Dalla falsa dichiarazione resa all’Amministrazione tributaria nell’ambito della procedura di Collaborazione Volontaria può derivare il delitto di autoriciclaggio solo se il reato di falso è idoneo a generare profitto.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza di legittimità n. 14101/2019 (depositata il 01.04.2019) resa dalla II Sezione penale della Corte di Cassazione in materia di diritto penale-tributario in relazione ad una fattispecie di false dichiarazioni rese all’Amministrazione finanziaria nell’ambito di una procedura di Voluntary Disclosure.

L’incolpazione penale e lo svolgimento del processo.

Il Tribunale del Riesame di Brescia confermava l’ordinanza custodiale personale con la quale il giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Bergamo aveva applicato all’indagato la misura degli arresti domiciliari in relazione ai reati di cui agli artt. 5 septies D.L. 167/1990  e 648 ter 1 cod. pen., poiché, nell’ambito della procedura di collaborazione volontaria, il soggetto raggiunto da indizi di reità forniva dati e notizie non rispondenti al vero nella relazione di accompagnamento alla domanda di adesione alla procedura, nello specifico, rendendo dichiarazioni false circa la titolarità di opere d’arte detenute all’estero presso varie società a diverso titolo ricollegabili al medesimo.

Il Collegio cautelare riteneva, altresì, che successivamente alle operazioni di Voluntary Disclosure, il prevenuto attinto dalla misura cautelare trasferiva parte della suddetta collezione di opere mediante una serie di complesse operazioni finanziarie a soggetto terzo estraneo al reato, di modo tale da monetizzare i suddetti beni rendendone più agevole l’occultamento o la dispersione, nell’ipotesi di esito negativo della procedura di V.D., frustrando di conseguenza le pretese erariali.

Contro l’ordinanza di rigetto della richiesta di riesame, proponeva ricorso per cassazione la difesa indagato deducendo plurimi motivi di ricorso.

La decisione della Cassazione e il punto di diritto

La Suprema Corte ha ritenuto fondata la censura relativa alla violazione dell’art. 648 ter c.p., annullando senza rinvio l’ordinanza impugnata e quella genetica della musira cautelare personale limitatamente alla relativa incolpazione provvisoria, disponendo annullamento con rinvio per il residuo capo per nuovo esame.

Di seguito si riportano i più interessanti passaggi motivazionali della sentenza in commento, opportunamente capitolati per singole questioni di diritto.

  1. La Collaborazione Volontaria

La Collaborazione volontaria (cd. Voluntary Disclosure), introdotta con la legge n. 186/2014, è una procedura con cui il contribuente, autodenunciandosi, dichiara al fisco “attività finanziarie e patrimoniali costituite o detenute fuori dal territorio dello Stato” non indicate nella dichiarazione [art. 5 quater/1 lett. a): cd nero transfrontaliero], ovvero redditi occultati in Italia (art. 1/2-3-4 Legge cit.: cd. nero domestico). 

(…) La procedura di Collaborazione volontaria, quindi, ha, come effetto principale, quello di fare emergere “il nero”, su cui il contribuente, deve pagare le imposte e gli interessi che avrebbe dovuto pagare oltre le sanzioni in misura ridotta.

E’ ovvio, poi, che di quei beni occultati – che facevano parte del patrimonio del contribuente – una volta che siano stati dichiarati, il contribuente/proprietario ne possa liberamente disporre (come lo poteva anche prima) in quanto la procedura di Collaborazione Volontaria non produce alcun effetto di “cristallizzazione” o “incommerciabilità” dei medesimi: l’unico effetto previsto dalla legge – lo si ripete – è che il contribuente deve pagare le imposte evase, gli interessi e, in misura ridotta, le sanzioni in cui sarebbe incorso ove l’Amministrazione Finanziaria avesse effettuato nei suoi confronti un autonomo accertamento. La collaborazione volontaria, tuttavia, a norma dell’art. 5 quater/2 «non è ammessa se la richiesta è presentata dopo che l’autore della violazione degli obblighi di dichiarazione di cui all’articolo 4, comma 1, abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali, per violazione di norme tributarie, relativi all’ambito’ oggettivo di applicazione della procedura di collaborazione volontaria indicato al comma 1 del presente articolo. La preclusione opera anche nelle ipotesi in cui la formale conoscenza delle circostanze di cui al primo periodo è stata acquisita da soggetti solidalmente obbligati in via tributaria o da soggetti concorrenti nel reato»”.

