Omicidio colposo: risponde penalmente l’urologo che non tiene in debito conto le controindicazioni alla somministrazione di antidolorifici senza tenere in debito conto le condizioni del paziente.
Si segnala ai lettori del blog la sentenza di legittimità n. 11674/2019, in materia di responsabilità penale degli esercenti professione sanitarie, in relazione alla condotta di due urologi, i quali, nell’errare colposamente la diagnosi e la conseguente terapia, in violazione altresì delle linee guida e dei protocolli sanitari, cagionavano il decesso di un paziente.
Il caso clinico, l’imputazione e lo svolgimento del processo di merito.
La corte d’appello di Milano confermava la sentenza del tribunale cittadino, con la quale gli imputati erano stati ritenuti penalmente responsabili, a titolo di colpa generica (dovuta a negligenza, imprudenza e imperizia) e specifica (in violazione delle norme che disciplinano l’attività medica) – quali esercenti la professione sanitaria (il primo primario del reparto di urologia e medico curante, il secondo urologo curante di turno) – del decesso di un paziente.
In particolare, ad uno veniva contestato di aver lasciato alla mera discrezionalità degli infermieri la somministrazione di antidolorifici senza protettore gastrico a paziente anziano e da mesi defedato, così non impedendo la formazione di ulcere duodenali e la perforazione di tre ulcere; ad entrambi, di non aver diagnosticato tempestivamente la conseguente peritonite, erroneamente diagnosticando esiti di ascesso al rene destro, pur essendo le cisti renali già state diagnosticate nelle visite precedenti e così cagionato la morte del paziente, per shock settico evoluto in scompenso cardio- circolatorio.
Contro la sentenza di appello interponevano ricorso per cassazione i giudicabili contestava, tra l’altro uno dei due sanitari tratti a giudizio, la ricostruzione, operata dalla Corte distrettuale circa il rapporto di causalità tra l’imputata condotta colposa e l’exitusinfausto, deducendo che il giudice avrebbe applicato una regola fondata su coefficiente probabilistico senza tuttavia operare una verifica di detta regola per il caso concreto.
La decisione della Cassazione e il punto di diritto.
La Corte annulla senza rinvio agli affetti penali per intervenuta prescrizione del reato, tuttavia, per quanto riguarda i profili civili, rigetta i ricorsi degli imputati condannandoli in solido al pagamento delle spese sostenute dalle parti civili costituite.
Di seguito si riporta il passaggio motivazionale di interesse per gli operatori di diritto ed i sanitari:
“L’assunto secondo cui sarebbe ad oggi non chiara la genesi delle perforazioni che hanno determinato lo shock settico a causa del quale la p.o. è deceduta, è destituito di fondamento. Le motivazioni delle sentenze di merito, infatti, partendo dal quadro delle evidenze fattuali raccolte nel processo, hanno ricostruito in maniera del tutto congrua e coerente con le prime il nesso causale tra la terapia antidolorifica erroneamente impostata dall’imputato e la produzione delle ulcere che hanno determinato la letale perforazione delle viscere del paziente. Il giudizio non si è fermato a livello di probabilità di verificazione dell’evento, ma ha attinto dagli elementi fattuali per accertare la validazione dell’ipotesi formulata, in perfetta aderenza ai principi ormai consolidati di questa corte di legittimità [cfr. Sez. U. n. 30328 del 10/07/2002, Franzese, RV. 222138; Sez. U. n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri, Rv. 261103; sez. 4 n. 26491 dell’11/05/2016, Ceglie, Rv. 267734, in cui, proprio in ipotesi di responsabilità dell’esercente professione medica, si è affermato che il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di elevata probabilità logica, che, a sua volta, deve essere fondato, oltre che su un ragionamento deduttivo basato sulle generalizzazioni scientifiche, anche su un giudizio di tipo induttivo circa il ruolo salvifico della condotta omessa, elaborato sull’analisi della caratterizzazione del fatto storico e focalizzato sulle particolarità del caso concreto(in applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione che aveva affermato la sussistenza del nesso causale tra la condotta omissiva dell’anestesista, consistita nel mancato monitoraggio dei tracciati ECG della paziente nel corso di un intervento chirurgico e nel non tempestivo rilevamento delle complicanze cardiache insorte per asistolia, e i gravi danni cerebrali procurati alla stessa in conseguenza del ritardo con cui era stato eseguito il massaggio cardiaco)]. Già nella sentenza di primo grado, invero, i giudici del merito avevano delineato con estrema analiticità, alla luce della prova scientifica raccolta, dei dati documentali e delle indicazioni rinvenibili nelle Linee Guida acquisite al processo, le controindicazioni di una somministrazione del Toradol senza gastroprotezione, avuto riguardo al fattore di co-morbilità accertato, alle modalità di somministrazione del farmaco [dal 19 settembre in poi continuativa, sebbene fosse già presente una sintomatologia (vomito, disappetenza, stitichezza) ricollegabile a patologie gastro intestinali] e alla controindicazione contenuta nella stessa scheda tecnica quanto ai pazienti con insufficienza renale severa [con valori cioè della creatinina superiori a 4.42, tenuto conto di quelli del (omissis) (7.79) al momento del ricovero].
