Omesso versamento di contributi previdenziali: il superamento della soglia di punibilità va valutato con riferimento all’annualità.
Si segnala ai lettori del blog la sentenza di legittimità n.11465/2019 in tema di omesso versamento di contributi previdenziali e assistenziali.
La Suprema Corte, con la pronuncia in commento, ha affermato l’irrilevanza della eventuale prescrizione delle singole omissioni mensili ai fini della punibilità del reato, posto che la soglia di 10.000 euro fissata dalla norma penale introdotta nel 2016 è riferita al periodo annuale.
L’imputazione penale e lo svolgimento del processo.
La Corte di appello di Ancona, in riforma della sentenza resa dal locale Tribunale – che aveva dichiarato l’indagata responsabile del reato dl cui agli artt. 81 cpv cod.pen. e 2 l.n. 638/1983 – perché quale legale rappresentante e obbligato solidale della ditta (omissis) ometteva di versare la somma complessiva di euro 19.176,00 relativa alle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni corrisposte ai lavoratori dipendenti per i mesi da novembre 2009 a dicembre 2010 e l’aveva condannata alla pena di mesi due di reclusione ed euro 500,00 di multa – dichiarava non doversi procedere nei confronti della stessa con riferimento ai fatti-reati di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali sino al giugno 2010 perché estinti per intervenuta prescrizione e rideterminava la pena in relazione alle residue imputazioni – mensilità da luglio a dicembre 2010- in giorni venti di reclusione ed euro 100,00 di multa.
Ricorreva per cassazione la difesa dell’imputata lamentando plurimi vizi di legge e di motivazione come sintetizzati nella sentenza in commento.
La decisione della Cassazione e il punto di diritto.
La Suprema Corte ha accolto il ricorso limitatamente alla doglianza, avente ad oggetto la condotta omissiva contributiva relativa all’anno 2009, non costituente più reato perché al di sotto della soglia di punibilità di 10.000 euro introdotta dal D.Lgs. n. 15/2016, dichiarando il ricorso inammissibile nel resto.
Di seguito si riporta il passaggio della motivazione contenente il principio di diritto di interesse per il presente commento:
“Va ricordato che l’art. 3 comma 6 del d.lgs. 15 gennaio 2016 n. 8, entrato in vigore il 6.2.2016, ha modificato l’art. 2 comma 1 bis del decreto-legge 12 settembre 1983 n. 463, convertito con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983 n. 638, nel senso di attribuire rilevanza penale unicamente alle condotte di omesso versamento delle ritenute di cui al comma 1 il cui importo sia superiore ad euro 10.000,00 annui; va aggiunto che tale modifica, in quanto comportante una disposizione più favorevole rispetto alla precedente, si applica, ex art. 2, comma 4, c.p., anche ai fatti posti in essere antecedentemente.
Tale modifica legislativa ha, quindi, depenalizzato la condotta oggetto del presente procedimento, relativa all’anno 2009, il cui ammontare (…), non supera la soglia di punibilità di euro 10.000,00, trasformandole in illecito amministrativo, con conseguente venir meno della relativa giurisdizione del giudice penale. Trattandosi di violazioni c.d. sotto soglia, il fatto contestato al ricorrente non è più previsto dalla legge come reato e, pertanto, la sentenza impugnata va annullata sul punto, senza rinvio, con la formula perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato (…).
In relazione al secondo motivo, va osservato che il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti (art. 2 D.L. n. 463 del 1983, conv. in I. n. 638 del 1983) è integrato, siccome è a dolo generico, dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti, sicchè non rileva, sotto il profilo dell’elemento soggettivo, la circostanza che il datore di lavoro attraversi una fase di criticità e destini risorse finanziarie per far fronte a debiti ritenuti più urgenti (Sez.3, n.3705 del 19/12/2013, dep.28/01/2014, Rv. 258056; conf. n. 5755/2014, non massimata).