  1. Il delitto di Autoriciclaggio

Il reato di autoriciclaggio è configurabile ove l’agente che abbia commesso un delitto non colposo presupposto, abbia, successivamente, impiegato, sostituito, trasferito, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa.

Quindi, gli elementi materiali del suddetto delitto sono: a) la commissione di un delitto non colposo; b) che dal suddetto delitto sia derivato un provento (denaro, beni o le altre utilità) economicamente apprezzabile; c) che il suddetto provento sia stato reinvestito in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative; d) che l’operazione di reinvestimento abbia costituito un ostacolo alla identificazione della provenienza delittuosa del provento del reato presupposto.

(…)In altri termini, il provento del reato presupposto, può consistere non solo in un incremento del patrimonio ma anche in un risparmio (omesso pagamento delle imposte dovute) in quanto, comunque, il patrimonio dell’agente ne riceve un vantaggio economicamente apprezzabile. Il dato giuridico, però, fondamentale per la configurabilità del reato di autoriciclaggio, è che dal reato presupposto derivi, come effetto diretto della condotta criminosa, un vantaggio patrimoniale (sia in termini di incremento che di risparmio), economicamente apprezzabile ed idoneo, quindi, ad essere “riciclato” per evitare che sia riconducibile al reato presupposto

Questa precisazione consente, pertanto, di chiarire che i reati di falso possono fungere da reato presupposto solo in quei casi in cui dal falso derivi, come effetto diretto, un provento di natura patrimoniale per l’agente, idoneo, poi, ad essere riciclato (ad es. art. 316 ter cod. pen.)”.

  1. I fatti per cui è processo e le violazioni della normativa penale-tributaria

L’art. 5 septies, punisce con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni «L’autore della violazione di cui all’articolo 4, comma 1, che, nell’ambito della procedura di collaborazione volontaria di cui all’articolo 5-quater, esibisce o trasmette atti o documenti falsi, in tutto o in parte, ovvero fornisce dati e notizie non rispondenti al vero».

(…) Il Tribunale, sostiene che il (omissis) non avrebbe potuto accedere all’istanza di Collaborazione Volontaria in quanto, nel momento in cui la presentò, era già in corso, da quattro giorni, una verifica fiscale nei confronti della (omisssis) srl a lui riconducibile. L’istanza fu possibile perché il (omissis) fornì all’Amministrazione Finanziaria notizie false (quelle indicate nel capo d’incolpazione) che se da questa conosciute esattamente non gli avrebbero consentito di accedere alla procedura.

(…) Sul punto, bisogna dare atto che i dati fattuali indicati analiticamente dal Tribunale sono numerosissimi, univoci e convergenti in senso accusatorio (…).

(…) In realtà, nessuno degli elementi materiali previsti dall’art. 648 ter 1 cod. pen. sono individuabili nella concreta fattispecie in esame. Ed infatti, innanzitutto, il preteso reato presupposto (il falso) non ha generato alcun provento per la semplice ragione che i beni oggetto della falsa dichiarazione, in realtà, facevano già parte del patrimonio del (omissis) ed erano già stati dichiarati nell’ambito della V.D. (cfr pag. 10 e 12 ordinanza impugnata in cui è lo stesso Tribunale che afferma che le opere d’arte – poi oggetto del ritenuto autoriciclaggio – erano nella disponibilità del ricorrente in quanto elencate nella relazione di accompagnamento alla V.D.). Il reato di falso, quindi, consistette nell’avere il (omissis) falsamente comunicato nella relazione di accompagnamento alla V.D. che quelle opere (poi oggetto dell’asserito autoriciclaggio) si trovavano all’estero ed ivi sarebbero rimaste collocate quando, invece, erano nella sua disponibilità in Italia (pag. 13 ordinanza). Ma, è evidente che il suddetto falso, non può avere generato (come provento) quegli stessi beni che erano già presenti nel patrimonio del ricorrente e che erano già stati dichiarati (sebbene, falsamente, come collocati all’estero). D’altra parte, non è neppure ipotizzabile che il provento possa essere costituito dall’apparente regolarizzazione delle opere d’arte dichiarate, perché, paradossalmente, la “denuncia” di quei beni fino ad allora occultati, ha consentito all’Amministrazione Finanziaria di venirne comunque a conoscenza e, quindi, in caso di non ammissibilità della richiesta di ammissione alla procedura di Collaborazione volontaria, di tenerne conto ai fini del ricalcolo delle imposte, interessi e sanzioni

