Linea dura della Cassazione contro l’amministratore di diritto che risponde sempre dei reati fiscali a titolo di dolo generico o eventuale.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza n.6726/2019 con la quale la suprema Corte ha dato continuità al rigoroso orientamento di legittimità secondo il quale risponde di concorso nel reato l’amministratore di diritto non coinvolto nella gestione effettiva della società (c.d. “testa di legno”) per l’omessa vigilanza sulla corretta gestione degli adempimenti fiscali da parte dell’amministratore di fatto, nel caso di specie, in relazione alla condotta di concorso nell’utilizzo nella dichiarazione fiscale di fatture per operazioni inesistenti di cui agli artt. 2 e 8 D.Lgs. 74/2000.

Gli illeciti contestati e il processo penale.

La Corte d’appello di Roma dichiarava non doversi procedere nei confronti del prevenuto in relazione al reato di cui all’art. 8 del d.lgs 10 marzo 2000, n. 74 perché estinto per prescrizione, riducendo la pena inflitta nel primo grado di giudizio ad anni uno e mesi uno di reclusione, per il reato di cui all’art. 2 del d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, per avere indicato, quale legale rappresentante di una spa, e in concorso con l’amministratore di fatto, al fine di evadere l’Iva, avvalendosi di fatture per operazioni inesistenti emesse da un consorzio di cui era legale rappresentante, elementi passivi fittizi, e del reato di cui all’art. 10 quater del d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, per avere, nella medesima qualità, effettuato compensazioni di crediti Iva inesistenti per effetto della utilizzazione della fatture per operazioni inesistenti.

Contro la sentenza della corte distrettuale ricorreva per cassazione la difesa del giudicabile lamentando violazione di legge e vizio di motivazione sul punto dell’affermazione della penale responsabilità non potendo ascriversi al prevenuto una condotta integrante quella tipica del reato di cui all’art. 2 del d.lgs 74/2000, in quanto mero amministratore di diritto (prestanome) privo di poteri di ingerenza nell’amministrazione societaria.

La decisione della Cassazione e il punto di diritto.

La Corte di legittimità dichiara inammissibile il ricorso per le ragioni di diritto di seguito riportate. Per quanto di interesse per il presente commento:

“… in relazione al reato di cui all’art. 2 del d.lgs 10 marzo 2000, n. 74 (capo B), deve osservarsi che è pacifica la responsabilità penale dell’amministratore di diritto, quale autore materiale della sottoscrizione della dichiarazione fiscale.

La consapevole accettazione della carica di amministratore di diritto impone al medesimo il dovere di esercitare i dovuti controlli all’atto della sottoscrizione della dichiarazione fiscale che si avvale della documentazione fiscale fittizia.

La condotta materialmente ascritta al legale rappresentante della società, che ha effettivamente presentato le dichiarazioni fiscali fraudolente avvalendosi delle fatture per operazioni inesistenti non è neppure esclusa dalla partecipazione di coloro che – pur essendo estranei e non rivestendo cariche nella società a cui si riferisce la dichiarazione fraudolenta – abbiano, in qualsivoglia modo, partecipato a creare il meccanismo fraudolento che ha consentito all’amministratore della società, sottoscrittore della dichiarazione fraudolenta, di avvalersi della documentazione fiscale fittizia (Sez. F, n. 35729 del 01/08/2013, Agrama, Rv. 256579; Sez. 3, n. 28720 del 10/03/2016, Riva, non mass.; Sez. 3, n. 9853 del 02/12/2015, Mondino, n.m.).

La corte territoriale ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui il legale rappresentante di una società risponde dei reati in materia anche per violazione del semplice dovere di vigilanza, ove non dimostri di essere soltanto un “uomo di paglia” e di non aver scientemente accettato detta situazione.

La carica di legale rappresentante, infatti, costituisce il soggetto in una posizione di garanzia rispetto alla trasparenza ed alla correttezza contabile in funzione degli obblighi tributari contemplati dalla legge e gli impone pure di impedire la commissione dei reati, eventualmente commessi dal reale gestore, previsti attraverso un’attenta vigilanza, atteso che la semplice accettazione della carica attribuisce allo stesso doveri di vigilanza e controllo, il cui mancato rispetto comporta responsabilità penale o a titolo di dolo generico, per la consapevolezza che dalla condotta omissiva possano scaturire gli eventi tipici del reato, o a titolo di dolo eventuale per la semplice accettazione del rischio che questi si verifichino (Sez. F, n. 42897 del 09/08/2018, C., Rv. 273939 – 02; Sez. 3, n. 7770 del 05/12/2013, Todesco, Rv. 258850 – 01; Sez. 3, n. 3240 del 02/02/1999 Piazza, Rv. 212734)”.

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Riferimenti normativi

Art. 2.  Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti 

  1. E’ punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni relative a dette imposte elementi passivi fittizi. 
  2. Il fatto si considera commesso avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti quando tali fatture o documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie, o sono detenuti a fine di prova nei confronti dell’amministrazione finanziaria.

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Arresti giurisprudenziali citati in sentenza:

Cassazione penale, sez. fer., 09/08/2018 , n. 42897

In tema di reati tributari, l’amministratore di una società risponde del reato omissivo contestatogli (nella specie emissione di fatture per operazioni inesistenti) quale diretto destinatario degli obblighi di legge, anche se questi sia mero prestanome di altri soggetti che abbiano agito quali amministratori di fatto, atteso che la semplice accettazione della carica attribuisce allo stesso doveri di vigilanza e controllo, il cui mancato rispetto comporta responsabilità penale o a titolo di dolo generico, per la consapevolezza che dalla condotta omissiva possano scaturire gli eventi tipici del reato, o a titolo di dolo eventuale per la semplice accettazione del rischio che questi si verifichino.