In relazione al terzo motivo, va rilevato che questa Corte ha affermato che, ai fini della punibilità in relazione all’accertamento della nuova soglia di punibilità annua, non è rilevante l’eventuale già dichiarata prescrizione delle omissioni mensili ricomprese nell’annualità in contestazione, in quanto la soglia è ora riferita al periodo annuale ed è perciò indipendente da fatti estintivi diversi da quello, satisfattivo, del pagamento (Sez.3, n.14729 del 09/02/2016, Rv.266633). Le residue condotte oggetto del presente procedimento – relative al periodo luglio/dicembre 2010 – hanno, pertanto, conservato rilevanza penale perché l’ammontare complessivo delle omissioni relative all’annualità 2010- considerate anche quelle in relazione alle quali è stata già dichiarata la prescrizione del reato- è pari ad euro 13.641,00 e supera, quindi, il limite annuo di euro 10.000,00, collocando tali condotte al di fuori della soglia di depenalizzazione”.
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Riferimenti normativi
Art. 2 D.l. 12 settembre 1983 conv. in l. 683/1983, n. 463
Le ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, ivi comprese le trattenute effettuate ai sensi degli articoli 20,21e 22 della legge 30 aprile 1969, n. 153, debbono essere comunque versate e non possono essere portate a conguaglio con le somme anticipate, nelle forme e nei termini di legge, dal datore di lavoro ai lavoratori per conto delle gestioni previdenziali ed assistenziali, e regolarmente denunciate alle gestioni stesse, tranne che a seguito di conguaglio tra gli importi contributivi a carico del datore di lavoro e le somme anticipate risulti un saldo attivo a favore del datore di lavoro.
1-bis. L’omesso versamento delle ritenute di cui al comma 1, per un importo superiore a euro 10.000 annui, e’ punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a euro 1.032. Se l’importo omesso non e’ superiore a euro 10.000 annui, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 50.000. Il datore di lavoro non è punibile, ne’ assoggettabile alla sanzione amministrativa, quando provvede al versamento delle ritenute entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione.
1-ter. La denuncia di reato è presentata o trasmessa senza ritardo dopo il versamento di cui al comma 1- bis ovvero decorso inutilmente il termine ivi previsto. Alla denuncia è allegata l’attestazione delle somme eventualmente versate.
1-quater. Durante il termine di cui al comma 1-bis il corso della prescrizione rimane sospeso.
Il datore di lavoro che non provveda al pagamento dei contributi e dei premi dovuti alle gestioni previdenziali e assistenziali entro il termine stabilito, o vi provveda in misura inferiore, è tenuto al versamento di una somma aggiuntiva, in sostituzione di quella prevista dalle disposizioni che disciplinano la materia, fino a due volte l’importo dovuto, ferme restando le ulteriori sanzioni amministrative e penali. Per la graduazione delle somme aggiuntive dovute sui premi resta in vigore la legge 21 aprile 1967, n. 272.
[3. Nel settore agricolo, per quanto attiene la contribuzione unificata dovuta per gli operai, le ipotesi previste dai precedenti commi si realizzano allorquando la mancata o minore imposizione dei contributi sia conseguente ad una omessa, incompleta, reticente o infedele presentazione delle denunce contributive previste dall’art. 2 della legge 18 dicembre 1964, n. 1412, e successive modificazioni ed integrazioni.]
Le sanzioni amministrative previste per violazione delle norme di cui al decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 16 luglio 1947, n. 708, e successive modificazioni ed integrazioni, sono versate all’Ente nazionale di previdenza e di assistenza per i lavoratori dello spettacolo.
Entro il 30 novembre 1983 i datori di lavoro che abbiano effettuato il versamento dei contributi afferenti al periodo successivo al 1° febbraio 1983 sono ammessi a regolarizzare la loro posizione debitoria relativa ai periodi di paga precedenti. La regolarizzazione estingue il reato e le obbligazioni per sanzioni amministrative e per ogni altro onere accessorio connessi con la denuncia ed il versamento dei contributi stessi, ivi compresi quelli di cui all’art. 18 del decreto-legge 30 agosto 1968, n. 918, convertito, con modificazioni, nella legge 25 ottobre 1968, n. 1089, in materia di sgravi degli oneri sociali, con esclusione delle spese di giudizio e degli aggi connessi alla riscossione dei contributi a mezzo ruoli esattoriali. La regolarizzazione è effettuata con versamento in unica soluzione dei contributi dovuti.
