Risponde di diffamazione ex art. 57 cod. pen. il direttore del giornale online che omette di censurare i contenuti offensivi pubblicati dalla testata.

Si segnala ai lettori del blog l’interessante sentenza di legittimità n.1275/2019 in materia di diffamazione commessa mediante utilizzo del web.

Nel caso di specie la Corte di legittimità veniva investita, tra le altre, della questione giuridica relativa all’applicabilità dell’art.57 cod. pen. nei confronti del direttore responsabile di testata giornalistica telematica e, quindi sulla assimilabilità della stampa online a quella tradizionale ai fini dell’applicazione della legge n.47/1948.

L’imputazione e lo svolgimento del processo.

La Corte di Appello di Roma, in riforma della sentenza di condanna emessa dal Tribunale locale nei confronti di due imputati tratti a giudizio, rispettivamente, il primo, quale direttore responsabile di una testata telematica per i reati di cui agli artt. 57 cod. pen., 595, comma 3, cod. pen. e art. 13 l.47/48, e la seconda, quale giornalista che aveva redatto l’articolo, ex. artt. 595, comma 3, cod. pen., 13 medesima legge, ha dichiarato non doversi procedere a carico dei medesimi per estinzione dei detti reati per intervenuta prescrizione, confermando, tuttavia, la sentenza di condanna agli effetti civili resa in favore della costituita parte civile

Contro la predetta sentenza ricorrono hanno interposto ricorso per cassazione i difensori degli imputati articolando plurimi motivi di impugnazione tra i quali, per quanto interessa nella presente sede, veniva denunciata il vizio di legge relativo all’applicabilità dell’art. 57 cod. pen. al direttore di testate telematiche.

La decisione della Cassazione e il punto di diritto.

La Suprema Corte ha rigettato i ricorsi ritenendoli destituiti di fondamento

Di seguito si riporta il passaggio motivazionale di maggiore interesse per il principio di diritto

È stato affermato da questa stessa Sezione (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 16751 del 19/02/2018 Ud. (dep. 16/04/2018 ) Rv. 272685) che, in tema di diffamazione, l’amministratore di un sito internet non è responsabile ai sensi dell’art. 57 cod. pen., in quanto tale norma è applicabile alle sole testate giornalistiche telematiche e non anche ai diversi mezzi informatici di manifestazione del pensiero (forum, blog, newsletter, newsgroup, mailing list, facebook) .

Sul punto, anche la giurisprudenza di vertice di questa Corte (v. Sez. U, Sentenza n. 31022 del 29/01/2015 Cc. (dep. 17/07/2015) Rv. 264090) ha affermato sebbene in materia di sequestro – il principio secondo il quale la testata giornalistica telematica è funzionalmente assimilabile a quella tradizionale in formato cartaceo e rientra, dunque, nella nozione di “stampa” di cui all’art. 1 della legge 8 febbraio 1948, n. 47.

Invero, l’interpretazione evolutiva e costituzionalmente orientata del termine “stampa” non può riguardare tutti in blocco i nuovi mezzi, informatici e telematici, di manifestazione del pensiero (forum, blog, newsletter, newsgroup, mailing list, pagine Facebook), a prescindere dalle caratteristiche specifiche di ciascuno di essi, ma deve essere invece riconosciuta a quei casi che, per i profili strutturale e finalistico che li connotano, sono riconducibili nel concetto di “stampa” inteso in senso più ampio.

Non dimentica questo Collegio come la giurisprudenza precedente a quella da ultimo citata avesse espresso un principio contrario a quello che si intende qui riaffermare (cfr.Sez. 5, Sentenza n. 35511 del 16/07/2010 Ud. (dep. 01/10/2010 ) Rv. 248507 Sez. 5, Sentenza n. 35511 del 16/07/2010 Ud. (dep. 01/10/2010) Rv. 248507), tuttavia deve essere precisato che, se si accogliesse la teoria qui avversata, si verrebbe a determinare un’evidente situazione di tensione con il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost.

Si legittimerebbe, cioè, un irragionevole trattamento differenziato dell’informazione giornalistica veicolata su carta rispetto a quella diffusa in rete. Seguendo i principi affermati dalla giurisprudenza di vertice sopra ricordata, va ricordato che un quotidiano o un periodico telematico è strutturato come un vero e proprio giornale tradizionale, con una sua organizzazione redazionale e un direttore responsabile (spesso coincidenti con quelli della pubblicazione cartacea), non potendo, per converso, paragonarsi ai siti web innanzi citati, in cui chiunque può inserire dei contenuti, ed assumendo, invece, una sua peculiare connotazione, funzionalmente coincidente con quella del giornale tradizionale. Ne consegue che appare incongruente, sul piano della ragionevolezza, ritenere che non soggiaccia alla stessa disciplina prevista per quest’ultimo. In realtà, l’art. 1 della legge n. 47 del 1948 si limita a definire esplicitamente il concetto di stampa nella sua accezione tecnica di riproduzione tipografica o comunque ottenuta con mezzi meccanici o fisicochimici.

