Solo il collegamento strumentale tra reato fallimentare e cosa sequestrata rende legittimo il provvedimento ablatorio disposto in danno della società “di comodo”.
Si segnala ai lettori del blog la sentenza di legittimità n.13189/2019, depositata il 26.03.2019, che affronta il tema delle misure cautelari reali nei reati di bancarotta fraudolenta con particolare riferimento alla prova indiziaria sul rapporto di strumentalità che deve intercorrere tra i fatti oggetto di incolpazione penale ed il patrimonio della società di comodo oggetto del provvedimento ablatorio.
L’imputazione e lo svolgimento del processo.
Il ricorrente, nella qualità di amministratore e socio di una società di capitali, impugnava l’ordinanza del Tribunale di Catanzaro che confermava il sequestro preventivo delle quote sociali e dell’intera azienda emesso dal Gip del Tribunale di Lamezia Terme, con riferimento al delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione, commesso, secondo l’imputazione penale, dall’indagato in concorso con i familiari, mediante cessione di beni strumentali di una s.a.s. fallita in favore di una società a responsabilità limitata. (entrambe amministrate a vario titolo da componenti dalla medesima famiglia), ricevendo quale prezzo della cessione un corrispettivo irrisorio.
In particolare, il Collegio cautelare ha ritenuto irrilevante che fosse stata documentalmente accertata una sola operazione di cessione dei beni in favore di detta s.r.l. per un valore di euro 109.000,00, ritenendo il compendio indiziario sufficiente a dimostrare la avvenuta distrazione dei beni già facenti parte del patrimonio della società di persone decotta, ivi comprese le rimanenze in magazzino, rendendo così sussistente il fumus commissi delicti richiesto dalla legge per l’imposizione della misura cautelare reale.
Veniva quindi interposto ricorso per cassazione denunciando, tra l’altro, l’illegittimità del sequestro disposto in relazione all’intera società in ragione del principio di diritto secondo cui la “società di comodo” non può in sé e per sé costituire oggetto di sequestro preventivo, non sussistendo alcuna presunzione di esistenza di un nesso strumentale essenziale, sussistendo, agli atti del procedimento, una sola cessione di beni documentata e giustificata negozialmente.
La decisione della Cassazione e il punto di diritto.
La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale calabro, per le ragioni contenute in motivazione di seguito di seguito riportate per quanto di interesse per il presente commento:
“È ben vero che da parte di questo giudice di vertice si è affermato che:
(…) << E’ legittimo il sequestro di un’intera azienda allorchè vi siano indizi che anche taluno soltanto dei beni aziendali sia, proprio per la sua collocazione strumentale, in qualche modo utilizzato per la consumazione del reato, a nulla rilevando che l’azienda in questione svolga anche normali attività imprenditoriali (Sez. 6, n. 27340 del 16/04/2008, Cascino, Rv. 240574; sez. 6, n. 29797 del 20/06/2001, Leonasi, Rv. 219855); si è, però, anche precisato che: << E’ legittimo il sequestro delle quote di una società appartenenti a persona estranea al reato, qualora sussista un nesso di strumentalità tra detti beni e il reato contestato>> (Sez. 2, n. 31914 del 09/07/2015, Cosentino e altri, Rv. 264473), posto che: <<La società “di comodo” e la titolarità delle due quote in quanto costituiscano lo strumento attraverso il quale il fallito continui a svolgere la propria attività imprenditoriale, non possono in sé e per sé costituire oggetto di sequestro preventivo atteso che nulla vieta che il fallito prosegua fuori del fallimento una precedente attività o che ne intraprenda una nuova, fatte salve, ovviamente, le ragioni dei creditori concorsuali>>, con la conseguenza che:<>> (Sez. 5, n. 3563 del 26/06/2015, Garzia, Rv. 266047).
(…) Nesso che non è dato ricavare da quanto evidenziato nel provvedimento impugnato, che sul punto rende una motivazione apparente, perché del tutto apodittica e congetturale (…) .
E’ evidente, allora, l’incedere meramente assertivo del discorso giustificativo del provvedimento impugnato che ha valorizzato un dato – quello delle cessioni non ‘tracciate’ delle rimanenze in magazzino della (omissis) Sas – del tutto inconferente rispetto al fine della motivazione – la dimostrazioni che anche le rimanenze di magazzino erano state trasferite in assenza di corrispettivo alla (omissis) Srl. – posto che le dette operazioni avrebbero potuto essere interpretate esclusivamente in chiave di vendite in nero nei confronti di ignoti acquirenti (…).