Il versamento dei contributi può essere effettuato anche in rate mensili eguali e consecutive, in numero non superiore a nove, delle quali la prima entro il 30 novembre 1983, con applicazione sull’importo delle rate successive degli interessi di dilazione previsti dall’art. 13, primo comma, del decreto-legge 29 luglio 1981 n. 402, convertito, con modificazioni, nella legge 26 settembre 1981, n. 537. Il mancato versamento anche di una sola rata comporta la decadenza dai benefici economici di cui al comma che precede. La regolarizzazione delle posizioni debitorie relative ai contributi agricoli unificati è effettuata in unica soluzione entro il 30 giugno 1984 secondo le modalità stabilite dall’ente impositore.
6-bis. Le imprese sottoposte ad amministrazione straordinaria in data successiva al 1° febbraio 1983 sono ammesse a regolarizzare la loro posizione debitoria relativa ai periodi di paga precedenti con gli effetti di cui al secondo periodo del comma quinto, a condizione che provvedano al versamento dei contributi afferenti al periodo successivo alla data suindicata entro il 30 novembre 1983.
6-ter. Le imprese sottoposte ad amministrazione straordinaria possono usufruire dei benefici di cui al comma quinto anche se non sono in regola con i versamenti dei contributi previsti nello stesso comma, alla condizione che sia stata autorizzata dal CIPI la continuazione dell’esercizio dell’impresa e che esse, od il gruppo di cui fanno parte, abbiano usufruito delle garanzie del Tesoro di cui all’art. 2- bis del decreto-legge 30 gennaio 1979, n. 26, convertito, con modificazioni, nella legge 23 aprile 1979, n. 95, in misura non superiore al 20 per cento degli importi dei contratti di finanziamento autorizzati dal CIPI ed abbiano fatto ricorso alla Cassa integrazione guadagni per una percentuale non superiore al 30 per cento del personale in forza.
Per le imprese che alla data del 30 novembre 1983 si trovino in stato di amministrazione controllata o di amministrazione straordinaria, il termine per la regolarizzazione della posizione debitoria è differito all’ultimo giorno del mese successivo a quello di cessazione dell’amministrazione controllata o straordinaria.
7-bis. Per gli istituti di patronato e di assistenza sociale, istituiti ai sensi del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 29 luglio 1947, n. 804, e successive integrazioni, in attesa della emanazione del decreto del Presidente della Repubblica previsto dall’art. 2 della legge 27 marzo 1980, n. 112, il termine per la regolarizzazione dell’intera partita debitoria è differito al 31 ottobre 1984. Nel frattempo il 10 per cento delle somme che sono erogate a qualsiasi titolo dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale agli istituti di patronato e di assistenza sociale deve essere utilizzato a scomputo della posizione debitoria ed entro i limiti della relativa esposizione.
Per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali è differito al 30 novembre 1983 il termine utile per la presentazione della richiesta di cui al primo comma dell’art. 14 della legge 10 maggio 1982, n. 251.
La regolarizzazione estingue le obbligazioni per le sanzioni civili di cui agli articoli 50 e 51 del testo unico delle disposizioni per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, le sanzioni amministrative di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689 ed all’art. 2del decreto-legge 6 luglio 1978, n. 352, convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 1978, n. 467, nonché i provvedimenti adottati a norma del sesto comma dell’art. 28 del predetto testo unico, afferenti a periodi assicurativi fino al 31 dicembre 1982, compresa la regolazione dei premi relativa all’anno 1982, e per i quali non sia stato già effettuato il pagamento, con la esclusione delle spese di giudizio e degli aggi esattoriali. La regolarizzazione estingue, altresì, le obbligazioni per le sanzioni amministrative di cui all’ultimo comma dell’art. 16 della legge 10 maggio 1982, n. 251, relative ad inadempienze commesse entro il 30 aprile 1983.
Per il pagamento rateale dei premi, per lo stato di regolarità fino al 31 dicembre 1983 e per le imprese che alla data del 30 novembre 1983 si trovino in stato di amministrazione controllata o di amministrazione straordinaria valgono le disposizioni di cui al presente articolo.
Le disposizioni di cui ai commi precedenti trovano applicazione anche in fase di contenzioso previdenziale e, nel caso in cui il debito sia in corso di soluzione a mezzo di pagamento rateale, relativamente alle sole rate non ancora versate.
Decade dal beneficio della regolarizzazione di cui al presente articolo il datore di lavoro che ometta di effettuare, alle scadenze di legge, il versamento dei contributi di previdenza ed assistenza dovuti per il periodo compreso tra la data di effettuazione del versamento di cui al presente articolo ed il 31 luglio 1984.
