunzione della dolosa sottrazione, dal momento che la pur consapevole accettazione del ruolo di amministratore apparente non necessariamente implica la consapevolezza di disegni criminosi nutriti dall’amministratore di fatto.
Cassazione penale , sez. V , 10/07/2018 , n. 42591
Ai fini della configurabilità, in capo al socio illimitatamente responsabile di una società in nome collettivo dichiarata fallita, del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione dei beni del suo patrimonio personale è necessario che il fallimento sia stato esteso nei suoi confronti ai sensi dell’ art. 147 legge fall ..
Cassazione penale , sez. V , 05/07/2018 , n. 49499
Un comportamento postumo del terzo extraneus non è idoneo a configurare la fattispecie del concorso nel delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale commesso dall’ intraneus , dovendo la condotta del terzo essere anteriore o comunque concomitante a quella distrattiva dell’imprenditore fallito (o dell’amministratore della società fallita).
Cassazione penale , sez. V , 19/06/2018 , n. 42568
In tema di reati fallimentari, le rettifiche contabili attuate ai sensi della legge 27 dicembre 2002, n. 289 in materia di condono, anche se effettuate per manipolare le scritture contabili, rendere più difficile l’attività ricostruttiva degli organi fallimentari e nascondere le attività distrattive poste in essere, non possono integrare di per sé una condotta di bancarotta per distrazione, se ad esse non segue un effettivo depauperamento delle garanzie patrimoniali per i creditori.
Cassazione penale , sez. V , 15/06/2018 , n. 49489
Integra gli elementi costitutivi della bancarotta fraudolenta per distrazione la stipula, in epoca precedente la dichiarazione di fallimento, di un contratto di locazione di beni aziendali dell’impresa fallita senza che i relativi canoni siano versati nelle casse aziendali.
Cassazione penale , sez. V , 05/06/2018 , n. 30105
Integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione la condotta dell’amministratore che prelevi dalle casse sociali somme a lui spettanti come retribuzione, se tali compensi sono solo genericamente indicati nello statuto e non vi sia stata determinazione di essi con delibera assembleare, perchè, in tal caso, il credito è da considerarsi illiquido, in quanto, sebbene certo nell'”an”, non è determinato anche nel “quantum”. (In motivazione, la Corte ha chiarito che non è giustificabile alcuna autoliquidazione dei compensi dell’amministratore).
Cassazione penale , sez. V , 30/05/2018 , n. 53399
Il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è escluso dal fatto che i beni distratti siano pervenuti alla società, poi dichiarata fallita, con sistemi illeciti (nella specie mediante truffe), atteso che il patrimonio di una società deve ritenersi costituito anche dal prodotto di attività illecite realizzate dagli amministratori in nome e per conto della medesima, ed altresì che i beni provenienti da reato, fino a quando non siano individuati e separati dagli altri facenti parte di un determinato patrimonio, non possono considerarsi ad esso estranei.
Cassazione penale , sez. V , 14/05/2018 , n. 34464
Integra il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale la cessione di un ramo di azienda senza corrispettivo o con corrispettivo inferiore al valore reale; nè assume rilievo, al riguardo, il dettato dell’ art. 2560, comma 2, cod. civ. in ordine alla responsabilità dell’acquirente rispetto ai pregressi debiti dell’azienda, costituendo tale garanzia un “post factum” della già consumata distrazione.
Cassazione penale , sez. V , 13/09/2017 , n. 44901
Integra il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, e non già il reato di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice (di cui all’art. 388, comma terzo, cod. pen.), la condotta di occultamento di un bene sottoposto a sequestro giudiziario da parte di soggetto fallito.
Cassazione penale , sez. V , 19/07/2017 , n. 49507
In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, la condotta di occultamento, distrazione o sottrazione di beni del patrimonio sociale non può essere costituita da un mero dato contabile, contenuto in una rettifica del valore del bene iscritto in bilancio, in assenza di prova del dato fisico della mancanza dei beni.
Cassazione penale , sez. V , 23/06/2017 , n. 38396
La fattispecie della bancarotta fraudolenta patrimoniale è reato di pericolo concreto, sicché, per il suo perfezionamento, è esclusa la necessità di un nesso causale tra i fatti di bancarotta ed il successivo fallimento, laddove i fatti di bancarotta possono assumere rilievo in qualsiasi momento siano stati commessi e, quindi, anche se la condotta si è realizzata quando l’impresa ancora non versava in condizioni di insolvenza. In quanto reato di pericolo concreto è comunque necessario che il fatto di bancarotta abbia determinato un effettivo depauperamento dell’impresa e un effettivo pericolo per la integrità del patrimonio dell’impresa, da valutare nella prospettiva dell’esito concorsuale e dell’idoneità del fatto distrattivo ad incidere sulla garanzia dei creditori.
Cassazione penale , sez. V , 30/05/2017 , n. 34836
La condotta di omesso versamento di contributi previdenziali, non incidendo direttamente sulla consistenza patrimoniale dell’impresa, non configura il reato di bancarotta fraudolenta per dissipazione, che si realizza in presenza di operazioni incoerenti con le esigenze dell’impresa, tali da ridurne il patrimonio.
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Massime relative al reato di bancarotta fraudolenta c.d. documentale di cui al n.2):
Cassazione penale , sez. V , 01/10/2018 , n. 53193
In tema di irregolare tenuta dei libri contabili, nel reato di bancarotta semplice l’illeicità della condotta è circoscritta alle scritture obbligatorie ed ai libri prescritti dalla legge, mentre nella fattispecie della bancarotta fraudolenta documentale l’elemento oggettivo della condotta ricomprende tutti i libri e le scritture contabili genericamente intesi anche se non obbligatori.