In maniera parimenti analitica, poi, il tribunale ha esaminato il profilo del nesso eziologico tra la terapia somministrata senza gastroprotezione e le ulcere duodenali, offrendo anche in tal caso una ricostruzione del nesso causale sostenuta dalle evidenze disponibili. Ha così elencato le principali cause delle ulcere duodenali (infezione da helicobacter pylori, patologico aumento dell’acido cloridrico e insufficiente produzione di prostaglandina che regola, per l’appunto, la produzione del muco protettivo della mucosa duodenale), ritenendo, alla luce dell’anamnesi (negativa per precedenti episodi ulcerosi), che le due ulcere iuxta piloriche erano state causate proprio dalla impropria somministrazione dell’antidolorifico in questione, appartenente alla categoria dei farmaci FANS (farmaci antinfiammatori non steroidei)”.
*****
Riferimenti normativi
Art. 589 c.p. Omicidio colposo
Chiunque cagiona per colpa la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.
Se il fatto è commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da due a sette anni.
Se il fatto è commesso nell’esercizio abusivo di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un’arte sanitaria, la pena è della reclusione da tre a dieci anni.
[Si applica la pena della reclusione da tre a dieci anni se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale da:
- 1) soggetto in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell’articolo 186, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni;
- 2) soggetto sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope.] (abrogato)
Nel caso di morte di più persone, ovvero di morte di una o più persone e di lesioni di una o più persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni quindici .
*****
Quadro giurisprudenziale di riferimento in tema di rapporto causale nell’ambito della responsabilità colposa per morte o lesioni personali dei professionisti sanitari:
Cassazione penale sez. IV 30 marzo 2016 n. 18780
La responsabilità penale di ogni componente di una équipe medica per un evento lesivo occorso ad un paziente sottoposto ad intervento chirurgico non può essere affermata sulla base dell’accertamento di un errore diagnostico genericamente attribuito all’équipe nel suo complesso, ma va legata alla valutazione delle concrete mansioni di ciascun componente, anche in una prospettiva di verifica dell’operato degli altri nei limiti delle proprie competenze e possibilità.
Cassazione penale sez. IV 10 marzo 2016 n. 15493
In tema di omicidio imputabile a colpa medica, non è censurabile in sede di legittimità la decisione con cui il giudice di merito, nel contrasto tra opposte tesi scientifiche, all’esito di un accurato e completo esame delle diverse posizioni, ne privilegi una, purché dia congrua ragione della scelta e dimostri e essersi soffermato sulle tesi che ha ritenuto di non dover seguire. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione del giudice di merito che, pur ravvisando l’errore del pediatra, che aveva sottovalutato l’urgenza di un intervento sanitario da eseguirsi in ambiente ospedaliero, ha escluso la sussistenza di un nesso causale con il decesso della paziente, la cui rapida ed irreversibile compromissione dei parametri vitali era stata dovuta a plurimi e gravi errori dell’anestesista rianimatore).