Gli enti previdenziali e assistenziali impositori determinano le modalità per i versamenti.
Le disposizioni di cui ai commi da 5 a 13 si applicano anche ai coltivatori diretti, ai mezzadri e coloni e rispettivi concedenti, agli artigiani, agli esercenti attività commerciali ed ai liberi professionisti iscritti negli appositi alibi o elenchi professionali, per la regolarizzazione delle posizioni debitorie relative a periodi di contribuzione anteriori al 1° gennaio 1983. I relativi contributi sono versati entro il 30 giugno 1984. Per coloro che non abbiano ottemperato all’obbligo di iscrizione presso le rispettive commissioni, le disposizioni si applicano purchè la denuncia entro il 30 novembre 1983 e la relativa regolarizzazione avvenga comunque entro sessanta giorni dall’iscrizione stessa.
Il datore di lavoro, tenuto alla denuncia ed al versamento dei contributi con le modalità previste nel decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 5 febbraio 1969, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 67 del 13 marzo 1969, il quale non abbia presentato all’Istituto nazionale della previdenza sociale le denunce individuali dei lavoratori occupati nei periodi anteriori all’entrata in vigore del decreto-legge 6 luglio 1978, n. 352, convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 1978, n. 467, deve presentare, per tali periodi, una denuncia dei lavoratori interessati, delle retribuzioni individuali, nonchè di tutti i dati necessari all’applicazione delle norme in materia di previdenza e assistenza sociale. La denuncia, redatta su modulo predisposto dall’Istituto nazionale della previdenza sociale, deve essere presentata entro il 30 giugno 1984.
Al datore di lavoro che non provveda, entro il termine stabilito, a quanto previsto nel comma precedente ovvero vi provveda fornendo dati infedeli o incompleti, si applicano le disposizioni previste dall’art. 4, secondo comma, del decreto-legge 6 luglio 1978, n. 352, convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 1978, n. 467, e successive modificazioni ed integrazioni.
I termini per la presentazione all’Istituto nazionale della previdenza sociale della denuncia nominativa di cui all’art. 4 del decreto-legge 6 luglio 1978, n. 352, convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 1978, n. 467, sono fissati al 30 giugno di ciascun anno e, per le amministrazioni dello Stato, al 31 dicembre di ciascun anno. Alle stesse date sono fissati i termini per la consegna ai lavoratori della copia della denuncia predetta. Per l’anno 1983 il termine del 30 giugno è differito al 30 novembre 1983.
Alle amministrazioni dello Stato, che abbiano presentato o presentino, entro il 30 novembre 1983, le denunce nominative degli anni 1978, 1979, 1980 e 1981, non si applicano le sanzioni previste dal citato art. 4. Alle predette amministrazioni non si applicano, altresì, le sanzioni previste dall’art. 30 della legge 21 dicembre 1978, n. 843, qualora abbiano presentato o presentino entro il 31 ottobre 1983, le denunce contributive relative a periodi di paga scaduti anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto.
I termini di prescrizione relativi ai contributi dovuti o la cui riscossione è affidata a qualsiasi titolo all’Istituto nazionale della previdenza sociale ed all’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro sono sospesi per un triennio dalla data di entrata in vigore del presente decreto ed è corrispondentemente prolungato il periodo durante il quale il datore di lavoro ha l’obbligo di conservare i libri paga e di matricola.
Dalla data di entrata in vigore della legge 21 dicembre 1978, n. 843, al 31 dicembre 1983, in deroga all’art. 23 della stessa legge, e successive modificazioni e integrazioni, i soprappremi di rateazione di cui al secondo comma dell’art. 28 del testo unico delle disposizioni sull’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, restano invariati nelle misure ivi previste .
Le variazioni di carattere generale del trattamento economico di attività di servizio a favore delle categorie di dipendenti iscritti alle casse pensioni facenti parte degli istituti di previdenza, derivanti da leggi, da norme regolamentari o da contratti collettivi di lavoro, che intervengano a partire dal 1° gennaio 1984, sono assoggettate a contributo, anche nel corso dell’anno, dalla data di effetto dei miglioramenti stessi, con le modalità di cui all’art. 27 dell’ordinamento delle stesse casse approvato con regio decreto-legge 3 marzo 1938, n. 680, convertito nella legge 9 gennaio 1939, n. 41, e successive modificazioni.