Cassazione penale , sez. V , 26/09/2018 , n. 1925
In materia fallimentare, la ricostruzione della documentazione contabile, attraverso il ricorso a una contabilità parallela in nero, creata per occultare condotte distrattive e di evasione di imposta, non esclude la bancarotta fraudolenta documentale. La necessità di acquisire i dati patrimoniali e finanziari dalla contabilità in nero è, infatti, la prova che la tenuta dei libri e delle altre scritture era tale da non rendere possibile un’affidabile ricostruzione del patrimonio o del movimento dì affari della società. A precisarlo è la Cassazione che ha respinto il ricorso dell’amministratore unico di una Srl dichiarata fallita e dl una sua collaboratrice per aver sottratto dalle casse sociali due milioni e 600mila euro e falsificato libri e scritture, creando una contabilità parallela e occulta. Per la Corte, in particolare, i semplici appunti, sia manoscritti che informatici, provenienti dall’imputato, specie se destinati a restare clandestini, non possono essere considerati scritture informali di supporto, ma solo documenti clandestini utilizzabili solo da chi, all’interno del gruppo, era a conoscenza dei ricavi in nero.
Cassazione penale , sez. V , 26/09/2018 , n. 54490
In tema di bancarotta fraudolenta, mentre con riguardo a quella documentale per sottrazione o per omessa tenuta in frode ai creditori delle scritture contabili, ben può ritenersi la responsabilità del soggetto investito solo formalmente dell’amministrazione dell’impresa fallita (cosiddetto “testa di legno”), atteso il diretto e personale obbligo dell’amministratore di diritto di tenere e conservare le suddette scritture, non altrettanto può dirsi con riguardo all’ipotesi della distrazione, relativamente alla quale non può, nei confronti dell’amministratore apparente, trovare automatica applicazione il principio secondo il quale, una volta accertata la presenza di determinati beni nella disponibilità dell’imprenditore fallito, il loro mancato reperimento, in assenza di adeguata giustificazione della destinazione ad essi data, legittima la presunzione della dolosa sottrazione, dal momento che la pur consapevole accettazione del ruolo di amministratore apparente non necessariamente implica la consapevolezza di disegni criminosi nutriti dall’amministratore di fatto.
Cassazione penale , sez. V , 05/07/2018 , n. 49499
Il comportamento postumo del terzo extraneus non configura il concorso con il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale commesso dall’intraneus; la condotta deve essere anteriore o concomitante. Ad affermarlo è la Cassazione che ha annullato senza rinvio la pronuncia di condanna emessa dai giudici di merito nei confronti di un commercialista a titolo di terzo extraneus nel delitto di bancarotta patrimoniale e documentale commesso dall’amministratore di due Srl. La condotta contestata, ovvero l’adoperarsi per ritardare la dichiarazione di fallimento, era però successiva a quella della manager, sicché per il professionista non può esservi partecipazione nel reato. Per i giudici di legittimità, infatti, l’individuazione del momento della consumazione del reato “non può portare alle estreme e fuorvianti conseguenze di considerare quale condotta di concorso in un atto distrattivo dell’intraneus un comportamento posto in essere dall’extraneus in modo autonomo, senza preventivo concerto e in un’epoca successiva alla condotta dell’intraneus nel frattempo già esaurita”.
Cassazione penale , sez. V , 19/06/2018 , n. 42568
Il reato di bancarotta fraudolenta documentale non può avere ad oggetto il bilancio, non rientrando quest’ultimo nella nozione di “libri” e “scritture contabili” prevista dalla norma di cui all’ art. 216, comma primo, n. 2, L. fall .
Cassazione penale , sez. V , 19/06/2018 , n. 42568
In tema di reati fallimentari, nell’ipotesi di incorporazione per fusione di società in cui il fallimento riguarda solo la società incorporante, è possibile configurare i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale a carico degli amministratori e dei concorrenti esterni della società incorporata anche in relazione a condotte illecite riguardanti quest’ultima e commesse prima della fusione, in quanto i rapporti giuridici facenti capo all’incorporata non si estinguono, ma si trasferiscono alla società incorporante.
Cassazione penale , sez. V , 15/03/2018 , n. 21920
La chiusura del fallimento conseguente all’esito positivo del concordato previsto dagli artt. 124 e seguenti della legge fallimentare non comporta l’estinzione dei reati fallimentari contestati (nella specie la bancarotta documentale fraudolenta) posto che, invece, l’indicata chiusura non rimuove la dichiarazione di insolvenza della società contenuta nella pronuncia del fallimento, che può essere annullata solo impugnando la stessa. (In motivazione, la Corte ha precisato che solo l’annullamento della sentenza dichiarativa di fallimento determinerebbe l’insussistenza dei reati fallimentari per il mancato avveramento della condizione obiettiva di punibilità, costituita dalla predetta pronuncia).
Cassazione penale , sez. V , 13/02/2018 , n. 16744
In tema di reati fallimentari, il reato previsto dagli artt 16, n. 3 e 220 legge fall ., relativo all’inosservanza dell’obbligo di deposito delle scritture contabili, nonché il delitto di bancarotta documentale semplice, devono ritenersi assorbiti dalla fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale, qualora i fatti addebitati abbiano ad oggetto le medesime scritture contabili, in quanto, a fronte dell’omogeneità della struttura e dell’interesse sotteso alle predette figure di reato, prevale la fattispecie più grave connotata dall’elemento specializzante del dolo specifico.
Cassazione penale , sez. V , 13/11/2017 , n. 11049
È configurabile il concorso tra il delitto di bancarotta fraudolenta documentale, di cui all’art. 216, comma 2, n. 2, e quello di occultamento e distruzione di documenti contabili, previsto dall’ art. 10 d.lg. 10 marzo 2000, n. 74 , che sono tra loro in rapporto di specialità reciproca, in ragione: a) del differente oggetto materiale dell’illecito; b) dei diversi destinatari del precetto penale; c) del differente oggetto del dolo specifico; d) del divergente effetto lesivo delle condotte di reato. .
Cassazione penale , sez. V , 28/06/2017 , n. 43966
In tema di reati fallimentari, la bancarotta fraudolenta documentale di cui all’art. 216, comma 1, n. 2 prevede due fattispecie alternative, quella di sottrazione o distruzione dei libri e delle altre scritture contabili, che richiede il dolo specifico, e quella di tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita che richiede il dolo generico.
Cassazione penale , sez. V , 20/06/2017 , n. 35591
È configurabile il concorso tra il delitto di bancarotta fraudolenta documentale, di cui all’art. 216, comma 1, n. 2, e quello di occultamento e distruzione di documenti contabili, previsto dall’art. 10 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, che sono tra loro in rapporto di specialità reciproca, in ragione: a) del differente oggetto materiale dell’illecito; b) dei diversi destinatari del precetto penale; c) del differente oggetto del dolo specifico; d) del divergente effetto lesivo delle condotte di reato.