(…) Ma, è evidente che quanto ipotizzato dal Tribunale non ha nulla a che vedere con il reato di autoriciclaggio, perché, quand’anche fosse fondato (ma, sul punto, nulla si sa) si tratta del “classico” comportamento del debitore finalizzato a sottrarre i propri beni (dei quali il contribuente può liberamente disporre) alla pretesa creditoria dello Stato, contro il quale l’ordinamento, da una parte, ha approntato – a livello civilistico – diversi strumenti giuridici per rimediare al negozio fraudolento (art. 49 dpr 602/1973) e, dall’altro – a livello penalistico – ha previsto il reato di cui all’art. 11 Dlgs n. 74/2000 che non risulta, però, ancora una volta, contestato”.

*****

Riferimenti normativi

Art. 5-quater D.L. n. 167/1990. Collaborazione volontaria

  1. L’autore della violazione degli obblighi di dichiarazione di cui all’articolo 4, comma 1, commessa fino al 30 settembre 2014, puo’ avvalersi della procedura di collaborazione volontaria di cui al presente articolo per l’emersione delle attivita’ finanziarie e patrimoniali costituite o detenute fuori del territorio dello Stato, per la definizione delle sanzioni per le eventuali violazioni di tali obblighi e per la definizione dell’accertamento mediante adesione ai contenuti dell’invito al contraddittorio di cui alla lettera b) per le violazioni in materia di imposte sui redditi e relative addizionali, di imposte sostitutive, di imposta regionale sulle attivita’ produttive e di imposta sul valore aggiunto, nonche’ per le eventuali violazioni relative alla dichiarazione dei sostituti d’imposta. A tal fine deve:
  2. a) indicare spontaneamente all’Amministrazione finanziaria, mediante la presentazione di apposita richiesta, tutti gli investimenti e tutte le attivita’ di natura finanziaria costituiti o detenuti all’estero, anche indirettamente o per interposta persona, fornendo i relativi documenti e le informazioni per la determinazione dei redditi che servirono per costituirli o acquistarli, nonche’ dei redditi che derivano dalla loro dismissione o utilizzazione a qualunque titolo, unitamente ai documenti e alle informazioni per la determinazione degli eventuali maggiori imponibili agli effetti delle imposte sui redditi e relative addizionali, delle imposte sostitutive, dell’imposta regionale sulle attivita’ produttive, dei contributi previdenziali, dell’imposta sul valore aggiunto e delle ritenute, non connessi con le attivita’ costituite o detenute all’estero, relativamente a tutti i periodi d’imposta per i quali, alla data di presentazione della richiesta, non sono scaduti i termini per l’accertamento o la contestazione della violazione degli obblighi di dichiarazione di cui all’articolo 4, comma 1;
  3. b) versare le somme dovute in base all’invito di cui all’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, e successive modificazioni, entro il quindicesimo giorno antecedente la data fissata per la comparizione e secondo le ulteriori modalita’ indicate nel comma 1-bis del medesimo articolo per l’adesione ai contenuti dell’invito, ovvero le somme dovute in base all’accertamento con adesione entro venti giorni dalla redazione dell’atto, oltre alle somme dovute in base all’atto di contestazione o al provvedimento di irrogazione delle sanzioni per la violazione degli obblighi di dichiarazione di cui all’articolo 4, comma 1, del presente decreto entro il termine per la proposizione del ricorso, ai sensi dell’articolo 16 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e successive modificazioni, senza avvalersi della compensazione prevista dall’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni. Il versamento puo’ essere eseguito in unica soluzione ovvero essere ripartito, su richiesta dell’autore della violazione, in tre rate mensili di pari importo. Il pagamento della prima rata deve essere effettuato nei termini e con le modalita’ di cui alla presente lettera. Il mancato pagamento di una delle rate comporta il venir meno degli effetti della procedura.