Tuttavia, il termine “stampa” ha anche un significato figurato e, in tal senso, indica i giornali in ogni loro forma divulgativa e che sono strumento elettivo dell’informazione e lo erano soprattutto all’epoca in cui entrarono in vigore la Carta Fondamentale e la richiamata legge n. 47 del 1948, quando cioè gli altri mass media, in particolare la televisione e i siti di informazione on line, non erano operativi (così, Sez. U, 31022/2015, ut cit. supra). Questo concetto di stampa in senso figurato definisce il prodotto editoriale che presenta i requisiti ontologico (struttura) e teleologico (scopi della pubblicazione) propri di un giornale. La struttura di questo è costituita dalla “testata”, che è l’elemento che lo identifica, e dalla periodicità regolare delle pubblicazioni (quotidiano, settimanale, mensile); la finalità si concretizza nella raccolta, nel commento e nell’analisi critica di notizie legate all’attualità (cronaca, economia, costume, politica) e dirette al pubblico, perché ne abbia conoscenza e ne assuma consapevolezza nella libera formazione della propria opinione. In realtà, il concetto di stampa così rilevato, anche se non esplicitato, non è estraneo alla legge n. 47 del 1948, che, all’arti, al di là della definizione in senso tecnico, evoca il requisito della destinazione alla pubblicazione (e dunque alla diffusione dell’informazione) e, agli artt. 2 e s., detta la disciplina per i giornali e i periodici di ogni altro genere, con riferimento alle indicazioni obbligatorie che in essi devono comparire, ai requisiti richiesti per rivestire il ruolo di direttore responsabile, all’obbligo di registrazione, all’obbligo di rettifica (così, Sez. U, 31022/2015, ut cit. supra). Risulta, dunque, evidente che l’area riduttiva del significato attribuito al termine “stampa” dall’art. 1 della legge n. 47 del 1948 è strettamente legata alle tecnologie dell’epoca, e ciò non impedisce di accreditare oggi – e tenuto conto dei notevoli progressi verificatisi nel settore – una interpretazione estensiva del detto termine, la quale non esorbiti dal campo di significanza del segno linguistico utilizzato e che sia coerente con il dettato costituzionale. Come autorevolmente affermato dalla giurisprudenza di vertice sopra menzionata . “In realtà, lo scopo informativo è il vero elemento caratterizzante l’attività giornalistica e un giornale può ritenersi tale se ha i requisiti, strutturale e finalistico, di cui si è detto sopra, anche se la tecnica di diffusione al pubblico sia diversa dalla riproduzione tipografica o ottenuta con mezzi meccanici o fisico-chimici. Ma anche a prescindere da tali considerazioni, è il caso di aggiungere che non è certamente dirimente la tesi, secondo cui il giornale telematico non rispecchierebbe le due condizioni ritenute essenziali ai fini della sussistenza del prodotto stampa come definito dalla legge n. 47 del 1948, vale a dire un’attività di riproduzione e la destinazione alla pubblicazione. L’informazione professionale, pertanto, può essere espressa non solo attraverso lo scritto (giornale cartaceo), ma anche attraverso la parola unita eventualmente all’immagine (telegiornale, giornale radio) o altro mezzo di diffusione, qual è internet (giornale telematico); e tutte queste forme espressive, ove dotate dei requisiti richiesti, non possono essere sottratte alle garanzie e alle responsabilità previste dalla normativa sulla stampa”. Deve dunque precisarsi che tale conclusione è il frutto di una mera deduzione interpretativa di carattere evolutivo, non analogica, la quale fa leva – nel cogliere fino in fondo, in sintonia con l’evoluzione socio-culturale e tecnologica, il senso autentico dell’art. 1 della legge n. 47 del 1948 – sull’applicazione di un criterio storico-sistematico in coerenza con il dettato costituzionale di cui all’art. 21 Cost. Deve, pertanto, ritenersi superato il concetto di stampa di “gutenberghiana” memoria, per approdare ad un concetto in linea con la evoluzione, anche tecnologica, degli attuali mezzi di informazione telematica”.

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Riferimenti normativi

Art. 57 c.p. Reati commessi col mezzo della stampa periodica

Salva la responsabilità dell’autore della pubblicazione e fuori dei casi di concorso, il direttore o il vice-direttore responsabile, il quale omette di esercitare sul contenuto del periodico da lui diretto il controllo necessario ad impedire che col mezzo della pubblicazione siano commessi reati, è punito, a titolo di colpa, se un reato è commesso, con la pena stabilita per tale reato, diminuita in misura non eccedente un terzo.