Cassazione penale, sez. fer. , 01/08/2013 , n. 35729

È configurabile il concorso nel reato di cui all’art. 2 d.lg. n. 74 del 2000 di coloro che – pur essendo estranei e non rivestendo cariche nella società a cui si riferisce la dichiarazione fraudolenta – abbiano, in qualsivoglia modo, partecipato a creare il meccanismo fraudolento che ha consentito all’amministratore della società, sottoscrittore della dichiarazione fraudolenta, di avvalersi della documentazione fiscale fittizia.

Cassazione penale , sez. III , 05/12/2013 , n. 7770

Risponde del reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali l’amministratore di una società mero prestanome di altri soggetti che abbiano agito quali amministratori di fatto, in quanto l’accettazione della carica attribuisce allo stesso doveri di vigilanza e controllo sulla corretta gestione degli affari sociali, il cui mancato rispetto comporta responsabilità a titolo di dolo generico, nell’ipotesi di accertata consapevolezza che dalla condotta omissiva possano scaturire gli eventi tipici del reato, ovvero a titolo di dolo eventuale in caso di semplice accettazione del rischio che questi si verifichino.

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Quadro giurisprudenziale di riferimento in tema di art. 2 D.Lgs. n. 74/2000:

Cassazione penale, sez. III, 19/06/2018 , n. 52411

In tema di reati tributari, il dolo specifico richiesto per integrare il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall’ art. 2 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 , rappresentato dal perseguimento della finalità evasiva, che deve aggiungersi alla volontà di realizzare l’evento tipico (la presentazione della dichiarazione), è compatibile con il dolo eventuale, ravvisabile nell’accettazione del rischio che l’azione di presentazione della dichiarazione, comprensiva anche di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, possa comportare l’evasione delle imposte dirette o dell’Iva.

Cassazione penale, sez. IV , 20/03/2018, n. 17401

I reati di dichiarazione fraudolenta ai fini Iva mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti ex articolo 2 del decreto legislativo n. 74 del 2000 commessi in epoca precedente la pronuncia della sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, Grande Sezione, Taricco, dell’8 settembre 2015, anche se non ancora prescritti a tale data, rimangono soggetti alla disciplina nazionale in materia di prescrizione, pur se questa risulti in contrasto con il diritto europeo, perché idonea a pregiudicare gli obblighi imposti a tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea.

Cassazione penale, sez. fer., 31/08/2017, n. 47603

Il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74) è configurabile anche nel caso in cui la falsa documentazione venga creata dal medesimo utilizzatore che la faccia apparire come proveniente da terzi, poiché la “ratio” del reato di frode fiscale risiede nel fatto di punire colui che artificiosamente si precostituisce dei costi sostenuti al fine di abbattere l’imponibile, e non presuppone il concorso del terzo.

Cassazione penale, sez. III, 09/06/2017, n. 39541

Il reato di utilizzazione fraudolenta in dichiarazione di fatture per operazioni inesistenti è integrato, con riguardo alle imposte dirette, dalla sola inesistenza oggettiva, relativa alla diversità, totale o parziale, tra costi indicati e costi sostenuti, mentre, con riguardo all’IVA, esso comprende anche l’inesistenza soggettiva.

Cassazione penale, sez. III, 21/04/2017, n. 34534

Ai fini della configurabilità del delitto di emissione di fatture od altri documenti per operazioni soggettivamente inesistenti, quando risulti provata dalla pubblica accusa la fittizietà dell’intestazione delle fatture, è onere del soggetto emittente dimostrare la corrispondenza fra il dato fattuale, relativo ai rapporti giuridici che si affermano essere effettivamente intercorsi, e quello documentale, attraverso il quale tali rapporti sono attestati. (Nella specie, la Corte ha confermato la decisione di merito che aveva ritenuto sprovvista di prova la mera allegazione difensiva circa l’esistenza di una delegazione di pagamento intercorsa fra l’intestatario delle fatture di vendita di alcune autovetture ed i diversi soggetti che avevano versato il relativo prezzo).

Cassazione penale, sez. III, 19/01/2017, n. 24307

In tema di reati finanziari e tributari, il delitto di emissione di fatture od altri documenti per operazioni inesistenti è configurabile anche in caso di fatturazione solo soggettivamente falsa, quando cioè l’operazione oggetto di imposizione fiscale sia stata effettivamente eseguita e tuttavia non vi sia corrispondenza soggettiva tra il prestatore indicato nella fattura od altro documento fiscalmente rilevante e il soggetto giuridico che abbia erogato la prestazione, in quanto anche in tal caso è possibile conseguire il fine illecito indicato dalla norma in esame, ovvero consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto.

Cassazione penale, sez. III, 30/11/2016, n. 14815

Risponde di concorso nel reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2 d.lg. n. 74 del 2000) il soggetto che, d’intesa con gli autori delle dichiarazioni, fornisca ai medesimi, nell’ambito dell’attività di “esperto contabile” prestata in loro favore, le fatture per operazioni inesistenti all’uopo fatte predisporre da terzi.

 Cassazione penale, sez. III, 19/05/2016, n. 7941

Il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, ex art. 2 d.Lg. n. 74/2000, è integrati dalla registrazione in contabilità delle false fatture o dalla loro conservazione ai fini di prova, nonché dall’inserimento nella dichiarazione di imposta dei corrispondenti elementi fittizi, condotte queste ultime tutte congiuntamente necessarie ai fini della punibilità.

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