  4. La collaborazione volontaria non e’ ammessa se la richiesta e’ presentata dopo che l’autore della violazione degli obblighi di dichiarazione di cui all’articolo 4, comma 1, abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attivita’ di accertamento amministrativo o di procedimenti penali, per violazione di norme tributarie, relativi all’ambito oggettivo di applicazione della procedura di collaborazione volontaria indicato al comma 1 del presente articolo. La preclusione opera anche nelle ipotesi in cui la formale conoscenza delle circostanze di cui al primo periodo e’ stata acquisita da soggetti solidalmente obbligati in via tributaria o da soggetti concorrenti nel reato. La richiesta di accesso alla collaborazione volontaria rimane irrevocabile e non puo’ essere presentata piu’ di una volta, anche indirettamente o per interposta persona.
  5. Entro trenta giorni dalla data di esecuzione dei versamenti indicati al comma 1, lettera b), l’Agenzia delle entrate comunica all’autorita’ giudiziaria competente la conclusione della procedura di collaborazione volontaria, per l’utilizzo dell’informazione ai fini di quanto stabilito all’articolo 5-quinquies, comma 1, lettere a) e b).
  6. Ai soli fini della procedura di collaborazione volontaria, per la determinazione dei periodi d’imposta per i quali non sono scaduti i termini di accertamento e i termini di cui all’ articolo 20 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e successive modificazioni, non si applica il raddoppio dei termini di cui all’articolo 12, commi 2-bis e 2-ter, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, qualora ricorrano congiuntamente le condizioni previste dall’articolo 5-quinquies, commi 4, primo periodo, lettera c), 5 e 7 del presente decreto .
  7. La procedura di collaborazione volontaria puo’ essere attivata fino al 30 novembre 2015. L’integrazione dell’istanza, i documenti e le informazioni di cui al comma 1, lettera a), possono essere presentati entro il 30 dicembre 2015. In deroga all’ articolo 31 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e all’ articolo 40 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 ,la competenza alla gestione delle istanze presentate, per la prima volta, a decorrere dal 10 novembre 2015 e all’emissione dei relativi atti, compresi quelli di accertamento e di contestazione delle violazioni, per tutte le annualita’ oggetto della procedura di collaborazione volontaria, e’ attribuita all’articolazione dell’Agenzia delle entrate individuata con provvedimento del direttore dell’Agenzia medesima, da emanare entro la data di entrata in vigore della presente disposizione. Per gli atti di cui al periodo precedente, impugnabili ai sensi del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 , si applicano le disposizioni in materia di competenza per territorio di cui all’articolo 4, comma 1, e in materia di legittimazione processuale dinanzi alle commissioni tributarie di cui all’ articolo 10, comma 1, dello stesso decreto legislativo n. 546 del 1992 , e successive modificazioni, previste per le articolazioni dell’Agenzia delle entrate ivi indicate. Al fine di assicurare la trattazione unitaria delle istanze e la data certa per la conclusione dell’intero procedimento i termini di decadenza per l’accertamento di cui all’ articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 , e all’ articolo 57 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 , nonche’ i termini di decadenza per la notifica dell’atto di contestazione ai sensi dell’ articolo 20 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 , che scadono a decorrere dal 31 dicembre 2015, limitatamente agli imponibili, alle imposte, alle ritenute, ai contributi, alle sanzioni e agli interessi relativi alla procedura di collaborazione volontaria e per tutte le annualita’ e le violazioni oggetto della procedura stessa, sono fissati, anche in deroga a quelli ordinari, al 31 dicembre 2016 .
  8. Per i residenti nel comune di Campione d’Italia, gia’ esonerati dalla compilazione del modulo RW in relazione alle disponibilita’ detenute presso istituti elvetici derivanti da redditi di lavoro, da trattamenti pensionistici nonche’ da altre attivita’ lavorative svolte direttamente in Svizzera da soggetti residenti nel suddetto comune, il direttore dell’Agenzia delle entrate adotta, con proprio provvedimento, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, specifiche disposizioni relative agli imponibili riferibili alle attivita’ costituite o detenute in Svizzera in considerazione della particolare collocazione geografica del comune medesimo.