Art. 595 c.p. Diffamazione

Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a milletrentadue euro.

Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a duemilasessantacinque euro.

Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico , la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a cinquecentosedici euro.

Se l’offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza, o ad una Autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate.

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Giurisprudenza citata in sentenza:

Cassazione penale, sez. V , 19/02/2018 , n. 16751

In tema di diffamazione, l’amministratore di un sito internet non è responsabile ai sensi dell’ art. 57 c.p. , in quanto tale norma è applicabile alle sole testate giornalistiche telematiche e non anche ai diversi mezzi informatici di manifestazione del pensiero (forum, blog, newsletter, newsgroup, mailing list, facebook). (In motivazione, la Corte ha precisato che il mero ruolo di amministratore di un forum di discussione non determina il concorso nel reato conseguente ai messaggi ad altri materialmente riferibili, in assenza di elementi che denotino la compartecipazione dell’amministrazione all’attività diffamatoria).

Cassazione penale, sez. un. , 29/01/2015 , n. 31022

Il giornale on line, al pari di quello cartaceo, non può essere oggetto di sequestro preventivo, eccettuati i casi tassativamente previsti dalla legge, tra i quali non è compreso il reato di diffamazione a mezzo stampa

Cassazione penale, sez. V , 16/07/2010 , n. 35511

Il direttore di un giornale “on line” non può rispondere, ex art. 57 c.p., di omesso controllo sui contenuti pubblicati. Ed infatti, accanto all’argomento di tipo sistematico (non assimilabilità normativamente determinata del giornale telematico a quello stampato e inapplicabilità nel settore penale del procedimento analogico “in malam partem”), deve essere considerata anche la problematica esigibilità dell’ipotetica condotta di controllo del direttore (con quel che potrebbe significare sul piano dell’effettiva individuazione di profili di colpa).

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Quadro giurisprudenziale di riferimento in tema di diffamazione commessa via web:

Cassazione penale, sez. V, 12/07/2018, n. 42630

Se il social network non collabora nell’identificazione dell’autore del reato, le indagini devono essere approfondite per individuare chi ha scritto il post. Ad affermarlo è la Cassazione che ha imposto ai giudici di merito di motivare adeguatamente le ragioni dell’archiviazione a carico del presunto autore della diffamazione on line. Il caso riguardava alcuni post offensivi pubblicati su Facebook da un utente la cui identità era rimasta incerta, a seguito del rifiuto dei gestori di Facebook di fornire l’indirizzo IP dell’autore del messaggio. Il decreto di archiviazione disposto dal Gip veniva però impugnato in Cassazione dalla persona offesa che lamentava l’assoluta mancanza di indagini suppletive e di analisi degli ulteriori indizi forniti dalla persona offesa. Da qui la pronuncia della Suprema corte che ha imposto ai giudici di merito di andare oltre la mancata collaborazione dei social network e di approfondire tutti gli elementi utili alle indagini.

Cassazione penale, sez. V , 03/05/2018 , n. 40083

La diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l’uso di una bacheca “facebook” integra un’ipotesi di diffamazione aggravata ai sensi dell’ art. 595, comma terzo, cod. pen. , poiché trattasi di condotta potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato o comunque quantitativamente apprezzabile di persone.

Cassazione penale0, sez. V , 19/02/2018 , n. 16751

In tema di diffamazione, l’amministratore di un sito internet non è responsabile ai sensi dell’ art. 57 c.p. , in quanto tale norma è applicabile alle sole testate giornalistiche telematiche e non anche ai diversi mezzi informatici di manifestazione del pensiero (forum, blog, newsletter, newsgroup, mailing list, facebook). (In motivazione, la Corte ha precisato che il mero ruolo di amministratore di un forum di discussione non determina il concorso nel reato conseguente ai messaggi ad altri materialmente riferibili, in assenza di elementi che denotino la compartecipazione dell’amministrazione all’attività diffamatoria).

Cassazione penale, sez. V, 04/12/2017, n. 5175.

La legge n. 48 del 2008 (Ratifica della convenzione di Budapest sulla criminalità informatica) non introduce alcun requisito di prova legale, limitandosi a richiedere l’adozione di misure tecniche e di procedure idonee a garantire la conservazione dei dati informatici originali e la conformità ed immodificabilità delle copie estratte per evitare il rischio di alterazioni, senza tuttavia imporre procedure tipizzate. Ne consegue che il giudice potrà valutarle secondo il proprio libero convincimento (fattispecie relativa alla pubblicazione di un post ingiurioso su Facebook).