La società o le quote sociali, infatti, non presentano in sé pericolosità “intrinseca”, conseguendone che, in base a tale solo fatto, né essenziale e nemmeno, a ben vedere, meramente occasionale, non è sufficiente a giustificare il sequestro preventivo. Da ciò deriva che il sequestro preventivo potrà avere ad oggetto i singoli mezzi strumentali della società di comodo, qualora se ne paventi, in relazione all’addebito di bancarotta fraudolenta pre o post-fallimentare, l’avvenuto trapasso dal patrimonio del fallito( Sez. 5, n. 5929 del 06/11/1998 – dep. 16/02/1999, P.M. in proc. Lettieri, Rv. 213071)”.
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Riferimenti normativi
Art. 216 R.D. n. 267/1942. Bancarotta fraudolenta.
È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che:
1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;
2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.
La stessa pena si applica all’imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.
È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.
Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.
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Quadro giurisprudenziale di riferimento in tema di bancarotta fraudolenta c.d. patrimoniale:
Cassazione penale, sez. V, 01/02/2019, n. 8431
Il prelievo di somme a titolo di restituzione di versamenti operati dai soci in conto capitale (o indicati con analoga altra dizione) integra la fattispecie della bancarotta fraudolenta per distrazione, non dando luogo tali versamenti ad un credito esigibile nel corso della vita della società; al contrario, il prelievo di somme quale restituzione di versamenti operati dai soci a titolo di mutuo integra la fattispecie della bancarotta preferenziale.
Cassazione penale, sez. V, 23/10/2018, n. 57125
In tema di misure di prevenzione patrimoniali, la nozione di “traffici delittuosi”, di cui all’art. 1 lett. a), d.lgs. 06 settembre 2011, n. 159 , ricomprende non solo attività delittuose riferite alle ipotesi di commercio illecito di determinati beni materiali (ad esempio armi, stupefacenti, banconote contraffatte ecc.), ma anche condotte “latu sensu” negoziali dalle quali sia derivato un provento illecito, o ancora condotte che non sono delittuose in relazione all’oggetto della negoziazione ma lo diventano per l’intrinseca illiceità della causa negoziale che ha determinato la condotta stessa. (Nel caso di specie la Corte ha ritenuto corretto il giudizio di pericolosità del ricorrente espresso dai giudici di merito, in relazione ad una serie di operazioni contabili e negoziali fraudolente commesse all’interno delle società riconducibili all’imputato, finalizzate alla consumazione di reati di appropriazione indebita e bancarotta fraudolenta).
Cassazione penale, sez. V, 26/09/2018, n. 54490
In tema di bancarotta fraudolenta, mentre con riguardo a quella documentale per sottrazione o per omessa tenuta in frode ai creditori delle scritture contabili, ben può ritenersi la responsabilità del soggetto investito solo formalmente dell’amministrazione dell’impresa fallita (cosiddetto “testa di legno”), atteso il diretto e personale obbligo dell’amministratore di diritto di tenere e conservare le suddette scritture, non altrettanto può dirsi con riguardo all’ipotesi della distrazione, relativamente alla quale non può, nei confronti dell’amministratore apparente, trovare automatica applicazione il principio secondo il quale, una volta accertata la presenza di determinati beni nella disponibilità dell’imprenditore fallito, il loro mancato reperimento, in assenza di adeguata giustificazione della destinazione ad essi data, legittima la presunzione della dolosa sottrazione, dal momento che la pur consapevole accettazione del ruolo di amministratore apparente non necessariamente implica la consapevolezza di disegni criminosi nutriti dall’amministratore di fatto.
Cassazione penale, sez. V, 10/07/2018, n. 42591
Ai fini della configurabilità, in capo al socio illimitatamente responsabile di una società in nome collettivo dichiarata fallita, del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione dei beni del suo patrimonio personale è necessario che il fallimento sia stato esteso nei suoi confronti ai sensi dell’ art. 147 legge fall ..
Cassazione penale, sez. V, 05/07/2018 , n. 49499
Un comportamento postumo del terzo extraneus non è idoneo a configurare la fattispecie del concorso nel delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale commesso dall’ intraneus , dovendo la condotta del terzo essere anteriore o comunque concomitante a quella distrattiva dell’imprenditore fallito (o dell’amministratore della società fallita).