Art. 648-ter.1. c.p. Autoriciclaggio.

  1. Si applica la pena della reclusione da due a otto anni e della multa da euro 5.000 a euro 25.000 a chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa.
  2. Si applica la pena della reclusione da uno a quattro anni e della multa da euro 2.500 a euro 12.500 se il denaro, i beni o le altre utilità provengono dalla commissione di un delitto non colposo punito con la reclusione inferiore nel massimo a cinque anni.
  3. Si applicano comunque le pene previste dal primo comma se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da un delitto commesso con le condizioni o le finalità di cui all’articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e successive modificazioni.
  4. Fuori dei casi di cui ai commi precedenti, non sono punibili le condotte per cui il denaro, i beni o le altre utilità vengono destinate alla mera utilizzazione o al godimento personale.
  5. La pena è aumentata quando i fatti sono commessi nell’esercizio di un’attività bancaria o finanziaria o di altra attività professionale.
  6. La pena è diminuita fino alla metà per chi si sia efficacemente adoperato per evitare che le condotte siano portate a conseguenze ulteriori o per assicurare le prove del reato e l’individuazione dei beni, del denaro e delle altre utilità provenienti dal delitto.
  7. Si applica l’ultimo comma dell’articolo 648.

*****
Giurisprudenza di riferimento in tema di autoriciclaggio:

Cassazione penale, sez. II , 15/02/2019 , n. 9681

Configura il reato di autoriciclaggio la condotta consistente nel riscattare una polizza vita con successivo acquisto di due polizze vita diverse con il denaro conseguito. Tale operazione economica non ha natura economica, finanziaria o speculativa e, pertanto, non rientra nella previsione dell’articolo 648-ter.1 c.p. L’economicità dell’operazione va valutata nel suo complesso per escludere che si rientri nel caso di condotta non punibile come autoriciclaggio perché “il denaro, i beni o le altre utilità vengono destinate alla mera utilizzazione o al godimento personale”.

Cassazione penale, sez. V , 01/02/2019 , n. 8851

In tema di autoriciclaggio di somme oggetto di distrazione fallimentare, la condotta sanzionata ex art. 648-ter 1 c.p. , non può consistere nel mero trasferimento di dette somme a favore di imprese operative, ma occorre un quid pluris che denoti l’attitudine dissimulatoria della condotta rispetto alla provenienza delittuosa del bene.

Cassazione penale, sez. V , 11/12/2018 , n. 5719

I bonifici infragruppo, gli assegni a garanzia di finanziamenti e il pagamento di ratei di mutuo attinenti a provviste di origine illecita, effettuati in assenza di una effettiva giustificazione economica, integrano il reato di autoriciclaggio perché concretamente idonei ad ostacolarne la provenienza delittuosa.

Cassazione penale, sez. II , 07/06/2018 , n. 30399

La causa di non punibilità prevista nel comma 4 dell’ art. 648 ter.1 c.p. («fuori dei casi di cui ai commi precedenti»), va intesa e interpretata nel senso fatto palese del significato proprio delle suddette parole e cioè che la fattispecie ivi prevista non si applica alle condotte descritte nei commi precedenti. Di conseguenza, l’agente può andare esente da responsabilità penale solo e soltanto se utilizzi o goda dei beni provento del delitto presupposto in modo diretto e senza che compia su di essi alcuna operazione atta a ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa.

Cassazione penale, sez. II , 07/06/2018 , n. 30401

In tema di autoriciclaggio il prodotto, il profitto o il prezzo del reato non coincide con il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dal reato presupposto, consistendo invece nei proventi conseguiti dall’impiego di questi ultimi in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative.

©RIPRODUZIONE RISERVATA