Cassazione penale, sez. V, 19/10/2017, n. 101.

Si configura il reato di diffamazione a mezzo di strumenti telematici se i commenti diffamatori, pubblicati tramite post sul social network Facebook, possono, pur in assenza dell’indicazione di nomi, riferirsi oggettivamente ad una specifica persona, anche se tali commenti siano di fatto indirizzati verso i suoi familiari. 

Cassazione penale, sez. V, 29/05/2017, n. 39763.

In tema di diffamazione, l’individuazione del destinatario dell’offesa deve essere deducibile, in termini di affidabile certezza, dalla stessa prospettazione dell’offesa, sulla base di un criterio oggettivo, non essendo consentito il ricorso ad intuizioni o soggettive congetture di soggetti che ritengano di potere essere destinatari dell’offesa (esclusa, nella specie, la configurabilità del reato per la condotta dell’imputato, che, in un post su Facebook, aveva espresso il suo sdegno per le modalità con cui erano state celebrate le esequie di un suo caro parente).

Cassazione penale, sez. V, 23/01/2017, n. 8482.

La pubblicazione di un messaggio diffamatorio sulla bacheca Facebook con l’attribuzione di un fatto determinato configura il reato di cui all’art. 595, commi 2 e 3,c.p. ed è inclusa nella tipologia di qualsiasi altro mezzo di pubblicità e non nella diversa ipotesi del mezzo della stampa giustapposta dal Legislatore nel medesimo comma. Deve, infatti, tenersi distinta l’area dell’informazione di tipo professionale, diffusa per il tramite di una testata giornalistica online, dall’ambito – più vasto ed eterogeneo – della diffusione di notizie ed informazioni da parte di singoli soggetti in modo spontaneo. In caso di diffamazione mediante l’utilizzo di un social network, non è dunque applicabile la disciplina prevista dalla l. n. 47 del 1948, ed in particolare, l’aggravante ad effetto speciale di cui all’art. 13.

Cassazione penale, sez. I, 02/12/2016, n. 50.

È del tribunale penale la competenza a giudicare la condotta consistente nella diffusione di messaggi minatori e offensivi attraverso il social network Facebook, configurando i reati di minacce e diffamazione aggravata ex art. 595, comma 3 c.p.

Cassazione penale, sez. I, 02/12/2016, n. 50.

La diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l’uso di una bacheca “facebook” integra un’ipotesi di diffamazione aggravata ai sensi dell’art. 595 terzo comma c.p., poiché trattasi di condotta potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato o comunque quantitativamente apprezzabile di persone; l’aggravante dell’uso di un mezzo di pubblicità, nel reato di diffamazione, trova, infatti, la sua ratio nell’idoneità del mezzo utilizzato a coinvolgere e raggiungere una vasta platea di soggetti, ampliando – e aggravando – in tal modo la capacità diffusiva del messaggio lesivo della reputazione della persona offesa, come si verifica ordinariamente attraverso le bacheche dei social network, destinate per comune esperienza ad essere consultate da un numero potenzialmente indeterminato di persone, secondo la logica e la funzione propria dello strumento di comunicazione e condivisione telematica, che è quella di incentivare la frequentazione della bacheca da parte degli utenti, allargandone il numero a uno spettro di persone sempre più esteso, attratte dal relativo effetto socializzante.

Cassazione penale, sez. V, 14/11/2016, n. 4873.

Ove taluno abbia pubblicato sul proprio profilo Facebook un testo con cui offendeva la reputazione di una persona, attribuendole un fatto determinato, sono applicabili le circostanze aggravanti dell’attribuzione di un fatto determinato e dell’offesa recata con un qualsiasi mezzo di pubblicità, ma non quella operante nell’ipotesi di diffamazione commessa col mezzo della stampa, consistente nell’attribuzione di un fatto determinato.

Cassazione penale, sez. V, 07/10/2016, n. 2723.

La divulgazione di un messaggio di contenuto offensivo tramite social network ha indubbiamente la capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone, proprio per la natura intrinseca dello strumento utilizzato, ed è dunque idonea ad integrare il reato della diffamazione aggravata (fattispecie relativa all’inserimento di un messaggio offensivo sul profilo Facebook della persona offesa).

Cassazione penale, sez. V, 13/07/2015, n. 8328.

La condotta di postare un commento sulla bacheca Facebook realizza la pubblicizzazione e la diffusione di esso, per la idoneità del mezzo utilizzato a determinare la circolazione del commento tra un gruppo di persone, comunque, apprezzabile per composizione numerica, sicché, se tale commento ha carattere offensivo, la relativa condotta rientra nella tipizzazione codicistica descritta dall’art. 595 c.p.

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