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Massime di riferimento in tema di bancarotta fraudolenta c.d. preferenziale:
Cassazione penale , sez. V , 01/02/2019 , n. 8431
Il prelievo di somme a titolo di restituzione di versamenti operati dai soci in conto capitale (o indicati con analoga altra dizione) integra la fattispecie della bancarotta fraudolenta per distrazione, non dando luogo tali versamenti ad un credito esigibile nel corso della vita della società; al contrario, il prelievo di somme quale restituzione di versamenti operati dai soci a titolo di mutuo integra la fattispecie della bancarotta preferenziale.
Cassazione penale , sez. V , 05/06/2018 , n. 54465
In tema di bancarotta preferenziale, l’elemento soggettivo del reato è costituito dal dolo specifico, consistente nella volontà di recare un vantaggio al creditore soddisfatto, con l’accettazione della eventualità di un danno per gli altri secondo lo schema del dolo eventuale; ne consegue che tale finalità non è ravvisabile allorchè il pagamento sia volto, in via esclusiva o prevalente, alla salvaguardia della attività sociale o imprenditoriale ed il risultato di evitare il fallimento possa ritenersi più che ragionevolmente perseguibile. (Fattispecie relativa ad erogazioni di denaro effettuate in favore di una società a cui erano stati affidati lavori edili in subappalto, in modo da ottenere dalla committente il pagamento dei lavori in corso d’opera e garantire così la sopravvivenza finanziaria della società amministrata dall’imputato).
Cassazione penale , sez. V , 16/04/2018 , n. 32637
Ai fini della configurabilità del delitto di bancarotta preferenziale è necessario che il pagamento estingua un debito effettivo, della cui esistenza l’imprenditore è onerato di fornire la prova, in difetto della quale ricorre un’ipotesi di distrazione dei beni e non di diseguale trattamento dei creditori.
Cassazione penale , sez. V , 12/04/2018 , n. 32378
Risponde del reato di bancarotta preferenziale e non di bancarotta fraudolenta per distrazione il liquidatore che disponga in proprio favore il pagamento del compenso proporzionato alla quantità e alla qualità dell’attività prestata, ma in assenza di una corrispondente delibera societaria. (In motivazione, la Corte ha precisato che il delitto di bancarotta fraudolenta ricorre, invece, nel caso in cui l’amministratore si auto attribuisca un compenso sproporzionato all’attività svolta).
Cassazione penale , sez. V , 05/04/2018 , n. 34457
In materia di bancarotta tra società infragruppo, i pagamenti in favore della controllante non configurano il reato di bancarotta preferenziale e possono eventualmente essere ricondotti all’operatività del contratto cosiddetto di “cash pooling” – che consiste nell’accentrare in capo ad un unico soggetto giuridico l’amministrazione delle disponibilità finanziarie di un gruppo societario, operando tramite la gestione di un conto corrente unico sul quale vengono riversati i saldi dei conti correnti periferici di ciascuna consociata – solo qualora ricorra la formalizzazione di tale contratto di conto corrente intersocietario, con puntuale regolamentazione dei rapporti giuridici ed economici interni al gruppo. (Nella fattispecie, la Corte ha respinto i ricorsi degli imputati volti a ricondurre i pagamenti preferenziali nell’ambito del contratto di “cash pooling”, rilevando che dai documenti della società fallita non risultava alcun formale contratto di tal genere, ma solo una prassi del gruppo societario tesa alla gestione delle risorse finanziare del gruppo nella maniera più utile per affrontare situazioni di criticità economica comuni).
Cassazione penale , sez. V , 27/03/2018 , n. 27141
In tema di concorso nel reato di bancarotta preferenziale, il dolo dell'”extraneus” nel reato proprio dell’amministratore consiste nella volontarietà della propria condotta di sostegno a quella dell'”intraneus”, con la consapevolezza che essa determina la preferenza nel soddisfacimento di uno dei creditori rispetto agli altri, non essendo, invece, richiesta la specifica conoscenza del dissesto della società.
Cassazione penale , sez. V , 15/01/2018 , n. 3797
Ai fini della configurabilità del reato di bancarotta preferenziale è necessaria la violazione della “par condicio creditorum” che consiste nell’alterazione dell’ordine, stabilito dalla legge, di soddisfazione dei creditori, sicché deve essere provata l’esistenza di altri crediti insoddisfatti per effetto del pagamento eseguito al creditore in via preferenziale, ma tale prova non può essere desunta sulla base del principio civilistico di “non contestazione”.
Cassazione penale , sez. V , 07/12/2017 , n. 15279
È fondata la doglianza che attiene alla mancanza di motivazione relativamente alla richiesta di qualificare l’elargizione della somma di denaro, corrispondente all’indennità di preavviso, in favore del direttore generale, come condotta di bancarotta preferenziale, per essere stato quest’ultimo inquadrato come lavoratore subordinato; atteso che, per affermata giurisprudenza della Corte di cassazione, risponde di bancarotta preferenziale, e non di bancarotta fraudolenta per distrazione, l’amministratore che ottenga in pagamento di suoi crediti verso la società in dissesto, relativi a compensi e rimborsi spese, una somma congrua rispetto al lavoro prestato.
Cassazione penale , sez. V , 19/07/2017 , n. 49509
Commette il reato di bancarotta per distrazione e non quello di bancarotta preferenziale il socio amministratore di una società di capitali che preleva dalle casse sociali somme asseritamente corrispondenti a crediti da lui vantati per il lavoro prestato nell’interesse della società, senza l’indicazione di dati ed elementi di confronto che ne consentano un’adeguata valutazione, quali ad esempio, gli impegni orari osservati, gli emolumenti riconosciuti a precedenti amministratori o a quelli di società del medesimo settore, i risultati raggiunti.
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Art. 217. Bancarotta semplice.
“È punito con la reclusione da sei mesi a due anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che, fuori dai casi preveduti nell’articolo precedente:
1) ha fatto spese personali o per la famiglia eccessive rispetto alla sua condizione economica;
2) ha consumato una notevole parte del suo patrimonio in operazioni di pura sorte o manifestamente imprudenti;
3) ha compiuto operazioni di grave imprudenza per ritardare il fallimento;
4) ha aggravato il proprio dissesto, astenendosi dal richiedere la dichiarazione del proprio fallimento o con altra grave colpa;
5) non ha soddisfatto le obbligazioni assunte in un precedente concordato preventivo o fallimentare.