Per le cessazioni dal servizio a partire dal 1° gennaio 1983, nei riguardi degli iscritti negli elenchi dei contributi della Cassa per le pensioni ai dipendenti degli enti locali, della Cassa per le pensioni ai sanitari e della Cassa per le pensioni agli insegnanti di asilo e di scuole elementari parificate, l’eventuale recupero contributivo con le modalità previste dal comma primo dell’art. 30 della legge 22 novembre 1962, n. 1646, si effettua limitatamente al periodo non anteriore al 1° gennaio 1970.
Per le cessazioni dal servizio anteriori al 1° gennaio 1983, il recupero contributivo, qualora riguardi emolumenti ammessi a far parte della retribuzione annua contributiva, si effettua, relativamente alla quota a carico dell’ente datore di lavoro, in 24 semestralità, al saggio del sei per cento annuo.
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Quadro giurisprudenziale di riferimento in materia di omesso versamento di ritenute previdenziali:
Cassazione penale sez. III, 27/11/2018, n.346
In tema di omesso versamento all’INPS delle ritenute previdenziali ed assistenziali, configurandosi il reato di cui all’art. 2, comma 1-bis del d.l. n. 463 del 1983con il superamento della soglia di euro 10.000 annui indipendentemente dal numero delle mensilità inevase – ben potendo l’illecito penalmente rilevante essere integrato dall’omesso versamento anche di una sola mensilità se di valore superiore a tale importo -, non vi è dubbio tuttavia che allorquando più mensilità concorrano a determinare lo sbarramento prefissato dal legislatore ci si trovi di fronte ad una pluralità di omissioni che possono integrare il “comportamento abituale” ostativo al riconoscimento del beneficio di cui all’art. 131 bis c.p.
Cassazione penale sez. III, 30/05/2018, n.39413
In tema di omissione di versamenti contributivi e applicabilità della non punibilità per particolare tenuità del fatto deve essere censurata la decisione dei giudici del merito nella parte in cui ha ancorato il diniego della causa di non punibilità alla mera pluralità delle mensilità interessate senza nessuna verifica del momento in cui si è verificato il superamento della soglia di punibilità e neanche dell’effettiva entità dello stesso.
Cassazione penale sez. III, 16/05/2018, n.44529
In tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, qualora non risulti ritualmente effettuata la comunicazione dell’avviso di accertamento della violazione ed il decreto di citazione non ne contenga l’indicazione dl tutti gli elementi, trattandosi di fattispecie a formazione progressiva che ben può completarsi nel corso del giudizio, il dies a quo del termine di tre mesi previsto al fine di poter effettuare il pagamento delle ritenute omesse al fine di fruire della causa di non punibilità di cui all’art. 2 comma 1 bis, d.l. n. 463 del 1983, convertito in legge n. 638 del 1983, decorre dal momento in cui si sia verificata la conoscenza da parte dell’imputato di tutti gli elementi essenziali del suddetto avviso di accertamento.
Cassazione penale sez. III, 11/05/2018, n.30179
Riguardo al reato di omesso versamento dei contributi previdenziali la sussistenza della particolare tenuità dell’offesa deve essere verificata attraverso una valutazione globale che tenga conto dell’importo complessivo dei contributi non versati e della consistenza del superamento della soglia di punibilità.
Cassazione penale sez. III 06 marzo 2018 n. 19671
Il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali è a dolo generico, ed è integrato dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti, ravvisabile anche qualora il datore di lavoro, in presenza di una situazione di difficoltà economica, abbia deciso di dare preferenza al pagamento degli emolumenti ai dipendenti ed alla manutenzione dei mezzi destinati allo svolgimento dell’attività di impresa, e di pretermettere il versamento delle ritenute all’erario, essendo suo onere quello di ripartire le risorse esistenti all’atto della corresponsione delle retribuzioni in modo da adempiere al proprio obbligo contributivo, anche se ciò comporta l’impossibilità di pagare i compensi nel loro intero ammontare.