Cassazione penale sez. IV 14 febbraio 2013 n. 18573
In tema di omicidio, sussiste il nesso di causalità tra l’omessa adozione da parte del medico specialistico di idonee misure atte a rallentare il decorso della patologia acuta, colposamente non diagnosticata, ed il decesso del paziente, quando risulta accertato, secondo il principio di contrafattualità, condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica, universale o statistica, che la condotta doverosa avrebbe inciso positivamente sulla sopravvivenza del paziente, nel senso che l’evento non si sarebbe verificato ovvero si sarebbe verificato in epoca posteriore o con minore intensità lesiva. (Fattispecie nella quale il sanitario di turno presso il pronto soccorso non aveva disposto gli accertamenti clinici idonei ad individuare una malattia cardiaca in corso e, di conseguenza, non era intervenuto con una efficace terapia farmacologica di contrasto che avrebbe rallentato significativamente il decorso della malattia, così da rendere utilmente possibile il trasporto presso struttura ospedaliera specializzata e l’intervento chirurgico risolutivo).
Cassazione penale sez. V 15 dicembre 2015 n. 9831
Anche nei reati omissivi impropri è necessario raggiungere la certezza processuale in ordine alla sussistenza del nesso di causalità: per far ciò, non si può prescindere dall’individuazione di tutti gli elementi concernenti la “causa materiale” dell’evento.
Cassazione penale sez. IV 06 marzo 2012 n. 17758
In tema di responsabilità a titolo di colpa per condotta omissiva, la sussistenza del nesso di causalità può essere affermata o esclusa, oltre che sulla base di dati empirici o documentali di immediata evidenza, anche con ragionamento di deduzione logica purché fondato su elementi di innegabile spessore, correttamente esaminati secondo le “leges artis”, e può affermarsi quando, considerate tutte le circostanze del caso concreto, possano escludersi processi causali alternativi e si possa sostenere in termini di “certezza processuale”, ossia di alta credibilità razionale o probabilità logica, che sia stata proprio quella condotta omissiva a determinare l’evento lesivo, facendo riferimento sia a dati statistici sia ad altro materiale probatorio. (In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha censurato, ai soli fini civili, la sentenza con cui il giudice di appello, in riforma della sentenza di primo grado, ha ritenuto sussistente il nesso causale con riferimento al giudizio controfattuale basato esclusivamente su dati statistici senza considerare l’interferenza di decorsi causali alternativi).
Cassazione penale sez. IV 21 giugno 2007 n. 39594
Nei reati omissivi impropri, la sussistenza del nesso di causalità non può essere affermata sulla base di una valutazione di probabilità statistica, risultando invece necessaria la formulazione di un giudizio di probabilità logica che consenta di ritenere l’evento specifico riconducibile all’omissione dell’agente al di là di ogni ragionevole dubbio. (Fattispecie in tema di colpa professionale medica in cui la Corte ha ritenuto corretta la valutazione compiuta dal giudice d’appello in merito all’insussistenza della prova certa del collegamento causale tra le omissioni diagnostiche e terapeutiche attribuite al sanitario e il decesso di un paziente, la cui situazione immunitaria assolutamente insufficiente lasciava legittimamente dubitare delle possibilità salvifiche degli accertamenti clinici non tempestivamente effettuati).
Cassazione penale sez. un. 10 luglio 2002 n. 30328
Il nesso causale può essere ravvisato quando, alla stregua del giudizio controfattuale condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica – universale o statistica -, si accerti che, ipotizzandosi come realizzata dal medico la condotta doverosa impeditiva dell’evento “hic et nunc”, questo non si sarebbe verificato, ovvero si sarebbe verificato ma in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva. La conferma dell’ipotesi accusatoria sull’esistenza del nesso causale non può essere dedotta automaticamente dal coefficiente di probabilità espresso dalla legge statistica, poiché il giudice deve verificarne la validità nel caso concreto, sulla base delle circostanze del fatto e dell’evidenza disponibile, così che, all’esito del ragionamento probatorio che abbia altresì escluso l’interferenza di fattori alternativi, risulti giustificata e processualmente certa la conclusione che la condotta omissiva del medico è stata condizione necessaria dell’evento lesivo con “alto o elevato grado di credibilità razionale” o “probabilità logica”. L’insufficienza, la contraddittorietà e l’incertezza del riscontro probatorio sulla ricostruzione del nesso causale, quindi il ragionevole dubbio, in base all’evidenza disponibile, sulla reale efficacia condizionante della condotta omissiva del medico rispetto ad altri fattori interagenti nella produzione dell’evento lesivo, comportano la neutralizzazione dell’ipotesi prospettata dall’accusa e l’esito assolutorio del giudizio.
©RIPRODUZIONE RISERVATA