La stessa pena si applica al fallito che, durante i tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento ovvero dall’inizio dell’impresa, se questa ha avuto una minore durata, non ha tenuto i libri e le altre scritture contabili prescritti dalla legge o li ha tenuti in maniera irregolare o incompleta.
Salve le altre pene accessorie di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna importa l’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e l’incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino a due anni”.
La fattispecie: la norma sanziona le condotte di natura colposa offensive dell’integrità patrimoniale dell’impresa poste in essere, in epoca pre-fallimentare, dall’imprenditore dichiarato fallito. Anche in questa ipotesi è possibile distinguere fra l’ipotesi di bancarotta semplice patrimoniale (comma 1) e documentale (comma 2). Anche tale fattispecie è prevista nella sua forma c.d. impropria dell’art. 224.
Elemento soggettivo: dolo o colpa.
Procedibilità: d’ufficio / Competenza: Tribunale monocratico.
Prescrizione: 6 anni.
Massime di riferimento in materia di bancarotta semplice (patrimoniale e documentale):
Cassazione penale , sez. V , 01/10/2018 , n. 53193
In tema di irregolare tenuta dei libri contabili, nel reato di bancarotta semplice l’illeicità della condotta è circoscritta alle scritture obbligatorie ed ai libri prescritti dalla legge, mentre nella fattispecie della bancarotta fraudolenta documentale l’elemento oggettivo della condotta ricomprende tutti i libri e le scritture contabili genericamente intesi anche se non obbligatori.
Cassazione penale sez. V 28/05/2018 n. 39009
In tema di bancarotta semplice documentale, l’ art. 217 l. fall . si applica anche al liquidatore della società che abbia omesso la tenuta dei libri e delle scritture contabili obbligatorie, oppure abbia provveduto in maniera irregolare o incompleta alla tenuta delle predette.
Cassazione penale sez. V 12/03/2018 n. 18108
Nel reato di bancarotta semplice, la mancata tempestiva richiesta di dichiarazione di fallimento da parte dell’amministratore (anche di fatto) della società è punibile se dovuta a colpa grave che può essere desunta, non sulla base del mero ritardo nella richiesta di fallimento, ma. in concreto, da una provata e consapevole omissione.
Cassazione penale sez. V 03/05/2017 n. 33878
In tema di reati fallimentari, il regime tributario di contabilità semplificata, previsto per le cosiddette imprese minori, non comporta l’esonero dall’obbligo di tenuta dei libri e delle scritture contabili, previsto dall’art. 2214 cod. civ., con la conseguenza che il suo inadempimento può integrare la fattispecie incriminatrice del reato di bancarotta semplice.
Cassazione penale sez. V 03/05/2017 n. 33878
Non viola il principio di correlazione tra accusa e sentenza, ex art. 521 cod. proc. pen., la condanna per bancarotta documentale semplice dell’imputato di bancarotta documentale fraudolenta, non sussistendo tra il fatto originariamente contestato e quello ritenuto in sentenza un rapporto di radicale eterogeneità o incompatibilità né un “vulnus” al diritto di difesa, trattandosi di reato di minore gravità.
Cassazione penale sez. V 26/04/2017 n. 37910
Sussiste il reato di bancarotta semplice documentale anche quando la mancata o irregolare tenuta delle scritture contabili non si protragga per l’intero triennio precedente alla dichiarazione di fallimento. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto configurabile il reato a carico dell’amministratore della società fallita che non aveva ricoperto la carica per l’intero triennio antecedente alla sentenza di fallimento).
Cassazione penale sez. V 28/02/2017 n. 14846
Il reato di inosservanza dell’obbligo di deposito delle scritture contabili, previsto dall’art. 220 l. fall., concorre con quelli di bancarotta fraudolenta documentale, di cui all’art. 216, comma 1, n. 2), l. fall. e di bancarotta semplice documentale, di cui all’art. 217, comma 2, l. fall., tutte le volte in cui la condotta di bancarotta non consista nella sottrazione, distruzione ovvero nella mancata tenuta delle scritture contabili, ma nella tenuta irregolare o incompleta delle stesse ovvero in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.
Cassazione penale sez. V 25/11/2016 n. 5461
L’oggetto del reato di bancarotta semplice documentale è rappresentato da qualsiasi scrittura la cui tenuta è obbligatoria, dovendosi ricomprendere tra queste anche quelle richiamate dal comma secondo dell’art. 2214 c.c., e cioè tutte le scritture che siano richieste dalla natura e dalle dimensioni dell’impresa. (Nella specie, la Corte ha ritenuto sussistente il reato in relazione ai “mastrini” delle spese di cassa – che rappresentano l’andamento della cassa contanti e sono elementi necessari alla sua comprensione – irritualmente tenuti nel triennio antecedente alla dichiarazione di fallimento).
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Art. 223. Fatti di bancarotta fraudolenta.
Si applicano le pene stabilite nell’art. 216 agli amministratori, ai direttori generali, ai sindaci e ai liquidatori di società dichiarate fallite, i quali hanno commesso alcuno dei fatti preveduti nel suddetto articolo.
Si applica alle persone suddette la pena prevista dal primo comma dell’art. 216, se:
1) hanno cagionato, o concorso a cagionare, il dissesto della società, commettendo alcuno dei fatti previsti dagli articoli 2621, 2622, 2626, 2627, 2628, 2629, 2632, 2633 e 2634 del codice civile;
2) hanno cagionato con dolo o per effetto di operazioni dolose il fallimento della società.
Si applica altresì in ogni caso la disposizione dell’ultimo comma dell’art. 216.
La fattispecie: la norma estende la punibilità per i fatti di cui all’art. 216 altresì ad i soggetti indicati al comma primo, nonché per le condotte indicate al comma 2 (c.d. bancarotta societaria).
Elemento soggettivo: dolo generico.
Procedibilità: d’ufficio / Competenza: Tribunale collegiale.
Prescrizione: 10 anni per le ipotesi di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, 15 anni se aggravate; 6 anni per la bancarotta preferenziale, 7 anni e 6 mesi se aggravata.