Cassazione penale sez. III 23 novembre 2017 n. 6934
In tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali, ai fini dell’integrazione del reato previsto dall’ art. 2, comma 1-bis, del d.l. 12 settembre 1983, n. 463, conv. in legge 11 novembre 1983, n. 638 , è necessaria la prova del materiale esborso della retribuzione, anche sotto forma di compensi in nero. (Nella specie la S.C. ha ritenuto immune da vizi la decisione della corte territoriale che aveva desunto, in assenza di elementi di segno contrario, la prova della effettiva corresponsione della retribuzione ai lavoratori dalla presentazione dei modelli DM-10 da parte del datore di lavoro).
Cassazione penale sez. fer. 29 agosto 2017 n. 39882
In tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali ex art. 2, comma 1 bis, d.l. n. 463/1983, convertito con modificazioni in l. n. 638/1983, ai fini della verifica circa il superamento o meno della soglia di rilevanza penale, fissata in Euro 10.000 per ciascun anno, deve tenersi conto, nel computo di tale importo, anche della eventuale omissione relativa al mese di dicembre, a nulla rilevando che, con riguardo a tale mese, il termine per la effettuazione del versamento scada nel corso del mese di gennaio dell’anno successivo. La verifica in parola va infatti effettuata secondo il criterio della competenza contributiva, cioè facendo riferimento al periodo intercorrente dalla scadenza del primo versamento dell’anno contributivo dovuto relativo al mese di gennaio (16 febbraio) sino alla scadenza dell’ultimo, relativo al mese di dicembre (16 gennaio dell’anno successivo).
Cassazione penale sez. fer. 10 agosto 2017 n. 39332
Nel caso in cui il datore di lavoro ometta di versare all’INPS le ritenute previdenziali ed assistenziali dei suoi lavoratori ha la facoltà, prima della comunicazione della notizia di reato, entro 3 mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione, di definire il contenzioso in sede amministrativa. Per poter esercitare tale facoltà, l’avviso di accertamento inviato dall’INPS al datore di lavoro deve contenere l’indicazione del periodo cui si riferisce l’omesso versamento delle ritenute, il relativo importo, l’indicazione dell’ente presso il quale deve essere effettuato il versamento entro i 3 mesi e l’avviso che il pagamento consente di fruire della causa di non punibilità sopra descritta.
Cassazione penale sez. III 18 luglio 2017 n. 39072
In tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali, tenuto ad adempiere alla diffida inviata ai sensi dell’art. 2, comma 1-bis, d.l. 12 settembre 1983, n. 463, conv. dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, è colui che era obbligato al versamento al momento dell’insorgenza del debito contributivo, anche se “medio tempore” abbia perduto la rappresentanza o la titolarità dell’impresa, in quanto il predetto adempimento costituisce una causa personale di esclusione della punibilità, sicché vi è tenuto soltanto l’autore del reato. (In motivazione la Corte ha precisato che, in caso di liquidazione o di fallimento, l’obbligato è tenuto a sollecitare il liquidatore o il curatore perché adempia al pagamento nel termine trimestrale decorrente dalla contestazione o della notifica dell’avvenuto accertamento della violazione).
Cassazione penale sez. III 07 luglio 2017 n. 39464
Con l’articolo 3, comma 6, del Dlgs 15 gennaio 2016 n. 8, il legislatore, stabilendo che l’omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali di cui all’ articolo 2, comma 1bis, del Dl 12 settembre 1983 n. 463, convertito dalla legge 11 novembre 1983 n. 638, integra reato ove l’importo sia superiore a quello di 10.000 euro annui, ha configurato tale superamento, strettamente collegato al periodo temporale dell’anno, quale vero e proprio elemento caratterizzante il disvalore di offensività penale, che viene a segnare, tra l’altro, il momento consumativo del reato: conseguentemente, l’illecito penale deve ritenersi perfezionato nel momento e nel mese in cui l’importo non versato, calcolato a decorrere dalla mensilità di gennaio dell’anno considerato, superi l’importo di 10.000 euro. Con la conseguenza che le ulteriori successive omissioni, che seguano nei mesi successivi dello stesso anno, non danno luogo, in caso di secondo superamento della soglia, a un ulteriore reato, ma contribuiscono ad accentuare la lesione inferta al bene giuridico per effetto del già verificatosi superamento dell’importo di legge (nella specie, la Corte, accogliendo il ricorso del procuratore generale, ha annullato la decisione del giudice che aveva assolto l’imputato dal reato contestatogli sulla base dell’erroneo assunto che dovesse considerarsi depenalizzato il reato per il solo fatto che le omissioni mensili fossero sotto soglia pur quando nell’arco dell’anno questa fosse stata superata).