Cassazione penale, sez. V, 19/06/2018 , n. 42568
In tema di reati fallimentari, le rettifiche contabili attuate ai sensi della legge 27 dicembre 2002, n. 289 in materia di condono, anche se effettuate per manipolare le scritture contabili, rendere più difficile l’attività ricostruttiva degli organi fallimentari e nascondere le attività distrattive poste in essere, non possono integrare di per sé una condotta di bancarotta per distrazione, se ad esse non segue un effettivo depauperamento delle garanzie patrimoniali per i creditori.
Cassazione penale, sez. V, 15/06/2018 , n. 49489
Integra gli elementi costitutivi della bancarotta fraudolenta per distrazione la stipula, in epoca precedente la dichiarazione di fallimento, di un contratto di locazione di beni aziendali dell’impresa fallita senza che i relativi canoni siano versati nelle casse aziendali.
Cassazione penale, sez. V, 05/06/2018 , n. 30105
Integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione la condotta dell’amministratore che prelevi dalle casse sociali somme a lui spettanti come retribuzione, se tali compensi sono solo genericamente indicati nello statuto e non vi sia stata determinazione di essi con delibera assembleare, perchè, in tal caso, il credito è da considerarsi illiquido, in quanto, sebbene certo nell'”an”, non è determinato anche nel “quantum”. (In motivazione, la Corte ha chiarito che non è giustificabile alcuna autoliquidazione dei compensi dell’amministratore).
Cassazione penale, sez. V, 30/05/2018 , n. 53399
Il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è escluso dal fatto che i beni distratti siano pervenuti alla società, poi dichiarata fallita, con sistemi illeciti (nella specie mediante truffe), atteso che il patrimonio di una società deve ritenersi costituito anche dal prodotto di attività illecite realizzate dagli amministratori in nome e per conto della medesima, ed altresì che i beni provenienti da reato, fino a quando non siano individuati e separati dagli altri facenti parte di un determinato patrimonio, non possono considerarsi ad esso estranei.
Cassazione penale, sez. V, 14/05/2018 , n. 34464
Integra il reato di bancarotta fraudolentapatrimoniale la cessione di un ramo di azienda senza corrispettivo o con corrispettivo inferiore al valore reale; nè assume rilievo, al riguardo, il dettato dell’ art. 2560, comma 2, cod. civ. in ordine alla responsabilità dell’acquirente rispetto ai pregressi debiti dell’azienda, costituendo tale garanzia un “post factum” della già consumata distrazione.
Cassazione penale, sez. V, 13/09/2017, n. 44901
Integra il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, e non già il reato di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice (di cui all’art. 388, comma terzo, cod. pen.), la condotta di occultamento di un bene sottoposto a sequestro giudiziario da parte di soggetto fallito.
Cassazione penale, sez. V, 19/07/2017, n. 49507
In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, la condotta di occultamento, distrazione o sottrazione di beni del patrimonio sociale non può essere costituita da un mero dato contabile, contenuto in una rettifica del valore del bene iscritto in bilancio, in assenza di prova del dato fisico della mancanza dei beni.
Cassazione penale, sez. V, 23/06/2017, n. 38396
La fattispecie della bancarotta fraudolenta patrimoniale è reato di pericolo concreto, sicché, per il suo perfezionamento, è esclusa la necessità di un nesso causale tra i fatti di bancarotta ed il successivo fallimento, laddove i fatti di bancarotta possono assumere rilievo in qualsiasi momento siano stati commessi e, quindi, anche se la condotta si è realizzata quando l’impresa ancora non versava in condizioni di insolvenza. In quanto reato di pericolo concreto è comunque necessario che il fatto di bancarotta abbia determinato un effettivo depauperamento dell’impresa e un effettivo pericolo per la integrità del patrimonio dell’impresa, da valutare nella prospettiva dell’esito concorsuale e dell’idoneità del fatto distrattivo ad incidere sulla garanzia dei creditori.
Cassazione penale, sez. V, 30/05/2017, n. 34836
La condotta di omesso versamento di contributi previdenziali, non incidendo direttamente sulla consistenza patrimoniale dell’impresa, non configura il reato di bancarotta fraudolenta per dissipazione, che si realizza in presenza di operazioni incoerenti con le esigenze dell’impresa, tali da ridurne il patrimonio.
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