Massime di riferimento in materia di bancarotta fraudolenta c.d. impropria:
Cassazione penale , sez. I , 09/03/2018 , n. 14783
Nel caso di fallimento di società di capitali derivato anche da operazioni dolose, protrattesi nel tempo, in danno di soggetto diverso da una pubblica amministrazione ovvero di un ente pubblico, determinanti nel breve periodo un arricchimento del patrimonio sociale, il delitto di bancarotta fraudolenta impropria è configurabile, sotto il profilo soggettivo, quando il dissesto della società come effetto di tali condotte illecite divenga astrattamente prevedibile da parte degli amministratori per effetto della loro concreta previsione dell’accertamento delle pregresse attività illecite da parte del soggetto immediatamente danneggiato da tali attività.
Cassazione penale , sez. V , 29/01/2018 , n. 18089
In materia di reati fallimentari, non sussiste la possibilità di ritenere assorbito il reato di insolvenza fraudolenta e quello di bancarotta impropria se i fatti che sono alla base delle imputazioni sono diversi. Non può sostenersi, infatti, che vi sia identità delle condotte se manca la corrispondenza storico naturalistica. Ad affermarlo è la Cassazione che respinge il ricorso dell’imputato contro la sentenza della corte d’appello che aveva negato la possibilità di assorbire il reato di insolvenza fraudolenta in quello di bancarotta impropria. Per la Corte però nella fattispecie non c’è ne bis in idem, in quanto manca l’identità tra le due condotte che scatta quando c’è una “corrispondenza storico naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tempo di luogo e di persona”.
Cassazione penale , sez. V , 29/01/2018 , n. 18089
Il delitto di bancarotta impropria ex art. 223, comma 2, n. 2, l.fall . può concorrere con quello di insolvenza fraudolenta ex art. 641 c.p. qualora la condotta di acquisizione di obbligazioni con il proposito di non adempierle si collochi storicamente solo come antefatto di una serie di più complesse operazioni fraudolente finalizzate a causare (od aggravare) il dissesto della società fallita.
Cassazione penale , sez. V , 07/12/2017 , n. 11956
In tema di bancarotta fraudolenta impropria, integra il delitto di causazione del fallimento per effetto di operazioni dolose, previsto dall’ art. 223, comma 2, n. 2, l. fall ., il meccanismo di frode fiscale realizzato attraverso la formazione e l’utilizzazione, mediante annotazione nella contabilità, di fatture per operazioni inesistenti, quando le sanzioni conseguenti all’accertamento ed alla contestazione dell’illecito fiscale abbiano determinato la situazione di dissesto della società.
Cassazione penale , sez. V , 14/09/2017 , n. 50081
La presentazione per lo sconto presso diversi istituti bancari delle medesime fatture concreta quelle operazioni dolose che inevitabilmente, aumentando il passivo (ottenendo più anticipazioni a fronte del medesimo ed unico credito), conducono all’aggravamento dello stato di dissesto e, quindi, al fallimento. Una simile condotta integra gli elementi costitutivi della bancarotta impropria e non configura la diversa ipotesi del ricorso abusivo al credito, posto che tale fattispecie si concreta nel caso in cui si ottengano finanziamenti dissimulando il dissesto o lo stato di insolvenza, in assenza, quindi, degli ulteriori elementi che caratterizzano il delitto di cui all’art. 223, comma 2, n. 2, seconda ipotesi, e cioè il cagionare il fallimento attraverso operazioni dolose.
Cassazione penale , sez. V , 24/03/2017 , n. 17819
La condotta consistente nella vendita sottocosto di un cespite conferito nel capitale sociale, con acquisizione di liquidità per la società e contestuale vantaggio (anche solo indiretto) dell’amministratore di questa, può integrare infedeltà patrimoniale, ex art. 2634 c.c., ma perché tale condotta venga qualificata come bancarotta fraudolenta impropria, ex art. 223, comma 2, n. 1) l. fall., deve aver cagionato, o concorso a cagionare, il dissesto della società.
Cassazione penale , sez. V , 14/10/2016 , n. 533
Non è configurabile il concorso formale tra il reato di bancarotta fraudolenta e quello di bancarotta impropria di cui all’art. 223, comma 2, l. fall., che deve considerarsi assorbito nel primo quando l’azione diretta a causare il fallimento sia la stessa sussunta nel modello descrittivo della bancarotta fraudolenta.
Cassazione penale , sez. V , 04/10/2016 , n. 47683
Il reato di bancarotta fraudolenta documentale non può avere ad oggetto il bilancio, non rientrando quest’ultimo nella nozione di “libri” e “scritture contabili” prevista dalla norma di cui all’art. 216, comma primo, n. 2, l. fall. (In motivazione, la Corte ha precisato che, invece, eventuali omissioni nei bilanci, sussistendone i presupposti, possono integrare solo la fattispecie di bancarotta impropria da reato societario).
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Art. 224. Fatti di bancarotta semplice.
Si applicano le pene stabilite nell’ art. 217 agli amministratori, ai direttori generali, ai sindaci e ai liquidatori di società dichiarate fallite, i quali:
1) hanno commesso alcuno dei fatti preveduti nel suddetto articolo;
2) hanno concorso a cagionare od aggravare il dissesto della società con inosservanza degli obblighi ad essi imposti dalla legge.
La fattispecie: la norma estende la punibilità per le condotte di cui all’art. 217 anche ai soggetti previsti al primo comma.
Elemento soggettivo: colpa generica; colpa specifica per l’inosservanza degli obblighi di legge.
Procedibilità: d’ufficio / Competenza: Tribunale monocratico.
Prescrizione: 6 anni.
Massime di riferimento in tema di bancarotta semplice c.d. impropria:
Cassazione penale , sez. V , 13/02/2018 , n. 16744
In tema di reati fallimentari, il reato previsto dagli artt 16, n. 3 e 220 legge fall ., relativo all’inosservanza dell’obbligo di deposito delle scritture contabili, nonché il delitto di bancarotta documentale semplice, devono ritenersi assorbiti dalla fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale, qualora i fatti addebitati abbiano ad oggetto le medesime scritture contabili, in quanto, a fronte dell’omogeneità della struttura e dell’interesse sotteso alle predette figure di reato, prevale la fattispecie più grave connotata dall’elemento specializzante del dolo specifico.