Cassazione penale sez. III 10 aprile 2017 n. 43811
Il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali è a dolo generico, ed è integrato dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti, ravvisabile anche qualora il datore di lavoro, in presenza di una situazione di difficoltà economica, abbia deciso di dare preferenza al pagamento degli emolumenti ai dipendenti ed alla manutenzione dei mezzi destinati allo svolgimento dell’attività di impresa, e di pretermettere il versamento delle ritenute all’erario, essendo suo onere quello di ripartire le risorse esistenti all’atto della corresponsione delle retribuzioni in modo da adempiere al proprio obbligo contributivo, anche se ciò comporta l’impossibilità di pagare i compensi nel loro intero ammontare.
Cassazione penale sez. III 17 gennaio 2017 n. 20855
In materia di omesso versamento di ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, nel caso di versamento soltanto parziale della somma complessivamente dovuta nel termine perentorio di tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione, non opera la causa di non punibilità del soggetto agente prevista dall’art. 2, comma 1-bis, legge n. 638 del 1983 così come modificato dal D.Lgs. n. 211 del 1994.
Cassazione penale sez. III 11 gennaio 2017 n. 22140
In tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali, al fine di accertare il superamento della soglia di punibilità di euro 10.000 annui (introdotta dall’art. 3, comma sesto, del D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 8), l’ammontare delle ritenute omesse deve essere determinato in riferimento al momento in cui le obbligazioni rimaste inadempiute sono sorte, a prescindere dal termine di scadenza previsto per il versamento, che rileva esclusivamente ai fini della individuazione del momento consumativo del reato. (Fattispecie in cui la S.C., in applicazione del principio, ha ritenuto che l’omesso versamento delle ritenute operate sulle retribuzioni corrisposte nel mese di dicembre 2008 dovesse essere considerato nell’annualità 2008 e non in quella 2009).
Cassazione penale sez. III 11 maggio 2016 n. 37232
Alla stregua della nuova formulazione dell’art. 2, comma 1 bis, del d.l. n. 463 del 1983, conv. con modificazioni, in l. n. 638 del 1983, introdotta dall’art. 3, comma 6, d.lg. 15 gennaio 2016 n. 8, il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali deve ritenersi perfezionato (salva la causa di non punibilità costituita dall’eventuale versamento delle somme dovute entro il termine di tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione), all’atto del raggiungimento, nel corso di ciascun anno, della soglia minima fissata in euro 10.000 (tenendosi conto anche delle singole omissioni per cui sia intervenuta prescrizione) senza che l’eventuale, nuovo raggiungimento di tale soglia in conseguenza di ulteriori omissioni che si verifichino nel corso del medesimo anno possa dar luogo ad ulteriori reati, dovendosi in tal caso ravvisare una fattispecie a progressione criminosa in cui le dette ulteriori omissioni si atteggiano a momenti esecutivi di un reato unitario a consumazione prolungata, la cui definitiva cessazione viene a coincidere con la scadenza prevista dalla legge per il versamento dell’ultima mensilità, ovvero, come noto, con il termine del 16 del mese di gennaio dell’anno successivo.
Cassazione penale sez. III 11 maggio 2016 n. 35589
In tema di contributi previdenziali ed assistenziali, il reato previsto dall’art. 2, comma primo bis,D.L. 12 settembre 1983 n. 463, conv. in l. 11 novembre 1983, n. 638, di omesso versamento delle ritenute di importo superiore ai 10.000 euro, operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, ha una struttura unitaria e la condotta può configurarsi anche attraverso una pluralità di omissioni, compiute nel periodo annuale di riferimento, che possono di per sè anche non costituire reato; ne consegue che la consumazione del delitto può essere istantanea o di durata e, in quest’ultimo caso, ad effetto prolungato sino al termine dell’anno in contestazione. (Fattispecie nella quale la S.C. ha escluso la sussistenza del reato in relazione ad omessi versamenti, per un valore complessivo di 21.000 euro, che, però, in ciascuna delle annualità di riferimento, si attestavano ad una soglia inferiore ai 10.000 euro).
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