Cassazione penale , sez. V , 18/06/2014 , n. 42811
Integra il reato di bancarotta impropria da reato societario la condotta dell’amministratore che espone nel bilancio dati non veri al fine di occultare la esistenza di perdite e consentire quindi la prosecuzione dell’attività di impresa in assenza di interventi di ricapitalizzazione o di liquidazione, con conseguente accumulo di perdite ulteriori, poiché l’evento tipico di questa fattispecie delittuosa comprende non solo la produzione, ma anche il semplice aggravamento del dissesto.
Cassazione penale , sez. V , 06/10/1999 , n. 12897
Le norme sulla bancarotta impropria, relative agli amministratori di società, sono applicabili, ai sensi del comma 2 dell’art. 236 l. fall., alla amministrazione controllata, anche nel caso in cui non intervenga successivamente il fallimento, essendo equiparato, agli effetti penali, il decreto di ammissione alla procedura di amministrazione controllata alla sentenza dichiarativa di fallimento. Invero, in caso di successivo fallimento della società ammessa alla amministrazione controllata, si realizzano le diverse ipotesi di bancarotta, previste dagli art. 223 e 224 l. fall.
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Altri reati fallimentari
Art. 218. Ricorso abusivo al credito
- Gli amministratori, i direttori generali, i liquidatori e gli imprenditori esercenti un’attività commerciale che ricorrono o continuano a ricorrere al credito, anche al di fuori dei casi di cui agli articoli precedenti, dissimulando il dissesto o lo stato d’insolvenza sono puniti con la reclusione da sei mesi a tre anni.
- La pena è aumentata nel caso di società soggette alle disposizioni di cui al capo II, titolo III, parte IV, del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni.
- Salve le altre pene accessorie di cui al libro I, titolo II, capo III, del codice penale, la condanna importa l’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e l’incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino a tre anni.
La fattispecie: la norma sanziona la condotta fraudolenta dei soggetti di cui al coma 1, i quali pongono in essere condotte dissimulatorie del dissesto economico o dello stato di insolvenza al fine di ricorrere al credito. Dottrina e giurisprudenza concordano che la consumazione del reato si ha al momento della dichiarazione di fallimento del soggetto attivo. L’art. 225 estende la punibilità anche agli amministratori e ai direttori generali di società dichiarate fallite, per le medesime condotte.
Elemento soggettivo: dolo generico.
Procedibilità: d’ufficio / Competenza: Tribunale monocratico.
Prescrizione: 6 anni.
Massime di riferimento:
Cassazione penale , sez. V , 14/09/2017 , n. 50081
La presentazione per lo sconto presso diversi istituti bancari delle medesime fatture concreta quelle operazioni dolose che inevitabilmente, aumentando il passivo (ottenendo più anticipazioni a fronte del medesimo ed unico credito), conducono all’aggravamento dello stato di dissesto e, quindi, al fallimento. Una simile condotta integra gli elementi costitutivi della bancarotta impropria e non configura la diversa ipotesi del ricorso abusivo al credito, posto che tale fattispecie si concreta nel caso in cui si ottengano finanziamenti dissimulando il dissesto o lo stato di insolvenza, in assenza, quindi, degli ulteriori elementi che caratterizzano il delitto di cui all’art. 223, comma 2, n. 2, seconda ipotesi, e cioè il cagionare il fallimento attraverso operazioni dolose.
Cassazione penale , sez. V , 30/06/2016 , n. 46689
Il ricorso abusivo al credito di cui all’art. 218 l. fall. è reato di mera condotta e richiede che il credito sia stato ottenuto mediante dissimulazione ai danni dell’ignaro creditore, che può quindi assumere il ruolo di persona offesa, e si distingue dal reato di bancarotta impropria mediante operazioni dolose di cui all’art. 223, comma secondo, n. 2 l. fall. (operazioni consistite nell’ottenimento di crediti per mascherare lo stato di insolvenza dell’impresa) nel quale non è necessaria la dissimulazione, e l’operazione – avente rilevanza causale o concausale del dissesto o del suo aggravamento – può anche essere concordata con il creditore a conoscenza delle condizioni dell’impresa.
Cassazione penale , sez. V , 23/09/2014 , n. 44857
Il reato di ricorso abusivo al credito richiede che il soggetto al quale viene addebitato sia successivamente dichiarato fallito. Ne consegue che il termine di prescrizione decorre dalla data della dichiarazione di fallimento.
Cassazione penale , sez. V , 23/09/2014 , n. 44857
Il fallimento è presupposto necessario per configurare il reato di abusivo ricorso al credito, ovvero il reato che punisce chi continua a chiedere prestiti dissimulando il dissesto o lo stato di insolvenza. Nel caso di specie, la Cassazione ha ritenuto il fallimento di un imprenditore condizione necessaria per far scattare il reato, spostando così in avanti il termine della prescrizione, nonostante l’art. 218 l. fall. non faccia riferimento a tale necessità, dando invece un maggior peso al titolo del r.d. n. 267/1942 (capo I, titolo VI) “Reati commessi dal fallito”, dal quale si desume l’intenzione del legislatore di richiedere tale presupposto.
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Art. 220. Denuncia di creditori inesistenti e altre inosservanze da parte del fallito.
È punito con la reclusione da sei a diciotto mesi il fallito, il quale, fuori dei casi preveduti all’art. 216, nell’elenco nominativo dei suoi creditori denuncia creditori inesistenti od omette di dichiarare l’esistenza di altri beni da comprendere nell’inventario, ovvero non osserva gli obblighi imposti dagli artt. 16, nn. 3 e 49.
Se il fatto è avvenuto per colpa, si applica la reclusione fino ad un anno.
La fattispecie: la norma censura le false dichiarazioni del fallito circa i propri creditori, dichiarando l’esistenza di creditori inesistenti o omettendone la dichiarazione nell’apposito elenco ovvero omettendo di dichiarare l’esistenza di altri beni nell’inventario. Altresì è sanzionata l’inosservanza dell’obbligo di depositare bilanci e scritture contabili e fiscali obbligatorie e dell’elenco dei creditori entro 3 gg. dalla sentenza dichiarativa di fallimento ex art. 16, comma 1 n. 3.
Elemento soggettivo: dolo generico per il primo comma; colpa per il secondo comma.
Procedibilità: d’ufficio / Competenza: Tribunale monocratico.
Prescrizione: 6 anni.
Massime di riferimento:
Cassazione penale sez. V, 13/02/2018, n.16744
In tema di reati fallimentari, il reato previsto dagli artt 16, n. 3 e 220 legge fall., relativo all’inosservanza dell’obbligo di deposito delle scritture contabili, nonché il delitto di bancarotta documentale semplice, devono ritenersi assorbiti dalla fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale, qualora i fatti addebitati abbiano ad oggetto le medesime scritture contabili, in quanto, a fronte dell’omogeneità della struttura e dell’interesse sotteso alle predette figure di reato, prevale la fattispecie più grave connotata dall’elemento specializzante del dolo specifico.
Cassazione penale sez. V, 28/02/2017, n.14846
Il reato di inosservanza dell’obbligo di deposito del bilancio sociale alla data del fallimento, previsto dagli artt. 220 e 16 n. 3 l. fall., concorre con il reato di bancarotta semplice documentale, consistito nell’avere omesso di tenere il libro giornale e il libro degli inventari, trattandosi di fatti di reato aventi oggetto materiale diverso. Il secondo assorbe il primo quando si tratti di inosservanza dell’obbligo di deposito di scritture contabili che non siano state tenute.
Cassazione penale , sez. V , 13/01/2015 , n. 25154
In tema di reati fallimentari, è sufficientemente motivato il decreto di comparizione del fallito qualora la convocazione sia preordinata a richiedere chiarimenti in dipendenza del mancato deposito delle scritture contabili, con la conseguenza che qualora il fallito non vi ottemperi sussiste il reato di cui all’art. 220 l.fall. in relazione all’art. 49, comma secondo, l. fall.
Cassazione penale , sez. V , 17/02/2011 , n. 13550
La previsione di cui all’art. 217 l.fall., che punisce l’omessa tenuta dei libri e delle scritture contabili, ricomprende in sé – come norma di più ampia portata la cui sanzione, più grave, esaurisce l’intero disvalore oggettivo e soggettivo delle condotte di riferimento – anche la previsione di cui agli art. 220 e 16, n. 3 della medesima legge, e ciò in quanto, una volta accertata la mancata tenuta delle scritture, risulta inesigibile l’obbligo, da queste ultime norme penalmente sanzionato, di consegna delle stesse al curatore fallimentare.
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Art. 232.Domande di ammissione di crediti simulati o distrazioni senza concorso col fallito
È punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 51 a euro 516, chiunque, fuori dei casi di concorso in bancarotta, anche per interposta persona presenta domanda di ammissione al passivo del fallimento per un credito fraudolentemente simulato.
Se la domanda è ritirata prima della verificazione dello stato passivo, la pena è ridotta alla metà.
È punito con la reclusione da uno a cinque anni chiunque:
1) dopo la dichiarazione di fallimento, fuori dei casi di concorso in bancarotta o di favoreggiamento, sottrae, distrae, ricetta ovvero in pubbliche o private dichiarazioni dissimula beni del fallito;
2) essendo consapevole dello stato di dissesto dell’imprenditore distrae o ricetta merci o altri beni dello stesso o li acquista a prezzo notevolmente inferiore al valore corrente, se il fallimento si verifica.
La pena, nei casi previsti ai numeri 1 e 2, è aumentata se l’acquirente è un imprenditore che esercita un’attività commerciale.
La fattispecie: la norma, al fine di rafforzare ulteriormente le tutele dei creditori, garantisce un regolare svolgimento della procedura concorsuale sanzionando, al primo comma, le condotte di simulazione fraudolenta del credito. Ai commi secondo e terzo, invece, sono sanzionate le condotte di ricettazione fallimentare e prefallimentare, reato che si perfeziona solo in caso di assenza di un preventivo accordo fra l’extraneus e il fallito.
Elemento soggettivo: dolo generico.
Procedibilità: d’ufficio / Competenza: Tribunale monocratico.
Prescrizione: 6 anni.
Massime di riferimento:
Cassazione penale sez. V, 27/03/2018, n.27165
Ai fini della consumazione del delitto di cui all’art. 232, comma 1, legge fall., è necessaria la presentazione di una domanda di ammissione al passivo fallimentare che abbia i requisiti di ammissibilità previsti dall’art. 93, legge fall. e che sia altresì corredata dalla documentazione giustificativa del credito vantato, idonea a perfezionare l’inganno, mentre rimane penalmente irrilevante la mera presentazione di una domanda di insinuazione contenente una semplice “dichiarazione”, sprovvista di qualsivoglia documentazione del credito preteso.
Cassazione penale sez. V, 18/07/2017, n.43101
La circostanza aggravante di cui all’art. 232, comma 4, legge fall., relativa alla c.d. ricettazione prefallimentare, è applicabile anche all’imprenditore che eserciti un’attività commerciale in forma collettiva o societaria e, ai fini della sua integrazione, rileva non ciascuna singola condotta naturalistica di ricezione delle merci o dei beni dell’imprenditore in dissesto, bensì il disegno complessivo entro cui tali condotte si inseriscono, in funzione di un collegamento ideativo-esecutivo finalizzato a realizzare un’unitaria operazione distrattiva.
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Art. 233. Mercato di voto
Il creditore che stipula col fallito o con altri nell’interesse del fallito vantaggi a proprio favore per dare il suo voto nel concordato o nelle deliberazioni del comitato dei creditori, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a euro 103.
La somma o le cose ricevute dal creditore sono confiscate.
La stessa pena si applica al fallito e a chi ha contrattato col creditore nell’interesse del fallito.
La fattispecie: la norma sanziona le condotte atte a falsare o turbare le operazioni di voto dei creditori ponendosi a tutela dei creditori dell’impresa, nell’ambito della procedura del concordato preventivo, contro il rischio che la volontà della maggioranza all’interno del comitato dei creditori possa essere “corrotta” da fattori estranei alla proposta del debitore.
Elemento soggettivo: dolo generico.
Procedibilità: d’ufficio / Competenza: tribunale monocratico.
Prescrizione: 6 anni.
Massime di riferimento:
Tribunale , Trento , 09/06/2017 , n. 249
Il mercato di voto, disciplinato dall’art. 233 l. fall., è un reato a concorso necessario e, pertanto, la semplice proposta da parte dell’imprenditore, non accolta dal creditore, difetta di rilevanza penale trattandosi di istigazione non punibile ai sensi dell’art. 115 c.p.
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Art. 234. Esercizio abusivo di attività commerciale
Chiunque esercita un’impresa commerciale, sebbene si trovi in stato di inabilitazione ad esercitarla per effetto di condanna penale, è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa non inferiore a euro 103.
La fattispecie: la norma sanziona l’esercizio di attività commerciale in violazione del provvedimento giudiziario di inabilitazione quale pena accessoria alla pena principale conseguente a condanna penale.
Elemento soggettivo: dolo generico.
Procedibilità: d’ufficio / Competenza: Tribunale collegiale:
Prescrizione: 6 anni.
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Art. 236. Concordato preventivo e, accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari, e convenzione di moratoria [e amministrazione controllata]
È punito con la reclusione da uno a cinque anni l’imprenditore, che, al solo scopo di essere ammesso alla procedura di concordato preventivo o di ottenere l’omologazione di un accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari o il consenso degli intermediari finanziari alla sottoscrizione della convenzione di moratoria [o di amministrazione controllata], siasi attribuito attività inesistenti, ovvero, per influire sulla formazione delle maggioranze, abbia simulato crediti in tutto o in parte inesistenti.
Nel caso di concordato preventivo [o di amministrazione controllata], si applicano:
1) le disposizioni degli artt. 223 e 224 agli amministratori, direttori generali, sindaci e liquidatori di società;
2) la disposizione dell’art. 227 agli institori dell’imprenditore;
3) le disposizioni degli artt. 228 e 229 e al commissario del concordato preventivo[ o dell’amministrazione controllata];
4) le disposizioni degli artt. 232 e 233 ai creditori.
Nel caso di accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari o di convenzione di moratoria, si applicano le disposizioni previste dal secondo comma, numeri 1), 2) e 4).
La fattispecie: la norma punisce la condotta dell’imprenditore individuale il quale abbia fatto apparire nella propria situazione patrimoniale delle poste attive inesistenti al fine di essere ammesso alla procedura di concordato preventivo, di ottenere l’omologazione di un accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari o il consenso di tali intermediari alla sottoscrizione della convenzione di moratoria, ovvero abbia simulato crediti vantati da terzi nei suoi confronti al fine di alterare la corretta formazione della maggioranza.
Elemento soggettivo: dolo specifico.
Procedibilità: d’ufficio / Competenza: Tribunale monocratico.
Prescrizione: 6 anni.
Massime di riferimento:
Cassazione penale sez. V, 10/07/2018, n.42591
Soggetto attivo dalle condotte criminose indicate nel primo comma dell’art. 236 legge fallimentare è solo l’imprenditore individuale e non anche i titolari di funzioni organiche nelle imprese sociali, quali amministratori e soci illimitatamente irresponsabili di una società in nome collettivo (In motivazione la Corte ha precisato che l’ampliamento in via interpretativa dell’ambito applicativo della norma a soggetti non indicati dalla stessa configurerebbe violazione del divieto di analogia “in malam partem”).
Cassazione penale sez. V, 15/06/2018, n.39517
Le innovazioni normative degli aspetti civilistici dell’istituto del concordato preventivo con continuità aziendale, di cui all’articolo 186-bis della legge fallimentare, a seguito delle modifiche introdotte nel 2012, non sono modificazioni della norma extra-penale integratrice del precetto sulla simulazione dei crediti, condotte distruttive, di cui all’articolo 236 della legge fallimentare, che si applica anche in riferimento al concordato preventivo con continuità dell’attività di impresa. Ad affermarlo è la Cassazione per la quale il reato previsto in materia di concordato preventivo e accordo di ristrutturazione del debito vale anche nel caso di concordato con continuità aziendale. Respinta, dunque, la tesi della difesa che invocava un diverso regime penale per l’ipotesi di concordato in continuità. Per la Corte esiste sì una distinzione, ma è valida solo sul piano civilistico per assicurare la prosecuzione dell’attività imprenditoriale.
Cassazione penale , sez. V , 19/10/2016 , n. 51277
L’elenco dei soggetti attivi dei delitti di bancarotta fraudolenta di cui all’art. 236 l. fall. è tassativo: non è punibile il liquidatore giudiziale nominato nel concordato preventivo con cessione di beni per non essere espressamente menzionato dalla norma, ma resta la previsione di responsabilità per gli altri soggetti elencati non solo per i fatti antecedenti all’ammissione al concordato, ma anche per quelli successivi.
Cassazione penale , sez. V , 28/05/2014 , n. 26444
In tema di reati fallimentari, le condotte distrattive poste in essere prima dell’ammissione al concordato preventivo rientrano, anche nel caso in cui la società non sia poi dichiarata fallita, nell’ambito previsionale dell’art. 236, comma 2, l. fall. il quale, in virtù dell’espresso richiamo all’art. 223 l. fall., punisce i fatti di bancarotta previsti dall’art. 236 l. fall., commessi da amministratori, direttori generali, sindaci e liquidatori di società fallite.
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Articolo 236-bis. Falso in attestazioni e relazioni
Il professionista che nelle relazioni o attestazioni di cui agli articoli 67, terzo comma, lettera d), 161, terzo comma, 182-bis, 182-quinquies, 182-septies e 186-bis espone informazioni false ovvero omette di riferire informazioni rilevanti, è punito con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da 50.000 a 100.000 euro.
Se il fatto è commesso al fine di conseguire un ingiusto profitto per se’ o per altri, la pena è aumentata.
Se dal fatto consegue un danno per i creditori la pena è aumentata fino alla metà.
La fattispecie: la norma sanziona le falsità ideologiche commesse dal privato professionista nella formazione degli atti di cui agli articoli indicati nella disposizione ed in particolare, con riferimento a condotte di esposizione di informazioni false o omissione di informazioni rilevanti.
Elemento soggettivo: dolo generico.
Procedibilità: d’ufficio / Competenza: Tribunale monocratico.
Prescrizione: 6 anni.
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